Pedofilia, video sui preti: «Avvenire» difende Ratzinger
Circola in rete un servizio della Bbc su fatti americani, con l’attuale Papa che allora ordinava ai vescovi di nascondere i casi di abuso
Un’«infame calunnia» circola via Internet ai danni della Chiesa cattolica e di Papa Benedetto XVI. Reagisce così l’Avvenire, quotidiano della Cei, in un editoriale a firma di Andrea Galli pubblicato sul sito web del quotidiano e che chiama in causa Bispensiero, «sito di amici siciliani di Beppe Grillo, e caricato su Video Google». Il riferimento è a un documentario su preti cattolici e abusi sessuali mandato in onda dalla Bbc nel 2006 ed ora ripreso dal Bispensiero che lo sottotitola in italiano. Un’altra accusa dopo gli scandali degli Usa - con l’arcidiocesi di Los Angeles costretta a mettersi in vendita per risarcire le vittime di abusi - e di quelli a noi più vicini: da ultimo quello di Firenze. Accuse riprese da molti organi d’informazione internazionale, compreso l’autorevole Guardian, quotidiano londinese.
«Un pout pourri di affermazioni e pseudo-testimonianze - sostiene Galli sul video della Bbc - che furono apertamente sconfessate a suo tempo dalla Conferenza episcopale inglese, che invitò la Bbc a vergognarsi per lo standard giornalistico usato nell’attaccare senza motivo Benedetto XVI». Il pezzo forte del servizio - scrive l’editorialista - consiste «nell’accusa rivolta a Ratzinger di essere stato niente meno che il responsabile massimo della copertura di crimini pedofili commessi da sacerdoti in varie parti del globo, in quanto “garante” per 20 anni - da quando fu nominato prefetto vaticano - del testo “Crimen sollicitationis”, che è un’istruzione emanata in realtà dal Sant’Uffizio il 16 marzo 1962». Ratzinger - secondo un avvocato americano che difende tre vittime di pedofilia da parte di preti - quando era prefetto della congregazione e dottrina delle fede avrebbe applicato il Crimen sollicitationis “ordinando” ai vescovi della Chiesa di nascondere le notizie imbarazzanti, soprattutto quelle riguardanti i minori (e questo avveniva con trasferimenti di preti, con lettere alle vittime...).
Ma Galli fa notare che «nel 1962 infatti Joseph Ratzinger non era certo prefetto della futura Congregazione per la dottrina della fede, essendo in quel tempo ancora teologo molto impegnato nella sua Germania. C’è da dire che quel documento veniva presentato dalla Bbc come un marchingegno furbesco, escogitato dal Vaticano per coprire reati di pedofilia, quando invece si trattava di un’importante istruzione atta ad istruire i casi canonici e portare alla riduzione allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile». Che il testo “Crimen Sollicitationis” non fosse pensato per tale fine - aggiunge ancora l’editorialista - «lo dimostrava un paragrafo, il quindicesimo, che obbligava chiunque fosse a conoscenza di un uso del confessionale per abusi sessuali a denunciare il tutto, pena la scomunica».
Repubblica 20.5.07
Il caso. Santoro ha acquisito i diritti per "Annozero" ma c'è imbarazzo tra i vertici dell'azienda
Inchiesta sui preti pedofili in forse sulla Rai il video Bbc
E "l'Avvenire" attacca: "Infami calunnie"
Sandro Curzi: "La par condicio non c'entra Quel reportage va mandato in onda"
di Silvia Fumarola
ROMA - Il consigliere di amministrazione della Rai Sandro Curzi promette che si batterà perché vada in onda. «Dobbiamo imitare la Bbc, la citiamo sempre come un modello? Quale migliore occasione trasmettere l´inchiesta inglese sul Vaticano e i preti pedofili. D´altronde, è dimostrato, la cosa che va meglio sono proprio le inchieste». La Rai si prepara ad affrontare il caso Bbc: Michele Santoro ha chiesto di acquistare il reportage "Sex crimes and the Vatican" l´inchiesta sul coinvolgimento di sacerdoti cattolici in alcune vicende di abusi sessuali, in cui viene citato anche Papa Benedetto XVI, all´epoca ancora cardinale, quale garante dei preti accusati. Vuole proporre l´inchiesta ad "Annozero", giovedì su RaiDue nella puntata dedicata alla pedofilia. Realizzato dalla Bbc, il filmato è finito su Internet il 5 maggio diventando il video più visto su Google, da oltre 100 mila persone. Trattativa con la tv pubblica inglese chiusa (costo sui 25mila euro, nel rispetto del budget della trasmissione di RaiDue), finora nessun «no» ufficiale alla messa in onda, ma l´operazione Bbc, di fatto, non è chiusa. L´atto formale d´acquisto è passato su diverse scrivanie. Tra scuse e intoppi burocratici, sembra che in Rai nessuno voglia assumersi la responsabilità di firmarlo. Adesso più che mai, alla luce della durissima presa di posizione dell´Avvenire che definisce il video «infame calunnia via Internet» ai danni «della Chiesa e di Ratzinger». Il documentario crea imbarazzo a Viale Mazzini, preoccupa i vertici per le ripercussioni che può avere nei rapporti col Vaticano. L´Avvenire respinge l´accusa «rivolta a Joseph Ratzinger di essere stato niente meno che il responsabile massimo della copertura di crimini pedofili commessi da sacerdoti in varie parti del globo, in quanto "garante" per 20 anni - da quando fu nominato prefetto vaticano - del testo Crimen sollicitationis, che è un´istruzione emanata in realtà dal Sant´Uffizio il 16 marzo 1962».
Secondo Avvenire, «quel documento veniva presentato dalla Bbc come un marchingegno furbesco, escogitato dal Vaticano per coprire reati di pedofilia, quando invece si trattava di un´importante istruzione atta ad "istruire" i casi canonici e portare alla riduzione allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile». «Insomma» ribadisce il quotidiano della Cei «un insieme di norme rigorose, che nulla aveva a che fare con la volontà di insabbiare potenziali scandali». Domani il caso verrà discusso in Rai. Mentre Curzi promette di battersi perché vada in onda, la trappola burocratica potrebbe fermare Santoro (anche se gli amici scommettono che sarebbe pronto a fare la puntata lo stesso, denunciando la censura). "Annozero" è un programma d´informazione, dipende solo formalmente dal direttore di RaiDue Antonio Marano. In periodo elettorale, quindi durante la par condicio, è ricondotto alla testata giornalistica, non il Tg2 ma il Tg3 (da cui dipendono ben 13 trasmissioni, tra cui una sola della seconda rete, appunto "Annozero"). Il direttore del Tg3 Antonio Di Bella è tenuto a sovrintendere sulla presenza di soggetti politici (la lista degli ospiti viene consegnata 48 ore prima della puntata). Ma la par condicio stavolta non c´entra. A questo punto l´ultima parola spetta al direttore generale della Rai Claudio Cappon.
Corriere della Sera 20.5.07
CHIESA E PEDOFILI
Sul video Bbc si riapre un caso Santoro
di Andrea Garibaldi
ROMA — Michele Santoro vuole acquistare il documentario della Bbc sui preti pedofili per una puntata di «Annozero», ma i vertici Rai per ora non lo autorizzano. «Avvenire» ieri definiva il filmato roba «da bidone della spazzatura»
Il giornalista vuole mandare sulla Rai l'inchiesta della Bbc La Cei: spazzatura. Da viale Mazzini non c'è ancora il sì
Il conduttore di Annozero potrebbe denunciare in diretta come censura il diniego dell'autorizzazione
Secondo il giornale dei vescovi si tratta di «un'infame calunnia»
ROMA — «Sex crimes and Vatican», cioè «Crimini sessuali e Vaticano», è un' inchiesta tv di 39 minuti. Michele Santoro vuole acquistarla per costruirci attorno una puntata di «Annozero», ma i vertici Rai per ora non lo hanno autorizzato.
Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ieri in prima pagina definiva il documentario roba «da bidone della spazzatura». Insomma, prima che qualcuno decida di metterlo in onda la Chiesa avverte che quel lavoro è una vergogna e lo scontro sarebbe durissimo. Nel maremoto che già regna in Rai nessuno finora ha preso posizione. Né Marano, direttore di Rai2, secondo il quale Santoro non dipende da lui, né Di Bella, direttore del Tg3, che è responsabile di «Annozero» solo per la par condicio pre-elettorale. Tutto, quindi, nelle mani del direttore generale Cappon.
Far trasmettere il filmato significa incidente grave con il Vaticano, vietare l'acquisto vuol dire mandare Santoro in trincea: il giornalista potrebbe denunciare la censura in diretta. Terze vie non si intravedono, il caso è pronto.
Il tema terribile di cui parliamo è la pedofilia violenta di alcuni preti in Irlanda, negli Usa, in Brasile. In «Sex crimes» la Chiesa cattolica viene accusata di aver voluto coprire i suoi ministri di culto colpevoli di abusi sessuali su minori. In particolare, l'ex cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, viene accusato di aver avallato questa politica di copertura e segretezza e di aver accentrato in Vaticano ogni indagine. Il video non è nuovo e porta un marchio prestigioso, Bbc, che lo ha trasmesso nell'ottobre 2006. Ora, nella scia dei contrasti laici-cattolici, quelli di «Bispensiero», portale siciliano degli amici di Beppe Grillo, hanno deciso di sottotitolare «Sex crimes» e di caricarlo — inizi di questo mese — su Video Google. Risultato: è da giorni il filmato più visto in quel sito. I trentanove minuti ricordano più lo stile Michael Moore, aggressivo e con una tesi da dimostrare, piuttosto che la equidistanza del giornalismo anglosassone. Il conduttore è Colm O'Gorman, vittima delle violenze di un sacerdote irlandese nel 2002. Gorman si sposta negli Usa per padre O'Grady, che al processo confessò di aver violentato trenta bambini e bambine e poi in Brasile e in California con altre vicende di preti e abusi sessuali. Ma il cuore bruciante del documentario riguarda la «Crimen sollicitationis», documento del 1962, con il quale — secondo la Bbc — il Vaticano stabiliva «come mettere a tacere le accuse di abusi sessuali», «obbligava vittime, preti e testimoni alla segretezza assoluta, pena la scomunica».
Ed ecco il punto: «Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, impose per 20 anni l'applicazione del "Crimen"» ed emanò un seguito, secondo il quale «ogni accusa andava vagliata esclusivamente in Vaticano». Il documentario si conclude così: «Il Vaticano non ha risposto alle richieste di interviste».
Avvenire ribatte: «Ognuno si consola come vuole dinanzi alla vitalità cattolica documentata sabato scorso in piazza San Giovanni». Poi cominciano le correzioni: «"Crimen sollicitationis" è un'istruzione emanata dal Sant'Uffizio nel 1962 e in quel tempo Ratzinger era ancora teologo impegnato in Germania... Il documento era atto a istruire i casi canonici e portare allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile... obbligava chiunque fosse a conoscenza di un uso del confessionale per abusi sessuali a denunciare il tutto, pena la scomunica... Ratzinger, diventato più tardi prefetto della Congregazione, firma una Lettera ai Vescovi dove si prevede che il delitto commesso da un chierico contro un minore di diciotto anni, sia di competenza diretta della Congregazione stessa. Segno della volontà di dare il massimo rilievo a certi reati». Dunque: «I calunniatori dovrebbero chinare il capo e chiedere scusa».
Michele Santoro, invece, vorrebbe partire da «Sex crimes» per discutere, con clamore. La sua struttura ha contattato la Bbc ed esiste già un prezzo del video, attorno ai ventimila euro. Come avvenne per il «Codice da Vinci», parlare di questo video non fa che aumentare la curiosità. Storica o morbosa.
Corriere della Sera 20.5.07
Censura. Il consigliere Udc Staderini: volgare attacco al Papa. Va impedito a ogni costo
di Paolo Conti
ROMA — E così domani, lunedì, al suo rientro da Nairobi (dove ha inaugurato la sede di corrispondenza Rai africana) il direttore generale Claudio Cappon si ritroverà sul tavolo un bel regalo di rientro: il nuovo caso Santoro per di più questa volta collegato al Vaticano, anzi direttamente alla persona di Benedetto XVI. Diciamo la benzina ideale per quell'incendio politico che già sta divampando intorno alla Rai, e nella Rai. In queste ore la macchina burocratica della tv pubblica si è mossa come non mai. Premessa. Siamo in par condicio per la campagna elettorale e ci si muove con cautela. Aggiungiamoci l'incognita vaticana. Ed ecco la trafila. La richiesta di autorizzazione per l'acquisto del filmato voluto da Michele Santoro (20.000 euro circa, cifra bassa per un prodotto del genere, con una mediazione affidata a un'agenzia internazionale milanese competente in diritti tv internazionali) prima è finita sul tavolo di Antonio Marano, direttore di Raidue, area leghista.
E Marano ha risposto: non ho alcun permesso da rilasciare, chiedete al direttore del Tg competente, per di più ricordatevi che Michele ha sempre detto di dipendere dalla direzione generale. Altro chiarimento necessario per capire cosa sta accadendo. Durante la par condicio, gli approfondimenti «dipendono» da un direttore di Tg che controlla l'equilibrio politico: di qui l'accenno di Marano. Il direttore del Tg2, Mauro Mazza, non intende assolutamente «controllare» Santoro su Raidue: e così Michele è finito «sotto» Antonio Di Bella, direttore del Tg3.
Di Bella ha risposto già alla direzione generale: per quanto riguarda strettamente la par condicio, io non ho ostacoli. Sia ben chiaro però che non sono io il responsabile editoriale della trasmissione di Santoro. E così l'acquisto è ancora fermo sul tavolo di Lorenza Lei, direttore delle Risorse televisive. Con grande irritazione di Santoro che rivendica la propria autonomia negli acquisti e nelle scelte editoriali. Lunedì deciderà Cappon. Nel frattempo le voci alla Rai si inseguono. Due scuole di pensiero. Prima: Santoro vuole rifare il martire politico. Seconda: macché, l'asse Cappon-Giancarlo Leone vicedirettore generale (responsabile del palinsesto) non vuole «incidenti» col Vaticano... Chi ha ragione?
La divisione si riscontra anche in Consiglio. Sandro Curzi, consigliere Verdi-Rifondazione: «Michele mi ha chiamato per chiedermi un consiglio. Gli ho detto: se è roba seria vai avanti». Non c'è pericolo di rovinare i rapporti con la Santa Sede? «In Gran Bretagna e negli Stati Uniti si è parlato molto di questo tema. La Rai può farlo ovviamente con le dovute attenzioni professionali. E poi tutti ci chiedono di tornare alle inchieste, di adeguarci allo stile Bbc...».
Furioso invece il cattolico Marco Staderini, Udc: «Ho saputo del caso, lunedì ne parlerò col direttore generale. Mi batterò per impedire a tutti i costi la messa in onda. Bisogna ribadire che i vincoli aziendali valgono per tutti, anche per Santoro. E in questomomento storico- politico, simili servizi sono una scelta sbagliata. Sarebbe solo un attacco volgare e inaccettabile al Papa. Mi auguro che il buonsenso prevalga e l'equilibrio editoriale e aziendale impongano a Santoro di rispettare quelle elementari regole che ha sempre trasgredito. Sono stato critico con lui. Se stavolta insistesse lo sarei ancora di più...». Ma sì, il caso è già scoppiato.
Repubblica 20.5.07
Il sorpasso dell'Islam 1,3 miliardi di musulmani ora sono più dei cattolici
di Orazio La Rocca
La religione cristiana resta la più diffusa contando anche ortodossi, protestanti e sette
La crescita è frutto delle dinamiche demografiche: nei paesi islamici la natalità è più alta
Per l'istituto Usa World Christian Database si tratta di una tendenza "ineluttabile"
Per il Vaticano i dati vanno verificati, perché un computo delle altre religioni non è aiutato dai dati delle parrocchie
CITTÀ DEL VATICANO - «Sorpasso» musulmano sui cattolici. Nel mondo, i seguaci di Maometto sarebbero schizzati a un miliardo e 322 milioni staccando di oltre 100 milioni di unità i fedeli della Chiesa di Roma, fermati a un miliardo 115 milioni. E´ quanto emerge dalle ultime rilevazioni relative all´anno 2005 del World Christian Database (Wcb), un istituto demoscopico statunitense specializzato nello studio delle statistiche religiose. Un dato, però, parzialmente contestato dalle autorità vaticane e da analoghe ricerche statistiche prodotte dall´Annuario Pontificio 2007 dove risulta che i cattolici nel mondo fino a tutto il 2005 erano 1 miliardo e 145 milioni, con un incremento del 6,7 per cento rispetto a 5 anni prima, l´anno del Grande Giubileo del 2000.
Per gli analisti del Wcb la crescita delle comunità musulmane rispetto ai cattolici sarebbe, tuttavia, una tendenza «ineluttabile» legata alle dinamiche demografiche che favoriscono i Paesi islamici, notoriamente a più alto tasso di natalità rispetto alle aree del mondo nelle quali prevalgono i cristiani e, in particolare, i cattolici. Tra i musulmani la comunità largamente maggioritaria è quella sunnita con un miliardo 152 milioni di credenti, contro una minoranza sciita di circa 170 milioni.
I cristiani restano, comunque - stando sempre ai dati del World Christian Database - , di gran lunga la religione più diffusa essendo attestati a quota 2 miliardi 153 milioni, stima che, oltre ai cattolici, comprende 360 milioni di protestanti, 200 milioni di ortodossi, 75 milioni di anglicani e 400 milioni dei cosiddetti «nuovi cristiani», in prevalenza sette e convertiti dell´ultima ora svincolati dal dovere di obbedienza ad una delle confessioni cristiane tradizionali. Un fenomeno particolarmente diffuso in America Latina, come ha sottolineato con toni preoccupati papa Ratzinger nel recente viaggio in Brasile.
Dal Vaticano non sembrano disposti ad accettare di buon grado le rilevazioni del Wcb. Come spiega monsignor Felix Machado, sottosegretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, secondo il quale «la statistiche non sempre sono accurate». Diverso l´identikit della Chiesa cattolica perché - sostiene il monsignore - «abbiamo dati certi, senza margini di errore: infatti ogni parrocchia, anche la più sperduta nel mondo, registra i suoi battezzati; dei nostri fedeli abbiamo nome e cognome; in alcuni Paesi l´atto di battesimo vale anche come attestato civile». Non sarebbe così per le altre religioni: «Come si fa a dire - si chiede l´alto prelato - chi è buddista e chi non è buddista? Chi è musulmano e chi non è musulmano?». Per queste religioni «manca qualsiasi tipo di registrazione», sentenzia il monsignore, che tiene comunque a ricordare che «la Chiesa cattolica non si sia affatto fermata, anzi, è sempre vivissima».
Velatamente diplomatico Mohammed Nour Dachan, presidente dell´Ucoii, l´Unione delle comunità islamiche italiane, secondo il quale «non va bene dare troppa importanza alle cifre perché i credenti devono sentirsi fratelli al di là dei numeri e delle statistiche». «Quando, poi, gli uomini si presenteranno davanti a Dio per il Giudizio finale, il Signore - rammenta Dachan - giudicherà il singolo per quello che ha fatto, non il gruppo di appartenenza». Quanto ai dati sulle religioni, il presidente dell´Ucoii sostiene che «nelle statistiche si fa grande confusione e spesso non sono esatte perché non tengono conto della realtà religiose delle aree prese in esame, ma sarebbe grave e pericoloso se chi diffonde queste cifre lo facesse solo per seminare divisioni tra i credenti nell´unico Dio».
La Stampa 20.5.07
Chávez attacca il Papa: "Si scusi con gli indios"
«La Chiesa li sterminò, lui nega».. E tutto il Sudamerica si infiamma
di Paolo Manzo
qui
Repubblica 20.5.07
Salvi a Fassino e ai cattolici
"Ma Zapatero ha fatto così le unioni civili"
"Proporrò il testo Biondi, i Dico non arrivano in aula"
ROMA - Presidente Cesare Salvi, meglio modificare il codice civile o tenersi i Dico?
«Sostenere, come hanno fatto i cattolici del Family day e ora anche Piero Fassino, che la materia delle unioni civili va risolta nel codice civile non significa nulla. Basti pensare che il Spagna e in Olanda il matrimonio tra omosessuali è stato realizzato con una modifica del codice civile: hanno scritto invece che "matrimonio tra un uomo e una donna", matrimonio tra "due persone"».
Lei ha il pallino nella mani in commissione Giustizia del Senato: i Dico sono ormai archiviati?
«Il disegno di legge del governo non sarà proposto come testo-base per la debolezza dell´impianto giuridico e perché non ha maggioranza. La responsabilità è mia e non posso proporre un ddl in netta minoranza che vedrebbe il voto contrario di tutta l´opposizione, dell´Udeur e dei Teodem della Margherita. Le ministre Rosy Bindi e Barbara Pollastrini hanno condotto un´importante battaglia politica. Siano loro stesse ora a dare un contributo ad una legge seria e che attenui le tensioni».
E quali caratteristiche dovrebbe avere una nuova legge sui diritti dei conviventi?
«Tre punti: 1) scelta libera di due persone anche dello stesso sesso; 2) questo rapporto deve avere una rilevanza pubblica, non solo privatistica; 3)prevedere diritti e doveri».
Pensa alla proposta del forzista Alfredo Biondi?
«Va bene in molte parti, parla di "contratto di unione solidale", prevede una forma di pubblicità che tuttavia ritengo debole, cioè la registrazione negli archivi notarili. Potrebbe essere modificata con la registrazione presso il giudice di pace, come suggerisce Del Pennino. È una base su cui lavorare a patto che si affronti il tema in concreto senza piantare questa o quella bandierina. Dopo le amministrative, ripartiremo in Parlamento».
(g.c.)
Corriere della Sera 20.5.07
Rizzo (Pdci): penoso cedimento culturale. E Rutelli: sul ddl si troverà una soluzione
Dico, cattolici con Fassino Accuse a sinistra: una resa
Lodi da «Avvenire», Udc e FI: serio tentativo di dialogo
di Roberto Zuccolini
ROMA — Piero Fassino tra due fuochi. Definendo «possibile» ritoccare il diritto civile per tutelare le coppie di fatto invece di ricorrere ai Dico, incassa le lodi dell'Avvenire e l'abbraccio di due importanti esponenti del centrodestra: il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa e il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi. Sull'altro fronte invece, cioè il suo, a parte l'applauso scontato dei teodem, continua a provocare una mezza rivolta tra la sinistra radicale e i socialisti, che lo accusano di avere ceduto alla Chiesa. Con un Francesco Rutelli che quasi lo scavalca a sinistra, dichiarandosi ottimista sulla possibilità di far approvare una vera e propria legge sulle convivenze in Parlamento.
A differenza del segretario dei Ds, il leader della Margherita non fa un accenno al diritto civile. In mattinata sostiene che «sui Dico si troverà certamente una soluzione positiva». Perché «il governo ha affidato un disegno di legge in Parlamento». E, di pomeriggio, rincara la dose: «Questa legge la faremo e la faremo tenendo conto di tutte le opinioni della società, non solo della politica». Quindi, fa capire, sentendo anche le opinioni di chi ha manifestato a San Giovanni, con l'obiettivo di «trovare un'intesa più larga possibile».
Ma questo è il problema: come trovare una «sintesi» in Parlamento? Il presidente della commissione Giustizia del Senato, Cesare Salvi, non nasconde le difficoltà di giungere ad un testo unico (perché non ci sono solo i Dico, ma molti altri disegni di legge). Fissa però i suoi paletti: «Libertà nella scelta delle convivenze, riconoscimento anche di quelle omosessuali e rilevanza pubblica dell'atto». Tre punti che non vedono certamente d'accordo il centrodestra e gran parte dei cattolici.
A prendersela con Fassino sono non pochi esponenti dell'Unione. Il verde Angelo Bonelli parla di «resa incondizionata sul tema dei diritti individuali», il comunista italiano Marco Rizzo di «penoso cedimento culturale che mette a repentaglio un secolo di storia» mentre Franco Giordano (Prc) mette in evidenza «le difficoltà a costruire l'identità del Partito Democratico». Ma anche la diessina Barbara Pollastrini, cofirmataria dei Dico insieme a Rosy Bindi, invoca che «non vengano ridotti i diritti».
Arrivano invece i complimenti dal giornale della Cei: «Si tratta di un passo importante per uscire dall'impasse», afferma l'Avvenire. Il forzista Bondi si spinge più in là definendolo «un passo politico significativo». Anzi, «il primo tentativo serio e coraggioso di comprendere le ragioni profonde della manifestazione di San Giovanni». Le stesse cose che pensa l'udc Lorenzo Cesa: «Dopo il Family Day solo un folle potrebbe pensare di procedere come se nulla fosse».
Corriere della Sera 20.5.07
I dubbi della sinistra Contro Bush a Roma protesta soft o dura?
di M.Gu.
ROMA — Sfilare in corteo o aderire al sit-in? Scegliere la manifestazione dei pacifisti integralisti contrari alla sopravvivenza del governo Prodi, o limitarsi a gridare la propria insofferenza verso l'amministrazione Usa da una piazza «amica» dell'esecutivo? È il dilemma che divide la sinistra in vista del viaggio italiano di George Bush, è la doppia linea che spacca Rifondazione e mette in luce i contrasti di un partito che sta con un piede nel governo e con l'altro dentro il movimento. Franco Giordano il 9 giugno si farà vedere al presidio «istituzionale», assieme ad Arci, Fiom, Pdci e (forse) ai Verdi e a Sinistra democratica.
«Condanniamo la politica di Bush ma non abbiamo ancora deciso» rimanda la scelta di Mussi la capogruppo di Sd, Titti Di Salvo. Giordano, dunque, ha scelto la piazza «soft», ma non tutti seguiranno il segretario: Francesco Caruso ha aderito alla manifestazione dell'ala dura, quella dei Centri sociali di Luca Casarini e dei Cobas di Piero Bernocchi, quella di Vauro, Giorgio Cremaschi e dei «dissidenti» Turigliatto, Bulgarelli e Rossi, quella che punta ad alzare i vessilli arcobaleno nel cielo di piazza Navona, gridando slogan senza se e senza ma. «Contro la guerra permanente di Bush», «Contro l'interventismo militare del governo Prodi», «Bush tornatene a casa!», «Il governo Prodi è complice del genocidio dei palestinesi», «Basta crimini contro l'umanità»... Slogan che mettono in serio imbarazzo quei partiti che hanno ministri a Palazzo Chigi, tanto che Rifondazione si appresta a rifiutare l'«appello per una manifestazione unitaria» firmato, sulla prima pagina di Liberazione, da Lidia Menapace, Heidi Giuliani, Fosco Giannini, Alex Zanotelli, Franca Rame...
«Mi pare difficile sfilare con chi definisce "guerrafondaio" il governo — conferma l'impossibilità dell'abbraccio il capogruppo del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena —. Quella del corteo è la piattaforma dura di chi spera di costruire un partitino sulle ceneri del governo». Il premier potrebbe chiedere ai ministri di stare alla larga dalle due piazze, ma Russo Spena non condivide l'imbarazzo di Prodi: «Io sarei in imbarazzo se restassi a casa». Una protesta unitaria piacerebbe invece al sottosegretario verde Paolo Cento e pure al comunista Marco Rizzo, che auspica «la mobilitazione più larga possibile». Centomila manifestanti, spera Salvatore Cannavò di Sinistra critica, che s'incarica di scacciare la preoccupazione di chi, nel Prc, teme scontri con la polizia. «È un'operazione meschina distinguere tra piazza pacifica e corteo violento — concorda Caruso —.
Rifondazione sbaglia a proteggere i tentennamenti e le ambiguità del governo».
l’Unità 20.5.07
L’INCONTRO Michele Ciliberto è autore di un poderoso saggio che, nei toni della narrazione, ci restituisce vita e pensiero del Nolano. Domani a Firenze con lui chiuderà la rassegna «Leggere per non dimenticare»
«Laicità, torniamo a Giordano Bruno, maestro di tolleranza»
di Renzo Cassigoli
Giordano Bruno è il protagonista del penultimo appuntamento della XII edizione della rassegna fiorentina «Leggere per non dimenticare»: l’incontro di domani, infatti, sarà dedicato alla presentazione del libro Il teatro del mondo - Vita di Giordano Bruno (Mondadori) di Michele Ciliberto. Cinquecento pagine in bilico tra il racconto biografico e il saggio filosofico, scritto da uno dei massimi conoscitori della vita e dell’opera del grande Nolano.
Come definirebbe questo suo lavoro e quali sono i motivi che l’hanno spinta ad affrontare l’impegno, professor Ciliberto?
«È una biografia di Giordano Bruno e come tale ne segue il percorso intellettuale, filosofico e umano da quando è nato, nel 1548, a quando fu bruciato in Campo de’ Fiori a Roma il 17 febbraio del 1600. I motivi che mi hanno spinto sono dovuti in primo luogo alla eccezionalità della vita del grande Nolano, al suo carattere avventuroso, appassionato. La sua è stata una vita vissuta e spesa in tutta l’Europa dalla Boemia all’Inghilterra, dalla Francia alla Svizzera. In secondo luogo perché la sua filosofia è parte fondamentale della sua biografia, che con essa si sviluppa e si intreccia fondendosi fino ad essere una sola cosa. Non vorrei, però, si pensasse che gli interlocutori di questo libro siano essenzialmente gli specialisti del pensiero filosofico di Bruno. Ho cercato di farne un libro di gradevole lettura, benché estremamente robusto dal punto di vista filosofico e dell’informazione, ed ho cercato di farlo con una struttura concettuale impeccabile, per quel che mi è possibile, anche se non nello stile del saggio tradizionale, piuttosto cercando di costruirlo come un saggio narrativo».
Quali aspetti filosofici sottolinea?
«Per semplificare potrei indicarli per capitoli. Il primo, Cristo traditore, parla di un mondo abbandonato da Dio, nel quale Dio è assente: da qui il senso del tradimento. Un altro tema a cui tengo molto riguarda il "corpo" del filosofo. Vede, in Bruno c’è una forte attenzione al tema della corporeità, anche nelle funzioni più elementari e più crude richiamate in modo volutamente provocatorio e anche liberatorio. Bruno guarda al corpo come a una sorta di livello zero della realtà da cui far partire un processo di liberazione. Poi ho lavorato molto sul tema dell’infinito, del copernicanesimo, e sul tema dell’anima, sul rapporto fra l’anima degli uomini e l’anima delle bestie. Infine ho dedicato altri due blocchi molto ampi, uno al soggiorno in Germania, intitolato La casa della sapienza, il secondo al lungo processo che lo condusse al rogo. Insomma ho cercato di disegnare un quadro a tutto tondo che parlasse del pensiero e della filosofia di Giordano Bruno, ma anche degli eventi della sua vita quotidiana».
Alla fine, chi è Giordano Bruno?
«È un grande rivoluzionario, un grande liberatore del pensiero e del corpo. È uno dei capisaldi del pensiero moderno e dell’esperienza dei moderni come esperienza di libertà. È un modello della libertà per i moderni e, nel contempo, è un uomo complesso: in lui si intrecciano entusiasmo e furore, disincanto e malinconia».
Un libro che esce in un tempo tormentato, segnato nel nostro paese da un indebolimento della visione laica dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Cosa ricaviamo dal pensiero del grande Nolano?
«Bruno è uomo della tolleranza, della filantropia, del riconoscimento della pari dignità di tutte le realtà. In lui è ferma l’idea che non ci sono differenze fra gli uomini dal punto di vista naturale, tutti amati dalla stesso Dio, che è un Dio d'amore, un Dio che include e non esclude nessuno».
La Repubblica Firenze 20.5.07
Domani a "Leggere per non dimenticare" la biografia del filosofo di Nola e il suo rifiuto dell'abiura
Giordano Bruno, libera mente
Stavolta Ciliberto indaga la vita del primo dei moderni
La vicenda lo segue fin dentro il carcere dell'Inquisizione
di Beatrice Manetti
Filosofo, scienziato, mago. Delle tante "anime" di Giordano Bruno, Michele Ciliberto ha sempre prediletto quella filosofica, alla quale ha dedicato gran parte della sua lunga attività di ricerca. Ma ora è la vita di Bruno, nella sua interezza e nella sua complessità, ad essersi imposta alla sua attenzione di studioso. «Perché la sua biografia, breve ma intensissima, fatta di peregrinazioni e di scoperte, è un caso esemplare della cultura italiana del Cinquecento, quando per gli intellettuali era normale girare l´Europa alla ricerca di una sistemazione adeguata - spiega Ciliberto - E soprattutto perché in Bruno vita e filosofia sono intrecciate in modo indissolubile, cosa di cui lui stesso era perfettamente consapevole». Il risultato di questa indagine sulle tracce del filosofo di Nola è la biografia Giordano Bruno. Il teatro della vita, che Ciliberto presenta domani a «Leggere per non dimenticare» (alle 17.30 nella Biblioteca Comunale di via S. Egidio 21; introducono Simonetta Camerlingo, Biagio De Giovanni e Gilberto Sacerdoti), insieme alle Opere mnemotecniche, curate da Marco Matteoli, Rita Sturlese e Nicoletta Tirinnanzi e uscite nell´edizione Adelphi diretta dallo stesso Ciliberto.
Quella sistemazione tanto agognata, Bruno non la trovò mai, in nessun luogo. «Ovunque andasse, subito nascevano degli scontri. Non c´era posto, nell´Europa del Cinquecento, per un post-cristiano, convinto che il cristianesimo fosse la religione della decadenza e che dovesse lasciare il posto a una filantropia universale basata sull´uguaglianza, e per un post-europeo che dalla sua idea della non centralità della Terra faceva discendere, coerentemente, la non centralità dell´Europa. Nell´epoca, tra l´altro, delle grandi conquiste coloniali». Ciliberto segue Giordano Bruno fin dentro la cella del carcere dell´Inquisizione in cui trascorse gli ultimi otto anni della sua vita, lungo le tappe del processo infinito «durante il quale Bruno fece di tutto per non morire, per trovare un compromesso» e che si concluse invece sul rogo in Campo de´ Fiori, «perché l´idea dell´abiura pubblica dei fondamenti del suo pensiero era per lui inaccettabile: poteva ammettere alcuni errori più o meno veniali, ma sull´infinità dell´universo, la pluralità dei mondi, il transito dell´anima umana da un corpo all´altro, non era disposto a trattare». Al fondo di questa vita tragica, «segnata da un´altissima consapevolezza del proprio valore ma anche dalla percezione di sé come perseguitato», resta insomma qualcosa di irriducibile e splendente: «Un nucleo di libertà - sintetizza Ciliberto - che è poi diventato un pezzo della libertà dei moderni».
La Stampa 20.5.07
La mente “messa in carica” dalla poesia
di Rosalba Miceli
qui
Liberazione 20.5.07
Una ricerca sulla realtà umana
Cara "Liberazione", la strada e il progetto proposti dal segretario romano, Massimiliano Smeriglio, per la città di Roma, mi trovano pienamente d'accordo. Se riusciremo a portare avanti questa unità d'azione delle sinistre nelle città e a livello nazionale, sono convinto che alle prossime politiche succederà qualcosa di storico. Vorrei dire, però, che i contenuti citati sono onesti, da perseguire, ma mi piacerebbe sentire qualcosa di nuovo. La domanda che vorrei fare è la seguente: la nuova sinistra che stiamo cercando di costruire può fare a meno di quell'ineludibile esigenza che si chiama "ricerca e conoscenza della realtà umana"?
Fabrizio Roma
Liberazione 20.5.07
XXI secolo. Se io fossi donna…
Caro Piero, se fossi donna potrebbe essermi successo di dover affrontare anche una sola volta nella mia vita la tragica esperienza di un aborto. Se fossi donna, mi arriverebbero quotidianamente i consigli, gli insulti, le accuse di una banda di uomini vestiti di tonache ora nere, ora bianche, ora viola, che per voto non si "accompagnano con donne" e che per sesso non possono aver sperimentato una gravidanza, né un aborto. Se fossi donna e avessi abortito, mi rivolgerei a un avvocato penalista per sporgere querela contro chi mi diffama e mi ingiuria accusandomi di omicidio, di barbarie, di terrorismo, di nazismo, soltanto per aver deciso della mia vita con consapevolezza e senza infrangere nessuna legge dello Stato in cui vivo… Se fossi donna, mi rivolgerei allo Stato italiano e gli chiederei di intervenire nei confronti di chi, da un altro Stato, si permette un'aggressione e una violenza simile contro di me e contro tutte le donne. Se fossi donna, sarei angosciata per quanto è gravoso essere donna nel XXI secolo.
Paolo Izzo via e-mail
Liberazione 20.5.07
On the radio
La mente che inganna se stessa
La mente che inganna se stessa. Per Giovanni Jervis è questa la ragione di molti conflitti che caratterizzano il mondo contemporaneo . Dallo scontro tra pensiero religioso e pensiero laico fino alla convivenza difficile tra culture diverse, sotto sotto c'è un pensiero storto. Pietro Greco ne parla con Giovanni Jervis, psichiatra e psicanalista, autore di "Pensare dritto, pensare storto. Introduzione alle illusioni sociali" (Bollati Boringhieri) domani alle 11.30 su Radio 3 Scienza. E ancora, la religione sotto la lente dello scienziato. In "Rompere l'incantesimo" (Raffaello Cortina), Daniel Dennett tenta di spiegare le credenze religiose come un fenomeno naturale, frutto dell'evoluzione. Con successo? Lo chiediamo al filosofo Orlando Franceschelli.
il manifesto 20.5.07
Tutto per la famiglia
di Alessandro Robecchi
Istruzioni per avere una famiglia serena. Prendi tuo figlio, lo fai pisciare in un bicchierino e gli fai il test antidroga che ti regala il sindaco di Milano Moratti. L'iniziativa, partita da An, si chiama «Parliamone in famiglia» (non si dice se prima o dopo il test). Comunque, ok, parliamone. Enzo Carra (teodem della Margherita): «Una proposta con un alto contenuto etico che si può rivelare utile a stimolare un rapporto con i figli». Che a lodare l'iniziativa siano i grandi sostenitori della famiglia tradizionale e i devoti del family day non stupisce: come sapete punire è meglio che prevenire, e soprattutto molto più divertente (la colpa, l'espiazione, il perdono... ci sguazzano da secoli!). Le aperture del ministro della sanità hanno fatto il resto. Livia Turco: «Idea interessante».
Bene, direi che ci siamo, non facciamola tanto lunga e passiamo alle prossime mosse.
Telecamere di sorveglianza nella cameretta. Uno strumento di dissuasione e di controllo irrinunciabile. Livia Turco: «Idea interessante».
Irruzione al media center. Corsi di informatica per genitori, perquisizione al computer del figlio e sequestro di materiale sensibile (porno, gol di Totti, istruzioni per costruire la bomba atomica). Perquisizione settimanale a sorpresa del telefonino.
Cane lupo antidroga. Con una media di due test antidroga al mese, la faccenda vi costerà circa 500 euro all'anno (il primo ve lo regalano per farvi prendere il vizio, ma gli altri li pagate). A questo punto, non converrebbe usare un cane lupo addestrato dalla Guardia di Finanza? Livia Turco: «Idea interessante».
Tute arancioni. L'idea del comune di Milano di spedire tute arancioni come quelle dei detenuti di Guantanamo alle famiglie con figli adolescenti, ha creato scalpore, soprattutto tra gli stilisti. Essendo tutti gli adolescenti vestiti con tute arancioni farete fatica a riconoscere chi entra e chi esce dalla cameretta di vostro figlio. Meno male che avete messo le telecamere! Idea interessante.
il manifesto 20.5.07
Una nuova geografia con la scomparsa del limbo
di Filippo Gentiloni
Vale la pena di riflettere su alcune recenti prese di posizione del magistero vaticano: qualche cosa sta cambiando proprio sulla «geografia» dell'al di là: la rinuncia, ormai esplicita, all'affermazione dell'esistenza di un «limbo» per i bambini morti senza battesimo (si pensi al canto IV dell'Inferno di Dante). Bambini che, però, sarebbero persone umane come ripete l'attuale polemica cattolica contro l'aborto.
Allora, quale la loro sorte nell'al di là? Due le strade che i cristiani dei secoli scorsi avevano battute. Una preferiva negare la vera natura umana di un bambino concepito ma non arrivato alla nascita. Di persona umana - sosteneva anche Tommaso d'Aquino - si poteva parlare soltanto dopo qualche mese di vita.
La seconda via aveva inventato il limbo. Un «luogo alternativo sia all'inferno che al paradiso. Niente pene, ma all'eterna beatitudine, secondo la teologia, non si poteva accedere senza la "grazia" del battesimo. Una soluzione quella del limbo, a dir poco, artificiosa, che oggi il Vaticano dichiara insostenibile» (il testo su La Civiltà Cattolica del 5 maggio 2007).
Ma le perplessità non mancano. Le propongono gli stessi numeri: i bambini morti prima della nascita e dell'uso di ragione sono una quantità enorme: un paradiso, dunque, affollatissimo? Una nuova geografia che ci può far piacere, corrispondendo bene alla misericordia e restringendo, invece, lo spazio del male e della pena. Ma come collegare questo paradiso ai dogmi della «grazia» e alla necessità del battesimo?
Forse bisogna ancora una volta distinguere l'immortalità (pagana) dalla resurrezione (cristiana; e per chi?).
Un notevole ridimensionamento della dottrina cattolica sembra inevitabile. Più spazio, dunque, alla discussione e alla interpretazione. Anche al dubbio. Grazie alla vicenda del limbo e alla sua scomparsa.
l’Unità 20.5.07
Prendere e lasciare
di Furio Colombo
La grandezza della Chiesa sta in questo: fra qualche anno la piazzata sulla famiglia sarà come non fosse mai avvenuta. Chi insistesse con il ricordo di quel macigno buttato sul percorso cauto e civile di un governo eletto sarà redarguito come un disturbatore e pregato di smetterla. La Chiesa sarà passata avanti, impegnata di nuovo in grandi ideali come la povertà, la pace e il rispetto per le persone. Non so se esiste un anticlericalismo cronologico. Se esiste, eccomi qua.
Giovanni XXIII ha illuminato il mondo. Giovanni Paolo II lo ha guidato contro leader opportunisti e mediocri e non ha mai smesso di gridare pace. Non aveva le braccia aperte del Papa del Concilio Vaticano II, era severo con i credenti, chiaro anche nelle enunciazioni difficili da accettare. Mai avrebbe fatto politica dal palchetto dei comizi locali, per sottomettere un popolo e umiliare chi lo rappresenta al Parlamento e al governo.
Fatemi ricordare Paolo VI. Aveva visto i miei documentari sul Vietnam (specialmente quello dei bambini di Bien Hoa).
Di ritorno da uno dei viaggi in Vietnam, appena giunto all’aeroporto, mi hanno fatto sapere che desiderava un incontro. Era notte ma il Papa era in piedi, ansioso e attento. Voleva avere notizie dirette di una guerra che lo angosciava. Conosceva e rispettava il giornalista e sapeva benissimo che non parlava a un credente.
In quella Italia che spesso ricordiamo con sarcasmo, Ettore Bernabei, allora Direttore generale della Rai, dava il via libera ai miei “TV 7” sulla guerra (veniva a vederli di persona) che i governi di allora ritenevano “tendenziosi”. Era vero. Amando - come amavo e amo l’America - ero con l’America della pace contro la guerra nel Vietnam. I cattolici che avevano fatto quella scelta sostenevano, anche a costo di scontrarsi con i Buttiglione di allora, questa scelta senza domandarsi se e a quale organizzazione o partito o cultura fosse legato il giornalista a cui consentivano di parlare.
Del resto quasi dieci anni fa Giovanni Paolo Secondo mi ha fatto chiedere di aprire un convegno Vaticano sul cinema e mi è stato affidato il tema «Moralità e cinema». Intendeva dire con chiarezza che non sono richiesti diplomi di fede e prove di sottomissione per chiedere a un laico (certo erano stati considerati i miei libri, i miei articoli) per parlare di moralità. Ha ricordato le sue esperienze teatrali, mentre si appoggiava camminando già con fatica, e ascoltava una voce diversa rispetto ai suoi incontri quotidiani.
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La grandezza della Chiesa cattolica, che attraversa stagioni diverse e cambia, supera, si apre, si connette o riconnette col mondo in modo sempre nuovo cancellerà - ne sono certo - in un’altra stagione, la giornata triste in cui padri e madri presentavano alle telecamere i loro sei-sette figli e ad alcuni di noi tornava l’amaro ricordo del sillabario fascista della scuola elementare. Nel disegno si vedeva il tavolo della cucina, che si chiamava desco, alle spalle c’era la madia “dove la mamma conserva il pane che il padre ha tratto dai campi, con la pioggia, col sole, con la fatica”. I figli seduti al desco erano una decina. La didascalia diceva «il Signore vede e provvede». E la poesia della pagina, ricordo, era questa: «Cura i bambini/fila la lana/questa è la tipica donna italiana».Giornata umiliante, dunque, di cui, per gentilezza e amicizia, pochi giornali stranieri hanno scritto. Quei pochi hanno intitolato: «La Chiesa cattolica mobilita i fedeli contro i gay, pacs, e unioni di fatto». Ma non più di venti righe per lo strano evento, un milione e mezzo “in difesa della famiglia”, quando tutta la letteratura del mondo, saggistica e narrativa, che conosce il profondo distacco unicamente italiano dei cittadini dalle istituzioni, sa e ripete da due secoli che una sola forza, un solo nucleo sociale resiste in Italia. Resiste con tanto vigore da sacrificare regole, leggi, doveri a quell’unica istituzione che è appunto la famiglia.
È vero, l’evento è esclusivamente politico (e per questo imbarazza il travestimento religioso). È vero, l’evento è stato preceduto e seguito da dichiarazioni di una durezza aggressiva mai sentita prima, dichiarazioni gratuite e sgradevoli (la mite legge dei Dico accostata ad aborto, eutanasia e pedofilia). Queste autorevoli dichiarazioni hanno creato - salvo che per gli opportunisti che prontamente si adeguano con le loro compagne di secondo, terzo, quarto letto che indosseranno l’uniforme d’obbligo: bikini coraggioso e croce ben visibile fra i seni - un problema di serena convivenza fra credenti e non credenti, fra gay e non gay (ricordate il dirigente dell’Arcigay milanese massacrato di botte in una pizzeria da due forzuti credenti poche sere fa?) fra chi si vanta dei sette figli tipo esodo del Polesine inondato, e sul modello raccomandato dal mio sillabario fascista. Chi non può avere figli certo ricorda ancora che, prima dei Dico, un’altra legge civile, dignitosa e democratica, quella sulla procreazione assistita, è stata resa impossibile dalla stessa mobilitazione di una folla bene organizzata contro lo Stato (c’è al suo posto uno straccetto di legge che invita a correre all’estero).
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Ci dicono: «Bisogna ascoltare la piazza». Strano. Quando la piazza, altrettanto gremita, nella mobilitazione spontanea dei girotondi, protestava contro leggi ignobili, attentati alla Costituzione, illegalità sistematica, nessuno la ascoltava. Se mai c’era irritazione, fastidio, un po’ di disprezzo per chi si paga da solo il viaggio. Perché, chiedo a chi si prepara a fare il partito democratico, Nanni Moretti, che fa tutto da solo (in altri paesi si chiama “responsabilità del cittadino”) viene liquidato come uno scherzo e Savino Pezzotta che - come un personaggio di Collodi arriva alla testa di mille affollate carrozze prepagate - è la voce di Dio?Perché è nobile - fino al punto di doverla “ascoltare” (vuol dire: zitti e fate quel che vi dicono) una piazza apertamente contro i diritti dei cittadini, mentre abbiamo disprezzato una piazza (meno esibizionista, certo, senza lo spettacolo dei padri pluri-procreatori esibiti in primo piano in televisione, con moglie stremata un passo indietro) che si era autoconvocata per la difesa della Costituzione, per condannare leggi ad personam senza alcuna riscossione dell’otto per mille ma solo per i diritti di tutti?
La risposta è semplice. Sono più forti loro. Non sto parlando di padri e madri con tutti quei figli spinti all’esibizione ma senza che nessuno abbia proposto qualcosa di concreto per loro. No, riconosciamolo, è più forte la Chiesa, nella stagione di guerra che ha deciso di sferrare all’Italia.
Passerà, mi sono sentito di predire. La Chiesa tornerà alla carità, al sostegno di poveri e dei deboli, al rispetto di ciascuna persona, anche non battezzata. E al rapporto di attenzione incoraggiante e amichevole verso la scienza. Anzi farà (lo ha già fatto altre volte in passato) inimmaginabili passi avanti, partecipando alla ricerca comune di nuove strade per un mondo che sta morendo.
Tornerà. Fra quante vite? Intanto siamo qui e guardiamo in faccia la realtà.
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Ma perché ne parlo oggi, mentre le notizie sono ben altre? Le notizie sono che è stato firmato un patto per la sicurezza fra la Repubblica Italiana e la signora Moratti, solo perché la signora Moratti ha visto in tempo la famosa “piazza da ascoltare”. Ha fatto scendere in strada sei-settemila militanti di Lega e Forza Italia e il gioco è fatto. Si ascolta la piazza e si decide che la sicurezza viene quando lo decide Moratti. Eppure tutti avevano detto che i reati, nella città della Moratti, sono in diminuzione, che Milano è una delle città più sicure in Europa. Ma adesso siamo chiamati a credere, attraverso la voce di due piazze organizzate, che non solo la famiglia è in pericolo, ma anche Milano.La Moratti però è molto attiva. Ha inventato il “kit della droga” che vuol dire: compri l’arnese in farmacia e - come prova di amicizia, sostegno e fiducia per il tuo teenager - irrompi nella sua stanza, brandisci la confezione e gli annunci la “prova Pantani”. C’è qualche genitore che ha - o ha avuto - figli teenager, che non rabbrividisca di fronte a questa trovata? C’è. Livia Turco, mamma e ministro della Sanità ha detto, con stupore di chi la segue e la stima, un suo sì così precipitoso che ancora non si sa se sarà il ministero della Salute a somministrare direttamente il “kit” ai ragazzi a scuola. Fioroni, che non solo ascolta le piazze ma le guida contro le leggi proposte dal governo di cui è ministro, certamente ci sta. Nasce una nuova “arancia meccanica” in cui ci pensa il ministero a renderti buono per sempre.
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Cos’altro succede? Succede che il testamento biologico con cui un cittadino dispone, finché è sano, il limite che vuole dare alle cure estreme per essere tenuto in vita, sta saltando perché i cardinali sentono puzza di eutanasia. In un Paese in cui non si ha notizia di proteste e dissensi dei credenti per il corpo di Welby, a cui è stata vietata una benedizione in Chiesa, colpevole di avere troppo sofferto, il fiuto dei cardinali è sovrano. Notate l’evento per non dimenticare l’inizio (il lucido, rispettoso, bene organizzato lavoro del medico cattolico Marino, che presiede la commissione Sanità al Senato) quando si arriverà alla fine. Cioè niente. Cos’altro è in pericolo? Sono in pericolo, o meglio a fine corsa, i Dico, naturalmente, legge modesta ma decente, tessuta con pazienza dai ministri Pollastrini e Bindi, limata al punto da evitare che si parli di “reversibilità della pensione” nelle coppie di fatto, perché non si parli di una imitazione della “vera famiglia”.Adesso i Dico stanno uscendo di scena. Lo ha detto Fassino a «Radio Anch’io», con sorpresa di tanti che per giunta sono in mezzo al guado, non più Ds e non ancora partito democratico. Ha detto: «Questa è una mano tesa a pazza San Giovanni. Savino Pezzotta dice di no ai Dico e vuole modifiche del Codice Civile. Parliamone». Parliamone. Fassino, su l’Unità di sabato, ha precisato: «Voglio salvare la sostanza dei Dico». Fa piacere sentirglielo dire.
Ma Pezzotta, portavoce di una immensa potenza che occupa l’Italia, non vuole i Dico perché non vuole diritti: vita, morte, accoppiamento consentito e procreazione spettano a questa Chiesa da combattimento e nessuno deve metterci le mani. Perciò, dopo avere ucciso i Dico, che almeno erano un simbolo e un riferimento, si uccideranno a una a una le modifiche, anche le più timide e modeste, del Codice Civile, come in una battaglia di Orazi e Curiazi.
Sarebbe stato più bello, io credo, presentarsi al Paese (cioè agli elettori) e dire umilmente: «Avevamo fatto una buona legge, ma non possiamo approvarla. Non abbiamo più i voti. Li ha bloccati il Vaticano che, per il momento domina la scena avendo deciso di governare - con la sua forza notevole - solo in Italia, visto che gli altri Paesi cattolici non stanno al gioco.
La Chiesa del mondo, insediata a Roma e impegnata nel rapido recupero del potere temporale in Italia, aveva detto «prendere, o lasciare», prefigurando la resistenza di un Parlamento e un governo orgogliosi che, pur di fronte a una immensa pressione, continuano a legiferare e a governare. Non è stato così. La parola d’ordine, adesso, sembra essere «prendere e lasciare». Si afferma un buon proposito, se ne fa una buona legge e appena i cardinali dicono no, tanto per stabilire chi comanda, si abbandona il progetto. C’è già un mucchietto di detriti ai piedi dei monsignori. Fra poco - è un fatto umano, succede così se cedi sempre - alzeranno il tiro. Vorranno molto di più.
furiocolombo@unita.it
Latina Oggi 20.5.07
Se torna Giordano
A Roma non sapevano...
di Luigi Cardarelli
«Sono reduce da un comizio a Latina dove ho scoperto che un senatore di Forza Italia becca anche un compenso in quanto presidente del Cda di Acqualatina. 100 mila euro l’anno». Franco Giordano, leader di Rifondazione comunista butta lì anche l’esempio pontino. L’intervista al «Corriere » è una sfuriata contro i costi della politica e un altro altare dove collocare l’immaginaria icona della questione morale. Noi da qualche tempo circumnavighiamo la politica, tentiamo di isolare qualche idea residua e osserviamo il ciarpame delle ambizioni. E altri, tanti in questa provincia che hanno voglia di buttarla a ridere e hanno a noia le parole che ti svegliano dentro, solo a sentire la questione morale vedono i fantasmi e sbarrano gli occhi. Perché fu quello il tempo degli esami di coscienza prima di riprendere le corse sfrenate e sentire, contenti, il rumore dei soldi. Che oggi anche Bertinotti condanna quando ordina ai questori del- la Camera di compiere una indagine sui costi della politica e afferma con candore che «una parte della rappresentanza politica deve essere gratuita come la militanza politica ». Venga qui da noi, presidente. Perché qui abbiamo studiato percorsi eccellenti, di corsa, la destra parsimoniosa non bada a spese, le società partecipate sono un eldorado e abbiamo difficoltà solo a capire l’origine, la sorgente misteriosa di una ricchezza che ci invade. E che vediamo, splendida e prepotente, in questa campagna elettorale affollata come per la festa del patrono, aspra come una guerra, ricca come una tombola. Perché, così come ha detto Giordano, a Roma non sapevano che il senatore Fazzone è anche presidente di Acqualatina. Ma anche coordinatore di Forza Italia, riferimento ampio e forte della politica e dell’economia nella zona sud della Provincia. Perché a Roma non sanno che abbiamo anche un certo Vincenzo Bianchi che è stato parlamentare di Forza Italia, è anche vice sindaco del capoluogo, assessore ai trasporti, vice coordinatore di Forza Italia, presidente di Latinambiente. I costi della politica li verificheranno i questori della Camera, noi qui li vediamo ogni giorno, abbiamo il privilegio del reality. Venga più spesso il segretario di Rifondazione il quale si meraviglia del nostro Consiglio di amministrazione delle Terme senza... Terme. Sappiamo fare anche di più: il partito dei costruttori, per esempio, puoi vederlo solo di profilo, incerto e non identificabile. Ma è nato e cresce perché qui abbiamo scoperto che si può fare tutto senza Piano Regolatore o ripescando le carte che prevedevano una città di duecentomila abitanti. Se Giordano sgrana gli occhi per Fazzone presidente, a noi resta il rammarico di non poter offrire il resto dello spettacolo. A Roma non sanno dei capolavori in cartellone nell’ultimo anno alla commissione urbanistica. E nessuno ancora conosce bene la struttura, la funzione, la... dinamica economica della SpA di Armando Cusani, un genio di ragazzo cresciuto da Sperlonga a Latina con una inclinazione naturale verso la politica dei... fatti e delle imprese. E a Roma non sanno che abbiamo mille candidati per quaranta posti in Consiglio comunale e un esercito in armi per le Circoscrizioni. Nessuno si azzarda a calcolare il volume di affari. Pensi, Giordano, che due candidati si sono annullati per quattro volte in un giorno a via del Lido occupando tutti gli spazi. Uno sull’altro, una barca di soldi, un mare di imbecillità. Non vorremmo, insomma che a Roma pensassero di conoscere il meglio e il peggio del mondo. Qui il laboratorio nato nel ‘93 non ha prodotto capolavori ma curiosi prodotti e tipi della politica cosiddetta «applicata». E accadono fatti che a Roma Giordano o Bertinotti non capirebbero. Qualche sera fa un candidato ha svegliato il quartiere Nicolosi e ha promesso mille lampadine. Proprio così. Gli episodi minimi danno la misura della questione che nessuno vuole chiamare morale. E se azzardi a dire qualche concetto che somigli vagamente alla politica diventi un sovversivo. Dell’ordine immorale costituito. Non sanno a Roma, per esempio, che An, il partito che guida la città, è retta da un commiussario da quasi tre anni. C’era Pedrizzi, c’è Moffa. E non sanno perché. Giordano, venga più spesso da noi. E al Senato cerchi Fazzone. E’ uno che sa.