Santoro: aspetto l’ok per il video Bbc sui preti pedofili
Deciderà Cappon. Landolfi: faccia il martire, ma la Rai non compri. Curzi: ma la Bbc non era un modello televisivo?
Il giornalista: non ho avuto finora alcuna comunicazione, mi aspetto che tutto sia a posto
Giulietti: non spetta alla Vigilanza né ai partiti esprimere censure preventive. Decida la Rai
IL CASO BBC. Tornando oggi in Rai dopo aver inaugurato la sede di Nairobi, il Dg Cappon troverà sul suo tavolo la «grana» Bbc, il filmato che Santoro vorrebbe acquistare dalla televisione britannica per trasmetterlo su «Annozero».
Per ora, tutto tace. «Non ho avuto alcuna notizia ufficiale in senso contrario, per cui, essendo ogni cosa a posto dal punto di vista dell’iter burocratico aziendale, mi aspetto che domattina vada tutto a posto» dice Michele Santoro, e ricorda di non aver «bisogno di autorizzazioni particolari» - essendo direttore ad personam - per comprare l’inchiesta della Bbc Sex crimes and Vatican per costruirci attorno una puntata di Annozero. L’inchiesta Bbc riguarda i casi di pedofilia che coinvolgono alcuni ecclesiastici negli Usa, in Irlanda e in Brasile e sostiene che la Chiesa Cattolica, e in particolare l’ex cardinal Ratzinger, oggi Papa, abbiano avallato la copertura dello scandalo.
Uno scandalo, però, ormai pubblico. Tant’è che l’Avvenire, il quotidiano della Cei, ha criticato duramente quell’inchiesta quando la Bbc la mise in onda, un anno fa, e due giorni fa, per impedirne la diffusione, l’abbia definita «infame spazzatura via internet». Infatti è cliccabile su YouTube. Dunque più che pubblica.
Santoro va avanti. «Se dovesse emergere qualcosa in contrario vedremo, ma io non ho avuto alcuna comunicazione», aggiunge il giornalista, ribadendo che «gli ok di prammatica per questo tipo di acquisto ci sono tutti e, dal mio punto di vista, non c’è nulla che possa impedirlo». Vero, eppure la procedura sembra inceppata, e l’affondo dell’Avvenire potrebbe non essere estraneo. Quel che manca è il nulla osta all’acquisto: spetterebbe al direttore del Tg3 Di Bella, la cui vigilanza è però limitata alla par condicio; il direttore del Tg2 Massa ha rifiutato qualsiasi vigilanza..
Toccherà dunque a Cappon, alla vigilia dell’assemblea dei soci che dovrebbe revocare il consigliere Petroni, sciogliere il nodo. «Siamo un paese strano: si loda sempre la Bbc facendone un esempio per la Rai e poi, appena si dice che Santoro vorrebbe usare questa loro inchiesta, le polemiche scoppiano in anticipo», fa notare Sandro Curzi, nel Cda Rai per i Verdi-Rifondazione, per il quale a contare «è solo la serietà giornalistica e qualità dell’inchiesta». Mentre Marco Staderini, Udc, sostiene: «Mi batterò per impedirne a tutti i costi la messa in onda» e «In questo momento storico-politico simili servizi sono una scelta sbagliata». E se il presidente della commissione di vigilanza Landolfi ammonisce: si lasci la palma del martirio a Santoro ma si eviti «di trasformare la Rai in un plotone d’esecuzione pronto a far fuoco sulla Chiesa e sul Papa, con una lacunosa se non calunniosa ricostruzione dei fatti», Giulietti di Articolo 21 attacca: non spetta alla vigilanza né ai partiti chiedere una censura preventiva. In Rai ci sono responsabili editoriali, a loro spetta valutare e decidere.
Corriere della Sera 21.5.07
Il programma Rai
Santoro e il video sui preti pedofili «Non ho bisogno di autorizzazioni»
di Mariolina Iossa
ROMA — Michele Santoro non sta aspettando alcuna autorizzazione, non ne ha bisogno, spiega, e nessuno per adesso gli ha chiesto di fermarsi. L'inchiesta della Bbc sui casi di pedofilia che coinvolgono preti cattolici americani, irlandesi, brasiliani e che, si sostiene nel filmato, sono stati coperti dal Vaticano e in particolare dall'allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, sarà comprato per 20 mila euro e trasmesso ad AnnoZero. «Non ho avuto alcuna notizia ufficiale in senso contrario — ha detto ieri Santoro — per cui, essendo ogni cosa a posto dal punto di vista dell'iter burocratico aziendale, mi aspetto che non ci siano impedimenti». Appena appresa la notizia, tuttavia, Avvenire ha reagito parlando di «infame calunnia» e di «spazzatura» e il presidente della commissione di vigilanza Rai, Landolfi (An), ha chiesto ufficialmente al dg Cappon di «fermare Santoro». «Gli lasci pure la palma del martirio — ha continuato ironico Landolfi — ma eviti di trasformare il servizio pubblico in un plotone mediatico di esecuzione pronto a fare fuoco sulla Chiesa e sul Papa, per di più in nome di una lacunosa se non addirittura calunniosa ricostruzione dei fatti».
Sex Crimes and Vatican, questo il titolo dell'inchiesta della Bbc, è vecchia di un anno, e si può comunque vedere su Internet, collegandosi ad un sito siciliano di amici di Beppe Grillo. Per acquistarla, dice Santoro «non ho bisogno di autorizzazioni particolari», il direttore del tg2 Mazza se n'è lavato le mani, quello del tg3 Di Bella ha dato l'ok, ma a lui spetta vigilare su AnnoZero solo riguardo alla par-condicio in tempi di campagna elettorale. Per il resto, Santoro risponde direttamente a Cappon. Il quale non farà in tempo a metter piede a Fiumicino oggi (è stato a Nairobi per l'inaugurazione di una sede Rai), che gli piomberà addosso il problema. Alla richiesta di Landolfi, infatti, già reagisce la sinistra, Russo Spena e Migliore, capigruppo al Senato e alla Camera del Prc accusano: «Grave la richiesta di censura preventiva, non spetta alla commissione. Il documentario è stato trasmesso in Gran Bretagna nel 2006. Se dovessimo accettare imposizioni da parte delle gerarchie ecclesiastiche su questo terreno sarebbe davvero un fatto gravissimo». Anche Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21, è fortemente critico: «La Bbc è un modello di giornalismo rigoroso, non spetta a Landolfi chiedere censure preventive».
Repubblica 21.5.07
La richiesta del presidente della commissione Vigilanza. Il conduttore di "Annozero" vuol trasmettere l'inchiesta che fa infuriare il Vaticano
"La Rai blocchi il video sui preti pedofili"
Landolfi attacca Santoro. Il filmato Bbc sul tavolo del direttore generale
di Silvia Fumarola
ROMA - La Rai è divisa, ma Mario Landolfi, presidente della commissione di Vigilanza, non ha dubbi: bloccare l´inchiesta della Bbc sui preti pedofili. «Apprendo che, su richiesta di Michele Santoro» scrive Landolfi «la direzione generale della Rai si accingerebbe a esaminare la proposta di acquisto di "Sex crimes and the Vatican", una vecchia inchiesta sul coinvolgimento di sacerdoti in vicende di pedofilia in cui viene chiamato in causa anche l´allora cardinale Ratzinger, presentato come colui che avrebbe coperto i responsabili di tali nefandezze. Un´evidente ragione di opportunità dovrebbe consigliare a Cappon di non aderire alla richiesta del conduttore di "Annozero". Lasci pure a Santoro la palma del martirio, ma eviti di trasformare il servizio pubblico in un plotone mediatico di esecuzione pronto a fare fuoco sulla Chiesa e sul Papa».
Un invito alla censura che scatena dure reazioni, mentre il caso Bbc finirà oggi sulla scrivania del direttore generale della Rai Claudio Cappon. La polemica sull´inchiesta (in rete su Google) che denuncia gli abusi sessuali subiti dai minori da parte dei sacerdoti in Irlanda, Stati Uniti e Brasile, crea imbarazzo. Sono giorni delicati a Viale Mazzini, col Cda in bilico, uno scontro col Vaticano fa paura.
L´Avvenire ha bollato il documentario, già trasmesso sulla Bbc nel 2006, come «infame calunnia via Internet». Santoro, il filmato andrà in onda giovedì? «Non ho avuto alcuna notizia ufficiale in senso contrario, per cui, essendo a posto dal punto di vista dell´iter burocratico aziendale, mi aspetto che tutto si risolva» dice il giornalista. «Se dovesse emergere qualcosa in contrario, vedremo. Gli ok di prammatica per questo tipo di acquisto ci sono tutti e, dal mio punto di vista, non c´è nulla che possa impedirlo». Ma la richiesta è ancora senza firma: dalla scrivania del direttore di RaiDue Antonio Marano è finita sul tavolo di Lorenza Lei, responsabile delle Risorse televisive. Santoro è direttore (ad personam), responsabile editoriale di "Annozero", potrebbe quindi procedere all´acquisto (sui 20mila euro) autonomamente. Antonio Di Bella, direttore del Tg3, sovrintende sulla trasmissione di RaiDue solo per la par condicio: il suo nulla osta è legato agli equilibri politici, non ai contenuti della puntata. La valutazione editoriale spetta solo al direttore generale: Cappon deve ancora pronunciarsi e già viene tirato per la giacchetta.
Giovanni Russo Spena e Gennaro Migliore, componenti (Prc) della Commissione di Vigilanza, denunciano Landolfi. «Riteniamo inaccettabile l´esortazione a Cappon, è un invito alla censura preventiva. Se dovessimo accettare imposizioni dalle gerarchie ecclesiastiche sarebbe gravissimo». Concorda Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21: «Non spetta né a Landolfi e neanche ai singoli partiti chiedere qualsiasi forma di censura preventiva. Non esistono argomenti che non si possono trattare». Giorgio Lainati, capogruppo di Forza Italia nella Commissione, attacca: «La sinistra comunista ha da tempo scatenato nei programmi dei suoi fiancheggiatori in Rai un´offensiva anticlericale. Evidentemente l´enorme successo del Family day ha scatenato la sete di vendetta». «Non vorrei che attorno a una trasmissione di Santoro ripartisse un tormentone» osserva Giorgio Merlo, vice presidente della Vigilanza Rai. «Nel servizio pubblico non è prevista la censura preventiva ma neanche la continua delegittimazione».
Repubblica 21.5.07
Per il Papa a rischio soprattutto i minori
Ratzinger sulla tv "Troppo sesso e scene violente"
di Orazio La Rocca
CITTÀ DEL VATICANO - Nuovo severo richiamo di papa Ratzinger per quei programmi televisivi che «inculcano violenza e comportamenti antisociali o volgarizzano la sessualità umana». Programmi bollati da Benedetto XVI come «inaccettabili», «diseducativi» e «pericolosi», specialmente se «proposto ai minori ed ai ragazzi di qualsiasi età».
L´altolà antitelevisivo arriva durante la domenicale preghiera dell´Angelus recitata, ieri, in piazza San Pietro, alla presenza di circa 20 mila pellegrini, tra i quali anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e l´arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani che da oggi fino a venerdì prossimo presiederà in Vaticano l´assemblea generale della Cei. L´invettiva papale prende lo spunto dalla quarantunesima Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali - dedicata a «I bambini e i mezzi di comunicazione: una sfida per l´educazione» - celebrata ieri dalla Chiesa cattolica. Ratzinger si rivolge, tra l´altro, ai «responsabili dell´industria dei media e agli operatori della comunicazione sociale, affinché salvaguardino il bene comune, rispettino la verità e proteggano la dignità della persona e della famiglia». Il Pontefice chiede, inoltre, «un´adeguata formazione all´uso corretto dei media» invitando «genitori, insegnanti e comunità ecclesiale a collaborare per educare i bambini, e i ragazzi ad essere selettivi e a maturare un atteggiamento critico, coltivando il gusto per ciò che è esteticamente e moralmente valido». «Anche i mass media - secondo il Pontefice - devono recare il loro contributo a questo impegno educativo, promuovendo la dignità della persona umana, il matrimonio e la famiglia, le conquiste e i traguardi della civiltà».
Richiami ed esortazioni che Benedetto XVI aveva anticipato nel messaggio pubblicato lo scorso mese di gennaio in vista della celebrazione di ieri, fatti propri - subito dopo l´Angelus - da Luca Borgomeo, presidente dell´associazione di telespettatori di matrice cattolica, Aiart, che ha detto «siamo con il Papa quando afferma che i mass media devono difendere la famiglia e il matrimonio». «Troppo spesso - lamenta Borgomeo - non ci si accorge, o non si mette sufficientemente in luce, che giornali, tv e radio contribuiscono a disgregare la famiglia, cellula fondante della nostra società, dando soprattutto ai giovani modelli sbagliati, che delegittimano l´unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio».
l’Unità Lettere 21.5.07
Perché non ricordate il pensiero di Gramsci sul tema Stato-Chiesa?
Cara Unità,
ricorrono 70 anni dalla morte di Antonio Gramsci. Quale modo migliore di onorare la memoria del fondatore del l’Unità che ricordare il suo pensiero integralmente laico sul problema dei rapporti Stato-Chiesa? Molti sanno che nel ’47, in sede di Assemblea Costituente, il Pci di cui era segretario Palmiro Togliatti, votò per l’inserimento del Concordato nella Costituzione Italiana. Quasi del tutto ignorata risulta invece la posizione anticoncordataria («Il concordato è il riconoscimento di una doppia sovranità su uno stesso territorio statale... ») espressa dal fondatore del Pci nei suoi “Quaderni dal carcere”, all’indomani della firma dei Patti Lateranensi. Nel ’47, in un Paese lacerato dalla guerra civile, forse aveva un senso sacrificare sull’altare della pace religiosa il principio della laicità dello Stato. Ma oggi a chi serve e a cosa serve il Concordato? Sarebbe interessante aprire un dibattito sulla questione.
Maria Fausta Adriani, Roma
Repubblica 21.5.07
Oggi in Vaticano prima assemblea generale dei vescovi guidata dal nuovo presidente. Le "truppe" e gli obiettivi della Chiesa
Cei, ecco il manifesto di Bagnasco
"Alleanza con i Teocon per la riconquista cristiana dell'Italia"
Dopo il Family Day Pezzotta potrebbe guidare un movimento
di Marco Politi
ROMA - Monsignor Angelo Bagnasco si presenta oggi con la sua relazione all´assemblea plenaria dell´episcopato. C´è un´atmosfera nuova. La Cei si sta muovendo secondo uno schema a tre punte. C´è il Pastore, il Politico, l´Eminenza grigia. Bagnasco ha il compito di forgiare il programma pastorale della Cei. In questa sessione presenterà una «Nota pastorale» per indicare il cammino della Chiesa italiana dopo il grande convegno di Verona dell´autunno scorso, seguendo le indicazioni di papa Ratzinger. Al primo posto sta la missione di evangelizzare la società, tenendo conto - come ha raccomandato Benedetto XVI - delle convergenze con le forze laiche, che proclamano la difesa dei valori cristiani dell´Occidente: i teocon di Marcello Pera, per capirsi, e gli ambienti che gravitano intorno al Foglio di Giuliano Ferrara (mobilitatosi entusiasticamente per il Family Day).
Con Bagnasco a Genova è cresciuto il ruolo del segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori. Il suo discorso, a Gubbio, ha avuto accenti squisitamente politici. Betori ha spiegato che c´è una «battaglia» in corso e che la Chiesa intende vincerla: embrioni, aborto ed eutanasia sono le questioni su cui la Conferenza episcopale agirà con determinazione in futuro. E si tratta di cose molto concrete. Impedire l´uso della pillola abortiva negli ospedali, bloccare l´impiego della pillola del giorno dopo, vietare qualsiasi sperimentazione sulle cellule staminali embrionali, negare l´autodeterminazione al malato per quanto riguarda il testamento biologico. In proposito la linea della Cei è che deve decidere una commissione, scavalcando la volontà individuale del paziente.
Inedito è il ruolo che il cardinale Ruini continua a svolgere dietro le quinte come interprete della linea papale. Prima del Family Day il cardinal vicario ha contattato il direttore generale della Rai per suggerirgli come trattare l´avvenimento. All´arrivo di Benedetto XVI dal Brasile ha incontrato il ministro Bindi a Ciampino, invitandola ad essere «saggia». Insomma Ruini, ben lontano dall´avere abbandonato il campo della politica, agisce come da suggeritore sullo sfondo.
Il 12 maggio ha rafforzato l´ala interventista della Cei e la sua volontà di determinare la legislazione nel campo cosiddetto «etico», sbarrando il passo a qualsiasi proposta non gradita alla gerarchia ecclesiastica. La mossa del leader Ds Fassino, disposto a discutere di una modifica del codice civile per tutelare i diritti dei conviventi, ha dato ragione a chi al vertice della Chiesa ha sempre propugnato la tesi che l´Ulivo su questi temi può muoversi solo all´interno del perimetro stabilito dall´istituzione ecclesiastica. La Cei aveva indicato che l´unica soluzione doveva essere trovato nell´ambito del codice civile e così deve essere, senza alcun tipo di mediazione. Ciò che la Chiesa intende assolutamente impedire è di dare dignità al «sodalizio» creato dalla coppia di conviventi.
In Parlamento la Cei e il Vaticano hanno ormai una sponda più che solida nell´Udc di Casini, nell´Udeur di Mastella (gratificato, nel vivo del braccio di ferro sulle unioni civili, da una telefonata personale di Benedetto XVI) e nella pattuglia dei teodem dell´Ulivo, che non hanno mai nascosto il desiderio di buttare a mare i Dico. Sotto tiro, da parte ecclesiastica, sono i cattolici democratici nella Margherita.
La novità più rilevante è il progetto di mantenere in vita il «movimento» del Family Day come mezzo di pressione sul governo e sui partiti. Poco importa che i manifestanti del 12 maggio rappresentino soltanto una parte delle tendenze presenti nel mondo cattolico. Savino Pezzotta ne sta facendo una sorta di «sindacato» informale del cattolicesimo, orientato dall´episcopato.
«La piazza di San Giovanni non smobiliterà - ha dichiarato subito dopo la manifestazione - e i cattolici saranno in campo ogni volta che saranno in gioco i valori della vita, della dignità e della libertà della persona». C´è un valore «politico» della piazza, fa sapere, che i politici devono ascoltare. Parole molto generiche, ma lasciano intravedere un movimento a struttura leggera che Pezzotta potrebbe guidare, benchè abbia dichiarato dopo la manifestazione la fine del suo compito di portavoce del Family Day.
Nel corso dell´assemblea della Cei verrà eletto uno dei vicepresidenti. Sarà interessante per cogliere il vento che spira nell´episcopato.
Repubblica 21.5.07
I “Pof” di Fioroni ispirati dal Papa
Dal pedagogismo del ministro dovrebbe uscire una scuola rispondente ai dettami di Benedetto XVI
di Mario Pirani
È singolare che, mentre sulla contrapposizione tra famiglia regolare e Dico il dibattito dilaghi nelle piazze e sui mass-media, su altre questioni, altresì di profilo ideale e, magari, di natura più generale, il disinteresse regni sovrano. Eppure anche su queste si scontrano visioni opposte. Nell´ignoranza e nel silenzio dei più, anche se – tra genitori, alunni e insegnanti – concernono milioni di italiani.
È, infatti, alla scuola che sto alludendo. Ne ho parlato la settimana scorsa ("La carica dei 500 in nome della Falcucci", Repubblica del 14 us) indicando quale iattura rappresenti il ribadito abbandono dei programmi nazionali di studio per sostituirli con «programmi personalizzati», decisi scuola per scuola. Non ci si ferma qui. Come denuncia, anche in questo caso, il benemerito Gruppo dei 500 (insegnanti e genitori) di Torino (e-mail: manifestodeicinquecento email.it), la commissione ministerial-padagogista, insediata dal ministro Fioroni, ha pubblicato altri documenti ufficiali su «Il curricolo nella scuola dell´Autonomia» la cui lettura accresce le preoccupazioni a proposito dell´abbassamento culturale e dello smembramento del sistema scolastico.
Nell´ultimo documento del ministero della PI si legge, infatti: «Con il riconoscimento dell´autonomia alle istituzioni scolastiche il posto che era dei Programmi nazionali viene preso dal Pof (Piano offerta formativa) che è il documento fondamentale costitutivo dell´identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche».
Tanto per chiarirlo ai lettori che ne siano ignari, il Pof è una specie di manifesto che reclamizza le qualità, le caratteristiche, gli accattivanti progetti della singola "azienda scolastica", al fine di ottenere più iscritti e maggiori possibilità di sponsorizzazioni territoriali, visto il taglio dei bilanci pubblici. Se le parole hanno un peso, adombrare una identità culturale à la carte, con programmi diversi da scuola a scuola, adombra qualcosa di molto grave. Ricordo che nemmeno la Repubblica italiana si fonda su una "identità culturale", mentre la Costituzione precisa solo l´impegno alla promozione della cultura (articolo 9), e ne garantisce la libertà, così come la libertà di insegnamento (articolo 33), di cui è titolare ogni singolo docente. Lo Stato non è, dunque, indifferente nei confronti della cultura ma non si identifica in nessuna cultura. La differenza non è di lana caprina. Si ricorderà come attorno alla reiterata richiesta papale per introdurre nella Costituzione europea il principio di "identità cristiana" si sviluppò una fortissima resistenza in quasi tutti i Paesi, tanto che la formulazione venne respinta.
Nel contempo la crociata identitaria si sviluppò in parallelo con l´obbiettivo, tanto caro ai teo-con e ai teo-dem, di debellare in ogni settore il deprecato "relativismo culturale", baluardo del pensiero laico. La scuola è terreno privilegiato di conquista ed ecco che l´"identità" rispunta dal basso, contando sul fatto che, dissolti i dettami su scala nazionale, l´alleanza cattolica destra-centro-sinistra, col supporto di parroci e vescovi, secondo lo schema del Family Day, riesca a permearne i Pof. Del resto è nelle scuole private, le cattoliche in primis ma anche in quelle ebraiche (e presto nelle musulmane), che le «identità» culturali e ideali vengono esplicitamente definite a priori, selezionando su questa base insegnanti e allievi. Scegliendole le famiglie agiscono di conseguenza.
Resta (o restava?) l´ampio baluardo di una scuola pubblica, neutrale e relativista per principio costituzionale, in cui la dialettica delle eventuali diverse identità promana dalla libertà dei singoli, siano essi insegnanti o alunni, e si arricchisce o muta nel confronto reciproco. Ma lo smottamento in atto dei principi della scuola non si ferma qui e lascia intuire le linee di un disegno coerente. Ad esempio laddove si indica l´obbligo di ascoltare «le culture locali e le specifiche esigenze delle famiglie e del territorio». Cosa significa questo per le singole scuole, si chiede il Gruppo dei 500? «I consigli di istituto metteranno ai voti l´identità culturale della scuola? Vincerà chi saprà imporsi e ottenere più voti? E quale fine sarà riservata alle identità perdenti? Si rifaranno alla prossima occasione?». Lo spazio non mi consente di soffermarmi su altri punti, altrettanto gravi, del pedagogismo alla Fioroni, del resto perfettamente coerente con i suoi predecessori. Ne dovrebbe uscire una scuola rispondente ai dettami di Benedetto XVI, con un contentino territoriale optional per i leghisti padani.
L´Ulivo, lo si è già capito, resterà, come in casi simili, in «attento ascolto».
Corriere della Sera 21.5.07
Polemiche nei poli per l'apertura ai cattolici del segretario della Quercia
Dico, tensione nell'Unione E Bondi elogia Fassino
di R. Zuc.
ROMA — Una cosa è certa: la scelta di Piero Fassino ha ribaltato la questione dei Dico. Perché dire che a nuove regole per le convivenze si può arrivare anche con il diritto civile, e aprire quindi ai cattolici, continua a provocare un mezzo terremoto sia a destra che a sinistra.
Un esempio per tutti. Sandro Bondi, che in genere non è tenero con i diessini, da due giorni non fa altro che lodare il segretario della Quercia. E questa volta ne approfitta per metterlo contro il ministro degli Esteri e la capogruppo dell'Ulivo al Senato: «Se penso alle posizioni di Massimo D'Alema e Anna Finocchiaro debbo riconoscere che Fassino ha una marcia in più in termini di stile, di sensibilità e di visione dei problemi». Non c'è male per essere il braccio destro di Silvio Berlusconi. Non solo, scatta nel coordinatore di Forza Italia addirittura un'immedesimazione: «Mi sento molto simile a lui per il lavoro massacrante che ho fatto questi anni nel mio partito: un lavoro silenzioso, spesso misconosciuto, eppure appassionato».
Ma l'uscita del segretario ds fa emergere anche i numerosi distinguo esistenti all'interno degli stessi partiti. Rosy Bindi, cofirmataria del testo sui Dico insieme alla diessina Barbara Pollastrini, accusa Fassino di «cedere» alla piazza. E il ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, senza citarla, lancia un appello a lavorare al netto dei personalismi: «Dobbiamo mettere da parte l'"io", le "nostre" leggi, il "nostro" pensiero, per guardare a ciò che occorre alle famiglie. E bene ha fatto Fassino a ribadire che si può ricercare qualunque via per garantire i diritti delle persone». Quindi anche con le modifiche al diritto civile.
Ma un altro esponente della Margherita, che non è andato al Family Day come invece ha fatto Fioroni, ha un'opinione ancora diversa: «Sono d'accordo con Fassino, ma ormai è del tutto evidente che da parte del centrodestra non vi è disponibilità alcuna a sedersi attorno ad un tavolo per risolvere il problema. Meglio quindi mettere da parte i Dico, almeno per il momento, in attesa di tempi migliori».
Ieri, accanto ai Verdi, ai Comunisti italiani e ai socialisti di Enrico Boselli, che continuano ad accusare il segretario della Quercia di «cedimento» ai cattolici, è arrivata però la solidarietà di una parte della Quercia. A parlare in difesa di Fassino sono i cristiano sociali di Mimmo Lucà, la vicecapogruppo alla Camera Marina Sereni e Marco Filippeschi. La responsabile delle donne Ds, Vittoria Franco, apre alla possibilità di «esplorare tutte le vie» per giungere alla tutela dei diritti civili. Ma in generale i dalemiani restano freddi, a partire da Anna Finocchiaro che ribadisce: «La decisione spetta al Parlamento».
Repubblica 21.5.07
Lettino e misfatti
Una fabbrica di favole o disciplina necessaria? Due libri a confronto
Se lo psicoanalista fugge dalla Storia
di Umberto Galimberti
Più interessante valutarne l’impatto nella società, suggerendo agli analisti di aprirsi ad altri studiosi
Arriva in Italia l’attacco mosso alla psicoterapia da un gruppo di intellettuali francesi, ma si tratta di un gioco di potere
Impropria l’accusa di non essere scienza: non ha mai preteso di esserlo
Ha favorito il progresso delle donne e i diritti degli omosessuali
Un giorno una donna si presenta nello studio che il dottor Freud aveva appena aperto a Vienna dopo le sue sfortune accademiche, per esporgli un quadro di sofferenze che lo stesso Freud faticava a trattare. Dopo diversi incontri Freud decise di inviare la paziente al dottor Fliess, famoso otorinolaringoiatra di Berlino che teorizzava una stretta relazione tra il naso e i mali dell´organismo. Questa relazione Freud l´aveva già sperimentata su di sé a proposito di certi suoi spasmi cardiaci superati dopo un trattamento nasale.
La poveretta, che si chiamava Emma Eckstein, fu sottoposta da Fliess a un´operazione al naso che la lasciò sfigurata, anche perché nella cavità nasale era stata dimenticata una benda. Ne seguì un´emorragia che portò la paziente vicino alla morte, ma Freud, amico di Fliess, difese a tal punto l´operato del collega da interpretare quell´emorragia come un sintomo isterico. La paziente, ripresasi, tornerà da Freud per curare la diagnosticata isteria e dopo alcuni anni diventerà essa stessa analista.
Di questi episodi la psicoanalisi alle sue origini, ma forse non solo alle sue origini, ne annovera molti, e probabilmente le cose non possono andare diversamente quando la volontà interpretante prevale sulle vicende della vita e sulla versione che ne dà il senso comune. Ma il sapere non è mai nato dal senso comune perché la pigrizia intellettuale, che è poi il terreno infecondo del senso comune, lascia le cose come sono, senza forzarle a cedere il segreto che custodiscono.
Approfittando di questo e di molti altri casi simili che la storia della psicoanalisi annovera, quaranta studiosi francesi dalle competenze più svariate sferrano un attacco senza precedenti alla psicoanalisi, accusandola di non essere una scienza, ma solo una fabbrica di favole, di non aver alcun effetto terapeutico se non quello generico di un placebo, di non condurre alla conoscenza di sé perché seleziona il materiale clinico all´unico scopo di trovare una conferma alle proprie teorie, di non promuovere alcuna ricerca, ma solo una difesa dei propri interessi economici e di potere.
Quando nel 2005 Il libro nero della psicoanalisi (oggi tradotto in italiano da Fazi Editore, pagg. 690, euro 29,50) uscì in Francia, Massimo Ammaniti intervenne opportunamente su Repubblica per denunciare che un simile attacco era rivolto a quel settanta per cento di psichiatri francesi che, nei loro trattamenti, utilizzavano la psicoanalisi o terapie di derivazione psicoanalitica. Quindi una guerra interna dove anche la cultura finisce stritolata e un po´ malmenata nei giochi di potere, per la gioia di chi diffida della psicoanalisi e, senza volerci entrare, plaude ad attacchi impropri come questo che accusa la psicoanalisi di non rispondere a criteri scientifici quando la psicoanalisi non ha mai preteso di essere una scienza.
La ragione è molto semplice. Il metodo scientifico prevede l´oggettivazione dell´uomo, la sua riduzione a cosa, e pertanto è incompatibile con la psicologia che non può annullare la soggettività e l´individualità dell´umano a cui essa è naturalmente ordinata. Queste cose le ha dette a chiare lettere Dilthey più di un secolo fa, le ha ribadite Jaspers, Husserl e Binswanger che hanno sottratto la psicologia all´ambito delle scienze della natura (Naturwissenschaften) per iscriverla tra le scienze dello spirito (Geisteswissenschaften) oggi denominate «scienze ermeneutiche». Stupisce che i francesi queste cose non le abbiano ancora imparate. Il loro atteggiamento assomiglia a quello di chi volesse affrontare lo studio della storia partendo dalle leggi della fisica o, per essere più comprensibili, di chi pretendesse di giocare a tennis tirando in porta.
Molto più interessante è leggere il libro di Eli Zaretsky, professore di storia presso la New York School University, autore de I misteri dell'anima. Una storia sociale e culturale della psicoanalisi (Feltrinelli pagg 520 euro 45) dove la psicanalisi esce dagli studi degli psicoanalisti per entrare in modo radicale nella società e nella storia della cultura, a cui fornisce gli strumenti teorici e pratici che rafforzano i nuovi valori che la modernità è andata proponendo.
In primo luogo il «principio dell´autonomia» che significa la libertà di decidere da soli cosa è giusto e cosa è sbagliato, anziché seguire un percorso stabilito dai propri natali, dalla consuetudine, dalla condizione economica. Nel tentativo di capire perché tale autonomia fosse così difficile da conseguire la psicoanalisi elaborò i concetti di ambivalenza, di resistenza, di meccanismi di difesa che aiutarono il processo di emancipazione.
Allo stesso modo la psicoanalisi contribuì all´emancipazione femminile e al riconoscimento dei diritti dell´omosessualità, sfatando l´idea ottocentesca di una totale alterità dei generi e ridefinendo il genere come scelta dell´oggetto sessuale, portando in primo piano l´individualità nella sfera dell´amore sessuale e l´aspirazione a una vita personale che non fosse in ogni suo aspetto subordinata ai codici sociali.
Dando espressione alla vita personale e sottolineando la distinzione tra pubblico e privato, la psicoanalisi ha emancipato dall´autorità paterna, centripeta, gerarchica e incatenata alla famiglia, e ha dato un significativo contributo all´interiorizzazione del concetto di "democrazia", lasciando intravedere la possibilità di nuove e più riflessive relazioni con l´autorità, nonché l´ingresso nella sfera pubblica di istanze considerate private come l´esercizio della sessualità, la libertà da vincoli irrevocabili, il diritto dell´individuo di operare scelte a partire dalla propria personale natura, considerata non per come appare, ma per come è vissuta.
Oggi, se un invito si può e forse si deve rivolgere alla psicoanalisi è quello di non abbandonare questo stretto contatto con la società e con la storia e andare ad esempio a indagare se accanto a un «inconscio pulsionale» non si sia formato negli uomini del nostro tempo anche un «inconscio tecnologico» che condiziona l´io risolvendo la sua identità in funzionalità, la sua libertà in competenza tecnica, la sua individuazione in atomizzazione, la sua specificità in omologazione.
E come nella vita impersonale della specie a cui appartiene, nelle vicissitudini del suo corpo che segue il proprio ritmo autonomo, l´io trova se stesso nell´inconscio pulsionale da cui cerca di emanciparsi, così nella vita sociale, in qualità di produttore e di consumatore, l´io incontra se stesso come funzionario dell´apparato tecnico, o addirittura come anello di quella catena che l´inconscio tecnologico sopraggiunto connette con il mondo delle macchine che, siano esse amministrative, burocratiche, industriali, commerciali, esigono l´omologazione dell´individuo.
Ciò significa che l´invidio realizza solo se stesso quanto più attivamente si adopera alla propria "passivazione", che consiste nella sua riduzione a semplice ingranaggio dell´apparato tecnico, a sua espressione, con progressivo decentramento da sé, e trasferimento del suo centro nel sistema tecnico che lo riconosce come sua componente e, riconoscendolo, gli conferisce un´identità appiattita sulla sua funzionalità.
Di questi problemi si sono accorti, prima degli psicoanalisti, i filosofi che proprio per questo hanno ideato la «consulenza filosofica» che gli psicoanalisti guardano con sospetto, invece di instaurare un proficuo dialogo, perché la psiche umana non è qualcosa di immutabile, di cui la psicoanalisi ne avrebbe scoperto una volta per tutte la struttura, ma è qualcosa che cammina con la storia e con la storia si modifica. Non seguire queste modificazioni potrebbe significare, per la psicoanalisi, chiudere definitivamente la sua storia.
La Stampa 21.5.07
Giordano: "Così ci emarginano ma non glielo permetteremo"
Il segretario di Rifondazione: «Ds e Dl pretendono di guidare il governo»
di Riccardo Barenghi
qui
Repubblica 21.5.07
A colloquio con l'architetto alla vigilia della mostra di Milano
Il rapporto tra suoni e spazio
"Così costruisco con la musica”
Da ragazzo mi ero messo in testa di suonare la tromba
di Leonetta Bentivoglio
Musica e architettura. L´arte dell´immateriale, che vive nel tempo, e la più materiale delle arti, che abita lo spazio. Mondi in opposizione che possono svelare un territorio ricco di dialoghi e suggestioni reciproche. E´ una storia che l´inventore di spazi Renzo Piano frequenta e conosce da molti anni: «Ho sempre amato la musica, fin da ragazzo, quando volli mettermi a studiare la tromba in Si bemolle», dice. «Però non ero portato, diciamo pure che sono stonatissimo. Sono cresciuto in una città di cantautori come Genova, con amici come Gino Paoli e Fabrizio De André. Fu Gino a dirmi: lascia perdere, che è meglio». Poi giunse l´incontro con Luciano Berio: «Grazie a lui compresi che avrei potuto riconquistare la mia passione per la musica su un terreno nuovo, il mio: che sarei potuto diventare un buon liutaio».
Soprattutto dagli esiti di quell´intesa nasce Memory, Installazione sonora tra architettura, musica e lavoro, fetta integrante e decisiva de Le città visibili, la mostra sull´opera di Piano che s´apre domani alla Triennale di Milano (fino al 16 settembre). Concepita a partire da un´idea di Fabio Fassone e Talia Pecker Berio, vedova del compositore morto nel 2003, e realizzata da Tempo Reale, il centro di ricerca e studi musicali fondato da Berio, Memory compone un «ritratto musicale» di Piano, che per lui ha voluto dire anche «un lavorare a distanza con Luciano. Ma attenzione, non è un omaggio: lui detestava connotazioni romantiche. Piuttosto è un tornare su percorsi comuni, un riguardare cose sulle quali abbiamo tanto discusso e sperimentato. Se si parla della dimensione musicale del mio lavoro, si parla inevitabilmente della mia memoria. Anzi, della mia memoria stonata, come avrebbe detto impietoso Luciano».
Nelle aree della mostra, spiega, scorre una sorta di tappeto sonoro, inclusivo di varie «partiture» che caratterizzano musicalmente gli spazi: «Ci sono i suoni del mio passato: le canzoni di Paoli, la musica di Boulez, insieme al quale ho lavorato molto negli anni ´70 all´Ircam, l´istituto per la ricerca sui suoni fondata a Parigi come sezione musicale del Centre Pompidou, e ancora la musica di Nono, col quale feci l´opera Prometeo, occupandomi dello spazio scenico; vi s´intrecciano i trallallero genovesi, le urla dei camalli, cioè gli scaricatori di porto, le sirene delle navi e anche la tromba in Si bemolle: ovviamente stonata». C´è poi la partitura di Stanze, l´ultima scritta da Berio, dedicata a Piano, la cui esecuzione, in una sala, è proposta a ciclo continuo: «Me la regalò poco prima di morire. Immaginava il pezzo come le stanze di un palazzo, luoghi sonori da attraversare. Quest´idea è alla base dell´intera installazione, dove si passa da una zona all´altra come lungo una sequenza. Entri, senti un brusio, t´introduci in un fascio sonoro e senti una sirena, vai altrove e c´è il rumore del mare. Fantasmi che sono suoni, come le anime perse del film di Wenders Il cielo sopra Berlino». C´è poi la «partitura» che riguarda il tema "Musica e Lavoro" , punto di partenza per un laboratorio progettato anni fa per il Lingotto, che qui assume la forma di una "colla" costituita da rumori del cantiere, martelli pneumatici, frastuono di utensili, le sonorità prodotte da falegnami e liutai... «Ricordo i primi esperimenti di Berio all´Ircam, con Boulez e altri pazzi come loro», racconta Piano. «Si divertivano a creare un suono apparentemente sciocco, come il gorgoglio dell´acqua, per poi spezzarlo, rianalizzarlo, smontarlo...».
Cos´ha in comune questo col suo pluriennale lavoro sugli spazi? «Molto. Riflette i caratteri di una cultura sperimentale, che è poi la nostra italiana del dopoguerra, e che in me diventa esplorazione delle tecnologie per costruire. Inseguendo la leggerezza, mi sono divertito a togliere finché potevo, finché le cose non mi cadevano in mano. Quest´ossessione d´indagare strutture spaziali e tecniche di alleggerimento è connessa strettamente con gli anni dell´Ircam, quando Peppino Di Giugno faceva i suoi primi esperimenti coi sintetizzatori, e John Cage arrivava dagli Stati Uniti recando il suo soffio di follia. C´era una specie di voracità insaziabile. La ricerca è come la fame, ci ripeteva Boulez: mangi, ti passa, poi torna a consumarti lo stomaco. Faccio parte di una generazione cresciuta nell´ansia dell´attraversamento di campi diversi e nel rifiuto di frontiere tra discipline. Tutti i rapporti temporali in musica, diceva Berio, possono divenire allegorie dei rapporti strutturali e delle durate lineari in architettura».
Oggi Piano continua a costruire spazi per la musica: «Ne ho fatti sette o otto, tra cui la sala del Lingotto, l´auditorio di Parma e quello di Roma. Ce ne saranno altri. L´atteggiamento legato alla specificità dei materiali, del loro comportamento, delle loro frequenze, mi deriva da anni di lavoro incessante sulla dimensione musicale. I miei spazi per concerti stanno ai materiali con cui sono costruiti come le musiche di Boulez, Berio e Nono stanno alla ricerca sul suono».