Il cardinale: «Meglio contestati che irrilevanti»
Ruini: «Cattolici svegliatevi»
Appello alla mobilitazione dei pensatori cattolici, senza respingere la cultura del tempo, del presidente della Conferenza episcopale
di Virginia Piccolillo
ROMA - «Se noi cristiani ci rassegniamo ad essere una subcultura, in un mondo che guarda dai tetti in giù, niente potrà salvarci». La mano ossuta accarezza il Crocifisso appeso alla lunga catena argentea, poi lo sguardo del cardinale Camillo Ruini si accende, come il suo sorriso. E si affretta ad aggiungere: «Salvo un intervento della Provvidenza. Certamente». Con questo appello alla mobilitazione dei pensatori cattolici il cardinale vicario di Roma ha appena chiuso la due giorni di studi su: «La ragione, le scienze e il futuro delle civiltà». Ultimo appuntamento di quel forum che dieci anni fa ha lanciato il tema del «progetto culturale», così gradito ora al Pontefice. Un appuntamento da record per numero e qualità degli interventi di giuristi, matematici, filosofi, fisici e teologi che segna anche l'addio del cardinale settantaseienne al ruolo di presidente della Conferenza episcopale. «La prossima volta sarò da quella parte e non da questa», dice alludendo alla sua imminente sostituzione per motivi di età, suscitando gli applausi affettuosi degli studiosi.
Ruini tira le fila della riflessione comune e confessa la sua intenzione di «mostrare che per dire quel "grande sì all'uomo" auspicato da Ratzinger e per mostrare la verità, la bellezza e la vivibilità della fede, bisogna andare alle radici della razionalità contemporanea». Non è un invito a respingere la cultura del nostro tempo. Anzi. Sollevando la testa dai suoi fitti appunti, il cardinale sottolinea: «Qualcuno sostiene che c'è molto da assumere da Kant. Io, a costo di scandalizzare, voglio dire anche da Hegel. E guai a chiudersi e buttare via tutto», ammonisce. Quella che attende il cattolico, spiega, è una sfida «ineludibile»: «Deve svegliarsi. Deve giocare di proposta e dare un orientamento alla cultura. E per questo occorre che ci sia una crescita del senso di appartenenza alla Chiesa e a Cristo e una più precisa consapevolezza della radicalità della sfida che abbiamo davanti».
A convegno chiuso, finite le strette di mano, ascoltate le richieste più disparate (compresa quella di ribadire l'inconsistenza dei vangeli apocrifi), il cardinal vicario si aggiusta l'abito e ci spiega meglio perché nutre molte speranze che i cattolici possano abbracciare la sua sfida a diventare bussola della cultura e vincerla: «Dall'interno del cattolicesimo cresce la consapevolezza che c'è bisogno di farlo. Perché i problemi che riguardano l'uomo in quanto tale e il dialogo tra le religioni spingono ormai in una direzione convergente: fanno sentire a molti il bisogno di riscoprire la propria identità cristiana». Eppure, da fuori, sembra che il periodo sia molto più complesso. E fortemente scosso dai contrasti sui temi etici.
Il cardinal vicario allarga le braccia, annuisce e sorride: «È vero che la contestazione contro la Chiesa aumenta. Ma è preferibile essere contestati che essere irrilevanti». E aggiunge: «In altri Paesi come la Francia forse c'è minore contestazione, ma solo perché minore è il peso specifico dei cattolici». Si ferma, si illumina e aggiunge: «Se ci considerassero a fine corsa ci attaccherebbero meno». «Tra l'altro - fa notare - i rapporti numerici tra credenti e non credenti nella totalità della popolazione sono molto diversi da quelli che appaiono sui media. Io credo che qui in Italia, come negli Stati Uniti, sono maggioritari quelli che hanno Dio come punto di riferimento». Il rischio insito nello scontro però è di ritrovarsi nemici senza volerlo. Ora che l'etica è divenuto terreno di polemica politica ne abbiamo esempi quotidiani. E ieri l'altro il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, intervenendo sui Dico, la legge sui diritti per le coppie di fatto, ha lanciato un monito alla religione a trattare con amore «legami forti anche fuori da quelli convenzionali» e non respingerli come «un peccato da cancellare», «sennò regaliamo a Satana un tempo che non è detto sia il tempo di Satana».
Ruini, divenuto nella considerazione di alcuni il paradigma di una visione severa che sembra voler più escludere che includere, allontana da sé questo sospetto con garbo: «Non ho mai pensato di demonizzarli. Certo io suggerisco il matrimonio, ma non sono contro le persone che vivono in una coppia di fatto. Per carità. Quella è una loro libera scelta. Va rispettata. D'altra parte non si vede perché dargli una struttura giuridica che rischia di sovrapporsi a quella esistente e a fare confusione». «E del resto non la vogliono. A dirlo sono loro stessi. Noi ne conosciamo molti, giacché molte sono le coppie che si sposano dopo aver convissuto. Sono una sorta di coppie di fatto in transito verso il matrimonio. Da quanto risulta ai sacerdoti che hanno ogni giorno a che fare con loro, queste coppie non chiedono forme diverse dal matrimonio».
Nel convegno era già stata messa in discussione una nuova tendenza, quella della richiesta sempre più diffusa di nuovi diritti (c'è chi ne reclama anche per l'intelligenza artificiale) senza farsi carico dei corrispondenti doveri. Un diritto che voglia essere ragionevole, era stato detto, deve invece riuscire a bilanciarli. Nella conclusione il cardinale evidenzia che «il punto decisivo è l'apertura della razionalità umana alla trascendenza, cioè, in concreto, a Dio e anche all'uomo che non può essere considerato un pezzo di natura». Altrimenti, fa notare condividendo l'intervento di un professore di letteratura russa, «ricadiamo nell'errore descritto dal pensatore sovietico Soloviev». Nel suo romanzo metaforico c'è un uomo, progressista, umanista, pacifista, che riusciva a mettere d'accordo tutto il mondo, persino le religioni diverse. Ma viene smascherato: è l'Anticristo.
Fuor di metafora, Ruini e i pensatori del Forum sono convinti: «Occorre tenere conto della novità e della importanza decisiva della fede cristiana rispetto alla razionalità. Non basta adottare i valori senza riconoscere l'importanza decisiva di Cristo. Questa è la sfida culturale ineludibile dei cattolici. E per vincerla non basta organizzarsi. Occorre una consapevolezza dell'appartenenza. Ci sono gruppi religiosi numericamente non molto diffusi ma capaci di esprimere una presenza assai incisiva. Lo abbiamo visto». Malgrado le critiche affilate e gli sbeffeggiamenti subìti dalla satira Ruini non rifugge dai media: «Gli attacchi non mi hanno mai dato fastidio. E credo che, come cattolici, dobbiamo stare dentro alle dinamiche della comunicazione. Senza limitarci al gioco di rimessa. Solo in questo modo la cultura cristiana potrà avere piena cittadinanza nel pensiero attuale. Ma soprattutto dare alla cultura di tutti un nuovo slancio». In uno slogan: «Cattolici svegliatevi».
l’Unità 4.3.07
Mussi: Non farò la sinistra del Pd
Durerà poco: «L’Ulivo era una novità nel ’95 oggi è solo un accordo Ds-Dl»
di Simone Collini
FABIO MUSSI dice che non è intenzionato a fare la sinistra del Partito democratico per due ragioni. La prima: «È un rassemblement elettorale senza identità, senza una chiara tavola dei valori, senza una collocazione internazionale. E come tale durerà poco». La seconda: «Nasce come un partito più al centro dei Ds e che prepara una politica che guarda più al centro dello schieramento politico». Ci sarebbe poi una terza ragione che, se non gli dovesse riuscire di «fermare il treno del Pd», lo porterebbe a lavorare fuori da questo terreno: «La vera novità di oggi non è questo Ulivo, ma il fatto che per la prima volta nella storia d’Italia tutta la sinistra è al governo. È arrivato il momento di affrontare il problema delle divisioni della sinistra».
Cosa dimostra la crisi, ministro?
«La legge elettorale è pessima, ma non è la responsabile del filo di rasoio su cui si cammina al Senato. Ci siamo soffermati troppo poco a riflettere sulle nostre difficoltà politiche e sul risultato delle elezioni del 2006. L’Unione vince per un soffio di voti alla Camera e per un soffio di seggi al Senato. La lista dell’Ulivo alla Camera, che aveva preso più del 33% due anni prima alle europee, prende il 31%. E i due unici partiti rimasti a convivere nella lista dell’Ulivo, Ds e Margherita, al Senato vanno decisamente male, con i Ds al 17,5%. È chiaro che un partito che si presenta alle politiche annunciando sostanzialmente il suo superamento non è destinato a raccogliere trionfali successi».
Questa crisi per Fassino spinge ad accelerare il processo del Pd.
«È molto importante che la crisi sia stata superata, ora bisogna mettere il più possibile in sicurezza il governo dandoci l’intera legislatura per cambiare l’Italia. Sul Pd siamo al time over. Questo è il congresso che scioglie i Ds. Non lo si vuol dire perché bisogna convincere i compagni che dubitano, che pensano ci possa essere un secondo tempo per dire no, ma la verità è questa. Sparisce la Quercia, la Rosa del socialismo europeo, sparisce la parola “sinistra”».
Però l’argomento che bisogna porre rimedio alla frammentazione attuale ha fondamento.
«Sì, ma non si può procedere con un’operazione burocratica, perché a seconda di come metti insieme può anche darsi che provochi ulteriori frammentazioni. Bisogna sapere qual è il progetto».
Il progetto è quello dell’Ulivo.
«Si dice così, e si dice che questa è l’unica novità politica nell’Italia di questi anni. Lo era nel ‘95, oggi è molto meno nuova. E soprattutto, nel ‘95 prese il 44% dei voti, con i Ds a oltre il 21%. Da allora l’Ulivo ha perso Di Pietro, Udeur, Verdi, Pdci, Sdi. Sono rimasti Ds e Margherita, al 31%. È un esperimento genetico di debole consistenza, una chimera di cui non si capisce quale sia la tavola dei valori e quale la collocazione internazionale».
Le forze progressiste non si esauriscono nel Pse, nota D’Alema.
«Il Pd non va “oltre” la socialdemocrazia, va fuori e indietro rispetto a quella tradizione. Io voglio stare nel Pse, essere la sinistra del Pse, aprirlo a tutte le culture critiche nuove, anche quelle nate fuori dal socialismo tradizionale».
Perché essere la sinistra del Pd no?
«Intanto, perché il Pd dura poco. È un grande rassemblement elettorale che avrà poca vita perché non ha struttura, identità, collocazione internazionale. E poi c’è poco da fare, nasce come un partito più al centro dei Ds. E temo che prepari una politica che guardi di più al centro dello schieramento politico. Guardate anche in queste ore la polemica tra Fassino (Pd nel Pse) e Bindi (mai nel Pse). Si va ad una decisione storica con un conflitto frontale sul piano cruciale. Penso che alla fine prevarrà il punto di vista della Margherita».
Per quanto vi riguarda?
«Vogliamo fermare il treno del Pd».
Nel caso non vi riuscisse?
«Decideremo democraticamente cosa fare. Sapendo che c’è un altro elemento di novità: per la prima volta nella storia d’Italia tutta la sinistra è al governo. La divisione tra riformisti e radicali sarà destinata ad essere superata da questa comune assunzione di responsabilità. E siccome siamo preoccupati della frammentazione, dico che non è velleitario provare ad affrontare una questione che va più al fondo della storia italiana, quella cioè della divisione della sinistra. Che è stata e sarà, se dovesse permanere, uno dei fattori della crisi italiana. Non penso di contrapporre la federazione delle sinistre al progetto del Pd. Ma è certo che la formazione del Pd sarà un terremoto che rimette in moto tutto il centrosinistra. E dobbiamo tenere il governo al riparo da questo terremoto».
l’Unità 4.3.07
«L’omosessualità? Una devianza»
È lite in tv tra Binetti e Grillini
Abbassare i toni? Impossibile. Leggete qui: «L'omosessualità è: a) una devianza della personalità; b) una caratteristica della personalità». Il quiz è stato posto ieri durante la trasmissione '”Tetris”, il “surreality” di Luca Telese in onda su La7. Il quiz, lanciato dal conduttore (e letto da Mike Buongiorno), ha fatto scattare il putiferio. Gli ospiti: la senatrice teodem Paola Binetti e il presidente onorario dell'Arcigay e parlamentare Ds, Franco Grillini con Chiara Moroni, deputata del Nuovo Psi, a fare da paciere. La parlamentare Dl riflette un pò, ma alla fine, messa alle strette da Telese, finisce per optare per la risposta a): una devianza. «Tu sei fuori dalla categoria degli psicologi e degli psichiatri che su questo dicono tutt'altro! Parli contro il tuo ordine!», l'attacca Grillini. «Sovrapponi la religione alla scienza - dice ancora - e li confondi!». Breve stacco pubblicitario, poi la senatrice peggiora anziché allerire il clima: «A mio avviso è un comportamento diverso. Molto diverso dalla norma iscritta in un codice morfologico, genetico, endocrinologico e caratteriologico». Diversità della razza? Grillini non ci sta. «Tu - si arrabbia - usi del ciarpame scientifico per sostenere una posizione razzista!». E citando il fatto che la Binetti è un membro numerico dell'Opus Dei la attacca: «l'Opus Dei vuole curare gli omosessuali!». Binetti si spazientisce: «Non esiste una clinica dell'Opus Dei. E comunque nella psichiatria una grande raccolta di modelli e pazienti anche omosessuali esiste». Grillini quindi è anche un peccatore? Lui glissa e cita Bernard Shaw: «Il paradiso è perfetto per il clima, l'inferno per la compagnia...». Lei se la cava con un «nessuno è escluso dalla misericordia...». Ma non sono le uniche scintille nella movimentata trasmissione. Altro battibecco scatta quando Grillini se la prende con la Chiesa che «non è una organizzazione democratica ma una dittatura». La Binetti si arrabbia: «ma dai! ma cosa dici!». Unico momento di consonanza tra i due quando Grillini “difende” la libertà della senatrice di usare il cilicio.
Il Sole-24 Ore Domenica 4.3.07
Freud, l'inconscio greco
di Enrico Berti
recensione di Yamina Oudai Celso, «Freud e la filosofia antica», Bollati Boringhieri, Torino, pagg.226, €22,00
Dall’interpretazione dei sogni alla libido, al metodo catartico. Yamina Oudai Celso analizza l’influenza dei classici sul fondatore della psicoanalisi
Un filone di studi filosofici che da alcuni decenni si sta rivelando particolarmente fecondo, e che richiede conoscenze storiche estese congiunte a forti interessi teorici, è la storia dell’influenza della filosofia antica sulla filosofia contemporanea. Si può dire che Gadamer ne sia statao uno degli iniziatori, ma esso è stato proseguito da studiosi più giovani sia a proposito di importanti filosofi continentali come Heidegger, sia a proposito della filosofia analitica anglo-americana, con risultati spesso interessanti. Ora esso è stato applicato a Freud, personaggio che - malgrado il declino di considerazione in cui sembra essere caduta la pisicanalisi per colpa dei suoi spesso vacui epigoni - conserva immutato, specialmente presso i filosofi, il fascino di un “maestro del sospetto”. Nel libro di Yamina Oudai Celso, Freud e la filosofia antica (Bollati Boringhieri 2006), si mostra quanto grande sia il debito di Freud non solo verso la cultura greca in generale - si pensi all’utilizzo del mito di Edipo - ma in modo specifico verso la filosofia greca.
L’autrice anzitutto documenta rigorosamente i rapporti che Freud ebbe con grandi studiosi di filosofia antica quali l’ristotelico Franz Brentano, che fu suo professore a Vienna tra il 1874 e il 1876, i due Gomperz (Theodor e il figlio Henrich), il filologo Jakob Bernays, zio della moglie di Freud, e i membri del «Circolo di Basilea», cioé Bachofen, Nietzsche, Rohde e Burckhardt. Poi illustra la derivazione, attestata da precise citazioni, delle più importanti teorie di Freud da altrettante tematiche sviluppate dai filosofi antichi. Anzitutto l’interpretazione dei sogni, oggetto della prima importante opera di Freud (1899), prende lo spunto da due scritti di Aristotele, il De devinatione per somnum e il De insomniis, per il suo apsetto di spiegazione scientifica e dal Libro dei sogni di Artemidoro (II secolo d.c), per il suo apsetto di interpretazione mantico-religiosa. Indi la famosa teoria freudiana della libido si richiama esplicitamente alla teoria platonica dell’eros, sia per il carattere - per così dire - “trascendentale” che questo rivela nel Simposio, avendo per oggetto qualsiasi forma di bellezza, sia per la possibilità di una sua sublimazione, risultante dal discorso di Diotima, sia infine per la nostalgia della totalità che esso contiene, come risulta dal discorso di Aristofane.
Ma anche la più celebre “scoperta” freudiana, quella dell’inconscio, riprende aspetti della concezione tripartita dell’anima in Platone (anima razionale, impetuosa e concupiscente), nonché della concezione ugualmente tripartita, ma in modo diverso, dell’anima in Aristotele (intellettiva, sensitiva, nutritiva). La prima di queste due concezioni ha fatto scrivere a un grecista come Werner Jager che Platone fu «il padre della psicanalisi» (Paideia, 1944), e Oudai mostra la corrispondenza quasi perfetta fra le tre parti dell’anima e le nozioni freudiane di Super-io, Io ed Es. La seconda viene da lei opportunamente valorizzata con un riferimento al passo del De anima in cui Aristotele afferma che l’anima superiore contiene - potenzialmente - in sé quelle inferiori (414 b 28 ss.), perché questo è precisamente il rapporto che Freud stabilisce fra i tre livelli della personalità. Del resto il De anima era stato oggetto di un famoso libro di Brentano (La psicologia di Aristotele, 1867), maestro di Freud.
Interessantissimo è poi il nesso che Oudai scopre fra il “metodo catartico”, raccomandato da Freud sin dai giovanili Studi sull’isteria, scritti in collaborazione con Breuer (1892-95), e il celebre concetto aristotelico di “catarsi” tragica, interpretato non più in chiave moralistica, come solevano Lessing e Wilamowitz, ma secondo le indicazioni di Bernays, Nietzsche, Rohde, da un lato come sfogo delle passioni rimosse e dall’altro come sollievo di tipo cognitivo prodotto dalla “coazione a ripetere”. Non a caso, rileva giustamente l’autrice, sia Freud che Aristotele tennero come modello della catarsi l’Edipo re di Sofocle. Infine il libro mette in rilievo la presenza, sia in Platone che in Freud, del paralllismo tra psyche e polis, strutture analoghe in cui il momento autoritario viene rappresentato rispettivamente dalla “legge del padre”, che vieta l’incesto, e dalla Legge della città, che disciplina le passioni e i comportamenti immorali. Tutto questo viene mostrato senza trascurare le enormi differenze che separano Freud dai filosofi antichi, specialmente nel modo di concepire l’etica, la politica e la religione.
Repubblica 4.3.07
La missione impossibile del governo Prodi
di Eugenio Scalfari
Prima che Prodi metta ancora una volta la questione di fiducia su un provvedimento del governo ne dovrà passare di acqua sotto i ponti del Tevere! Governerà col Parlamento, ha detto più volte dopo aver superato l´ostacolo al Senato con due soli voti di maggioranza. La formula di governare col Parlamento, suggerita dal Capo dello Stato, può sembrare ovvia e invece non lo è affatto. Tradotta in volgare significa abbandonare l´idea di blindare la maggioranza e disporsi invece a maggioranze variabili da costruire caso per caso con contributi anch´essi variabili di tutta o parte dell´opposizione.
Questa è la vera e importante novità dopo la crisi di fine febbraio, di cui la prima sperimentazione ha avuto luogo con il «sì» di Follini. Può sembrare un esperimento su scala lillipuziana ma non è affatto così. Follini non è un isolato; tanto meno un trasformista e un traditore - come l´ha definito il suo ex fratello siamese Pierferdinando Casini. Follini funge da possibile apripista. Perciò i suoi percorsi vanno seguiti con attenzione. Ma è evidente che la partita principale si gioca sull´agenda di Prodi. Durerà? Quanto durerà? Come durerà?
Queste sono le questioni che lo coinvolgono come capo del governo e leader della maggioranza. Deve al tempo stesso riguadagnare il consenso degli italiani, mobilitare i riformisti attorno all´obiettivo del partito democratico, mantenere l´intesa politica con la sinistra radicale e... governare col Parlamento, cioè utilizzando le convergenze di volta in volta possibili con l´opposizione o parte di essa.
L´impresa non è facile, ma neppure impossibile.
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Le prime mosse le ha già fatte nella direzione più urgente e preliminare che è quella di recuperare il consenso. Ha annunciato la decisione di distribuire un «bonus» fiscale di 6 miliardi ai contribuenti, a valere sulle maggiori entrare che si sono verificate nel 2006 e che continueranno ad affluire all´erario in misura consistente nel 2007.In gran parte esse dipendono dalla lotta anti-evasione e anti-elusione avviata da Vincenzo Visco fin dal giugno dello scorso anno. Ma lo stesso Visco non ha mancato di invocare fin dall´inizio una diminuzione della spesa e una diminuzione della pressione fiscale. Il «bonus» fiscale di 6 miliardi risponde a quest´ultima richiesta; il contenimento della spesa è la parte più difficile dell´operazione e ad essa è direttamente impegnato il ministro dell´Economia che intanto porta a casa il risultato di un debito netto sotto alla soglia del 3 per cento: obiettivo raggiunto con la tanto deprecata legge finanziaria del 2007 che sta centrando l´obiettivo primario che si era proposto per recuperare i parametri della stabilità europea.
Se – come è probabile – la dinamica del prodotto interno lordo nell´anno in corso si manterrà a livello del 2 per cento del 2006 o se – come è possibile – riuscirà addirittura a superarlo, anche il rapporto tra debito pubblico e Pil migliorerà. Questa è la scommessa.
In parte sarà determinata dalla congiuntura internazionale e da quella europea in particolare. In parte dall´andamento della domanda interna per consumi e per investimenti. Ma soprattutto dalla crescita della produttività.
Padoa Schioppa ha più volte insistito su questo elemento. Alcuni segnali positivi ci sono, ma siamo ancora lontani dall´obiettivo. La produttività è ferma in Italia da quindici anni per responsabilità paritarie degli imprenditori, dei sindacati, dello Stato. E´ necessario un patto triangolare sulla produttività. Le parti sociali sembrano d´accordo. Il governo dovrà mettere tutto il peso di cui dispone per realizzare questo obiettivo primario. Su di esso si vince o si perde l´intera partita. Le liberalizzazioni di Bersani hanno un ruolo importante nel risultato.
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La partita dell´economia – se concertata con equilibrio e condotta con determinazione – può centrare contemporaneamente tre obiettivi: il recupero del consenso elettorale, una più equa distribuzione del reddito, l´aumento della domanda interna. L´«en plein» si avrà se la congiuntura internazionale continuerà a svilupparsi positivamente. Quest´ultimo elemento, del quale non si può sottovalutare l´importanza, è tuttavia al di fuori del nostro controllo. Ragione di più per concentrare tutti gli sforzi – del governo, degli enti locali, del sistema bancario, degli imprenditori e delle rappresentanze dei lavoratori – su un circuito virtuoso che sostenga la crescita e liberalizzi il mercato da strutture corporative.Su questo terreno non dovrebbero esserci impedimenti politici: la maggioranza è concorde, le parti sociali anche. Perfino i pochi dissidenti non pongono su queste questioni problemi di coscienza e di ideologia.
Le resistenze invece si addensano sul tema delle pensioni. Non è qui il caso di entrare sulle modalità di questa riforma se non per osservare che le resistenze sono concentrate sul tema dello «scalone», cioè dell´età pensionabile e sull´erogazione dei coefficienti di calcolo delle pensioni in rapporto all´invecchiamento della popolazione. E´ invece di opinione comune la necessità di procedere all´innalzamento delle pensioni che si trovino al di sotto dei mille euro mensili (la media supera di poco i 500 euro).
Qui il problema è quello della sostenibilità del sistema. Della auspicata ma sempre rinviata separazione tra le erogazioni previdenziali e quelle assistenziali. Della creazione di un unico ente previdenziale con i relativi miglioramenti di efficienza e di costo. Della previdenza integrativa. Degli ammortizzatori sociali. Del mercato del lavoro.
Materia ampia e contrastata. Negoziato complesso, nel quale non si può governare col Parlamento perché, prima dei partiti, su questi temi sono protagonisti insieme al governo le parti sociali. Una sola considerazione in merito deve essere posta dal governo ai partiti dell´alleanza: nessuno di loro deve scavalcare le organizzazioni sindacali, delle quali il governo costituisce la sola contropartita. Altrimenti non si potrà far nulla e resterà in vigore la legge Maroni e lo scalone che porta l´età pensionabile a sessant´anni. Le parti sociali lo sanno, perciò si regolino di conseguenza.
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Verrà a scadenza tra pochi giorni il voto sul rifinanziamento della nostra missione militare in Afghanistan. Si sa già che la maggioranza politica al Senato non ci sarà per la defezione già annunciata dei dissidenti di sinistra.Ma si sa anche che il governo non metterà la fiducia. Il tema è decisamente «bipartisan» come tutti quelli di politica estera. Prodi prevede una maggioranza al Senato di 300 voti, cioè di fatto l´unanimità. E poco importa se la maggioranza politica otterrà il voto determinante dell´opposizione - a parte il fatto che i senatori a vita voteranno con ogni probabilità compattamente il «sì» e contribuiranno di conseguenza a togliere alla votazione ogni colore di parte.
A parte questo imminente appuntamento la nostra politica estera continuerà a svolgersi sotto il segno della continuità delle nostre tradizionali alleanze ma con l´autonomia che fornisce un connotato di discontinuità rispetto alla linea del precedente governo.
E´ auspicabile che su questa visione complessiva anche le dissidenze di sinistra possano essere riassorbite in alcuni casi. In altri sovverranno i voti di parti dell´opposizione quando siano in gioco gli interessi e il prestigio del paese.
Certo tutto può cambiare se in Afghanistan, come sostengono Bush e il Pentagono, l´«Enduring Freedom» dovesse trasformarsi in guerra guerreggiata e addirittura preventiva contro i talebani e contro i «signori della guerra» cioè i capi tribali che contestano ogni ipotesi di governo centrale.
Essenziale, per portare a soluzione questo problema, l´accordo con l´Iran e con il Pakistan affinché contribuiscano alla pacificazione del paese. Essenziale ma quasi impossibile.
Se questa finalità non sarà realizzata, gli Stati europei presenti su quello scacchiere formulino una proposta comune e la sostengano all´Onu e nella Nato.
Questa è la linea di Prodi e di D´Alema e su di essa l´Unione dovrebbe essere compatta se esiste ancora una logica.
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Il tema della laicità fa parte delle carte identitarie della maggioranza di governo, senza eccezioni. Prodi e D´Alema l´hanno percepito e due giorni fa l´hanno riaffermato con forza riproponendo la questione delle convivenze di fatto.Si parla del disegno di legge sulle convivenze come di un argomento «eticamente sensibile». E´ un errore. Il disegno di legge non pone problemi di etica ma di diritti civili. Non si obbliga nessuno a convivere senza e fuori dal matrimonio, bensì si tutelano alcuni diritti importanti soprattutto per i conviventi più deboli.
L´ipotesi di provvedere a questi diritti cambiando alcuni articoli del codice civile è campata in aria perché delle due l´una: o il codice acquisisce il concetto delle coppie di fatto e ne legifera i diritti «erga omnes» e allora non c´è differenza alcuna rispetto a un disegno di legge che finirebbe con l´essere un «testo unico» di alcuni articoli del codice; oppure la codificazione si limita a validare i contratti privati tra conviventi senza più disporne la validità rispetto ai terzi, e in tal caso la tutela dei diritti risulterebbe del tutto inefficace.
Naturalmente resta lo scoglio, per molti insuperabile, della legalizzazione delle coppie omosessuali. Problema serio perché affonda le sue radici nel costume, nei pregiudizi, nei tabù e comunque nella oggettiva constatazione che la coppia omosessuale non può generare e quindi è «imperfetta» rispetto ad una delle finalità essenziali di una coppia.
Questa obiezione è seria rispetto al costume, ma non giuridicamente. Se il regime di convivenza e i diritti che ne conseguono viene esteso, come i Dico prevedono, anche a coppie di sorelle e fratelli e zii e nipoti che sostengano vicendevolmente la vecchiaia e la solitudine dell´uno e dell´altro, non si vede perché lo stesso criterio non si possa estendere a coppie omosessuali.
Personalmente comunque non avrei messo nel disegno di legge sulle convivenze lo specifico richiamo agli omosessuali. Avrei parlato di convivenze di fatto senza alcun´altra specificazione e mi sarei rimesso, alle prime contestazioni, al giudizio determinante della Corte costituzionale. La nostra Costituzione vieta esplicitamente ogni discriminazione. Veda dunque la Corte se gli omosessuali possono essere discriminati; checché ne pensi e ne dica il senatore Andreotti, do per certo che la Corte impedirebbe l´esclusione e la discriminazione.
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Questo giro d´orizzonte sull´andamento della politica italiana nei prossimi mesi e anni sarebbe incompleto se non si considerasse, sia pure in brevissima sintesi la nascita e il ruolo del partito democratico e quello della riforma della legge elettorale.Il partito democratico si farà. In breve tempo. I motori hanno cominciato a girare e non credo si fermeranno.
Ci saranno scontri duri all´interno dei partiti; ci sarà mobilitazione di associazioni e società civile; ci saranno primarie negli ultimi congressi di partito e primarie alla nascita del Pd. Non sarà un percorso facile, ma nel 2008 quel nuovo partito riformista comincerà ad esistere.
Non sarà un partito moderato e neppure un partito rivoluzionario. Sarà un partito, appunto, democratico e riformista. Quindi il nuovo baricentro della politica italiana derivante dall´incontro tra liberal-socialisti e cattolici democratici.
Ricorderete che la Dc degasperiana e poi morotea si definiva un partito di centro che guardava a sinistra. Mi azzardo a dire che il partito democratico sarà un partito riformista che guarda verso il centro. Ma aggiungo: non verso partiti di centro, che non esistono e non esisteranno, ma verso gli elettori che si addensano al centro e che sono, in tutte le democrazie bipolari, l´obiettivo che le formazioni contrapposte si propongono di conquistare. A condizione di non perdere il contatto con gli elettori che stanno più a sinistra del riformismo e più a destra dei moderati.
Io non credo che ci sarà rottura e taglio delle ali.
L´ala sinistra non ha alcun interesse a mettersi fuori dal gioco politico e i riformisti dal canto loro non hanno interesse ad amputare la coalizione da essi guidata.
Del resto in Usa, in Gran Bretagna, in Francia, in Spagna, le cose vanno a questo modo: due formazioni maggiori, due mezze ali (in Francia Bayrou è la tipica mezz´ala di Sarkozy) e gli elettori centristi come preda contesa e preziosa dei due schieramenti.
Una nuova legge elettorale dovrebbe dare evidenza e voce a questo progetto politico perciò – ha ragione Follini – viene dopo il disegno politico e non prima. Per recuperare l´interesse del corpo elettorale credo che si dovrebbe prevedere l´elezione diretta del premier e un premio di maggioranza in favore del vincente. Ma di questo ci sarà tempo per parlare.