martedì 1 agosto 2006

l’Unità 1.8.06
Fecondazione. Si cambia
Nuove linee guida per la legge 40
Il ministro Turco incarica Maura Cossutta
insorge la destra, delusi cattolici dell’Unione
di Maristella Iervasi


Sarà l’ex parlamentare del Pdci, Maura Cossutta, a sovrintendere alla revisione delle linee guida della legge sulla fecondazione assistita. La nomina decisa dal ministro della Salute Livia Turco ha scatenato dure polemiche da parte della destra e di alcuni esponenti cattolici dell’Unione.
Cossutta annuncia subito «aggiornamenti e correzioni». «Si potranno utilizzare - aggiunge - le esperienze di questi anni per trovare soluzione a tutti i punti critici della legge 40».

IL MINISTRO della Salute Livia Turco, il 20 luglio scorso, ha affidato a Maura Cossutta, ex parlamentare del Pdci, l’incarico di revisionare le linee guida della legge 40 sulla procreazione assistita, previste dalla legge approvata nella scorsa legislatura. E la Cdl subito protesta,
sollevando il “caso Cossutta”: «Affidare l’incarico all’onorevole Cossutta è come affidare la pecora al lupo. È stata la principale oppositrice di quelle disposizioni» sostiene il centrodestra che ha presentato un’interrogazione sottoscritta da 17 senatori. Preoccupati si dicono anche i cattolici dell’Unione. I parlamentari dell’Ulivo Paola Binetti, Luigi Bobba, Enzo Carra ed Emanuela Baio Dossi parlano di «forti e concreti dubbi su un possibile conflitto di interesse che va al di là di ogni ragionevole pregiudizio. La sensibilità di Cossutta - sottolineano - non è in sintonia con la legge 40 e con la visione della tutela della donna e della vita dell’embrione». E Maura Cossutta? Lei non tace: «Non voglio né rassicurare né minacciare... ma riflettano». E sottolinea che le linee guida «andranno comunque aggiornate e corrette».
Già nelle settimane scorse la stessa Cossutta aveva spiegato le sue intenzioni al Consiglio della Associazione Luca Coscioni. Fresca di nomina, aveva detto senza indugio: «Le linee guida non modificano la legge ma possono fare molto. Possono riaprire il dibattito. E si potranno utilizzare le esperienze di tutti questi anni anche per trovare soluzione a tutti i punti critici che la legge ha attualmente».
Non ignora le provocazioni neppure il ministro della Salute. «Dichiarazioni inopportune quelle di alcuni firmatari dell’interpellanza - ha detto Livia Turco - Opererò in rapporto con il Parlamento e nel rispetto della legge 40 la cui revisione non rientra nel programma di Governo né, quindi, del mio ministero». La revisione delle linee guida della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita è infatti prevista periodicamente dalla stessa legge (almeno ogni 3 anni) per via degli aggiornamenti scientifici legati alle scoperte e alle nuove terapie contro la sterilità. E sul caso Cossutta il ministro Livia Turco precisa: «Il suo nome è garanzia di professionalità e conoscenza della materia. Maura Cossutta è da sempre interessata ai temi della sanità e della tutela della salute, sia come medico che come parlamentare». Ma i cattolici dell’Unione ribattono: «Cossutta potrà anche essere una collaboratrice competente su molti fronti, ma non è la persona giusta. Il ministro Turco, in un incontro informale, aveva accolto le nostre preoccupazioni e quelle dell’elettorato che si rifà al mondo cattolico. Invece... ». Barbara Pollastrini, ministro per i diritti e le pari opportunità: «Maura Cossutta? In questo ruolo saprà agire con grande saggezza, equilibrio e capacità di ascolto».

Corriere della Sera 31.7.06
Legge 40, esplode il caso Cossutta
A lei affidata la revisione delle linee guida sulla procreazione assistita
La Cdl contesta il ministro Turco per l'incarico all'ex deputata del Pdci: «Come affidare la pecora al lupo». Critiche anche dall'Unione


ROMA - La Cdl contesta l'incarico a Maura Cossutta, ex deputata del Pdci, di revisionare le linee guida della legge sulla procreazione assistita affidatole dal ministro della Salute, Livia Turco.
PROTESTA - Nell'interpellanza 17 senatori dell'opposizione (primo firmatario Alfredo Mantovano di An) chiedono se la scelta è «compatibile con il dovere dell' esecutivo se mai di modificare, ma non certamente di svuotare, in modo surrettizio, di contenuto, una legge dello Stato». I senatori della Cdl ricordano che Maura Cossutta è stata «nelle precedenti legislature deputata al Parlamento nel gruppo del Pdci e, in quanto tale, ha, del tutto legittimamente, espresso decisa e forte contrarietà alle proposte di legge poi divenute legge 40». Secondo l'interpellanza, «la particolare gravità della scelta del ministro della Salute deriva anche dalla circostanza che, sottoposta a referendum abrogativo, la legge 40 è stata confermata dal non voto del 75% degli italiani e dalla contrarietà all'ipotesi abrogativa di un restante 5% circa, così che solo il 20% di iscritti al voto hanno manifestato la volontà di modificarla».
CASO - Parla di autentica provocazione anche l'Udc: «Dare un incarico del genere a una fondamentalista che vuole permettere di avere figli alle donne single e alle coppie di fatto allo stato brado, senza curare l’interesse superiore del nascituro, è un’autentica provocazione. Insomma è «come affidare la pecora al lupo». Critiche alla nomina di Cossutta arrivano anche dall'Unione. Luigi Bobba, deputato della Margherita ed ex presidente delle Acli è netto. «Non siamo certo contenti per utilizzare un eufemismo. Il ministro Turco fra l'altro ci aveva garantito che non avrebbe messo mano alla legge 40».
REPLICHE - Dalla Turco un sola precisazione: «La modifica della legge 40 non è nel programma del governo e nemmeno del ministero della Salute». Cossutta evita le polemiche: «Per quanto mi riguarda preferisco non replicare alle provocazioni. Per me ha già risposto il ministro».

Redattore Sociale 28.7.06
Segio: "Assieme all'amnistia, si è perso per strada quel piccolo 'piano Marshall' per le carceri"

Dopo il voto alla Camera, il responsabile di Società Informazione elenca le contraddizioni. ''Un indulto che nasce e finisce nel chiuso delle aule parlamentari, senza ascolto del sociale, manda elusi i problemi del reinserimento''
ROMA – “Dopo 16 anni dall'ultima volta e dopo sei dalla grande speranza del Giubileo, alfine è arrivato il voto positivo della Camera sull'indulto. L'amnistia si è persa silenziosamente per strada, determinando il controsenso che i magistrati continueranno a lavorare su procedimenti e definiranno condanne in buona parte destinate a essere archiviati e condonate. Si è posto insomma mano al sovraffollamento carcerario ma non a quello dei fascicoli giudiziari, questioni invece strettamente connesse. Schizofrenia del legislatore o misteri degli accordi politici”. La considerazione è di Sergio Segio, responsabile di Società Informazione ed esperto di questioni carcerarie, che in un articolo dal titolo “Sotto l’indulto, niente”, elenca contraddizioni e auspici evidenziatisi a margine del provvedimento votato alla Camera.

”Ma assieme all'amnistia – continua - si è perso per strada quel "piccolo piano Marshall" per le carceri, vale a dire quella proposta avanzata nel 2000 da tutte le reti delle associazioni, del volontariato, della cooperazione sociale, dei sindacati, delle comunità di accoglienza, persino delle piccole imprese artigiane, che diceva una cosa semplice: la gran parte dei reclusi è costituita da poveri, immigrati, tossicodipendenti. 1 su 4 non ha casa dove andare quando esce, 1 su 2 non possiede istruzione e lavoro. Se non si predispone un piano eccezionale di sostegno al reinserimento sociale e lavorativo, almeno il 60% di coloro che usciranno dal carcere è destinato a tornarvi in breve tempo. Come ‘cartello’ nazionale di realtà presenti sul territorio e attive sui temi del disagio - dicemmo e scrivemmo su intere pagine sul Corriere della Sera- siamo a disposizione per questo piano, per fare da ‘paracadute’, da ponte tra carcere e società, ed evitare che si inneschi la spirale della recidiva, altrimenti certa”.

”È possibile salvaguardare assieme clemenza, umanità e legalità nelle carceri con un discorso di sicurezza dei cittadini e sul territorio – afferma Segio -. Basta passare dalla demagogia ai progetti concreti e all'attivazione di sinergie tra il privato-sociale e le istituzioni, comprese quelle locali. Naturalmente, anche le istituzioni e il governo devono fare la loro parte, predisponendo misure adeguate, ad esempio di borse lavoro, per aiutare la rete del volontariato e del Terzo settore a gestire tale progetto, i cui costi sarebbero assai minori della detenzione in carcere o delle stesse rette che
vengono corrisposte per la detenzione all'esterno o nelle comunità. E la cui resa - in termini di integrazione e di sicurezza -, prevedibilmente, infinitamente più alta. Dopo svariati incontri al ministero e col passato governo di centrosinistra e fiumi di promesse questo progetto finì in nulla, così come l'indulto e l'amnistia”.
”A questa ripresa di iniziativa e dibattito parlamentare avremmo voluto rilanciarlo, in accordo anche con i maggiori sindacati della polizia penitenziaria e con gli operatori, ma il ministro della Giustizia non ha ritenuto di incontrare le associazioni, che lo avevano richiesto e gli avevano scritto al proposito sin da maggio, al termine di un'affollata assemblea di operatori, detenuti e volontari. Immaginiamo che gli impegni fossero molti e gravosi. Non è questo il problema. Il problema è che un indulto che nasce e finisce nel chiuso delle aule parlamentari, senza ascolto del sociale, rischia - anzi, è certo - di mandare elusi i problemi, invece centrali, del reinserimento. È purtroppo facile ipotizzare che tra non molto il pendolo politico, dopo aver battuto il necessario e tardivo colpo dalla parte della clemenza, tornerà a batterne consecutivamente molti sul versante dell'allarme sociale
e delle campagne securitarie contro il crimine e i reati che sono destinati - a bocce ferme - all'aumento statistico. In ciò, come sempre, avrà un ruolo decisivo e trainante l'informazione. O
meglio la disinformazione, che troppo spesso si riscontra attorno alle questioni penali e carcerarie”.
”Un esempio – conclude Segio - c'è già oggi sulle pagine del "Corriere della Sera" dove, dalla grafica proposta, si dovrebbe intendere che l'indulto riguarderebbe ben 6.152 autori di omicidi volontari. Una cifra del tutto incredibile, che però si getta in pasto all'opinione pubblica e fors'anche ai senatori che ancora dovranno discutere e auspicabilmente approvare il provvedimento. I detenuti e i volontari intanto ringraziano (Di Pietro e Diliberto a parte, ovviamente), ci mancherebbe. Ma, come spesso, si rischia di aver perso una buona occasione”.

Redattore Sociale 28.7.06
Indulto. ''Ottima decisione, ma non basta per risolvere i problemi del carcere''

Parla Emilia Patruno, direttrice di www.ildue.it, rivista Web di San Vittore. ''E' necessario modificare alcune leggi molto dure, come la Fini-Giovanardi, che penalizza in modo eccessivo chi ha a che fare con sostanze stupefacenti''

MILANO - "Un'ottima rivista di San Vittore. decisione quella dell'indulto, ma certo non basta per risolvere i problemi del carcere. Occorrono anche altre soluzioni". Secondo Emilia Patruno, direttrice di www.ildue.it, rivista Web di San Vittore, "non si può che gioire per questo provvedimento di indulto, anche se bisogna aspettare passi all'esame del Senato...non si sa mai".
Quante sono le persone che potranno usufruire dell'indulto in Lombardia?
Dicono che saranno circa 9mila. Non possiamo che essere felici per questi uomini e donne che recupereranno la libertà, ma non possiamo limitarci a queste considerazioni. Infatti, è inevitabile pensare al dopo. Alle prospettive che avranno quando non saranno più all'interno del carcere.
Che cosa faranno queste persone una volta "fuori"?
Una bella domanda a cui è difficile rispondere, perché non esistono delle strutture organizzate che aiuteranno tutti i detenuti che usciranno dal carcere. Per un ex detenuto è molto difficile trovare un lavoro subito. Per non parlare della casa. Gli italiani quasi sempre trovano un posto dove andare, ma gli stranieri? Loro quando escono non hanno la residenza e anche se trovano un lavoro, vengono espulsi lo stesso. Ricordo il caso di un cinese che una volta uscito dal carcere aveva trovato un lavoro, una fidanzata, ma che è stato cacciato dall'Italia perché, comunque, era passato all'espulsione.
C'è il rischio di recidive?
Purtroppo è inevitabile che molti ex detenuti appena usciti ci ricaschino. La percentuale della recidiva è molto alta, più del 50 per cento. Per questo dico che l'indulto va bene, è un'ottima iniziativa, ma non basta. Anche perché se molti di quelli che escono adesso commetteranno reati, quale sarà l'opinione della società nei loro confronti ma anche nei confronti di chi ha varato la Legge?Quali sono gli altri interventi necessari per risolvere i problemi delle carceri?
Bisognerebbe depenalizzare e usare quanto più possibile pene alternative al carcere. E' necessario intervenire per la modifica di alcune leggi molto dure, come la Fini-Giovanardi, che penalizza in modo eccessivo chi ha a che fare con sostanze stupefacenti. L'equiparazione, o quasi tra droghe pesanti e droghe leggere e la recidiva. Spero che l'indulto non sia che l'inizio di una serie di provvedimenti e che nel nostro Paese non pensi di aver risolto in questo modo, una volta per tutte, i problemi del carcere. (sp)

Redattore Sociale 28.7.06
Indulto. "Il problema sono le possibilità reali che un detenuto ha quando esce"

Il commento di un collaboratore di ildue.it che ha conosciuto la realtà del carcere in prima persona

MILANO - "Il problema sono le possibilità reali che un detenuto ha quando esce. Una situazione che non si può sottovalutare”, secondo Guido Conti, collaboratore di www.ildue.it, rivista di San Vittore. Conti ha conosciuto la realtà del carcere in prima persona.
Che cosa succede quando si esce dal carcere?
La situazione, di solito, è abbastanza negativa perché quando si esce non si ha nessun appiglio a cui aggrapparsi, anzi ci si trova in condizioni peggiori di quelle di prima. Prima, magari, si avevano dei contatti per un lavoro, conoscenti a cui fare riferimento per un aiuto, ma dopo non c'è più niente. Gli ex detenuti italiani, in genere, trovano una casa dove andare, qualcuno che li ospiti. Non si può dire lo stesso per gli extracomunitari che quando escono spesso non hanno neanche un tetto.
Che cosa succede quando si è in difficoltà?
E' facile ricascarci. Quando si è soli si cercano contatti con le persone che si conoscono, che non sono altro che i detenuti che si sono frequentati quando si era in carcere e che magari sono usciti prima. Inoltre non esistono strutture organizzate che aiutino un ex detenuto. Ci possono essere delle cooperative a cui fare riferimento, ma spesso queste non hanno molti mezzi. E con le risorse e gli operatori che hanno a disposizione cercano di aiutare chi è dentro. Giustamente. Chi non può uscire ha sicuramente più bisogno di sostegno di chi è fuori.
E’ difficile trovare un lavoro?
Dipende da quello che si cerca. Per molti lavori non è facile. Non perché si viene riconosciuti come ex detenuti: la legge tutela la privacy di chi è stato dentro. Se una persona non vuole che il proprio passato venga a galla, ci riesce. Il problema sono i contatti. In carcere non si conoscono grandi commercianti, insegnanti, artigiani, cioè che fanno dei lavori “comuni”. Si hanno contatti con “grandi spacciatori”, ad esempio. (sp)