L’obiettivo del cantiere della sinistra è di battere sul tempo il Pd. Dopo l’estate l'assemblea costituente
Portavoce unico per la "Cosa rossa"
In pole position Salvi e Bellillo. Mussi: spostiamo l’asse del governo
Già deciso il via libera al coordinamento dei gruppi parlamentari
di Giovanna Casadio
ROMA - Maura Cossutta, la figlia, dice che il portavoce unico della Sinistra in Parlamento si dovrebbe fare subito, meglio se donna. Armando, il padre, forte dei suoi ottant´anni e della lunga militanza comunista, indica la ricetta unitaria: gruppo unico parlamentare della Sinistra al più presto, portavoce entro l´estate - «Al Senato, Rifondazione è più numerosa quindi potrebbe imporre un proprio uomo ma Cesare Salvi è di gran lunga il più eminente, alla Camera non saprei» - e poi, Assemblea costituente subito. Battere insomma sul tempo la costituente del Partito democratico.
Pur senza correre come i Cossutta, Fabio Mussi, il leader dei transfughi Ds, è incalzante: parta ora un coordinamento dei gruppi parlamentari, sollecita, da lì in pratica comincia la riaggregazione della Sinistra. Creare la "Cosa rossa" sarebbe un approdo storico, significa mettere da parte i rancori (tra Rifondazione e il Pdci), accettare che la Sinistra democratica per il Socialismo europeo dei diessini Mussi-Salvi-Angius faccia da «lievito» e abbattere le resistenze dei Verdi. «Dobbiamo garantire che l´asse del governo sia al punto giusto con un giusto peso della sinistra della coalizione. Per oggi e per il futuro abbiamo bisogno di una sinistra forte per scongiurare stagioni neocentriste», afferma Mussi. E invita ad uscire ciascuno dalle proprie trincee: «Dobbiamo ribellarci a una sinistra che è un grumo di correnti in un partito spostato al centro o un grumo di partiti sparpagliati. Mi piacerebbe un "big bang" e l´obiettivo sarebbe un partito politico a sinistra». Applaudito il ministro alla convention di "Uniti a sinistra", l´associazione di Pietro Folena, Alto Tortorella, Antonello Falomi, Sandro Curzi che ieri al Centro congressi Cavour, propone scadenze concrete verso l´approdo unitario della sinistra anti Partito democratico.
Così alla fine, viene approvato un documento in cui ci si dà come "dead line" le europee del 2009 per una lista unica della Sinistra, e gli stati generali in autunno. Però a margine, grande chiacchiericcio sul portavoce unico e soprattutto via libera immediato al coordinamento politico parlamentare. Mercoledì, alla ripresa parlamentare, Giovanni Russo Spena il capogruppo del Prc riunirà i "suoi" 26 senatori e prospetterà le novità: «Un coordinamento, una cooperazione della sinistra partendo dalle scadenze immediate. Sul disegno di legge Lanzillotta sulle liberalizzazioni, che ancora non ci convince, va espressa una posizione comune come sulla moratoria per l´acqua, cioè nessuna micro-liberalizzazione». Riguardo al portavoce unico Russo Spena, che è uno dei papabili per Palazzo Madama, frena: «Riparliamone tra qualche mese». «Benissimo un portavoce unico della sinistra alle Camere, anche se se non subito per non creare malumori tra i capigruppo che potrebbero sentirsi esautorati», riflette il verde Paolo Cento. Di nomi se ne fanno già: a Montecitorio quelli di Fulvia Bandoli o di Katia Bellillo. Più imminente per la verità è la questione dei nuovi presidenti dei gruppi che si costituiranno dalla costola dei Ds, ovvero la Sinistra democratica. Quasi sicuramente sarà Cesare Salvi alla guida di 12 senatori transfughi e quindi lascerà la presidenza della commissione Giustizia. «Mercoledì ne discuterò con Anna Finocchiaro. Il portavoce unico? Bene, ma prima vengono le posizioni unitarie. Se al mediatore di Emergency, Hanefi non viene garantito un giusto processo, la sinistra potrebbe chiedere il ritiro delle truppe dall´Afghanistan. Saremo tutti d´accordo?». Finocchiaro, la capogruppo dell´Ulivo ha anche un appuntamento con Roberto Manzione per affrontare un´altra spina. Manzione, Bordon, D´Amico, i dipietristi (Formisano, Caforio, Giambrone, Rame) e l´ex Pdci, Rossi intendono partecipare al coordinamento politico della sinistra. Il «compagno senatore» Cossutta poi, per ora non lascerà il gruppo Pdci-Verdi che senza di lui non avrebbe più i numeri, pur avendo divorziato politicamente da Diliberto: «Sto a vedere cosa fanno questi miei estranei compagni». Sabato prossimo, Mussi all´assemblea di Sinistra democratica annuncerà i gruppi parlamentari autonomi e lì dovrà dare numeri certi: per ora 12 senatori, 23-25 deputati e malumori sul capogruppo alla Camera.
Repubblica 30.4.07
Bertinotti: "Questo degrado nuoce alla difesa della laicità"
Va condannata ogni violenza o minaccia di violenza ma soprattutto il degrado politico di cui è espressione
di Massimo Giannini
«Solidarietà», piena e affettuosa. E poi anche «condanna», netta e inequivocabile. Ma ora basta: serve anche «uno scatto etico e politico», per fermare «questo clima pericoloso». È una domenica serena, quella di Fausto Bertinotti. In Umbria, a giocare con i nipotini, per i quali «stravede» come ogni nonno che si rispetti. Una domenica importante, perché esattamente un anno fa, il 29 aprile, un leader non «ex» né «post», ma ancora «orgogliosamente comunista» come lui veniva eletto alla presidenza della Camera. Una ricorrenza significativa, che Fausto il Rosso trascorre in famiglia. Ma la nuova minaccia a Bagnasco è per lui motivo di un´inquietudine profonda.
Il presidente della Camera non nasconde la sua preoccupazione: «La mia solidarietà e la mia condanna sono scontate, ci mancherebbe. Il fatto è che e a questo punto non bastano più», osserva. Proprio lui, che da quando ha assunto la terza carica dello Stato, ha voluto manifestare il massimo rispetto nei confronti della Chiesa, ma ha puntigliosamente rivendicato il principio di indipendenza e sovranità dello Stato sancito dall´articolo 7 della Costituzione, oggi è convinto che episodi gravi di offesa, e ancora di più di violenza (per fortuna solo minacciata e non anche praticata) nei confronti delle più alte gerarchie ecclesiastiche nuocciono proprio a chi, come lui, è impegnato nella difesa della laicità dello Stato.
E il frutto di questo clima da «scontro di civiltà», che Bertinotti considera avvelenato e pericoloso. «Ogni violenza o minaccia di violenza va condannata», dice. «E soprattutto va contrastato il degrado di cultura pubblica di cui queste violenze e minacce sono espressione». È la frontiera della «non violenza», che il leader di Rifondazione ha valicato ormai da tempo, e che ormai professa con convinzione, e a tutto campo. In politica internazionale come in politica interna. Soprattutto nei confronti di certi suoi «compagni di strada». Quei settori della sinistra più estrema e radicale, che dal proscenio dei cortei in cui si bruciano bandiere «nemiche» o dall´anonimato dei muri su cui si scrivono slogan terroristici, vorrebbero riprecipitare l´Italia sotto una cappa di piombo da fine anni ‘70.
Sotto quella cappa, ormai, è finito anche il Vaticano. E da un mese a questa parte, il «bersaglio» prescelto sembra essere proprio il presidente della Cei. Un esito esecrabile della controffensiva ecclesiastica sui temi eticamente sensibili, dai Dico all´aborto all´eutanasia? Una reazione inaccettabile alla crociata ratzingeriana contro il «debole relativismo» dell´Occidente e la «deriva laicista» della politica italiana? Il nesso è evidente. Ma proprio qui, per Bertinotti, sta il rischio maggiore di questo «degrado di cultura pubblica». «Proprio la particolare delicatezza dell´attuale rapporto tra la Chiesa cattolica e lo Stato, e proprio l´esigenza di difendere e arricchire l´idea di laicità - riflette il presidente della Camera - richiedono a noi tutti di essere particolarmente vigili e attenti nei confronti di atteggiamenti che, oltre ad offendere chi ne è oggetto, determinano o possono determinare un clima generale».
Per questo, ormai, la solidarietà e la condanna non bastano più. Quello che si richiede è proprio un soprassalto etico e politico. Per fare argine al degrado, che impoverisce e imbarbarisce il discorso pubblico sul quale finiscono per lasciare un segno le «schegge impazzite» di qualunque colore.
Per porre fine al conflitto ideologico falsamente «huntingtoniano», che finisce per essere il vero brodo di coltura della violenza vecchia e nuova. «In questo momento - aggiunge Bertinotti - proprio non si sente il bisogno di un «clima generale così degradato». Servono ascolto e rispetto. Proprio perché le relazioni tra Stato e Chiesa vivono una fase complessa, in cui su certi temi, a partire dalla famiglia e dai diritti civili, è difficile trovare quella «sintesi» auspicata qualche mese fa dal presidente della Repubblica.
Più crescono le tensioni, più prolifera l´intolleranza, più diventa ardua la battaglia di chi, come lo stesso Bertinotti, è impegnato a difendere lo Stato laico. Il presidente della Camera l´ha detto chiaro, esattamente un mese fa, il 28 aprile, quando si è recato in visita al segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, proprio nel giorno in cui la Conferenza episcopale di Bagnasco aveva diffuso la sua «Nota pastorale» sulla famiglia e sulle unioni di fatto: «La laicità dello Stato è elemento fondativo delle istituzioni. Bisogna avere il massimo rispetto per i fenomeni religiosi, in particolare per la presenza significativa della religione cattolica. Ma proprio per questo bisogna avere l´ambizione di realizzare ogni giorno la laicità dello Stato». Questa «ambizione» - è il ragionamento del presidente della Camera - rischia di venire frustrata proprio da episodi come quello appena accaduto a Genova. Ecco perché è necessario alzare il livello di attenzione e di vigilanza.
Si avvicinano scadenze delicate, da tutti i punti di vista. Mancano solo due settimane al «Family day». Bertinotti ne è giustamente preoccupato. In questo «clima di degrado», bisogna fare di tutto per evitare che, suo malgrado, questo evento sia caricato di significati non voluti e di implicazioni non previste. «Davvero, proprio non se ne sente il bisogno...» , ripete per l´ultima volta Bertinotti, prima di tornare a dedicarsi ai suoi nipotini. Oggi sarà in Sicilia, per commemorare Pio La Torre a Palermo e per ricordare la strage dei lavoratori a Portella delle Ginestre. Domani sarà a Torino, per la Festa del Primo maggio. Fausto il Rosso non ha dubbi: questo resta il modo migliore, per onorare il suo primo anno da presidente della Camera.
Corriere della sera 30.4.07
Prove d’intesa. Russo Spena: al voto uniti entro tre anni
Diliberto, Mussi e il Prc Il cantiere della sinistra
RIMINI — Riassumendo: «Le nostre radici risalgono al 1789», da lì si passa a «quel grande evento liberatorio che è stata la Rivoluzione d'Ottobre», quindi «la nascita del Pci nel '21» e il «partito nuovo di Togliatti nel '44», per arrivare all'89 «quando qualcuno ha pensato: si chiude qui». E invece no, agita il braccio Oliviero Diliberto, «noi non ci siamo arresi alla sconfitta, abbiamo portato quel simbolo nel terzo millennio!».
La morale del segretario dei Comunisti italiani, confermato ieri all'unanimità, è dedicata al non nominato ex presidente Armando Cossutta: «Se rinunciassimo, dovremmo dire che aveva ragione Occhetto, potevamo risparmiarci vent'anni! Ma noi ci terremo, oggi, domani e per sempre il nome "comunisti", la falce e il martello!». Tanto per mettere i puntini sulle "i", sapendo che «l'unità a sinistra» è in vista, richiede «coraggio» ma non sarà una passeggiata, «dobbiamo trovare un equilibrio perché non prevalga né la pulsione identitaria né la svendita».
E il problema delle sinistre è tutto qui: è stato Diliberto a lanciare l'idea di una «confederazione tra diversi», a nome dei diessini che non accettano il Pd (la «Sinistra democratica» di Mussi e Angius) Cesare Salvi ha ripetuto a Rimini che il «grande partito unitario e plurale» sarà unito «senza aggettivi né abiure». Tutti confermano il «coordinamento dei gruppi» alla Camera e al Senato, tutti si vedranno il 5 maggio. Bisogna fare «massa critica», diceva Bertinotti. Ma la faccenda è delicata. Per dire: come potranno mai chiamarsi? «La sinistra», «A sinistra», «Sinistra», al massimo associato a «unità» e varianti, vietatissimi gli aggettivi tipo «socialista» o «comunista» perché sennò si litiga: il nome della Cosa non si annuncia granché fantasioso, e meno male che ci pensa Franco Grillini, ultimo fuoriuscito dalla Quercia (con Cecchi Paone e altri creerà un movimento «lib-dem» che guarda in particolare all'universo gay) a ravvivare l'ambiente: «Proporrò la parola libertà, non possiamo lasciarla a Berlusconi».
Pure la leadership è «prematura». Anche se «non credo possa essere nessuno di noi "fondatori", ci vuole una personalità esterna», butta lì Diliberto. Prima bisogna badare ai «contenuti». E fare presto. Rifondazione, dice Russo Spena, immagina un «nuovo soggetto» che «comprenda i movimenti» e si presenti «con nome e simbolo» fra «due-tre anni, tra le europee 2009 e le politiche 2011». C'è chi pensa alle amministrative 2008. Ma il problema è come, «la politica non è presentarsi alle elezioni», spiega Salvi. Non un cartello elettorale. Né qualcosa come
Die Linke di Lafontaine, «quella è una cosa diversa e sbagliata: non è che Schröder abbia cambiato la ragione sociale della Spd come i Ds». Piuttosto il «modello Epinay» evocato da Bertinotti, Mitterrand che nel '71 rimette insieme i cocci socialisti.
«Suggestivo», dice Salvi. Mussi va all'assemblea di "Uniti a sinistra" e parla di «partito unico». Folena condanna «l'accoglienza dei Ds Berlusconi». Niente buonismi da Pd. E il Pdci dà l'esempio: bordate di fischi («Buffone!», «fascista!») a Emilio Fede che arriva a Rimini scortato da Diliberto. «Non ho sentito, e con Oliviero siamo buoni amici», commenta sportivo il direttore del Tg4. E Diliberto: «L'ho invitato io, sono contento sia venuto. E poi non l'hanno fischiato tanto, temevo peggio...».
il Riformista 30.4.07
Dico-Day. Pensando a San Giovanni e a una data che fu uno spartiacque
Perché il 12 maggio saremo in piazza Navona
Di Paolo Franchi
Non potrei giurare che Marco Pannella colga del tutto nel segno, quando dice che il Family Day si farà proprio il 12 di maggio perché i suoi promotori vogliono prendersi, a 33 anni di distanza, una clamorosa rivincita su un altro 12 maggio, quello della vittoria del No nel referendum sull'abrogazione della legge sul divorzio: chissà, potrebbe pure darsi che in un Paese come il nostro persino la Chiesa, ogni tanto, abbia dei vuoti di memoria, e che insomma questa data sia venuta fuori un po' per caso, e gli organizzatori della manifestazione romana di piazza San Giovanni per la famiglia e contro i Dico vi si siano affezionati, cogliendone l'evidente valore simbolico, strada facendo. E, almeno in partenza, non ero neanche sicurissimo che fosse una buona idea, quella avanzata dalla Rosa nel Pugno, o come si chiama adesso, di darci appuntamento lo stesso giorno, in piazza Navona, la stessa dove nel '74 ci ritrovammo a festeggiare la vittoria, per una contromanifestazione indetta in nome dell'«orgoglio laico»: va bene, benissimo, difendere puntigliosamente (e orgogliosamente, perché no) le libertà, i diritti, la laicità della politica e dello Stato, va un po' meno bene accettare la logica dello scontro frontale.
Ma con il trascorrere dei giorni, e il crescere delle polemiche, il giudizio di Marco si è fatto, almeno ai miei occhi, più convincente, e l'idea di ritrovarci in piazza Navona (spero in tanti, credenti e non credenti, etero ed omosessuali, sposati single e conviventi, e chi più ne ha più ne metta), pure. Quel 12 di maggio del '74 rappresentò uno spartiacque nella storia politica, civile e culturale italiana. Politicamente, civilmente, culturalmente entrammo in Europa, o almeno sperammo di esserci entrati. Molti lo hanno dimenticato, noi no: non vogliamo tornare indietro, e siamo certi di non essere soli. Dunque, il Riformista il 12 di maggio del 2007 ci sarà, perché quella piazza è, oggi come allora, la nostra piazza, quella gente, poca o molta, speriamo moltissima, che sarà, è la nostra gente, quell'orgoglio laico è il nostro orgoglio: senza arroganza, senza volontà di rivalsa, aperti, tolleranti, pronti al dialogo pure nei confronti di chi l'apertura, la tolleranza, la disponibilità al dialogo non sa nemmeno dove stiano di casa, e però per nulla inclini a ritirarci in buon ordine, e in silenzio.
A far maturare in noi questa convinzione tranquilla sono state, per curiosa che possa apparire la cosa, anche le reazioni all'iniziativa di alcuni tra i principali organizzatori del Family Day, come le accuse del portavoce, il nostro amico Savino Pezzotta, secondo il quale chi va in piazza Navona «vuole solo dividere il Paese», quasi che chi va in piazza San Giovanni volesse invece unirlo rispettando e garantendo la pluralità delle opinioni, o le proteste di Paola Binetti, che assicura che in piazza Navona, manifestando perché quella pur modesta riforma che sono i Dico non finisca definitivamente dispersa in Parlamento, si manifesterà in realtà «contro la famiglia». A questa logica, a questa indimostrata e presuntuosa certezza di rappresentare la stragrande maggioranza del Paese (anzi, l'unità vera e profonda degli italiani) che viene ostentata, a questa crescente inclinazione a costruire rappresentazioni di comodo del punto di vista altrui, non ci stiamo. Siamo sicuri, dicevo, di non essere soli. Ma il 12 maggio vorremmo che ci confortassero in questa convinzione (venendo in piazza Navona, e guardando in tv la manifestazione, con ogni probabilità ben più massiccia, di piazza San Giovanni) tutte le forze del centrosinistra che la legge sulle unioni di fatto la hanno voluta. E che quotidianamente ci assicurano di non considerare esaurito il loro compito.
l’Unità 30.4.07
Effetto Pd, a sinistra prove di unità
Rc, Pdci, Verdi, Mussi-Angius decidono un coordinamento parlamentare
Verso un’Unione meno frammentata.(...)
di Eduardo Di Blasi
L’Ulivo scuote l’Unione. Oliviero Diliberto conclude il congresso dei Comunisti italiani rilanciando l’unità della sinistra, pur nel ribadire l’identità comunista: «Dopo tanta navigazione finalmente avvertiamo la riva. Certo non è bello dire che noi lo avevamo sempre detto, però è dal 2001 che affermiamo la necessità di riunire la sinistra». Pdci, Verdi e la nascente Sinistra democratica aderiscono alla proposta di Rifondazione di «patti di consultazione» tra i rispettivi gruppi parlamentari (oggi si costituiscono i gruppi di Mussi e Angius, che saranno i terzi per quantità del centrosinistra). Mussi lo dice a chiare lettere: «Il nostro obiettivo deve essere un partito politico». Per garantire che l’asse del governo stia «al posto giusto». E per «scongiurare il rischio di apertura a nuove prospettive neocentriste».
Intanto, in un sondaggio realizzato da Demos-Eurisko per Repubblica il Pd è dato al 28%, in risalita, rispetto al 23-25% delle stime delle scorse settimane. «Quando si fanno le cose per bene, la gente lo capisce - commenta Romano Prodi - i due congressi sono stati un confronto serio, c’è stata una risposta popolare». Di Blasi e Marra
Il primo passo sarà il coordinamento dei gruppi alla Camera e al Senato. Una forza (Prc-Pdci-Verdi-Sinistra Europea), che da subito assicura il segretario del Pdci Oliviero Diliberto «potrà incidere fortemente sugli equilibri della coalizione». Una forza parla-
mentare, sia ben inteso. Perché il governo, ne è convinto Diliberto, «meno lo tocchiamo e meglio è. Anzi, dobbiamo preservarlo, incalzarlo sui temi sociali ma preservarlo».
Dal punto di vista parlamentare, però, sembra potersi aprire effettivamente una fase di equilibri diversi all'interno della coalizione, un equilibrio non più basato sui vecchi rapporti di forza tra «cattolici», «riformisti» e «sinistra» più o meno radicale. Così, in una ipotetica richiesta di cosa portare all'attenzione dell'aula, forti dei nuovi numeri, Diliberto confida «il disegno sui lavoratori precari che giace in commissione Lavoro alla Camera e quello sul conflitto di interessi, che speriamo arrivi presto in aula a Montecitorio. Il primo darebbe una risposta a un problema sociale, il secondo sarebbe anche un messaggio al nostro popolo».
Nella giornata conclusiva del congresso del Prci, il segretario dei Comunisti Italiani appare soddisfatto. Lo ha detto anche nel discorso di chiusura: «Dopo tanta navigazione finalmente avvertiamo la riva». E, più tardi, più rilassato, «certo non è bello dire che noi lo avevamo sempre detto, però è dal 2001 che affermiamo la necessità di riunire la sinistra». Rimini, scelta non a caso perché sede dello storico congresso che sciolse il Pci nel 1991, in questo senso, sembra aver portato bene al progetto.
Così, adesso, ribadita dal palco l'effettiva sopravvivenza dei «comunisti» nel terzo millennio («chi ci avrebbe scommesso dopo l'89?»), sottoscritta la battaglia per il «superamento del capitalismo», rivendicate le insegne della falce e del martello («se dicessimo di sì alla proposta di cancellarle è come se dessimo ragione alla scelta di Occhetto dell'89, e allora abbiamo fatto una fatica inutile in questi vent'anni…») e quella che Berlinguer definiva la "diversità" comunista (intesa come etica pubblica e rigore morale), chiede coraggio e generosità ai propri iscritti. Anche di «fare un passo indietro», se necessario, poiché, avverte, uno dei meccanismi che scatteranno nel processo confederale sarà «l'autoconservazione dei gruppi dirigenti». È iniziato un nuovo corso. «Abbiamo fatto bene a spostare il nostro congresso da febbraio a fine aprile, così da poter ragionare con chi è uscito dai Ds…».
Il 5 maggio, come già scritto nei giorni passati, Diliberto sarà al varo della Sinistra Democratica di Mussi e Angius. Ci andrà, ovviamente, da ospite, perché una delle cose che è emersa chiara da questo congresso, è che i soggetti politici della futura sinistra resteranno per ora autonomi. Federati ma autonomi («Resteremo per sempre comunisti», profetizza dal Palco Diliberto). Angius e Mussi li chiamerà al telefono già oggi. «Gavino Angius - ricorda il segretario del Pdci - era il mio segretario regionale, quando c'era il Pci». Poi sarà a tutte le altre riunioni dei costituenti: dai Verdi a Genova, all'assemblea di Rifondazione… E il segretario del Pdci continua a ritenere fondamentale l'apertura ricevuta dal capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena. «Indica che la strada si può percorrere».
La strada resta lunga, anche se, in questa fase, tutti puntano ad accelerare. La ricetta di Diliberto, per adesso, tiene: «Cerchiamo l'unità - dice dal palco - ma non dimentichiamo la diversità, che implica autonomia, competizione ma anche tratti di differenza rispetto a tutti gli altri alleati». Alla fine del percorso, qualora ci si presentasse uniti alle elezioni (Diliberto continua a non volersi «impiccare a una data», che sia quelle delle provinciali o quella delle europee), il segretario del Pdci vede un risultato «a due cifre» per il nuovo soggetto. Sempre che, usiamo una citazione di Palmiro Togliatti, fatta propria da Diliberto, l'analisi non sia sbagliata, «perché sbagliare l'analisi significa sbagliare tutto».
l’Unità 30.4.07
Un cielo un po’ confuso
di Gianfranco Pasquino
Alla ricerca di una casa comune, vari rappresentanti della sinistra, che ritengono la prospettiva del Partito Democratico inadeguata e probabilmente controproducente, sembrano avere raggiunto un accordo di massima. I Comunisti Italiani hanno di che festeggiare, almeno per il momento: è al loro Congresso che inizia, forse, un necessario processo di ricomposizione della sinistra. Mentre sembra di moda riaffermare le proprie identità per poi annunciare che si vuole andare «oltre», un oltre indefinito e che nessuno riesce effettivamente a definire, almeno il segretario del PdCI Oliviero Diliberto non ha rinunciato a ricordare a tutti che i Comunisti italiani sono proprio e intendono continuare ad essere tali: Comunisti.
Nel frattempo, non è chiara la posizione di Rifondazione Comunista che, dimostrando grande lealtà nel sostegno al governo, sembrerebbe volere procedere ad una ridefinizione dei suoi valori e delle sue prospettive, magari accentuando elementi di no-globalismo. Inoltre, rispetto ai suoi piccoli, ma necessari interlocutori, Rifondazione gode del vantaggio di essere meglio organizzata e molto più radicata sul territorio.
Difficile, invece, dire che cosa faranno davvero Mussi, Angius e Salvi insieme ai non pochi deputati e senatori che hanno scelto di non seguire la maggioranza dei Diesse nella costruzione del Partito democratico. Coerenza vorrebbe che, avendo dichiarato di preferire un partito laico inserito nel Partito del Socialismo Europeo, accentuassero questi due elementi e ne facessero l'asse portante della loro prospettiva politica. Naturalmente, in attesa di segnali e comportamenti convincenti, è lecito nutrire molte riserve sul tasso reale di socialismo di quei dirigenti diessini che hanno costantemente criticato le esperienze socialdemocratiche, dichiarandole di volta in volta «inadeguate», «in crisi», «superate», ma, poi, come la grande maggioranza dei loro compagni adesso diventati «Democratici», mai dedicarono tempo e pensiero al rinnovamento di quelle esperienze. Qui, però, sta la contraddizione della sinistra da unire. Né Rifondazione né i Comunisti Italiani potranno mai entrare nel Partito del Socialismo Europeo, né, immagino, lo vorrebbero, poiché il termine comunista è la loro storia e, entro certi limiti, il loro richiamo che li mette inevitabilmente in competizione con i socialisti (e che rende molto problematicamente la eventuale collocazione in questa sinistra dei socialisti di Borselli).
Come possano, dunque, Mussi, Angius e Salvi cercare un aggancio con il Pse e al tempo stesso mettere le fondamenta di una casa comune della Sinistra con i «comunisti» orgogliosi di essere tali, rimane un interrogativo legittimo al quale la risposta sfugge, certamente non soltanto a me. Tuttavia, alcune certezze politiche possiamo dire di possederle già. La costruzione del Partito Democratico spinge verso una riaggregazione auspicabile della sinistra che non ci sta. Un conto, però, è una riaggregazione difensiva, quella che si manifesta adesso; un conto molto diverso sarebbe una riaggregazione offensiva, meglio propositiva, ovvero che dia una prospettiva praticabile. La seconda certezza è che, contrariamente a quello che sembra credere il Presidente del Senato, la Sinistra che si unisce potrebbe anche significare non pochi problemi per il governo Prodi. Infatti, da un lato, la (vecchia-)nuova Sinistra dovrà marcare le sue caratteristiche antagonistiche, a maggior ragione se, su laicità, lavoro, riforma elettorale, il governo scivola verso il centro, dall'altro, in questa Sinistra non scompariranno affatto le questioni di politica estera che hanno già destabilizzato una volta il governo.
Tuttavia, molte di queste considerazioni sono, in un certo senso premature. Vorrei venissero interpretate anche come moniti. La Sinistra che si riaggrega ha potenzialità elettorali positive, ma presenta dei rischi politici. Inevitabilmente, entra anche in concorrenza con il Partito Democratico. Deve ribadire e addirittura insistere vocalmente sulla sua laicità. Non potrà fare a meno di esibirsi anche come coscienza critica del Partito Democratico. Il compagno Presidente Mao tse-tung (a scanso di equivoci, non esattamente un socialista europeo) si rallegrava quando grande era la confusione sotto il cielo. A me sembrerebbe, invece, che sia opportuno preoccuparsi quando, per quanto non sia un fenomeno nuovo e inusitato, grande appare la confusione sotto il cielo della sinistra (italiana).
l’Unità 30.4.07
Mussi: ora nasce Sinistra democratica, ma l’obiettivo è un partito
Patti di consultazione in Senato e alla Camera. Folena: variamo Case della Sinistra. Russo Spena: uniti anche sul territorio
di Wanda Marra
UNITÀ A SINISTRA «Il nostro obiettivo deve essere un partito politico». Fabio Mussi lo dice a
chiare lettere nell’assemblea di Uniti a Sinistra. In quella che è la quarta assemblea nazionale della rete di Pietro Folena e Aldo Tortorella si respira l’atmosfera di chi ha davanti a sé un obiettivo che, se non proprio immediatamente a portata di mano, sembra però possibile, molto di più oggi di quando la rete è nata, un paio d’anni fa: la riunificazione della sinistra “a sinistra” del Pd. Un’occasione concreta, resa davvero possibile dall’uscita dai Ds di Mussi e Angius. I passi da fare sono molti. Il primo, già da oggi, i «patti di consultazione» tra i gruppi in Parlamento, lanciati dal Prc e accolti dal Pdci, ai quali hanno aderito ieri anche Sinistra Ds e Verdi. Per fare dei paralleli con quel che succede nel “vicino” Pd sembra parlare già da leader Mussi, mentre delinea, all’orizzonte, «una forza della sinistra critica, larga, plurale, ma di governo». Dal canto suo, Folena propone «Case della sinistra», che sulla falsa riga delle storiche Case del popolo diventino un «luogo comune nel quale le esperienze e i diversi soggetti si confrontino, si coordinino, diano risposte concrete ai problemi più acuti della realtà». Parla di una «costituente» da fare «prima dell’estate», Maura Cossutta. E, mentre Diliberto chiude il congresso del Pdci nel nome dell’unità della sinistra (ma anche dell’identità comunista), Russo Spena rilancia: il confronto tra le diverse aree di sinistra «autorizza a scommettere su un soggetto unitario le cui ambizioni non si limitano alla contingenza politica immediata». E spiega: «Serve un lavoro culturale e politico ma anche, da subito, organizzativo. Nelle istituzioni, con i patti di consultazione tra i diversi gruppi in Parlamento e negli enti locali, e soprattutto sul territorio, con le Case della sinistra». Tuttavia, «in questa fase i tempi sono importantissimi: il tempo a disposizione non è infinito». Il più atteso è l’intervento di Mussi. Che fa un discorso a tutto campo, partendo dal governo, per arrivare alle matrici culturali che deve avere il nuovo soggetto della sinistra. «In questa legislatura è necessario lavorare a una sinistra che si unifica per garantire che l'asse della maggioranza e del governo stia al posto giusto». Dall'altro lato è necessario lavorare sulla lunga distanza: «Mi ha colpito la sincerità di Marini al congresso della Margherita, concetti poi ripresi da Rutelli. Non sospetto che ora si voglia fare un ribaltone, ma il mondo non si esaurisce in questa legislatura e per la prossima Marini dice che ci saranno “mani libere” per la maggioranza. Significa che si pensa a soluzioni neocentriste, a un allargamento all'Udc?». Per evitare questo, dunque, «serve una sinistra sufficientemente forte e coesa, per scongiurare il rischio di apertura a nuove prospettive neo-centriste». Nel frattempo bisogna «ribaltare i luoghi comuni». Perché, per esempio, «Berlusconi ha vinto non perché aveva le televisioni, che pure l’hanno aiutato, ma perché ha imposto delle idee: chi è ricco è bravo e, essendo ricco, può far diventare ricchi altri». Avverte anche Mussi, strappando un applauso convinto: «Se vogliamo fare questa sinistra non dobbiamo parlare degli operai, come gli antropologi parlano dei Maori». E mentre annuncia la costituzione di gruppi autonomi di Sinistra democratica alla Camera e al Senato (che diventeranno i terzi del centrosinistra in Parlamento) sottolineando come la manifestazione del 5 maggio che sancirà la nascita di questo movimento «sarà affollata di gente che si aspetta una novità a sinistra». In rappresentanza dei Verdi, anche Cento accoglie l’idea dei patti di consultazione tra i gruppi, che vanno arricchiti «con un'assemblea dei parlamentari che si riconoscono nel progetto di riunificazione della sinistra».
l’Unità 30.4.07
Le certezze di psicologi e magistrati:
«I racconti dei bambini sono attendibili»
L’ALLARME nasce l’estate scorsa quando i genitori notano in cinque bambin (poi diventeranno diciassette) comportamenti strani, preoccupanti. I bambini sono tutti fra i tre e i quattro anni. Comportamenti che l’avvocato Giacomo Augenti, che assiste sei famiglie, ieri, così descriveva: «I bambini hanno i medesimi comportamenti non consoni alla loro età. Si spogliano all'improvviso, hanno crisi di panico, vomitano in continuazione». L’avvocato aggiunge che presto ci saranno altre denunce e, particolarmente, ne cita una: «Una mamma che ha una bimba di 6 anni e una di 4. Prima ha scoperto gli abusi sulla più piccola e la più grande ha visto che la mamma parlava con dolcezza alla sorellina minore e non la sgridava, allora anche lei ha confessato di aver subito la stessa sorte e ha raccontato il suo calvario quando era all'asilo».
Poi ci sono le perizie pediatriche e psicologiche, la lunga inchiesta che porta d’apprima alla sospensione delle maestre e poi all’arresto di sei persone mentre si sa che altre cinque sono indagate. L’identificazione delle persone arrestate si basa, in parte, sul racconto dei bambini che raccontano il «gioco del dito dritto» e quello «tu mangi me io mangio te», parlano di un «uomo nero», che viene dagli investigatori identificato come Kelun Weramuni, un giovane benzinaio cingalese. Descrivono la casa che i carabinieri, sulla base dei particolari di quei racconti, riconosceranno nella villetta a schiera dove vivono due degli imputati. La maestra Patrizia Del Meglio e il marito, l’autore televisivo Gianfranco Scancarello. Nel racconto dei bambini ci sono anche i giocattoli (peluche) e i travestimenti degli adulti: cappucci, vestiti da prete. C’è la maestra nuda che cucina mentre loro giocano sul letto. Ci sono i succhi di frutta che, secondo l’ordinanza, contengono droghe o sedativi per rendere i piccoli più docili e disponibili.
Sulla attendibilità di questi racconti si sono pronunciati diversi psicologi. Luigi Cancrini, ad esempio, che ha seguito alcuni dei bambini, sostiene «quando un bambino così piccolo subisce un abuso ha la capacità di fissare nella memoria e raccontare ma, spesso, è un racconto nel quale c’è un surplus di fantasia che rende più complicata la testimonianza». Al contrario, in molti casi in cui la violenza non è stata dimostrata, il racconto era più stereotipato. Gli esperti, dunque, credono ai bambini e sono rafforzati nelle loro convinzioni dai referti medici che parlano di segni «compatibili con le violenze» sul corpo di alcune delle vittime.
Un punto molto delicato dell’inchiesta è quello relativo agli spostamenti dei piccoli allievi dalla scuola. Su questo punto viene citata la testimonianza di due agenti della polizia municipale, Elisabetta Palamides e Nadia Di Luca, che a maggio dello scorso anno incontrano un gruppo della «classe della Malagotti» (un’altra delle maestre indagate) fuori dalla scuola in orario scolastico.
l’Unità 30.4.07
L’orrore della pedofilia e il linguaggio della verità
di Luigi Cancrini
Caro Cancrini,
ho letto alcune tue dichiarazioni sulla vicenda di Rignano Flaminio. Ma davvero pensi che cose di questo genere possono essere accadute? Più io ci penso più mi sembra impossibile.
Lettera firmata
La sensazione legata al «non può essere vero» purtroppo la provo spesso. In dieci anni di attività del Centro Aiuto al Bambino Maltrattato e Famiglia voluto da Rutelli e poi da Veltroni per il Comune di Roma ho ascoltato un numero in effetti assurdo di racconti su orrori impensabili. Quando il bambino parla il linguaggio della verità, tuttavia, arriva il momento in cui non si può e non si deve dubitare ed in cui bisogna sostenere il difficile percorso della denuncia e del processo. L'esperienza clinica e la letteratura internazionale dimostrano con grande chiarezza, purtroppo, che i bambini hanno spesso ragione. Il che non vuol dire, ovviamente, che tutte le accuse fatte da un bambino debbano essere prese per oro colato. I bambini possono mentire, a volte, quando dietro di loro c'è un adulto che, in buona o cattiva fede, li spinge a raccontare cose non vere. Chi ha avuto a che fare con delle separazioni altamente conflittuali sa bene che queste cose possono accadere. Se è un professionista esperto tuttavia sa anche che è possibile distinguere i racconti falsi da quelli veri. In contesti adeguati, con personale sufficientemente preparato, utilizzando strumenti diagnostici specifici, il clinico esperto sa che la differenza fra i racconti veri e quelli falsi salta agli occhi. E' evidente. Un'osservazione importante da fare a questo punto, tuttavia, è quella che riguarda i bambini più piccoli. Violenze e abusi subiti nella prima infanzia debbono essere visti per quello che sono, come traumi capaci, cioè, di produrre disturbi importanti nell'organizzazione psicologica del bambino. Un fenomeno che si verifica spesso in queste circostanze è che il racconto del bambino sia alterato da una serie di fantasie che hanno origine spesso nei suoi sogni e che arricchiscono il racconto di particolari bizzarri, poco realistici, che non trovano riscontro nei fatti. Verificato da un gruppo di ricercatori americani in un campione di più di 100 bambini abusati in tenera età da adulti che avevano confessato il loro crimine, questi racconti aggiuntivi, che tanto colpiscono la fantasia di chi li ascolta, possono indurre a ritenere infondata l'intera testimonianza. L'esperienza clinica e la ricerca altro non fanno invece che sottolineare il modo in cui, sollecitata dal trauma, la psiche del bambino reagisce drammatizzando e arricchendo i fatti realmente documentati che profondamente lo hanno ferito. Tutto quello che so dei fatti di Rignano Flaminio è legato ad una serie di racconti dei familiari e dei periti. L'impressione che ne ho tratta è che ci sia purtroppo qualcosa di molto serio alla base delle accuse formulate oggi dai giudici. Qualcosa che merita, voglio dire, un accertamento giudiziario. Non ho letto in dettaglio le perizie, tuttavia, e non ho parlato direttamente con i bambini. Non posso dunque dire con certezza che le cose stiano così come mi sembrano oggi. Viviamo in un paese democratico, la giustizia farà il suo corso. Quello che mi sento di affermare con grande chiarezza però sono almeno tre cose:
a. la prima è che i bambini di tre e di quattro anni ricordano con precisione gli eventi traumatici da cui sono colpiti; me lo dice l'esperienza di ogni giorno, me lo dicono i miei ricordi dei bombardamenti su Roma quando quell'età li avevo, me lo dice la letteratura concorde sui tempi dello sviluppo cognitivo del bambino;
b. la pedofilia esiste; esistono adulti malati condizionati da una pulsione irresistibile, si tratta di persone descritte molto spesso come del tutto insospettabili, più o meno spaventate esse stesse dal disturbo grave che condiziona la loro vita e che hanno grande bisogno di essere aiutate ma che aiutate possono essere spesso solo nel momento in cui arriva per loro la condanna;
c. la pedopornografia ugualmente esiste; ha un enorme giro d'affari, non utilizza più soltanto bambini e minori che vengono dai paesi del terzo mondo; quando sceglie bambini italiani o europei lo fa spesso scegliendo bambini di cui pensa che non parleranno perché sono o molto piccoli o molto indifesi.
Di tutte queste cose, credo, dobbiamo tenere conto seriamente. Proteggere i bambini chiede un insieme di interventi coordinati e intelligenti di tipo preventivo, educativo e repressivo. Anche questa è una sfida che una società civile deve saper affrontare con la dovuta serenità. Senza inutili clamori e senza pericolose sottovalutazioni.