Berlinguer: «Ora si apre una nuova strada anche a sinistra»
Il vecchio leader, candidato del correntone a Pesaro, lascia. «Costruiremo un nuovo soggetto, che vuole cambiare e governare»
di Bruno Gravagnuolo
IL DISTACCO «Turbato, ma non rassegnato». Così, nel momento del distacco dai Ds si autodefinisce Giovanni Berlinguer, 83 anni, già dirigente storico del Pci, candidato segretario al Congresso di Pesaro del 2001, e oggi eurodeputato Ds nel gruppo del Pse. Tutta una vita in quel partito e una storia mai interrotta, nemmeno dopo il 1989, con la nascita del Pds. Ma adesso quel lungo cammino si interrompe. E con Berlinguer parliamo del suo "non possumus" malgrado gli appelli a restare, intriso di emozioni ma sereno. La sua idea è: in fondo questo crinale è "un' opportunità". Per chiarire, e costruire qualcosa di diverso "alla sinistra del partito democratico". Per salvaguardare il paese, dalla destra e dal rischio del declino. Poi un giorno si vedrà chi aveva ragione, ma intanto occorre governare insieme
Berlinguer, come vive questo addio politico?
«Non è un addio e può essere anche un arrivederci. Inevitabilmente lo spostamento dei Ds verso una forza più ampia e moderata implica la possibilità della creazione di un'altra forza alla sua sinistra, che sia anche sua alleata. Intanto il clima generale di questo congresso non è stato quello di una rottura clamorosa e aspra».
Lei parla di arrivederci. Vede l'eventualità di ritornare insieme in una stessa formazione politica?
«Non faccio il profeta, chissà. Ma ora ci sono due processi avviati contemporaneamente, da forze che fanno parte di una medesima coalizione. La carenza maggiore in questo momento è semmai il profilo dell'Unione. E temo che concentrare tutti gli sforzi sulla creazione del Pd, possa distoglierci dall'impegno di rafforzare la coalizione e consolidare l'attività di governo ».
Qual è il punto politico e programmatico dirimente che le ha impedito di riconoscersi nel Pd?
«Per ora è solo un'operazione di vertice, come tutti riconoscono. E ciò, malgrado i discorsi sulla Costituente, sulla società civile e su “una testa e un voto”. Un'operazione pilotata dall'alto, senz'anima, né anelito ideale o alone di consensi. Tra i contenuti che mancano, segnalo la questione morale. Senza la questione morale al centro, non può esservi oggi partecipazione vera. Così come non può esservi partecipazione senza raccogliere le spinte dei movimenti sulla pace, sui diritti civili e sociali, sul lavoro, sulla legalità, sui Dico. Tutte cose spesso considerate un disturbo dalla “politica alta”, e la cui marginalizzazione ha reso la politica separata e più povera».
Dunque, lei non vede vivificato il progetto del Pd da una vera spinta civile di massa
«Non è che non la veda. Quella spinta non c'è».
Restiamo ai contenuti. Al lavoro ad esempio. Si passa da una sinistra del lavoro da liberare, a una sinistra dell'individualismo solidale. Quanto pesa questo aspetto per lei?
«Senza dubbio il lavoro, e non solo quello operaio, ma anche quello dei servizi e della conoscenza, sbiadisce nell'orizzonte del Pd. E ciò, malgrado l'Italia sia uno dei paesi più sindacalizzati del mondo. Tuttavia non v'è rappresentanza politica adeguata del lavoro, sebbene il Ministro del lavoro stia svolgendo un'opera egregia. Manca un disegno preciso, un asse progettuale che metta al centro il lavoro e i lavori nella società italiana, adeguata al peso che tale dimensione, pur in forme nuove e variegate, ha assunto.»
Veniamo alla laicità e al socialismo europeo, due punti critici e indecisi nell'impianto del Pd...
«Sul primo punto, basta fare il confronto sugli applausi al Congresso. Tutti quelli che hanno insistito sulla laicità, hanno avuto battimani clamorosi. Viceversa il tono della relazione introduttiva e quello degli interventi ufficiali è stato molto meno esplicito, e a ciò si aggiunge la “campana” di Rutelli da Roma. È chiaro che questo sarà un punto di estrema frizione dentro il Pd. Quanto al socialismo europeo, c'è una forte reticenza. La collocazione naturale di una forza di centrosinistra come il Pd, non può che essere il gruppo socialista europeo. Invece la posizione della Margherita è: collaboreremo».
Come finirà in Europa? Doppia appartenenza, seggi divisi, un nuovo gruppo federato al Pse?
«La confusione è tale che nessuno è in grado di dire come finirà. Eppure è ovvio che la sinistra che conta in Europa sta nel Pse. Certo, c'è l'esigenza di rinnovare, ampliare e uscire dagli schemi classici, al di là delle vittorie conseguite dai socialisti europei, tra cui quella di aver addomesticato gli spiriti animali del capitalismo con il welfare. Ma qualsiasi rinnovamento non può prescindere dalla collocazione nel socialismo continentale. E ogni doppia collocazione non è sostenibile»
E ora, cosa c'è dopo la vostra fuoriusciuta dai Ds? Un cantiere da Boselli a Bertinotti?
«Intanto c'è una vasta area di delusi dai Ds, negli ultimi anni. E moltissime associazioni, movimenti ed esperienze tematiche, che guardano a sinistra. Inoltre ci sono i partiti alla sinistra del futuro Pd. L'esigenza maggiore è aggregare queste forze, e raccogliere le aperture convergenti che vanno da Boselli, a Di liberto, a Bertinotti e Giordano, garantendo che esse corrispondano a una volontà effettiva. Nonché a una linea politica responsabile, in funzione del governo dell'Italia. C'è una responsabilità nazionale a cui adempiere, in un momento di gravi rischi per il paese. E dunque la nuova forza di sinistra non potrà né dovrà avere un carattere massimalista o estremista"».
Ma questa sinistra che identità avrà? E quali confini?
«Una forza di sinistra democratica, che includa gli ideali aggiornati del socialismo, ma che sia anche più ricca. Ricca di elementi che il socialismo non aveva incluso nel suo bagaglio. Per esempio il destino del pianeta, l'ambiente, la differenza femminile, l'individuo e il ruolo della conoscenza dentro la riproduzione economica. In sintesi, vi sono due costituenti politiche simultanee. Una più moderata, quella del Pd, e l'altra più a sinistra, tutta da costruire ma necessaria. Ecco, mi auguro che abbiano successo entrambe».
l'Unità 22.4.07
Il travaglio di Angius. E il «rompete le righe» della mozione tre
Il leader ha lasciato Firenze ben prima della chiusura del congresso. Nigra: «Ora faremo delle scelte individuali»
di Eduardo Di Blasi
LA SCELTA INDIVIDUALE. Lo aveva detto nel suo discorso alla platea congressuale. Lui, contrario all'alchimia con la quale sta nascendo il Partito Democratico, aveva confessato: "La politica per qualcuno, almeno per me, è ancora così: una scelta individuale. La politica la si fa e la si pratica, per essa ci si batte, si soffre, si gioisce, si vince e si perde se la si sente come propria, se la si vive come parte di sé, magari non tutta intera, ma in larga misura sì".
Gavino Angius è tornato a Roma già nel tardo pomeriggio di venerdì. Non ha partecipato alle ultime riunioni politiche della propria mozione. Alberto Nigra, portavoce della delegazione, spiega che lo aveva già detto: per motivi personali non sarebbe potuto restare anche il terzo giorno. Chi lo ha visto andare via l'altro giorno lo racconta "molto arrabbiato". Alcuni dei suoi commentano: "Sta attraversando un travaglio difficile". Altri, più amari: "E' partito il "rompete le righe".
Qualunque ne sia la ragione, Gavino Angius, vice presidente del Senato, non era al Mandela Forum quando gli ordini del giorno della propria mozione sono stati respinti dalla maggioranza dei delegati. Non ha contribuito direttamente alla loro scrittura (uno di quelli è stato formulato prendendo a ispirazione il suo discorso all'assemblea). Ufficialmente è ancora nella lista di coloro che prenderanno parte al "Comitato promotore per la Costituente del Partito Democratico" (la mozione conta 45 esponenti su 342), assieme a Massimo Brutti, Mauro Zani, Alberto Nigra, Sergio Gentili.
Lui, Gavino Angius, non si conosce ancora cosa farà. Dopo la svolta della Bolognina si ritrovò sul "fronte del No". Allora si trattava di non rinunciare all'ideologia "comunista" del Pci per quella socialdemocratica che veniva assumendo il nuovo soggetto. Decise di rimanere nel recinto del Pds, una scelta convinta. Oggi resta a riflettere da questa sponda sulla nuova metamorfosi del proprio partito. Sulle opzioni rimaste sul campo. Le due "fasi costituenti" e quello che c'è a valle.
Spiega Nigra: "Non è scontato, che, a livello individuale, sia io che Angius, che altri tra noi, aderiremo al nuovo progetto costituente del Pd". Emerge un "livello individuale" mentre la mozione, arrivata nel porto congressuale, distribuisce i propri delegati dentro il "comitato". Brutti, lo indica apertamente dal palco del Congresso: "Resteremo numerosi e organizzati per rappresentare le nostre ragioni nella fase costituente del Partito Democratico".
Ma Nigra avverte: "La mia opinione è che, se si decide di entrare a far parte della fase costituente bisogna riorganizzarsi per la battaglia". I rischi sono due: il primo è quello numerico. "Una mozione che ha raccolto il 9,4% in uno solo dei soggetti costituenti che possibilità ha di influenzarne il cammino?". Il secondo è nei contenuti stessi del documento: "La mozione - spiega Nigra - è finita con questo congresso, adesso bisogna riarticolarla per renderla funzionale alla nuova battaglia". Infine c'è l'incognita della "società civile", del suo impatto nel disegno finale.
Le decisioni restano rimandate ad una assemblea nazionale della "ex-mozione" che si terrà dopo il ponte del Primo maggio, in una data compresa "tra il 5 e il 10 maggio", più o meno a ridosso dell'appuntamento che si sono dati i sostenitori della mozione Mussi. C'è il tempo per ragionare. Anche il segretario Piero Fassino, nel suo discorso di chiusura, ha aperto al vice presidente del Senato. Lo ha fatto su un elemento di contenuto, il manifesto dei saggi di Orvieto, inviso ai firmatari della Angius-Zani: "Non abbiamo nessuna difficoltà ad accogliere le sollecitazioni che ci vengono da Angius: abbiamo chiamato 250mila persone a decidere, non ci leghiamo certo ad un manifesto scritto da 15 persone".
l'Unità 22.4.07
Cgil, in tanti con Mussi. «Ma sono scelte individuali»
La prospettiva del Pd ha diviso i dirigenti. Ma il sindacato è geloso della sua autonomia
di Giuseppe Vespo
LE SCELTE individuali e l’indipendenza del sindacato. I Ds hanno deciso ieri di dar vita al Partito Democratico. Da ora in poi ci sarà chi lavorerà per la costruzione di questa nuova realtà e chi non la sosterrà, esplorando nuove strade. Così sarà anche all’interno della Cgil. Ma quelle che hanno portato la segreteria confederale a dividersi sulle mozioni Fassino e Mussi, sono scelte personali. Che, sottolineano in corso d’Italia, non devono scalfire l’indipendenza e l’autonomia della confederazione della sinistra. Epifani ha posto con forza la necessità dell’appartenenza del Pd al Partito socialista europeo. Con Fassino si erano schierati in tre: Achille Passoni, Nicoletta Rocchi e Mauro Guzzonato. Con loro, Agostino Megale, presidente dell’Ires, l’istituto di ricerche economiche e sociali della Cgil. Hanno appoggiato il «correntone» di Fabio Mussi: Paolo Nerozzi, Carla Cantone, Morena Piccinini e Fulvio Fammoni. Indipendente, rispetto alle due mozioni, la posizione di Paola Agnello Modica, in quanto di area comunista. Mentre Marigia Maulucci, non iscritta ai Ds, ha annunciato che aderirà al nuovo partito.
Diversa la «geografia» per quanto riguarda le segreterie delle organizzazioni di categoria. Il segretario della Fiom, Gianni Rinaldini, ieri dal palco milanese della Camera del Lavoro - dove si è tenuta l’assemblea della Rete 28 Aprile dal titolo “No a ogni collateralismo tra Cgil e Partito Democratico”- è netto nel suo «no» al nuovo soggetto politico. «Col Pd inizia un terremoto. L’idea liberista sta prendendo piede come unico orizzonte entro il quale si determina la dislocazione delle forze politiche. C’è bisogno di un’organizzazione indipendente, democratica e con una capacità progettuale che la Cgil in questi anni ha perso per strada». Con lui, critico anche Giorgio Cremaschi, da tempo è approdato a posizioni vicine al Prc. Vicini a Mussi e lontani dal Pd: Laura Spezia e Maurizio Landini. «Andrò alla costituente del nuovo movimento socialista di Fabio Mussi - dice Laura Spezia - Ma ritengo che le scelte individuali debbano rimanere tali. Non bisogna coinvolgere il sindacato, che ha da sempre la sua indipendenza. L’aveva prima e l’avrà ancora». Con Fassino, invece, l’altro membro della segreteria Fiom, Fausto Durante.
Per quel che riguarda i leader delle altre organizzazioni di categoria della Cgil, hanno appoggiato il nascente Pd, il leader dei chimici della Filcem, Alberto Morselli; quello dei tessili (Filtea), Valeria Fedeli; Emilio Miceli dei lavoratori della conoscenza (Slc); il segretario della Fillea (edili), Franco Martini; quello della Filt trasporti, Fabrizio Solari e Domenico Moccia della Fisac, i bancari. Si richiama invece alla tradizione socialista Franco Chiriaco della Flai, il sindacato dell’agroindustria. «Non aderisco al Pd, formazione dai connotati centristi, dove il lavoratore è sparito per diventare utente-cittadino, come è sparita la tradizione socialista forte, quella di Riccardo Lombardi e di Pietro Ingrao, di Fernando Santi e Giuseppe Di Vittorio». Sulla stessa sponda di Chiriaco il leader degli statali, Carlo Podda: «Andrò alla riunione dei delegati firmatari della mozioni Mussi perchè credo nell’idea di un movimento che punti alla riaggregazione socialista esplicita, e non nascosta nel cuore». Con Mussi c’è anche Betty Leone dello Spi, il sindacato dei pensionati. «E’ una strada difficile quella che abbiamo scelto - ha detto - ma è la speranza di chi pensa che ci debba ancora essere una realtà a sinistra. Lavoreremo al movimento con l’ambizione di riunificare e di interrompere la maledizione che ci ha contraddistinto negli anni, quella del dividersi e frammentarsi. Noi vogliamo unire le sinistre italiane». Poi giù lungo la rete della maggiore organizzazione sindacale d’Europa, le segreterie regionali e le Camere del lavoro. Gli iscritti ai Ds hanno dibattuto e si sono schierati. I concetti sono gli stessi, a cominciare dall'indipendenza del sindacato. «Ora bisogna pensare e valutare le cose che sono in gioco - dice Susanna Camusso, segretario regionale della Lombardia, che ha appoggiato il «correntone» -. Ma la Cgil non si misura su queste questioni che riguardano i partiti. Ogni militante ha appoggiato personalmente una posizione. Il sindacato ha un suo segretario e la sua indipendenza». A livello regionale con il Pd, tra gli altri, si sono schierati i leader di Piemonte, Liguria, Veneto, Toscana, Umbria, Abruzzo, Campania e Sardegna. Mentre hanno sostenuto il connubio Dl- Ds i numeri uno di alcune tra le più importanti Camere del Lavoro. A cominciare da quello di Milano, Firenze e Napoli.
il manifesto 22.4.07
Mussi sotto la lente della sinistra radicale
Il cantiere Rifondazione comunista lancia per il 16 e 17 giugno la fondazione della Sinistra europea e già pensa al Cantiere. I Verdi aprono alla discussione e il PdcI attende l'invito
di Sa. M.
Roma. L'orizzonte è chiaro, ma i contorni di quel che si muoverà nei prossimi mesi a sinistra del Partito democratico sono da definire. Ora che Fabio Mussi ha fatto il grande passo abbandonando la Quercia e portando con se quasi tutta la sinistra Ds, il pezzo più radicale dell'Unione è chiamato a decidere sul da farsi tenendo d'occhio prima le amministrative e poi la riforma elettorale. La prima mossa spetta al Prc che infatti ieri pomeriggio ha convocato a Roma il Comitato politico nazionale per aggiornare la preparazione dell'assemblea fondativa della Sinistra europea, prevista per il 16 e 17 giugno: «Quell'appuntamento - spiega Gennaro Migliore, il capogruppo di Rifondazione alla camera - sarà la porta attraverso la quale si vedrà la possibilità di considerare un lavoro consolidato negli anni». L'occasione sarà utile anche per parlare di quel «cantiere a sinistra» che chiama a raccolta «senza vincoli identitari tutti coloro che sono interessati a parlare di sinistra, socialismo e ventunesimo secolo», ha detto il segretario Franco Giordano. L'unica distanza esplicitata è quella con i socialisti di Boselli, con cui le distanze su liberismo e guerra sono ancora forti, ma è chiaro che sulle forme del confronto con gli altri le idee sono tutt'altro che chiare e che c'è ancora qualche ruggine da sanare in particolare con il PdcI. Il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero ha buttato lì che per dialogare con la ex sinistra Ds non vedrebbe male una organizzazione pensata «sul modello della vecchia Flm», la federazione unitaria dei metalmeccanici che riuniva Fiom, Fim e Uilm fino a vent'anni fa. Ma sul punto le idee sono tutt'altro che chiare. E dire che i tempi sono stretti: Mussi ha convocato i suoi per il 5 maggio.
La centrifuga a sinistra ha tirato dentro anche i Verdi. Ieri durante il consiglio federale Alfonso Pecoraro Scanio ha spiegato chiaramente che il dialogo che interessa al Sole che ride non è quello con il Partito democratico. Per ora il tema è un grande soggetto ambientalista che, «di fronte a un Partito democratico così moderato, gradito perfino a Berlusconi, punti ai diritti, alla pace, all'innovazione, ai giovani e ovviamente all'ambiente». Poi però «è anche necessaria un'aggregazione della grande area progressista e laica che in questo Paese ha un larghissimo consenso popolare ma che deve avere una rappresentanza forte». Il passaggio fatto da Pecoraro Scanio non è del tutto scontato per un partito che qui e là ha subito la fuga di dirigenti e amministratori confluiti nel Partito democratico. Ora però la scelta sembra fatta, ne è convinto anche il sottosegretario all'economia Paolo Cento tra i più decisi nel proporre un dialogo con il cantiere in costruzione a sinistra al punto da organizzare anche un dibattito sul tema, presente Franco Giordano, giusto mercoledì scorso: «La nostra discussione deve partire da una confronto che affronti il problema di cambiare il modello economico di sviluppo anche in chiave ecologista. Quello che si muove a sinistra in questo senso ci interessa». Anche i Verdi hanno fissato il loro appuntamento, praticamente sovrapposto a quello della ex sinistra Ds: «La risposta al Partito democratico - ha continuato Pecoraro Scanio - sarà la Convention "Ecologia è economia" dei Verdi che si terrà a Genova il 4 e 5 maggio cui parteciperanno Mussi e altre personalità rappresentative dell'ambiente e dei diritti».
Un po' più in difficoltà sembrano essere al momento i Comunisti italiani, che proprio ieri hanno incassato l'addio del fondatore Armando Cossutta deciso ad abbandonare la carica di presidente e a non partecipare più in alcun modo al partito dopo la rottura consumata a ridosso delle elezioni. Oliviero Diliberto è convinto che il dialogo ci sarà: «Siamo quelli che per primi hanno parlato della necessità di riunificare la sinistra in Italia. Questo è il terzo congresso che facciamo con questa proposta. Quindi ora aspettiamo risposte da parte di coloro che dai Ds non sono confluiti nel Partito democratico e da parte di Rifondazione comunista».
Liberazione 22.4.07
Il congresso Ds approva lo scioglimento. Fassino: «Il Pd è di sinistra». Si agitano i petali della Margherita, Parisi: «Basta con quote e correnti»
Dal Cpn Rifondazione lancia la sfida: «Ci sono le condizioni per un soggetto, ormai anche in tempi rapidi, antiliberista e pacifista»
Giordano: «Adesso la sinistra ha bisogno di un nuovo soggetto»
di Angela Mauro
Assodato che è tempo di accelerare nella costruzione di una nuova aggregazione a sinistra, Rifondazione prova a ragionare sulle modalità e sui luoghi del confronto con tutto ciò che è a sinistra del Partito Democratico, Correntone Ds in primis ma non solo. L'occasione è il comitato politico nazionale riunito a Roma proprio mentre a Firenze si conclude il congresso dei Ds e mentre a Cinecittà la Margherita continua la sua assise nazionale avviata venerdì. «Ci sono le condizioni, ormai anche in tempi rapidi, per un soggetto antiliberista e pacifista». Franco Giordano è netto. «E' evidente - dice il segretario del Prc - che le due assisi di Ds e Margherita descrivono un'ipotesi sociale pacificata e aconflittuale e questo ci carica di una responsabilità grande: accelerare il percorso di unità a sinistra perchè ci sono le condizioni per un soggetto unitario». Alcune date in calendario sono già segnate: il Correntone prepara il suo appuntamento nazionale del 5 maggio per dare vita ad un nuovo movimento. Il Prc punta alla costituzione della sezione italiana della Sinistra Europea il 16 e 17 giugno prossimi e parteciperà come ospite alla giornata organizzata per il 12 maggio dal Cantiere di Occhetto sul tema "Coprire il vuoto a sinistra» (ci saranno anche Mussi, Boselli, Armando Cossutta, Pancho Pardi). Ad ogni modo, è di "cantiere" con la "c" minuscola che si parla, vale a dire di un luogo nuovo di confronto senza legacci con ciò che è già cristallizzato, ma invece con legami a società e ai movimenti e aperture a chi viene da storie diverse e voglia costruire la sinistra e il socialismo del XXI secolo.
Fin qui le dichiarazioni di intenti, cariche della consapevolezza di dover agire subito e di dover trovare una soluzione alle difficoltà che il processo implica. Giordano innanzitutto sgombera il campo dai malintesi. «Non vogliamo fare un'aggregazione di resistenti al Partito Democratico, ma un percorso vivo con i movimenti. La nostra non è una ristrutturazione di ceto politico, ma la volontà di fare la sinistra di alternativa perchè non possiamo assistere al declino della sinistra in Italia». Chiaro. Ma, a parte le date delle assemblee e manifestazioni pubbliche, è bene dare subito un segnale: in Parlamento. Milziade Caprili la butta lì: «Dobbiamo valutare se sono maturi i tempi per porre noi per primi l'idea che in Parlamento si determini un'unità a sinistra». Per il vicepresidente del Senato, si tratta, se non proprio di gruppi unici, di verificare la possibilità di stringere «patti di consultazione, di unità» con i fuoriusciti (de facto) dai Ds e con chi ci sta a sostenere le battaglie sociali e pacifiste. Per Gennaro Migliore bisogna «individuare una mappa dei luoghi del cantiere in questo paese», non si può procedere con «iniziative sporadiche» e non si può «perdere tempo» perchè, dice il capogruppo del Prc alla Camera, «noi dobbiamo fare di tutto per dimostrare ai compagni della sinistra Ds che avevano ragione, al contrario di quanto dice D'Alema quando parla di Mussi». Paolo Ferrero insiste sulla necessità che vada «trovata una modalità» e propone di prendere modello dalla Flm (Federazione Lavoratori Metalmeccanici), sigla che negli anni '70 unì Fiom, Fim e Uilm.
Il tempo, insomma, stringe e non solo per il semplice fatto che sta per nascere (in autunno) il Partito Democratico, ma anche per quello che rappresenta: il compattarsi di pulsioni e prospettive moderate e liberiste con tutto il peso che possono esercitare sul governo dell'Unione. E' forte l'eco delle ultime prese di posizione di Padoa Schioppa sul contratto degli statali e sull'uso del "tesoretto". Nel Prc sono in molti a lanciare il campanello d'allarme. «Noi dobbiamo fare una battaglia politico-culturale e dobbiamo litigare affinchè le risorse in più vadano redistribuite sul reddito», dice Paolo Ferrero. Il ministro insiste su «povertà, casa, non autosufficienze» e incalza: «Va fatta una discussione con il premier Prodi per l'applicazione del programma dell'Unione e bisogna fare una campagna del partito». Il 75% del "tesoretto" (7,5 miliardi di euro), continua Ferrero, va speso per «lo stato sociale e per risarcire chi ha sempre pagato» e le richieste dell'Unione Europea «vanno rispedite al mittente».
Giordano dice «no alle gerarchie nell'Unione e a modifiche del suo impianto programmatico». Una verifica di governo? Il termine «appartiene ad altre epoche», sostiene il segretario del Prc, ma è vero che «c'è una battaglia politica da fare sul risarcimento sociale: le priorità non sono quelle che indica Padoa Schioppa. Se così fosse, non ci sarebbe intesa politica nell'Unione». Bisogna intervenire sulle pensioni basse, anche perchè, ricorda la sottosegretaria al Lavoro Rosi Rinaldi, «se non si fa nulla, la riforma Maroni, con il suo "scalone", comunque parte dal primo gennaio 2008». E poi c'è da operare per un «decisivo aumento dei minimi retributivi, per gli sgravi sugli affitti, per la riduzione dell'Ici sulla prima casa fino alla sua abolizione», insiste Giordano. Sul Tfr «bisogna esplicitare di più la nostra proposta ai lavoratori - puntualizza Ferrero - E' necessario che si tengano il Tfr perchè solo così si può costituire il fondo pubblico gestito dall'Inps». Sono tutti contenuti «legati al nuovo soggetto a sinistra», precisa Giordano. Sono temi che caratterizzeranno la giornata nazionale di mobilitazione del Prc davanti alle fabbriche e i posti di lavoro prevista per il 14 maggio.
Ma se al comitato politico nazionale tutti, nella maggioranza del partito, concordano sulla necessità di lavorare ad un'aggregazione a sinistra, non mancano gli accenti critici sulle modalità ed il clima del percorso. «Bisogna rimettere a qualche milione di persone quelle decisioni che adesso appartengono ai partiti e ai gruppi parlamentari», è l'esordio di Ramon Mantovani, che esorta a non imitare in alcun modo i Ds, la Margherita e il loro nuovo partito. «Le masse convocate dal nascituro Partito Democratico sono passive, chiamate solo per eleggere un leader, per partecipare a sondaggi e convention: competere sullo stesso terreno è suicida e qui - dice il deputato alla platea del Cpn - avverto questa tentazione quando sento parlare della possibilità di fare una cosa nuova e grande a sinistra». Insomma, «sì al confronto con Mussi, sì anche a qualsiasi operazione sul piano elettorale, ma in Rifondazione c'è un progetto che va sviluppato nel confronto con altri progetti. Se Mussi dice che ci vuole una sinistra di governo, esprime quello che è stato per 15 anni e non va bene che noi facciamo finta di non vederlo. Se si dice solo facciamo una cosa grande e nuova - conclude Mantovani - io non ci sto». Alfonso Gianni nota nel partito una «mancanza di spinta e di entusiasmo per la nuova prospettiva». Parlando al cpn, il sottosegretario allo Sviluppo Economico è tagliente: «Il Partito Democratico nasce da una fusione a freddo. Qui sento solo freddo, non c'è nemmeno la fusione...». La deputata Elettra Deiana pone l'accento sulla necessità di rovesciare l'impostazione moderna della rappresentanza femminile in politica. «Deve far riferimento ai contenuti - dice - Invece vedo una modernizzazione che assicura una leadership alle donne, come succede in Francia per Ségolène e negli Stati Uniti con Hillary Clinton, solo perchè ora rendono sul piano del consenso elettorale. La questione sociale è però assente. Vorrei che la nuova aggregazione a sinistra prenda in considerazione questo aspetto».
Sul nuovo soggetto il no è netto da parte delle minoranze. Al cpn Sinistra Critica si esprime con Nando Simeone: «E' solo una reazione al Partito Democratico, mette insieme soggetti in crisi, non considera i movimenti, si ispira alla social-democrazia». Claudio Bellotti di Falce Martello nota che «non esiste un percorso di mobilitazione». Dall'Ernesto invece Claudio Grassi dice sì al dialogo con la sinistra Ds «ma non si parli di un unico partito», mentre Leonardo Masella, capogruppo in Regione in Emilia Romagna, segnala che «il Prc è timido nel rivendicare la sua identità comunista».
«Senza una pratica sociale sui temi economici e sulla pace non c'è nè il Prc, nè la Sinistra Europea, nè il cantiere», avverte il coordinatore della segreteria nazionale Walter De Cesaris, assicurando nessuna «dissolvenza» del partito in altri contenitori: «Bisogna partire subito dalla cultura politica, le formule le si cerca dopo». Una "pratica" viene indicata dalla coordinatrice dei Giovani Comunisti Elisabetta Piccolotti: «Andiamo a manifestare contro il G8 di Rostock a giugno, come abbiamo fatto per Genova. Scendiamo in piazza per la visita di Bush in Italia, come abbiamo fatto nel 2004». La mobilitazione per la visita del presidente Usa è prevista in un ordine del giorno approvato ieri dal cpn. Oggi il Prc si ritrova per la manifestazione pubblica "La sinistra che fa la sinistra", sempre al centro congressi Frentani.
l'Unità 22.4.07
Il procuratore-padre e la bimba di Cogne
di Ferdinando Camon
Comunque vada, resterà un processo memorabile questo di Cogne, lascerà traccia sui giornali e sui testi del Diritto. Sia che il procuratore generale abbia ragione, e la signora Franzoni sia l’assassina di suo figlio, sia che abbia torto, e la signora sia una vittima, anche lei uccisa insieme col figlio. Se la madre è l’assassina, come il procuratore pensa, allora in tutta la lunga storia del processo è mancata una figura che “doveva” esserci, doveva collocarsi davanti alla figlia-moglie-madre-assassina e guidarla verso l’unico sbocco positivo, l’unico bene possibile: la confessione e l’espiazione. Tutte le altre strade sono sbagliate. Aggiungono male al male.
Guidarla verso la confessione e l’espiazione è un compito terribile, chi se lo assume rischia di essere odiato per questo: ma c’è qualcuno che “deve” correre il rischio, adempiere questo ruolo: è il ruolo paterno. Non stiamo parlando del padre in senso stretto. Può anche essere il marito o un fratello o un altro famigliare, una persona che vuol bene alla madre-figlicida (sto cercando i termini interni al sistema di valutazione del procuratore) e, volendole bene cioè amandola, vuole il suo bene cioè salvarla. Con un gesto raro nei processi, dove il procuratore generale che accusa è per l’imputato il nemico numero uno, qui il procuratore assegna a se stesso questo ruolo paterno. Il ruolo di chi ama l’imputato anche se lo ritiene colpevole. E soffre perché l’imputato, col suo comportamento, disprezza e rifiuta di essere amato. E gli indica la strada per la quale può riconquistare l’amore di tutti. C’è qui il concetto che una madre-figlicida può riavere l’affetto di tutti se tutti sentono in quel che ha fatto una disgrazia, di cui lei è comunque vittima, anche se fosse vittima di se stessa. C’è un buio in quella disgrazia, un buio della ragione in cui al nostro posto agiscono altri che hanno altro nome, destino o raptus o es (termine mai pronunciato, che però qui calza bene): il Medioevo ci avrebbe messo anche il diavolo. Ma dopo la disgrazia che ha inflitto o che ha patito, l’uomo deve tornare in mezzo a noi, mondarsene, aiutarci a salvarlo. A Cogne, dice il procuratore, questo non avviene, anzi avviene il contrario. Avviene che la colpevole o vittima della disgrazia “esporta la colpa”, accusa uno di noi, una vicina di casa, e a noi racconta il contrario di quello che sa. Avere pietà diventa difficile. Noi tutti vorremmo “voler bene” a questa madre, ma ci è difficile perché questa madre ci inganna tutti. In un certo senso, ci ha resi suoi nemici.
Se ha fatto questo, la madre si comporta come una bambina, che ha commesso una colpa e ha paura di ammetterla e la nega di fronte a tutti e nonostante tutto. Il termine usato dal procuratore, “bambina”, è una parola-chiave. Forse il procuratore non ci ha pensato, ma i genitori della signora di Cogne continuano ancor oggi a chiamare la loro figlia, che è più volte madre, “la bambina”. Chi ha bambini in casa sa che i bambini non riescono a introiettare il concetto fondante del Diritto, e cioè che espiare, per il colpevole, specialmente per il colpevole di omicidio, “è un diritto”. Se è vero che in famiglia coloro che dovrebbero esercitare sulla signora un ruolo paterno (padre, marito, fratelli maggiori) non lo fanno, e la proteggono, e ritengono di fare il suo massimo bene trattenendola dalla confessione, se questo succede, con questo si fa il male della signora. Bisogna mettere fine al male. Un procuratore dovrebbe soltanto promuovere l'azione penale, sovrintendere alle indagini, svolgere l’accusa, e fermarsi lì. Questo fa qualcosa di strano, anomalo, sconcertante: fa “il padre”. Si preoccupa che l’accusata si scrolli di dosso la paura degli sberleffi, se confessa, e confessi, per essere riamata. C’è una forma di umana grandezza, in questo atto. E di generosità. Temo però che confessare fosse molto difficile, a delitto appena compiuto. Oggi, dopo anni di sviamenti, è diventato pressoché impossibile.
fercamon@alice.it
Liberazione 22.4.07
Psicofarmaci ai bambini distratti o iperattivi? Il ministero della Salute vieti l'immissione in commercio del Ritalin
di Tiziana Valpiana
L'Organizzazione mondiale della sanità in base a studi proiettivi, ha affermato che, nel 2020, la metà dei bambini soffrirà di "malattie mentali". Questa autorevole previsione dovrebbe indurci a ripensare a uno sviluppo che crea alienazione, a una società basata sull'arrivismo e sulla competizione, a una famiglia sempre più compressa e destrutturata, a relazioni anche parentali che si basano più sul "dover essere" che sulle spontanee affettività. Invece, la risposta data a questo pronostico è il "contenimento farmacologico", la medicalizzazione di massa, non solo per i malesseri degli adulti, ma anche per quelli dei bambini… L'uso degli psicofarmaci nei minori sta suscitando un crescente allarme sociale, soprattutto in quei Paesi in cui, dopo decenni di esperienza, si sono evidenziati i loro effetti deleteri in età evolutiva. Nel 2003, la Food and Drug Administration statunitense ha deciso di autorizzare la somministrazione del Prozac ai minori con disturbi depressivi e ossessivo-compulsivi, e non possiamo stupirci, visto che da anni in America, ai bambini di 2 anni veniva prescritto anche il Ritalin. In molti temevano che ben presto, come sempre, anche l'Italia si sarebbe "adeguata", e così è stato! L'Agenzia italiana del farmaco, lo scorso 8 marzo, ha autorizzato l'immissione in commercio il Metilfenidato cloridrato (Ritalin) per il «trattamento della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) in integrazione al supporto psico-comportamentale». «Al fine di garantire un uso appropriato, sicuro e controllato, sono state individuate procedure che vincolano la prescrizione del farmaco ad una diagnosi differenziale e ad un Piano terapeutico definiti da Centri di riferimento di neuropsichiatria infantile, appositamente individuati dalle Regioni; impongono controlli periodici per la verifica dell'efficacia e della tollerabilità del farmaco; richiedono l'inserimento dei dati presenti nei Piani terapeutici, in un Registro nazionale appositamente istituito presso l'Istituto superiore di sanità, con garanzia d'anonimato, al fine di consentire il monitoraggio e il follow up della terapia farmacologia». «In questo modo - aggiunge l'Aifa - è stata garantita la disponibilità del farmaco soltanto ai casi di reale necessità, evitando gli usi impropri verificatisi in altri Paesi. In ogni caso l'Agenzia italiana del farmaco elaborerà un Rapporto annuale, sulla base dei dati del monitoraggio e del Registro, finalizzato alla valutazione complessiva del problema e delle eventuali altre misure da adottare». Dunque il Ritalin, discusso psicofarmaco usato per curare una discussa diagnosi, ora è in vendita anche in Italia, con mille distinguo e con mille precauzioni, ma con poca informazione. Che cosa è il Metilfenidato? Si tratta di un'anfetamina, droga a tutti gli effetti, tanto che, nel 1989, il ministero della Sanità italiano lo tolse dal mercato, inserendolo nella categoria delle droghe, mentre, durante il governo Berlusconi (lo stesso che ha fatto la Fini-Giovanardi, legge proibizionista e criminalizzante), il principio attivo del Ritalin è passato dalla categoria 1 alla 2, riducendo i vincoli al suo utilizzo e si è sviluppato un vero e proprio mercato nero, un "turismo farmaceutico" per i bambini Adhd. Da anni si parla di una fantomatica sindrome da deficit d'attenzione e iperattività (Adhd), ma la diagnosi è in realtà poco definita, visto che «non vi sono test di laboratorio confermati come diagnostici». L'Osservatorio sulla salute mentale e molte associazioni invitano a non considerare la mancanza d'attenzione e l'iperattività una malattia mentale, ma a cercare di individuare le cause del disagio nella vita sociale, scolastica e familiare. L'uso di psicofarmaci su bambini, il cui comportamento è forse dovuto all'abnorme "bombardamento di stimoli", rischia di coprire le cause del problema e di rispondere solo nascondendo i sintomi. Ciò che "calma" il bambino è un'attenuazione della capacità dei neuro-trasmettitori che ottunde le funzioni cerebrali.
Gli adulti di riferimento, genitori, insegnati e pediatri, scambiano per miglioramento lo "spegnimento" del bambino: una disfunzione cerebrale che nel tempo si trasforma in isolamento, causando tic che danneggiano l'autostima e influenzano l'accettazione sociale.
Perché, allora, se non si è certi sul piano scientifico né dell'esistenza della patologia, né dell'efficacia della cura, né degli effetti indesiderati, si è deciso lo stesso di immettere il Ritalin sul mercato italiano? Non è la prima volta che Rifondazione comunista, anche in sede parlamentare, esprime forte preoccupazione per la facilità con la quale anche in Italia si somministrano psicofarmaci ai minori. E già nella scorsa legislatura avevamo chiesto al Governo di intervenire per far cessare gli screening di massa e i sondaggi tra la popolazione scolastica e infantile finalizzati all'arbitraria classificazione.
Ritenendoci insoddisfatte dalle rassicurazioni fornite dall'Aifa, abbiamo ritenuto di rivolgere un'interrogazione alla ministra della Salute per conoscere le sue valutazioni sulla classificazione dell'Adhd come patologia neuro-psichiatrica e sull'opportunità di prevedere queste terapie a carico del Servizio sanitario nazionale.
Alla luce di tanti dubbi scientifici, continueremo a batterci contro l'uso di psicofarmaci in età pediatrica (esclusi i reali casi di problemi psichiatrici), e porteremo avanti una lotta di cambiamento culturale. Il Ritalin, altrimenti, sarà la prova del fallimento della società, della scuola, della comunità, della politica.
il manifesto 22.4.07
Il prezzo della follia lasciata a se stessa
Da oltre un anno Cho Seung Hui aveva dato segni di malessere, ma il sistema di controllo del campus si era limitato a fargli il vuoto intorno. Il sistema psichiatrico Usa punta al controllo della pericolosità sociale, ma non si fa carico della follia degli altri. La ricerca delle responsabilità gira attorno a una sola domanda: chi pagherà i risarcimenti?
di Maria Grazia Giannichedda
Chi pagherà il conto della follia di Cho Seung Hui? Attraverso la Nbc, il suo video testamento ha fatto il giro del mondo e ha spostato la ricerca delle responsabilità sulla strage al Virginia Tech dall'operato dei servizi di sicurezza al sistema di controllo del comportamento di questo studente, che colleghi e insegnanti avevano subito descritto come solitario e difficile, ma tutto sommato non tanto da suscitare allarme. Da più di un anno infatti Cho aveva dato segni di malessere, senza però disturbare davvero o perlomeno non fino al punto da apparire come pericoloso e attivare sanzioni pesanti.
I fatti ora sembrano chiari: due ragazze molestate da sms che segnalano il problema, ma non vogliono sporgere denuncia; i temi con contenuti aggressivi; le provocazioni verbali a lezione; le idee di suicidio che arrivano ai servizi di assistenza per gli studenti e alla consulenza psichiatrica dell'università; infine il giudice che lo scorso anno firma una proposta di ricovero coatto che il vicino ospedale psichiatrico non ritiene di dover accogliere; il rinvio al servizio psichiatrico territoriale dove forse non andrà mai, questo studente che sta male ma non presenta i tratti del folle delirante e pericoloso. Il sistema di controllo sociale del campus si è limitato così a fargli il vuoto intorno; i servizi psichiatrici, che pure hanno registrato la sua sofferenza, non sono stati capaci di accoglierla, o meglio non si sono sentiti in obbligo di farlo visto che lo studente non evidenziava segni di potenziale pericolosità.
Questo è un punto chiave della vicenda, che rinvia a caratteri tipici ma non unici del sistema psichiatrico americano.
Negli Stati Uniti di oggi l'antica vocazione della psichiatria al controllo della pericolosità sociale (il ricovero coatto si deve attivare quando le condizioni del paziente evidenziano «un imminente e grave pericolo per sé e per gli altri») convive con un sostanziale disimpegno verso la salute mentale di chi non appare pericoloso, che resta perciò «libero» di ricorrere o no al mercato delle cure psichiatriche. In concreto questo significa che i candidati all'internamento negli ospedali psichiatrici di stato e in quelli privati (i due sistemi oggi si equivalgono in quantità, con una sessantina di ospedali in un campo e nell'altro) sono soprattutto coloro che presentano il «physique du rôle» del malato mentale pericoloso: ovvero i più poveri, gli homeless, insomma quelli più in basso nella scala dell'esclusione, che vagano così tra la strada e il complesso circuito degli ospedali psichiatrici a vari livelli di sicurezza, dei ricoveri in gran parte privati, delle istituzioni per alcolisti e tossicodipendenti. Mentre paradossalmente non riceve ascolto la follia degli altri, di quelli che come Cho stanno assai male ma si mantengono nel mondo dell'integrazione: «non esiste», potremo dire, in quanto «la salute mentale comunitaria» (come si dice in un linguaggio tecnico, peraltro inventato dagli americani) non riceve alcuna attenzione pubblica, alcun investimento economico e culturale, come del resto è il caso delle politiche di salute tout court, paradosso noto di un paese che ha una delle spese sanitarie più alte del mondo.
Questo problema è emerso per un attimo nel corso di una drammatica conferenza stampa convocata giovedì dalla polizia e dalle autorità del Virginia Tech, e trasmessa in diretta dalla Cnn. Da poche ore il messaggio video di Cho aveva costretto tutti a prendere atto della sua follia e della sua fragilità, e aveva trasformato la conferenza in un confronto sulle responsabilità duro e destinato a durare a lungo, vista la posta in gioco di risarcimenti miliardari che potrebbero essere chiesti dalle famiglie dei morti e dagli innumerevoli traumatizzati.
I giornalisti hanno dunque messo in croce i dirigenti dell'università: la famiglia di Cho era stata informata del suo comportamento? come mai lo studente non è stato espulso dall'università o perlomeno dal campus? come mai non è stato internato in ospedale psichiatrico visto che non si poteva farlo chiudere in carcere? Alla terza o quarta domanda su questo tono, uno dei dirigenti dell'università, avendo ribadito che non si può violare la privacy di uno studente contattando la sua famiglia, che le domande sul mancato internamento vanno poste al giudice che aveva firmato l'ordinanza di ricovero coatto, al medico che non l'aveva accolta e al servizio territoriale che avrebbe dovuto prendersi cura di Cho, ha perso la pazienza: sappiamo da anni, ha detto, che ogni qualvolta che si devono fare tagli alle spese sociali il primo settore a essere penalizzato è quello della salute mentale, sta qui il problema, in questo sistema sempre più povero e inefficiente. Ma questo tipo di considerazioni non sembra aver suscitato, per ora, l'interesse dei media americani, piuttosto orientati a chiedere agli esperti diagnosi che il video di Cho rende più facili e che sottendono un'unica domanda: una tale evoluzione poteva essere prevista ed evitata? Che significa: dovrà pagare l'ospedale psichiatrico per imperizia o mancato controllo, oppure l'università per non aver difeso la propria comunità dallo studente disadattato e deviante? In ogni caso, chiunque sarà chiamato in futuro a pagare il conto della follia di Cho sarà comunque il capro espiatorio di un sistema sbagliato.
il manifesto 22.4.07
La guerra in casa Molti interrogativi elusi dopo il massacro nel campus americano
Virginia, più domande che risposte
Dopo giorni di silenzio, parla la famiglia dello studente che ha ucciso 32 persone (oltre a se stesso) nel campus del Virginia Tech: «indicibile dolore» per un gesto «terribile e senza senso». Una commissione indagherà sul comportamento delle autorità
di Ma.Fo.
La famiglia Cho ha rotto il silenzio. «Non abbiamo parole per esprimere la nostra tristezza e dolore che tanti abbiano perso la vita in un gesto così terribile e senza senso» ha detto Cho Sun-kyung, sorella di Cho Seung-hui, lo studente che lunedì scorso ha ucciso 32 persone prima di suicidarsi in un'aula dell'università Virginia Tech di Blacksburg. Da quel giorno la famiglia «vive in un incubo», ha detto la ragazza a nome di tutta la famiglia: «E' una terribile tragedia per tutti noi». I Cho si erano trasferiti negli Stati uniti dalla Corea del sud nel 1992, la sorella si era laureata a Princeton nel 2004, per il fratello minore la famiglia sperava qualcosa di simile: ora sono sotto shock.
«Non avremmo mai potuto immaginare che fosse capace di tanta violenza», ha detto la sorella venerdì, mentre l'intero stato della Virginia osservava una giornata di lutto per le vittime del massacro della Virginia Tech. E' stata una giornata di commemorazione, con un minuto di silenzio a mezzogiorno (le 6 del pomeriggio in Italia) osservato nel campus e poi veglie in diverse città.
Commemorazioni e veglie rispondono alla necessità di superare uno shock collettivo. Continuano però anche le indagini, e le polemiche. Ieri è stato annunciato che una commissione indipendente composta da 6 persone (tra cui Tom Ridge, ex capo dell'agenzia per la «sicurezza interna», homeland security, creata dall'amministrazione Bush dopo l'11 settembre 2001) condurrà un'inchiesta su come le autorità hanno affrontato la crisi. Perché, ad esempio, le autorità hanno ignorato il pericolo potenziale posto da Cho: già alla fine del 2005 un tribunale della Virginia lo aveva dichiarato «malato mentale» e aveva ordinato che si sottoponesse a cure psichiatriche. Chissà se l'indagine arriverà al nodo finora eluso: quali servizi di salute mentale la società americana mette a disposizione dei suoi cittadini.
Altre questioni: perché lo studente aveva potuto comprare due pistole, nonostante quell'ordinanza del tribunale? Sul New York Times di ieri un portavoce dell'Ufficio federale per le armi da fuoco (Federal Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives) fa notare che secondo la legge federale una persona dichiarata «mentalmente anormale», o a cui sia stato ordinato un trattamento psichiatrico, non può acquistare armi. Il presidente di una speciale commissione dello stato della Virginia per la riforma delle leggi sulla salute mentale, Richard J. Bonnie, conferma: secondo i criteri federali, Cho non avrebbe avuto il permesso di comprare le pistole. Ma perché allora lo stato della Virginia, peraltro uno dei più ligi nel segnalare al sistema federale i nomi di coloro a cui il diritto a portare armi è sospeso per malattia mentale, non aveva segnalato il nome di Cho Seung-hui? Discordanze nelle definizioni burocratiche tra leggi federali e statali, pare («Correggeremo questa lacuna», ha dichiarato Bonnie al giornale newyorkese).
Altre questioni riguardano la reazione delle autorità di Virginia Tech e le forze di sicurezza, le due ore passate tra la prima sparatoria e la strage finale. Una portavoce della polizia ha annunciato ieri che gli investigatori stanno continuando a lavorare e avranno qualcosa da annunciare la prossima settimana.