lunedì 21 maggio 2007

l’Unità 21.5.07
Santoro: aspetto l’ok per il video Bbc sui preti pedofili
Deciderà Cappon. Landolfi: faccia il martire, ma la Rai non compri. Curzi: ma la Bbc non era un modello televisivo?


Il giornalista: non ho avuto finora alcuna comunicazione, mi aspetto che tutto sia a posto

Giulietti: non spetta alla Vigilanza né ai partiti esprimere censure preventive. Decida la Rai

IL CASO BBC. Tornando oggi in Rai dopo aver inaugurato la sede di Nairobi, il Dg Cappon troverà sul suo tavolo la «grana» Bbc, il filmato che Santoro vorrebbe acquistare dalla televisione britannica per trasmetterlo su «Annozero».
Per ora, tutto tace. «Non ho avuto alcuna notizia ufficiale in senso contrario, per cui, essendo ogni cosa a posto dal punto di vista dell’iter burocratico aziendale, mi aspetto che domattina vada tutto a posto» dice Michele Santoro, e ricorda di non aver «bisogno di autorizzazioni particolari» - essendo direttore ad personam - per comprare l’inchiesta della Bbc Sex crimes and Vatican per costruirci attorno una puntata di Annozero. L’inchiesta Bbc riguarda i casi di pedofilia che coinvolgono alcuni ecclesiastici negli Usa, in Irlanda e in Brasile e sostiene che la Chiesa Cattolica, e in particolare l’ex cardinal Ratzinger, oggi Papa, abbiano avallato la copertura dello scandalo.
Uno scandalo, però, ormai pubblico. Tant’è che l’Avvenire, il quotidiano della Cei, ha criticato duramente quell’inchiesta quando la Bbc la mise in onda, un anno fa, e due giorni fa, per impedirne la diffusione, l’abbia definita «infame spazzatura via internet». Infatti è cliccabile su YouTube. Dunque più che pubblica.
Santoro va avanti. «Se dovesse emergere qualcosa in contrario vedremo, ma io non ho avuto alcuna comunicazione», aggiunge il giornalista, ribadendo che «gli ok di prammatica per questo tipo di acquisto ci sono tutti e, dal mio punto di vista, non c’è nulla che possa impedirlo». Vero, eppure la procedura sembra inceppata, e l’affondo dell’Avvenire potrebbe non essere estraneo. Quel che manca è il nulla osta all’acquisto: spetterebbe al direttore del Tg3 Di Bella, la cui vigilanza è però limitata alla par condicio; il direttore del Tg2 Massa ha rifiutato qualsiasi vigilanza..
Toccherà dunque a Cappon, alla vigilia dell’assemblea dei soci che dovrebbe revocare il consigliere Petroni, sciogliere il nodo. «Siamo un paese strano: si loda sempre la Bbc facendone un esempio per la Rai e poi, appena si dice che Santoro vorrebbe usare questa loro inchiesta, le polemiche scoppiano in anticipo», fa notare Sandro Curzi, nel Cda Rai per i Verdi-Rifondazione, per il quale a contare «è solo la serietà giornalistica e qualità dell’inchiesta». Mentre Marco Staderini, Udc, sostiene: «Mi batterò per impedirne a tutti i costi la messa in onda» e «In questo momento storico-politico simili servizi sono una scelta sbagliata». E se il presidente della commissione di vigilanza Landolfi ammonisce: si lasci la palma del martirio a Santoro ma si eviti «di trasformare la Rai in un plotone d’esecuzione pronto a far fuoco sulla Chiesa e sul Papa, con una lacunosa se non calunniosa ricostruzione dei fatti», Giulietti di Articolo 21 attacca: non spetta alla vigilanza né ai partiti chiedere una censura preventiva. In Rai ci sono responsabili editoriali, a loro spetta valutare e decidere.

Corriere della Sera 21.5.07
Il programma Rai
Santoro e il video sui preti pedofili «Non ho bisogno di autorizzazioni»
di Mariolina Iossa


ROMA — Michele Santoro non sta aspettando alcuna autorizzazione, non ne ha bisogno, spiega, e nessuno per adesso gli ha chiesto di fermarsi. L'inchiesta della Bbc sui casi di pedofilia che coinvolgono preti cattolici americani, irlandesi, brasiliani e che, si sostiene nel filmato, sono stati coperti dal Vaticano e in particolare dall'allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, sarà comprato per 20 mila euro e trasmesso ad AnnoZero. «Non ho avuto alcuna notizia ufficiale in senso contrario — ha detto ieri Santoro — per cui, essendo ogni cosa a posto dal punto di vista dell'iter burocratico aziendale, mi aspetto che non ci siano impedimenti». Appena appresa la notizia, tuttavia, Avvenire ha reagito parlando di «infame calunnia» e di «spazzatura» e il presidente della commissione di vigilanza Rai, Landolfi (An), ha chiesto ufficialmente al dg Cappon di «fermare Santoro». «Gli lasci pure la palma del martirio — ha continuato ironico Landolfi — ma eviti di trasformare il servizio pubblico in un plotone mediatico di esecuzione pronto a fare fuoco sulla Chiesa e sul Papa, per di più in nome di una lacunosa se non addirittura calunniosa ricostruzione dei fatti».
Sex Crimes and Vatican, questo il titolo dell'inchiesta della Bbc, è vecchia di un anno, e si può comunque vedere su Internet, collegandosi ad un sito siciliano di amici di Beppe Grillo. Per acquistarla, dice Santoro «non ho bisogno di autorizzazioni particolari», il direttore del tg2 Mazza se n'è lavato le mani, quello del tg3 Di Bella ha dato l'ok, ma a lui spetta vigilare su AnnoZero solo riguardo alla par-condicio in tempi di campagna elettorale. Per il resto, Santoro risponde direttamente a Cappon. Il quale non farà in tempo a metter piede a Fiumicino oggi (è stato a Nairobi per l'inaugurazione di una sede Rai), che gli piomberà addosso il problema. Alla richiesta di Landolfi, infatti, già reagisce la sinistra, Russo Spena e Migliore, capigruppo al Senato e alla Camera del Prc accusano: «Grave la richiesta di censura preventiva, non spetta alla commissione. Il documentario è stato trasmesso in Gran Bretagna nel 2006. Se dovessimo accettare imposizioni da parte delle gerarchie ecclesiastiche su questo terreno sarebbe davvero un fatto gravissimo». Anche Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21, è fortemente critico: «La Bbc è un modello di giornalismo rigoroso, non spetta a Landolfi chiedere censure preventive».

Repubblica 21.5.07
La richiesta del presidente della commissione Vigilanza. Il conduttore di "Annozero" vuol trasmettere l'inchiesta che fa infuriare il Vaticano
"La Rai blocchi il video sui preti pedofili"
Landolfi attacca Santoro. Il filmato Bbc sul tavolo del direttore generale
di Silvia Fumarola


ROMA - La Rai è divisa, ma Mario Landolfi, presidente della commissione di Vigilanza, non ha dubbi: bloccare l´inchiesta della Bbc sui preti pedofili. «Apprendo che, su richiesta di Michele Santoro» scrive Landolfi «la direzione generale della Rai si accingerebbe a esaminare la proposta di acquisto di "Sex crimes and the Vatican", una vecchia inchiesta sul coinvolgimento di sacerdoti in vicende di pedofilia in cui viene chiamato in causa anche l´allora cardinale Ratzinger, presentato come colui che avrebbe coperto i responsabili di tali nefandezze. Un´evidente ragione di opportunità dovrebbe consigliare a Cappon di non aderire alla richiesta del conduttore di "Annozero". Lasci pure a Santoro la palma del martirio, ma eviti di trasformare il servizio pubblico in un plotone mediatico di esecuzione pronto a fare fuoco sulla Chiesa e sul Papa».
Un invito alla censura che scatena dure reazioni, mentre il caso Bbc finirà oggi sulla scrivania del direttore generale della Rai Claudio Cappon. La polemica sull´inchiesta (in rete su Google) che denuncia gli abusi sessuali subiti dai minori da parte dei sacerdoti in Irlanda, Stati Uniti e Brasile, crea imbarazzo. Sono giorni delicati a Viale Mazzini, col Cda in bilico, uno scontro col Vaticano fa paura.
Avvenire ha bollato il documentario, già trasmesso sulla Bbc nel 2006, come «infame calunnia via Internet». Santoro, il filmato andrà in onda giovedì? «Non ho avuto alcuna notizia ufficiale in senso contrario, per cui, essendo a posto dal punto di vista dell´iter burocratico aziendale, mi aspetto che tutto si risolva» dice il giornalista. «Se dovesse emergere qualcosa in contrario, vedremo. Gli ok di prammatica per questo tipo di acquisto ci sono tutti e, dal mio punto di vista, non c´è nulla che possa impedirlo». Ma la richiesta è ancora senza firma: dalla scrivania del direttore di RaiDue Antonio Marano è finita sul tavolo di Lorenza Lei, responsabile delle Risorse televisive. Santoro è direttore (ad personam), responsabile editoriale di "Annozero", potrebbe quindi procedere all´acquisto (sui 20mila euro) autonomamente. Antonio Di Bella, direttore del Tg3, sovrintende sulla trasmissione di RaiDue solo per la par condicio: il suo nulla osta è legato agli equilibri politici, non ai contenuti della puntata. La valutazione editoriale spetta solo al direttore generale: Cappon deve ancora pronunciarsi e già viene tirato per la giacchetta.
Giovanni Russo Spena e Gennaro Migliore, componenti (Prc) della Commissione di Vigilanza, denunciano Landolfi. «Riteniamo inaccettabile l´esortazione a Cappon, è un invito alla censura preventiva. Se dovessimo accettare imposizioni dalle gerarchie ecclesiastiche sarebbe gravissimo». Concorda Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21: «Non spetta né a Landolfi e neanche ai singoli partiti chiedere qualsiasi forma di censura preventiva. Non esistono argomenti che non si possono trattare». Giorgio Lainati, capogruppo di Forza Italia nella Commissione, attacca: «La sinistra comunista ha da tempo scatenato nei programmi dei suoi fiancheggiatori in Rai un´offensiva anticlericale. Evidentemente l´enorme successo del Family day ha scatenato la sete di vendetta». «Non vorrei che attorno a una trasmissione di Santoro ripartisse un tormentone» osserva Giorgio Merlo, vice presidente della Vigilanza Rai. «Nel servizio pubblico non è prevista la censura preventiva ma neanche la continua delegittimazione».

Repubblica 21.5.07
Per il Papa a rischio soprattutto i minori
Ratzinger sulla tv "Troppo sesso e scene violente"
di Orazio La Rocca


CITTÀ DEL VATICANO - Nuovo severo richiamo di papa Ratzinger per quei programmi televisivi che «inculcano violenza e comportamenti antisociali o volgarizzano la sessualità umana». Programmi bollati da Benedetto XVI come «inaccettabili», «diseducativi» e «pericolosi», specialmente se «proposto ai minori ed ai ragazzi di qualsiasi età».
L´altolà antitelevisivo arriva durante la domenicale preghiera dell´Angelus recitata, ieri, in piazza San Pietro, alla presenza di circa 20 mila pellegrini, tra i quali anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e l´arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani che da oggi fino a venerdì prossimo presiederà in Vaticano l´assemblea generale della Cei. L´invettiva papale prende lo spunto dalla quarantunesima Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali - dedicata a «I bambini e i mezzi di comunicazione: una sfida per l´educazione» - celebrata ieri dalla Chiesa cattolica. Ratzinger si rivolge, tra l´altro, ai «responsabili dell´industria dei media e agli operatori della comunicazione sociale, affinché salvaguardino il bene comune, rispettino la verità e proteggano la dignità della persona e della famiglia». Il Pontefice chiede, inoltre, «un´adeguata formazione all´uso corretto dei media» invitando «genitori, insegnanti e comunità ecclesiale a collaborare per educare i bambini, e i ragazzi ad essere selettivi e a maturare un atteggiamento critico, coltivando il gusto per ciò che è esteticamente e moralmente valido». «Anche i mass media - secondo il Pontefice - devono recare il loro contributo a questo impegno educativo, promuovendo la dignità della persona umana, il matrimonio e la famiglia, le conquiste e i traguardi della civiltà».
Richiami ed esortazioni che Benedetto XVI aveva anticipato nel messaggio pubblicato lo scorso mese di gennaio in vista della celebrazione di ieri, fatti propri - subito dopo l´Angelus - da Luca Borgomeo, presidente dell´associazione di telespettatori di matrice cattolica, Aiart, che ha detto «siamo con il Papa quando afferma che i mass media devono difendere la famiglia e il matrimonio». «Troppo spesso - lamenta Borgomeo - non ci si accorge, o non si mette sufficientemente in luce, che giornali, tv e radio contribuiscono a disgregare la famiglia, cellula fondante della nostra società, dando soprattutto ai giovani modelli sbagliati, che delegittimano l´unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio».

l’Unità Lettere 21.5.07
Perché non ricordate il pensiero di Gramsci sul tema Stato-Chiesa?

Cara Unità,
ricorrono 70 anni dalla morte di Antonio Gramsci. Quale modo migliore di onorare la memoria del fondatore del l’Unità che ricordare il suo pensiero integralmente laico sul problema dei rapporti Stato-Chiesa? Molti sanno che nel ’47, in sede di Assemblea Costituente, il Pci di cui era segretario Palmiro Togliatti, votò per l’inserimento del Concordato nella Costituzione Italiana. Quasi del tutto ignorata risulta invece la posizione anticoncordataria («Il concordato è il riconoscimento di una doppia sovranità su uno stesso territorio statale... ») espressa dal fondatore del Pci nei suoi “Quaderni dal carcere”, all’indomani della firma dei Patti Lateranensi. Nel ’47, in un Paese lacerato dalla guerra civile, forse aveva un senso sacrificare sull’altare della pace religiosa il principio della laicità dello Stato. Ma oggi a chi serve e a cosa serve il Concordato? Sarebbe interessante aprire un dibattito sulla questione.
Maria Fausta Adriani, Roma

Repubblica 21.5.07
Oggi in Vaticano prima assemblea generale dei vescovi guidata dal nuovo presidente. Le "truppe" e gli obiettivi della Chiesa
Cei, ecco il manifesto di Bagnasco
"Alleanza con i Teocon per la riconquista cristiana dell'Italia"
Dopo il Family Day Pezzotta potrebbe guidare un movimento
di Marco Politi


ROMA - Monsignor Angelo Bagnasco si presenta oggi con la sua relazione all´assemblea plenaria dell´episcopato. C´è un´atmosfera nuova. La Cei si sta muovendo secondo uno schema a tre punte. C´è il Pastore, il Politico, l´Eminenza grigia. Bagnasco ha il compito di forgiare il programma pastorale della Cei. In questa sessione presenterà una «Nota pastorale» per indicare il cammino della Chiesa italiana dopo il grande convegno di Verona dell´autunno scorso, seguendo le indicazioni di papa Ratzinger. Al primo posto sta la missione di evangelizzare la società, tenendo conto - come ha raccomandato Benedetto XVI - delle convergenze con le forze laiche, che proclamano la difesa dei valori cristiani dell´Occidente: i teocon di Marcello Pera, per capirsi, e gli ambienti che gravitano intorno al Foglio di Giuliano Ferrara (mobilitatosi entusiasticamente per il Family Day).
Con Bagnasco a Genova è cresciuto il ruolo del segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori. Il suo discorso, a Gubbio, ha avuto accenti squisitamente politici. Betori ha spiegato che c´è una «battaglia» in corso e che la Chiesa intende vincerla: embrioni, aborto ed eutanasia sono le questioni su cui la Conferenza episcopale agirà con determinazione in futuro. E si tratta di cose molto concrete. Impedire l´uso della pillola abortiva negli ospedali, bloccare l´impiego della pillola del giorno dopo, vietare qualsiasi sperimentazione sulle cellule staminali embrionali, negare l´autodeterminazione al malato per quanto riguarda il testamento biologico. In proposito la linea della Cei è che deve decidere una commissione, scavalcando la volontà individuale del paziente.
Inedito è il ruolo che il cardinale Ruini continua a svolgere dietro le quinte come interprete della linea papale. Prima del Family Day il cardinal vicario ha contattato il direttore generale della Rai per suggerirgli come trattare l´avvenimento. All´arrivo di Benedetto XVI dal Brasile ha incontrato il ministro Bindi a Ciampino, invitandola ad essere «saggia». Insomma Ruini, ben lontano dall´avere abbandonato il campo della politica, agisce come da suggeritore sullo sfondo.
Il 12 maggio ha rafforzato l´ala interventista della Cei e la sua volontà di determinare la legislazione nel campo cosiddetto «etico», sbarrando il passo a qualsiasi proposta non gradita alla gerarchia ecclesiastica. La mossa del leader Ds Fassino, disposto a discutere di una modifica del codice civile per tutelare i diritti dei conviventi, ha dato ragione a chi al vertice della Chiesa ha sempre propugnato la tesi che l´Ulivo su questi temi può muoversi solo all´interno del perimetro stabilito dall´istituzione ecclesiastica. La Cei aveva indicato che l´unica soluzione doveva essere trovato nell´ambito del codice civile e così deve essere, senza alcun tipo di mediazione. Ciò che la Chiesa intende assolutamente impedire è di dare dignità al «sodalizio» creato dalla coppia di conviventi.
In Parlamento la Cei e il Vaticano hanno ormai una sponda più che solida nell´Udc di Casini, nell´Udeur di Mastella (gratificato, nel vivo del braccio di ferro sulle unioni civili, da una telefonata personale di Benedetto XVI) e nella pattuglia dei teodem dell´Ulivo, che non hanno mai nascosto il desiderio di buttare a mare i Dico. Sotto tiro, da parte ecclesiastica, sono i cattolici democratici nella Margherita.
La novità più rilevante è il progetto di mantenere in vita il «movimento» del Family Day come mezzo di pressione sul governo e sui partiti. Poco importa che i manifestanti del 12 maggio rappresentino soltanto una parte delle tendenze presenti nel mondo cattolico. Savino Pezzotta ne sta facendo una sorta di «sindacato» informale del cattolicesimo, orientato dall´episcopato.
«La piazza di San Giovanni non smobiliterà - ha dichiarato subito dopo la manifestazione - e i cattolici saranno in campo ogni volta che saranno in gioco i valori della vita, della dignità e della libertà della persona». C´è un valore «politico» della piazza, fa sapere, che i politici devono ascoltare. Parole molto generiche, ma lasciano intravedere un movimento a struttura leggera che Pezzotta potrebbe guidare, benchè abbia dichiarato dopo la manifestazione la fine del suo compito di portavoce del Family Day.
Nel corso dell´assemblea della Cei verrà eletto uno dei vicepresidenti. Sarà interessante per cogliere il vento che spira nell´episcopato.

Repubblica 21.5.07
I “Pof” di Fioroni ispirati dal Papa
Dal pedagogismo del ministro dovrebbe uscire una scuola rispondente ai dettami di Benedetto XVI
di Mario Pirani


È singolare che, mentre sulla contrapposizione tra famiglia regolare e Dico il dibattito dilaghi nelle piazze e sui mass-media, su altre questioni, altresì di profilo ideale e, magari, di natura più generale, il disinteresse regni sovrano. Eppure anche su queste si scontrano visioni opposte. Nell´ignoranza e nel silenzio dei più, anche se – tra genitori, alunni e insegnanti – concernono milioni di italiani.
È, infatti, alla scuola che sto alludendo. Ne ho parlato la settimana scorsa ("La carica dei 500 in nome della Falcucci", Repubblica del 14 us) indicando quale iattura rappresenti il ribadito abbandono dei programmi nazionali di studio per sostituirli con «programmi personalizzati», decisi scuola per scuola. Non ci si ferma qui. Come denuncia, anche in questo caso, il benemerito Gruppo dei 500 (insegnanti e genitori) di Torino (e-mail: manifestodeicinquecento email.it), la commissione ministerial-padagogista, insediata dal ministro Fioroni, ha pubblicato altri documenti ufficiali su «Il curricolo nella scuola dell´Autonomia» la cui lettura accresce le preoccupazioni a proposito dell´abbassamento culturale e dello smembramento del sistema scolastico.
Nell´ultimo documento del ministero della PI si legge, infatti: «Con il riconoscimento dell´autonomia alle istituzioni scolastiche il posto che era dei Programmi nazionali viene preso dal Pof (Piano offerta formativa) che è il documento fondamentale costitutivo dell´identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche».
Tanto per chiarirlo ai lettori che ne siano ignari, il Pof è una specie di manifesto che reclamizza le qualità, le caratteristiche, gli accattivanti progetti della singola "azienda scolastica", al fine di ottenere più iscritti e maggiori possibilità di sponsorizzazioni territoriali, visto il taglio dei bilanci pubblici. Se le parole hanno un peso, adombrare una identità culturale à la carte, con programmi diversi da scuola a scuola, adombra qualcosa di molto grave. Ricordo che nemmeno la Repubblica italiana si fonda su una "identità culturale", mentre la Costituzione precisa solo l´impegno alla promozione della cultura (articolo 9), e ne garantisce la libertà, così come la libertà di insegnamento (articolo 33), di cui è titolare ogni singolo docente. Lo Stato non è, dunque, indifferente nei confronti della cultura ma non si identifica in nessuna cultura. La differenza non è di lana caprina. Si ricorderà come attorno alla reiterata richiesta papale per introdurre nella Costituzione europea il principio di "identità cristiana" si sviluppò una fortissima resistenza in quasi tutti i Paesi, tanto che la formulazione venne respinta.
Nel contempo la crociata identitaria si sviluppò in parallelo con l´obbiettivo, tanto caro ai teo-con e ai teo-dem, di debellare in ogni settore il deprecato "relativismo culturale", baluardo del pensiero laico. La scuola è terreno privilegiato di conquista ed ecco che l´"identità" rispunta dal basso, contando sul fatto che, dissolti i dettami su scala nazionale, l´alleanza cattolica destra-centro-sinistra, col supporto di parroci e vescovi, secondo lo schema del Family Day, riesca a permearne i Pof. Del resto è nelle scuole private, le cattoliche in primis ma anche in quelle ebraiche (e presto nelle musulmane), che le «identità» culturali e ideali vengono esplicitamente definite a priori, selezionando su questa base insegnanti e allievi. Scegliendole le famiglie agiscono di conseguenza.
Resta (o restava?) l´ampio baluardo di una scuola pubblica, neutrale e relativista per principio costituzionale, in cui la dialettica delle eventuali diverse identità promana dalla libertà dei singoli, siano essi insegnanti o alunni, e si arricchisce o muta nel confronto reciproco. Ma lo smottamento in atto dei principi della scuola non si ferma qui e lascia intuire le linee di un disegno coerente. Ad esempio laddove si indica l´obbligo di ascoltare «le culture locali e le specifiche esigenze delle famiglie e del territorio». Cosa significa questo per le singole scuole, si chiede il Gruppo dei 500? «I consigli di istituto metteranno ai voti l´identità culturale della scuola? Vincerà chi saprà imporsi e ottenere più voti? E quale fine sarà riservata alle identità perdenti? Si rifaranno alla prossima occasione?». Lo spazio non mi consente di soffermarmi su altri punti, altrettanto gravi, del pedagogismo alla Fioroni, del resto perfettamente coerente con i suoi predecessori. Ne dovrebbe uscire una scuola rispondente ai dettami di Benedetto XVI, con un contentino territoriale optional per i leghisti padani.
L´Ulivo, lo si è già capito, resterà, come in casi simili, in «attento ascolto».

Corriere della Sera 21.5.07
Polemiche nei poli per l'apertura ai cattolici del segretario della Quercia
Dico, tensione nell'Unione E Bondi elogia Fassino
di R. Zuc.


ROMA — Una cosa è certa: la scelta di Piero Fassino ha ribaltato la questione dei Dico. Perché dire che a nuove regole per le convivenze si può arrivare anche con il diritto civile, e aprire quindi ai cattolici, continua a provocare un mezzo terremoto sia a destra che a sinistra.
Un esempio per tutti. Sandro Bondi, che in genere non è tenero con i diessini, da due giorni non fa altro che lodare il segretario della Quercia. E questa volta ne approfitta per metterlo contro il ministro degli Esteri e la capogruppo dell'Ulivo al Senato: «Se penso alle posizioni di Massimo D'Alema e Anna Finocchiaro debbo riconoscere che Fassino ha una marcia in più in termini di stile, di sensibilità e di visione dei problemi». Non c'è male per essere il braccio destro di Silvio Berlusconi. Non solo, scatta nel coordinatore di Forza Italia addirittura un'immedesimazione: «Mi sento molto simile a lui per il lavoro massacrante che ho fatto questi anni nel mio partito: un lavoro silenzioso, spesso misconosciuto, eppure appassionato».
Ma l'uscita del segretario ds fa emergere anche i numerosi distinguo esistenti all'interno degli stessi partiti. Rosy Bindi, cofirmataria del testo sui Dico insieme alla diessina Barbara Pollastrini, accusa Fassino di «cedere» alla piazza. E il ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, senza citarla, lancia un appello a lavorare al netto dei personalismi: «Dobbiamo mettere da parte l'"io", le "nostre" leggi, il "nostro" pensiero, per guardare a ciò che occorre alle famiglie. E bene ha fatto Fassino a ribadire che si può ricercare qualunque via per garantire i diritti delle persone». Quindi anche con le modifiche al diritto civile.
Ma un altro esponente della Margherita, che non è andato al Family Day come invece ha fatto Fioroni, ha un'opinione ancora diversa: «Sono d'accordo con Fassino, ma ormai è del tutto evidente che da parte del centrodestra non vi è disponibilità alcuna a sedersi attorno ad un tavolo per risolvere il problema. Meglio quindi mettere da parte i Dico, almeno per il momento, in attesa di tempi migliori».
Ieri, accanto ai Verdi, ai Comunisti italiani e ai socialisti di Enrico Boselli, che continuano ad accusare il segretario della Quercia di «cedimento» ai cattolici, è arrivata però la solidarietà di una parte della Quercia. A parlare in difesa di Fassino sono i cristiano sociali di Mimmo Lucà, la vicecapogruppo alla Camera Marina Sereni e Marco Filippeschi. La responsabile delle donne Ds, Vittoria Franco, apre alla possibilità di «esplorare tutte le vie» per giungere alla tutela dei diritti civili. Ma in generale i dalemiani restano freddi, a partire da Anna Finocchiaro che ribadisce: «La decisione spetta al Parlamento».

Repubblica 21.5.07
Lettino e misfatti
Una fabbrica di favole o disciplina necessaria? Due libri a confronto
Se lo psicoanalista fugge dalla Storia
di Umberto Galimberti


Più interessante valutarne l’impatto nella società, suggerendo agli analisti di aprirsi ad altri studiosi
Arriva in Italia l’attacco mosso alla psicoterapia da un gruppo di intellettuali francesi, ma si tratta di un gioco di potere
Impropria l’accusa di non essere scienza: non ha mai preteso di esserlo
Ha favorito il progresso delle donne e i diritti degli omosessuali

Un giorno una donna si presenta nello studio che il dottor Freud aveva appena aperto a Vienna dopo le sue sfortune accademiche, per esporgli un quadro di sofferenze che lo stesso Freud faticava a trattare. Dopo diversi incontri Freud decise di inviare la paziente al dottor Fliess, famoso otorinolaringoiatra di Berlino che teorizzava una stretta relazione tra il naso e i mali dell´organismo. Questa relazione Freud l´aveva già sperimentata su di sé a proposito di certi suoi spasmi cardiaci superati dopo un trattamento nasale.
La poveretta, che si chiamava Emma Eckstein, fu sottoposta da Fliess a un´operazione al naso che la lasciò sfigurata, anche perché nella cavità nasale era stata dimenticata una benda. Ne seguì un´emorragia che portò la paziente vicino alla morte, ma Freud, amico di Fliess, difese a tal punto l´operato del collega da interpretare quell´emorragia come un sintomo isterico. La paziente, ripresasi, tornerà da Freud per curare la diagnosticata isteria e dopo alcuni anni diventerà essa stessa analista.
Di questi episodi la psicoanalisi alle sue origini, ma forse non solo alle sue origini, ne annovera molti, e probabilmente le cose non possono andare diversamente quando la volontà interpretante prevale sulle vicende della vita e sulla versione che ne dà il senso comune. Ma il sapere non è mai nato dal senso comune perché la pigrizia intellettuale, che è poi il terreno infecondo del senso comune, lascia le cose come sono, senza forzarle a cedere il segreto che custodiscono.
Approfittando di questo e di molti altri casi simili che la storia della psicoanalisi annovera, quaranta studiosi francesi dalle competenze più svariate sferrano un attacco senza precedenti alla psicoanalisi, accusandola di non essere una scienza, ma solo una fabbrica di favole, di non aver alcun effetto terapeutico se non quello generico di un placebo, di non condurre alla conoscenza di sé perché seleziona il materiale clinico all´unico scopo di trovare una conferma alle proprie teorie, di non promuovere alcuna ricerca, ma solo una difesa dei propri interessi economici e di potere.
Quando nel 2005 Il libro nero della psicoanalisi (oggi tradotto in italiano da Fazi Editore, pagg. 690, euro 29,50) uscì in Francia, Massimo Ammaniti intervenne opportunamente su Repubblica per denunciare che un simile attacco era rivolto a quel settanta per cento di psichiatri francesi che, nei loro trattamenti, utilizzavano la psicoanalisi o terapie di derivazione psicoanalitica. Quindi una guerra interna dove anche la cultura finisce stritolata e un po´ malmenata nei giochi di potere, per la gioia di chi diffida della psicoanalisi e, senza volerci entrare, plaude ad attacchi impropri come questo che accusa la psicoanalisi di non rispondere a criteri scientifici quando la psicoanalisi non ha mai preteso di essere una scienza.
La ragione è molto semplice. Il metodo scientifico prevede l´oggettivazione dell´uomo, la sua riduzione a cosa, e pertanto è incompatibile con la psicologia che non può annullare la soggettività e l´individualità dell´umano a cui essa è naturalmente ordinata. Queste cose le ha dette a chiare lettere Dilthey più di un secolo fa, le ha ribadite Jaspers, Husserl e Binswanger che hanno sottratto la psicologia all´ambito delle scienze della natura (Naturwissenschaften) per iscriverla tra le scienze dello spirito (Geisteswissenschaften) oggi denominate «scienze ermeneutiche». Stupisce che i francesi queste cose non le abbiano ancora imparate. Il loro atteggiamento assomiglia a quello di chi volesse affrontare lo studio della storia partendo dalle leggi della fisica o, per essere più comprensibili, di chi pretendesse di giocare a tennis tirando in porta.
Molto più interessante è leggere il libro di Eli Zaretsky, professore di storia presso la New York School University, autore de I misteri dell'anima. Una storia sociale e culturale della psicoanalisi (Feltrinelli pagg 520 euro 45) dove la psicanalisi esce dagli studi degli psicoanalisti per entrare in modo radicale nella società e nella storia della cultura, a cui fornisce gli strumenti teorici e pratici che rafforzano i nuovi valori che la modernità è andata proponendo.
In primo luogo il «principio dell´autonomia» che significa la libertà di decidere da soli cosa è giusto e cosa è sbagliato, anziché seguire un percorso stabilito dai propri natali, dalla consuetudine, dalla condizione economica. Nel tentativo di capire perché tale autonomia fosse così difficile da conseguire la psicoanalisi elaborò i concetti di ambivalenza, di resistenza, di meccanismi di difesa che aiutarono il processo di emancipazione.
Allo stesso modo la psicoanalisi contribuì all´emancipazione femminile e al riconoscimento dei diritti dell´omosessualità, sfatando l´idea ottocentesca di una totale alterità dei generi e ridefinendo il genere come scelta dell´oggetto sessuale, portando in primo piano l´individualità nella sfera dell´amore sessuale e l´aspirazione a una vita personale che non fosse in ogni suo aspetto subordinata ai codici sociali.
Dando espressione alla vita personale e sottolineando la distinzione tra pubblico e privato, la psicoanalisi ha emancipato dall´autorità paterna, centripeta, gerarchica e incatenata alla famiglia, e ha dato un significativo contributo all´interiorizzazione del concetto di "democrazia", lasciando intravedere la possibilità di nuove e più riflessive relazioni con l´autorità, nonché l´ingresso nella sfera pubblica di istanze considerate private come l´esercizio della sessualità, la libertà da vincoli irrevocabili, il diritto dell´individuo di operare scelte a partire dalla propria personale natura, considerata non per come appare, ma per come è vissuta.
Oggi, se un invito si può e forse si deve rivolgere alla psicoanalisi è quello di non abbandonare questo stretto contatto con la società e con la storia e andare ad esempio a indagare se accanto a un «inconscio pulsionale» non si sia formato negli uomini del nostro tempo anche un «inconscio tecnologico» che condiziona l´io risolvendo la sua identità in funzionalità, la sua libertà in competenza tecnica, la sua individuazione in atomizzazione, la sua specificità in omologazione.
E come nella vita impersonale della specie a cui appartiene, nelle vicissitudini del suo corpo che segue il proprio ritmo autonomo, l´io trova se stesso nell´inconscio pulsionale da cui cerca di emanciparsi, così nella vita sociale, in qualità di produttore e di consumatore, l´io incontra se stesso come funzionario dell´apparato tecnico, o addirittura come anello di quella catena che l´inconscio tecnologico sopraggiunto connette con il mondo delle macchine che, siano esse amministrative, burocratiche, industriali, commerciali, esigono l´omologazione dell´individuo.
Ciò significa che l´invidio realizza solo se stesso quanto più attivamente si adopera alla propria "passivazione", che consiste nella sua riduzione a semplice ingranaggio dell´apparato tecnico, a sua espressione, con progressivo decentramento da sé, e trasferimento del suo centro nel sistema tecnico che lo riconosce come sua componente e, riconoscendolo, gli conferisce un´identità appiattita sulla sua funzionalità.
Di questi problemi si sono accorti, prima degli psicoanalisti, i filosofi che proprio per questo hanno ideato la «consulenza filosofica» che gli psicoanalisti guardano con sospetto, invece di instaurare un proficuo dialogo, perché la psiche umana non è qualcosa di immutabile, di cui la psicoanalisi ne avrebbe scoperto una volta per tutte la struttura, ma è qualcosa che cammina con la storia e con la storia si modifica. Non seguire queste modificazioni potrebbe significare, per la psicoanalisi, chiudere definitivamente la sua storia.

La Stampa 21.5.07
Giordano: "Così ci emarginano ma non glielo permetteremo"
Il segretario di Rifondazione: «Ds e Dl pretendono di guidare il governo»
di Riccardo Barenghi
qui

Repubblica 21.5.07
A colloquio con l'architetto alla vigilia della mostra di Milano
Il rapporto tra suoni e spazio
"Così costruisco con la musica”
Da ragazzo mi ero messo in testa di suonare la tromba
di Leonetta Bentivoglio


Musica e architettura. L´arte dell´immateriale, che vive nel tempo, e la più materiale delle arti, che abita lo spazio. Mondi in opposizione che possono svelare un territorio ricco di dialoghi e suggestioni reciproche. E´ una storia che l´inventore di spazi Renzo Piano frequenta e conosce da molti anni: «Ho sempre amato la musica, fin da ragazzo, quando volli mettermi a studiare la tromba in Si bemolle», dice. «Però non ero portato, diciamo pure che sono stonatissimo. Sono cresciuto in una città di cantautori come Genova, con amici come Gino Paoli e Fabrizio De André. Fu Gino a dirmi: lascia perdere, che è meglio». Poi giunse l´incontro con Luciano Berio: «Grazie a lui compresi che avrei potuto riconquistare la mia passione per la musica su un terreno nuovo, il mio: che sarei potuto diventare un buon liutaio».
Soprattutto dagli esiti di quell´intesa nasce Memory, Installazione sonora tra architettura, musica e lavoro, fetta integrante e decisiva de Le città visibili, la mostra sull´opera di Piano che s´apre domani alla Triennale di Milano (fino al 16 settembre). Concepita a partire da un´idea di Fabio Fassone e Talia Pecker Berio, vedova del compositore morto nel 2003, e realizzata da Tempo Reale, il centro di ricerca e studi musicali fondato da Berio, Memory compone un «ritratto musicale» di Piano, che per lui ha voluto dire anche «un lavorare a distanza con Luciano. Ma attenzione, non è un omaggio: lui detestava connotazioni romantiche. Piuttosto è un tornare su percorsi comuni, un riguardare cose sulle quali abbiamo tanto discusso e sperimentato. Se si parla della dimensione musicale del mio lavoro, si parla inevitabilmente della mia memoria. Anzi, della mia memoria stonata, come avrebbe detto impietoso Luciano».
Nelle aree della mostra, spiega, scorre una sorta di tappeto sonoro, inclusivo di varie «partiture» che caratterizzano musicalmente gli spazi: «Ci sono i suoni del mio passato: le canzoni di Paoli, la musica di Boulez, insieme al quale ho lavorato molto negli anni ´70 all´Ircam, l´istituto per la ricerca sui suoni fondata a Parigi come sezione musicale del Centre Pompidou, e ancora la musica di Nono, col quale feci l´opera Prometeo, occupandomi dello spazio scenico; vi s´intrecciano i trallallero genovesi, le urla dei camalli, cioè gli scaricatori di porto, le sirene delle navi e anche la tromba in Si bemolle: ovviamente stonata». C´è poi la partitura di Stanze, l´ultima scritta da Berio, dedicata a Piano, la cui esecuzione, in una sala, è proposta a ciclo continuo: «Me la regalò poco prima di morire. Immaginava il pezzo come le stanze di un palazzo, luoghi sonori da attraversare. Quest´idea è alla base dell´intera installazione, dove si passa da una zona all´altra come lungo una sequenza. Entri, senti un brusio, t´introduci in un fascio sonoro e senti una sirena, vai altrove e c´è il rumore del mare. Fantasmi che sono suoni, come le anime perse del film di Wenders Il cielo sopra Berlino». C´è poi la «partitura» che riguarda il tema "Musica e Lavoro" , punto di partenza per un laboratorio progettato anni fa per il Lingotto, che qui assume la forma di una "colla" costituita da rumori del cantiere, martelli pneumatici, frastuono di utensili, le sonorità prodotte da falegnami e liutai... «Ricordo i primi esperimenti di Berio all´Ircam, con Boulez e altri pazzi come loro», racconta Piano. «Si divertivano a creare un suono apparentemente sciocco, come il gorgoglio dell´acqua, per poi spezzarlo, rianalizzarlo, smontarlo...».
Cos´ha in comune questo col suo pluriennale lavoro sugli spazi? «Molto. Riflette i caratteri di una cultura sperimentale, che è poi la nostra italiana del dopoguerra, e che in me diventa esplorazione delle tecnologie per costruire. Inseguendo la leggerezza, mi sono divertito a togliere finché potevo, finché le cose non mi cadevano in mano. Quest´ossessione d´indagare strutture spaziali e tecniche di alleggerimento è connessa strettamente con gli anni dell´Ircam, quando Peppino Di Giugno faceva i suoi primi esperimenti coi sintetizzatori, e John Cage arrivava dagli Stati Uniti recando il suo soffio di follia. C´era una specie di voracità insaziabile. La ricerca è come la fame, ci ripeteva Boulez: mangi, ti passa, poi torna a consumarti lo stomaco. Faccio parte di una generazione cresciuta nell´ansia dell´attraversamento di campi diversi e nel rifiuto di frontiere tra discipline. Tutti i rapporti temporali in musica, diceva Berio, possono divenire allegorie dei rapporti strutturali e delle durate lineari in architettura».
Oggi Piano continua a costruire spazi per la musica: «Ne ho fatti sette o otto, tra cui la sala del Lingotto, l´auditorio di Parma e quello di Roma. Ce ne saranno altri. L´atteggiamento legato alla specificità dei materiali, del loro comportamento, delle loro frequenze, mi deriva da anni di lavoro incessante sulla dimensione musicale. I miei spazi per concerti stanno ai materiali con cui sono costruiti come le musiche di Boulez, Berio e Nono stanno alla ricerca sul suono».

domenica 20 maggio 2007

l’Unità 20.5.07
Pedofilia, video sui preti: «Avvenire» difende Ratzinger
Circola in rete un servizio della Bbc su fatti americani, con l’attuale Papa che allora ordinava ai vescovi di nascondere i casi di abuso


Un’«infame calunnia» circola via Internet ai danni della Chiesa cattolica e di Papa Benedetto XVI. Reagisce così l’Avvenire, quotidiano della Cei, in un editoriale a firma di Andrea Galli pubblicato sul sito web del quotidiano e che chiama in causa Bispensiero, «sito di amici siciliani di Beppe Grillo, e caricato su Video Google». Il riferimento è a un documentario su preti cattolici e abusi sessuali mandato in onda dalla Bbc nel 2006 ed ora ripreso dal Bispensiero che lo sottotitola in italiano. Un’altra accusa dopo gli scandali degli Usa - con l’arcidiocesi di Los Angeles costretta a mettersi in vendita per risarcire le vittime di abusi - e di quelli a noi più vicini: da ultimo quello di Firenze. Accuse riprese da molti organi d’informazione internazionale, compreso l’autorevole Guardian, quotidiano londinese.
«Un pout pourri di affermazioni e pseudo-testimonianze - sostiene Galli sul video della Bbc - che furono apertamente sconfessate a suo tempo dalla Conferenza episcopale inglese, che invitò la Bbc a vergognarsi per lo standard giornalistico usato nell’attaccare senza motivo Benedetto XVI». Il pezzo forte del servizio - scrive l’editorialista - consiste «nell’accusa rivolta a Ratzinger di essere stato niente meno che il responsabile massimo della copertura di crimini pedofili commessi da sacerdoti in varie parti del globo, in quanto “garante” per 20 anni - da quando fu nominato prefetto vaticano - del testo “Crimen sollicitationis”, che è un’istruzione emanata in realtà dal Sant’Uffizio il 16 marzo 1962». Ratzinger - secondo un avvocato americano che difende tre vittime di pedofilia da parte di preti - quando era prefetto della congregazione e dottrina delle fede avrebbe applicato il Crimen sollicitationis “ordinando” ai vescovi della Chiesa di nascondere le notizie imbarazzanti, soprattutto quelle riguardanti i minori (e questo avveniva con trasferimenti di preti, con lettere alle vittime...).
Ma Galli fa notare che «nel 1962 infatti Joseph Ratzinger non era certo prefetto della futura Congregazione per la dottrina della fede, essendo in quel tempo ancora teologo molto impegnato nella sua Germania. C’è da dire che quel documento veniva presentato dalla Bbc come un marchingegno furbesco, escogitato dal Vaticano per coprire reati di pedofilia, quando invece si trattava di un’importante istruzione atta ad istruire i casi canonici e portare alla riduzione allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile». Che il testo “Crimen Sollicitationis” non fosse pensato per tale fine - aggiunge ancora l’editorialista - «lo dimostrava un paragrafo, il quindicesimo, che obbligava chiunque fosse a conoscenza di un uso del confessionale per abusi sessuali a denunciare il tutto, pena la scomunica».

Repubblica 20.5.07
Il caso. Santoro ha acquisito i diritti per "Annozero" ma c'è imbarazzo tra i vertici dell'azienda
Inchiesta sui preti pedofili in forse sulla Rai il video Bbc
E "l'Avvenire" attacca: "Infami calunnie"
Sandro Curzi: "La par condicio non c'entra Quel reportage va mandato in onda"
di Silvia Fumarola


ROMA - Il consigliere di amministrazione della Rai Sandro Curzi promette che si batterà perché vada in onda. «Dobbiamo imitare la Bbc, la citiamo sempre come un modello? Quale migliore occasione trasmettere l´inchiesta inglese sul Vaticano e i preti pedofili. D´altronde, è dimostrato, la cosa che va meglio sono proprio le inchieste». La Rai si prepara ad affrontare il caso Bbc: Michele Santoro ha chiesto di acquistare il reportage "Sex crimes and the Vatican" l´inchiesta sul coinvolgimento di sacerdoti cattolici in alcune vicende di abusi sessuali, in cui viene citato anche Papa Benedetto XVI, all´epoca ancora cardinale, quale garante dei preti accusati. Vuole proporre l´inchiesta ad "Annozero", giovedì su RaiDue nella puntata dedicata alla pedofilia. Realizzato dalla Bbc, il filmato è finito su Internet il 5 maggio diventando il video più visto su Google, da oltre 100 mila persone. Trattativa con la tv pubblica inglese chiusa (costo sui 25mila euro, nel rispetto del budget della trasmissione di RaiDue), finora nessun «no» ufficiale alla messa in onda, ma l´operazione Bbc, di fatto, non è chiusa. L´atto formale d´acquisto è passato su diverse scrivanie. Tra scuse e intoppi burocratici, sembra che in Rai nessuno voglia assumersi la responsabilità di firmarlo. Adesso più che mai, alla luce della durissima presa di posizione dell´Avvenire che definisce il video «infame calunnia via Internet» ai danni «della Chiesa e di Ratzinger». Il documentario crea imbarazzo a Viale Mazzini, preoccupa i vertici per le ripercussioni che può avere nei rapporti col Vaticano. L´Avvenire respinge l´accusa «rivolta a Joseph Ratzinger di essere stato niente meno che il responsabile massimo della copertura di crimini pedofili commessi da sacerdoti in varie parti del globo, in quanto "garante" per 20 anni - da quando fu nominato prefetto vaticano - del testo Crimen sollicitationis, che è un´istruzione emanata in realtà dal Sant´Uffizio il 16 marzo 1962».
Secondo Avvenire, «quel documento veniva presentato dalla Bbc come un marchingegno furbesco, escogitato dal Vaticano per coprire reati di pedofilia, quando invece si trattava di un´importante istruzione atta ad "istruire" i casi canonici e portare alla riduzione allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile». «Insomma» ribadisce il quotidiano della Cei «un insieme di norme rigorose, che nulla aveva a che fare con la volontà di insabbiare potenziali scandali». Domani il caso verrà discusso in Rai. Mentre Curzi promette di battersi perché vada in onda, la trappola burocratica potrebbe fermare Santoro (anche se gli amici scommettono che sarebbe pronto a fare la puntata lo stesso, denunciando la censura). "Annozero" è un programma d´informazione, dipende solo formalmente dal direttore di RaiDue Antonio Marano. In periodo elettorale, quindi durante la par condicio, è ricondotto alla testata giornalistica, non il Tg2 ma il Tg3 (da cui dipendono ben 13 trasmissioni, tra cui una sola della seconda rete, appunto "Annozero"). Il direttore del Tg3 Antonio Di Bella è tenuto a sovrintendere sulla presenza di soggetti politici (la lista degli ospiti viene consegnata 48 ore prima della puntata). Ma la par condicio stavolta non c´entra. A questo punto l´ultima parola spetta al direttore generale della Rai Claudio Cappon.

Corriere della Sera 20.5.07
CHIESA E PEDOFILI
Sul video Bbc si riapre un caso Santoro
di Andrea Garibaldi


ROMA — Michele Santoro vuole acquistare il documentario della Bbc sui preti pedofili per una puntata di «Annozero», ma i vertici Rai per ora non lo autorizzano. «Avvenire» ieri definiva il filmato roba «da bidone della spazzatura»
Il giornalista vuole mandare sulla Rai l'inchiesta della Bbc La Cei: spazzatura. Da viale Mazzini non c'è ancora il sì
Il conduttore di Annozero potrebbe denunciare in diretta come censura il diniego dell'autorizzazione
Secondo il giornale dei vescovi si tratta di «un'infame calunnia»

ROMA — «Sex crimes and Vatican», cioè «Crimini sessuali e Vaticano», è un' inchiesta tv di 39 minuti. Michele Santoro vuole acquistarla per costruirci attorno una puntata di «Annozero», ma i vertici Rai per ora non lo hanno autorizzato.
Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ieri in prima pagina definiva il documentario roba «da bidone della spazzatura». Insomma, prima che qualcuno decida di metterlo in onda la Chiesa avverte che quel lavoro è una vergogna e lo scontro sarebbe durissimo. Nel maremoto che già regna in Rai nessuno finora ha preso posizione. Né Marano, direttore di Rai2, secondo il quale Santoro non dipende da lui, né Di Bella, direttore del Tg3, che è responsabile di «Annozero» solo per la par condicio pre-elettorale. Tutto, quindi, nelle mani del direttore generale Cappon.
Far trasmettere il filmato significa incidente grave con il Vaticano, vietare l'acquisto vuol dire mandare Santoro in trincea: il giornalista potrebbe denunciare la censura in diretta. Terze vie non si intravedono, il caso è pronto.
Il tema terribile di cui parliamo è la pedofilia violenta di alcuni preti in Irlanda, negli Usa, in Brasile. In «Sex crimes» la Chiesa cattolica viene accusata di aver voluto coprire i suoi ministri di culto colpevoli di abusi sessuali su minori. In particolare, l'ex cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, viene accusato di aver avallato questa politica di copertura e segretezza e di aver accentrato in Vaticano ogni indagine. Il video non è nuovo e porta un marchio prestigioso, Bbc, che lo ha trasmesso nell'ottobre 2006. Ora, nella scia dei contrasti laici-cattolici, quelli di «Bispensiero», portale siciliano degli amici di Beppe Grillo, hanno deciso di sottotitolare «Sex crimes» e di caricarlo — inizi di questo mese — su Video Google. Risultato: è da giorni il filmato più visto in quel sito. I trentanove minuti ricordano più lo stile Michael Moore, aggressivo e con una tesi da dimostrare, piuttosto che la equidistanza del giornalismo anglosassone. Il conduttore è Colm O'Gorman, vittima delle violenze di un sacerdote irlandese nel 2002. Gorman si sposta negli Usa per padre O'Grady, che al processo confessò di aver violentato trenta bambini e bambine e poi in Brasile e in California con altre vicende di preti e abusi sessuali. Ma il cuore bruciante del documentario riguarda la «Crimen sollicitationis», documento del 1962, con il quale — secondo la Bbc — il Vaticano stabiliva «come mettere a tacere le accuse di abusi sessuali», «obbligava vittime, preti e testimoni alla segretezza assoluta, pena la scomunica».
Ed ecco il punto: «Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, impose per 20 anni l'applicazione del "Crimen"» ed emanò un seguito, secondo il quale «ogni accusa andava vagliata esclusivamente in Vaticano». Il documentario si conclude così: «Il Vaticano non ha risposto alle richieste di interviste».
Avvenire ribatte: «Ognuno si consola come vuole dinanzi alla vitalità cattolica documentata sabato scorso in piazza San Giovanni». Poi cominciano le correzioni: «"Crimen sollicitationis" è un'istruzione emanata dal Sant'Uffizio nel 1962 e in quel tempo Ratzinger era ancora teologo impegnato in Germania... Il documento era atto a istruire i casi canonici e portare allo stato laicale i presbiteri coinvolti in nefandezze pedofile... obbligava chiunque fosse a conoscenza di un uso del confessionale per abusi sessuali a denunciare il tutto, pena la scomunica... Ratzinger, diventato più tardi prefetto della Congregazione, firma una Lettera ai Vescovi dove si prevede che il delitto commesso da un chierico contro un minore di diciotto anni, sia di competenza diretta della Congregazione stessa. Segno della volontà di dare il massimo rilievo a certi reati». Dunque: «I calunniatori dovrebbero chinare il capo e chiedere scusa».
Michele Santoro, invece, vorrebbe partire da «Sex crimes» per discutere, con clamore. La sua struttura ha contattato la Bbc ed esiste già un prezzo del video, attorno ai ventimila euro. Come avvenne per il «Codice da Vinci», parlare di questo video non fa che aumentare la curiosità. Storica o morbosa.

Corriere della Sera 20.5.07
Censura. Il consigliere Udc Staderini: volgare attacco al Papa. Va impedito a ogni costo
di Paolo Conti


ROMA — E così domani, lunedì, al suo rientro da Nairobi (dove ha inaugurato la sede di corrispondenza Rai africana) il direttore generale Claudio Cappon si ritroverà sul tavolo un bel regalo di rientro: il nuovo caso Santoro per di più questa volta collegato al Vaticano, anzi direttamente alla persona di Benedetto XVI. Diciamo la benzina ideale per quell'incendio politico che già sta divampando intorno alla Rai, e nella Rai. In queste ore la macchina burocratica della tv pubblica si è mossa come non mai. Premessa. Siamo in par condicio per la campagna elettorale e ci si muove con cautela. Aggiungiamoci l'incognita vaticana. Ed ecco la trafila. La richiesta di autorizzazione per l'acquisto del filmato voluto da Michele Santoro (20.000 euro circa, cifra bassa per un prodotto del genere, con una mediazione affidata a un'agenzia internazionale milanese competente in diritti tv internazionali) prima è finita sul tavolo di Antonio Marano, direttore di Raidue, area leghista.
E Marano ha risposto: non ho alcun permesso da rilasciare, chiedete al direttore del Tg competente, per di più ricordatevi che Michele ha sempre detto di dipendere dalla direzione generale. Altro chiarimento necessario per capire cosa sta accadendo. Durante la par condicio, gli approfondimenti «dipendono» da un direttore di Tg che controlla l'equilibrio politico: di qui l'accenno di Marano. Il direttore del Tg2, Mauro Mazza, non intende assolutamente «controllare» Santoro su Raidue: e così Michele è finito «sotto» Antonio Di Bella, direttore del Tg3.
Di Bella ha risposto già alla direzione generale: per quanto riguarda strettamente la par condicio, io non ho ostacoli. Sia ben chiaro però che non sono io il responsabile editoriale della trasmissione di Santoro. E così l'acquisto è ancora fermo sul tavolo di Lorenza Lei, direttore delle Risorse televisive. Con grande irritazione di Santoro che rivendica la propria autonomia negli acquisti e nelle scelte editoriali. Lunedì deciderà Cappon. Nel frattempo le voci alla Rai si inseguono. Due scuole di pensiero. Prima: Santoro vuole rifare il martire politico. Seconda: macché, l'asse Cappon-Giancarlo Leone vicedirettore generale (responsabile del palinsesto) non vuole «incidenti» col Vaticano... Chi ha ragione?
La divisione si riscontra anche in Consiglio. Sandro Curzi, consigliere Verdi-Rifondazione: «Michele mi ha chiamato per chiedermi un consiglio. Gli ho detto: se è roba seria vai avanti». Non c'è pericolo di rovinare i rapporti con la Santa Sede? «In Gran Bretagna e negli Stati Uniti si è parlato molto di questo tema. La Rai può farlo ovviamente con le dovute attenzioni professionali. E poi tutti ci chiedono di tornare alle inchieste, di adeguarci allo stile Bbc...».
Furioso invece il cattolico Marco Staderini, Udc: «Ho saputo del caso, lunedì ne parlerò col direttore generale. Mi batterò per impedire a tutti i costi la messa in onda. Bisogna ribadire che i vincoli aziendali valgono per tutti, anche per Santoro. E in questomomento storico- politico, simili servizi sono una scelta sbagliata. Sarebbe solo un attacco volgare e inaccettabile al Papa. Mi auguro che il buonsenso prevalga e l'equilibrio editoriale e aziendale impongano a Santoro di rispettare quelle elementari regole che ha sempre trasgredito. Sono stato critico con lui. Se stavolta insistesse lo sarei ancora di più...». Ma sì, il caso è già scoppiato.

Repubblica 20.5.07
Il sorpasso dell'Islam 1,3 miliardi di musulmani ora sono più dei cattolici
di Orazio La Rocca


La religione cristiana resta la più diffusa contando anche ortodossi, protestanti e sette
La crescita è frutto delle dinamiche demografiche: nei paesi islamici la natalità è più alta
Per l'istituto Usa World Christian Database si tratta di una tendenza "ineluttabile"
Per il Vaticano i dati vanno verificati, perché un computo delle altre religioni non è aiutato dai dati delle parrocchie

CITTÀ DEL VATICANO - «Sorpasso» musulmano sui cattolici. Nel mondo, i seguaci di Maometto sarebbero schizzati a un miliardo e 322 milioni staccando di oltre 100 milioni di unità i fedeli della Chiesa di Roma, fermati a un miliardo 115 milioni. E´ quanto emerge dalle ultime rilevazioni relative all´anno 2005 del World Christian Database (Wcb), un istituto demoscopico statunitense specializzato nello studio delle statistiche religiose. Un dato, però, parzialmente contestato dalle autorità vaticane e da analoghe ricerche statistiche prodotte dall´Annuario Pontificio 2007 dove risulta che i cattolici nel mondo fino a tutto il 2005 erano 1 miliardo e 145 milioni, con un incremento del 6,7 per cento rispetto a 5 anni prima, l´anno del Grande Giubileo del 2000.
Per gli analisti del Wcb la crescita delle comunità musulmane rispetto ai cattolici sarebbe, tuttavia, una tendenza «ineluttabile» legata alle dinamiche demografiche che favoriscono i Paesi islamici, notoriamente a più alto tasso di natalità rispetto alle aree del mondo nelle quali prevalgono i cristiani e, in particolare, i cattolici. Tra i musulmani la comunità largamente maggioritaria è quella sunnita con un miliardo 152 milioni di credenti, contro una minoranza sciita di circa 170 milioni.
I cristiani restano, comunque - stando sempre ai dati del World Christian Database - , di gran lunga la religione più diffusa essendo attestati a quota 2 miliardi 153 milioni, stima che, oltre ai cattolici, comprende 360 milioni di protestanti, 200 milioni di ortodossi, 75 milioni di anglicani e 400 milioni dei cosiddetti «nuovi cristiani», in prevalenza sette e convertiti dell´ultima ora svincolati dal dovere di obbedienza ad una delle confessioni cristiane tradizionali. Un fenomeno particolarmente diffuso in America Latina, come ha sottolineato con toni preoccupati papa Ratzinger nel recente viaggio in Brasile.
Dal Vaticano non sembrano disposti ad accettare di buon grado le rilevazioni del Wcb. Come spiega monsignor Felix Machado, sottosegretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, secondo il quale «la statistiche non sempre sono accurate». Diverso l´identikit della Chiesa cattolica perché - sostiene il monsignore - «abbiamo dati certi, senza margini di errore: infatti ogni parrocchia, anche la più sperduta nel mondo, registra i suoi battezzati; dei nostri fedeli abbiamo nome e cognome; in alcuni Paesi l´atto di battesimo vale anche come attestato civile». Non sarebbe così per le altre religioni: «Come si fa a dire - si chiede l´alto prelato - chi è buddista e chi non è buddista? Chi è musulmano e chi non è musulmano?». Per queste religioni «manca qualsiasi tipo di registrazione», sentenzia il monsignore, che tiene comunque a ricordare che «la Chiesa cattolica non si sia affatto fermata, anzi, è sempre vivissima».
Velatamente diplomatico Mohammed Nour Dachan, presidente dell´Ucoii, l´Unione delle comunità islamiche italiane, secondo il quale «non va bene dare troppa importanza alle cifre perché i credenti devono sentirsi fratelli al di là dei numeri e delle statistiche». «Quando, poi, gli uomini si presenteranno davanti a Dio per il Giudizio finale, il Signore - rammenta Dachan - giudicherà il singolo per quello che ha fatto, non il gruppo di appartenenza». Quanto ai dati sulle religioni, il presidente dell´Ucoii sostiene che «nelle statistiche si fa grande confusione e spesso non sono esatte perché non tengono conto della realtà religiose delle aree prese in esame, ma sarebbe grave e pericoloso se chi diffonde queste cifre lo facesse solo per seminare divisioni tra i credenti nell´unico Dio».

La Stampa 20.5.07
Chávez attacca il Papa: "Si scusi con gli indios"
«La Chiesa li sterminò, lui nega».. E tutto il Sudamerica si infiamma
di Paolo Manzo
qui

Repubblica 20.5.07
Salvi a Fassino e ai cattolici
"Ma Zapatero ha fatto così le unioni civili"
"Proporrò il testo Biondi, i Dico non arrivano in aula"


ROMA - Presidente Cesare Salvi, meglio modificare il codice civile o tenersi i Dico?
«Sostenere, come hanno fatto i cattolici del Family day e ora anche Piero Fassino, che la materia delle unioni civili va risolta nel codice civile non significa nulla. Basti pensare che il Spagna e in Olanda il matrimonio tra omosessuali è stato realizzato con una modifica del codice civile: hanno scritto invece che "matrimonio tra un uomo e una donna", matrimonio tra "due persone"».
Lei ha il pallino nella mani in commissione Giustizia del Senato: i Dico sono ormai archiviati?
«Il disegno di legge del governo non sarà proposto come testo-base per la debolezza dell´impianto giuridico e perché non ha maggioranza. La responsabilità è mia e non posso proporre un ddl in netta minoranza che vedrebbe il voto contrario di tutta l´opposizione, dell´Udeur e dei Teodem della Margherita. Le ministre Rosy Bindi e Barbara Pollastrini hanno condotto un´importante battaglia politica. Siano loro stesse ora a dare un contributo ad una legge seria e che attenui le tensioni».
E quali caratteristiche dovrebbe avere una nuova legge sui diritti dei conviventi?
«Tre punti: 1) scelta libera di due persone anche dello stesso sesso; 2) questo rapporto deve avere una rilevanza pubblica, non solo privatistica; 3)prevedere diritti e doveri».
Pensa alla proposta del forzista Alfredo Biondi?
«Va bene in molte parti, parla di "contratto di unione solidale", prevede una forma di pubblicità che tuttavia ritengo debole, cioè la registrazione negli archivi notarili. Potrebbe essere modificata con la registrazione presso il giudice di pace, come suggerisce Del Pennino. È una base su cui lavorare a patto che si affronti il tema in concreto senza piantare questa o quella bandierina. Dopo le amministrative, ripartiremo in Parlamento».
(g.c.)

Corriere della Sera 20.5.07
Rizzo (Pdci): penoso cedimento culturale. E Rutelli: sul ddl si troverà una soluzione
Dico, cattolici con Fassino Accuse a sinistra: una resa
Lodi da «Avvenire», Udc e FI: serio tentativo di dialogo
di Roberto Zuccolini


ROMA — Piero Fassino tra due fuochi. Definendo «possibile» ritoccare il diritto civile per tutelare le coppie di fatto invece di ricorrere ai Dico, incassa le lodi dell'Avvenire e l'abbraccio di due importanti esponenti del centrodestra: il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa e il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi. Sull'altro fronte invece, cioè il suo, a parte l'applauso scontato dei teodem, continua a provocare una mezza rivolta tra la sinistra radicale e i socialisti, che lo accusano di avere ceduto alla Chiesa. Con un Francesco Rutelli che quasi lo scavalca a sinistra, dichiarandosi ottimista sulla possibilità di far approvare una vera e propria legge sulle convivenze in Parlamento.
A differenza del segretario dei Ds, il leader della Margherita non fa un accenno al diritto civile. In mattinata sostiene che «sui Dico si troverà certamente una soluzione positiva». Perché «il governo ha affidato un disegno di legge in Parlamento». E, di pomeriggio, rincara la dose: «Questa legge la faremo e la faremo tenendo conto di tutte le opinioni della società, non solo della politica». Quindi, fa capire, sentendo anche le opinioni di chi ha manifestato a San Giovanni, con l'obiettivo di «trovare un'intesa più larga possibile».
Ma questo è il problema: come trovare una «sintesi» in Parlamento? Il presidente della commissione Giustizia del Senato, Cesare Salvi, non nasconde le difficoltà di giungere ad un testo unico (perché non ci sono solo i Dico, ma molti altri disegni di legge). Fissa però i suoi paletti: «Libertà nella scelta delle convivenze, riconoscimento anche di quelle omosessuali e rilevanza pubblica dell'atto». Tre punti che non vedono certamente d'accordo il centrodestra e gran parte dei cattolici.
A prendersela con Fassino sono non pochi esponenti dell'Unione. Il verde Angelo Bonelli parla di «resa incondizionata sul tema dei diritti individuali», il comunista italiano Marco Rizzo di «penoso cedimento culturale che mette a repentaglio un secolo di storia» mentre Franco Giordano (Prc) mette in evidenza «le difficoltà a costruire l'identità del Partito Democratico». Ma anche la diessina Barbara Pollastrini, cofirmataria dei Dico insieme a Rosy Bindi, invoca che «non vengano ridotti i diritti».
Arrivano invece i complimenti dal giornale della Cei: «Si tratta di un passo importante per uscire dall'impasse», afferma l'Avvenire. Il forzista Bondi si spinge più in là definendolo «un passo politico significativo». Anzi, «il primo tentativo serio e coraggioso di comprendere le ragioni profonde della manifestazione di San Giovanni». Le stesse cose che pensa l'udc Lorenzo Cesa: «Dopo il Family Day solo un folle potrebbe pensare di procedere come se nulla fosse».

Corriere della Sera 20.5.07
I dubbi della sinistra Contro Bush a Roma protesta soft o dura?
di M.Gu.


ROMA — Sfilare in corteo o aderire al sit-in? Scegliere la manifestazione dei pacifisti integralisti contrari alla sopravvivenza del governo Prodi, o limitarsi a gridare la propria insofferenza verso l'amministrazione Usa da una piazza «amica» dell'esecutivo? È il dilemma che divide la sinistra in vista del viaggio italiano di George Bush, è la doppia linea che spacca Rifondazione e mette in luce i contrasti di un partito che sta con un piede nel governo e con l'altro dentro il movimento. Franco Giordano il 9 giugno si farà vedere al presidio «istituzionale», assieme ad Arci, Fiom, Pdci e (forse) ai Verdi e a Sinistra democratica.
«Condanniamo la politica di Bush ma non abbiamo ancora deciso» rimanda la scelta di Mussi la capogruppo di Sd, Titti Di Salvo. Giordano, dunque, ha scelto la piazza «soft», ma non tutti seguiranno il segretario: Francesco Caruso ha aderito alla manifestazione dell'ala dura, quella dei Centri sociali di Luca Casarini e dei Cobas di Piero Bernocchi, quella di Vauro, Giorgio Cremaschi e dei «dissidenti» Turigliatto, Bulgarelli e Rossi, quella che punta ad alzare i vessilli arcobaleno nel cielo di piazza Navona, gridando slogan senza se e senza ma. «Contro la guerra permanente di Bush», «Contro l'interventismo militare del governo Prodi», «Bush tornatene a casa!», «Il governo Prodi è complice del genocidio dei palestinesi», «Basta crimini contro l'umanità»... Slogan che mettono in serio imbarazzo quei partiti che hanno ministri a Palazzo Chigi, tanto che Rifondazione si appresta a rifiutare l'«appello per una manifestazione unitaria» firmato, sulla prima pagina di Liberazione, da Lidia Menapace, Heidi Giuliani, Fosco Giannini, Alex Zanotelli, Franca Rame...
«Mi pare difficile sfilare con chi definisce "guerrafondaio" il governo — conferma l'impossibilità dell'abbraccio il capogruppo del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena —. Quella del corteo è la piattaforma dura di chi spera di costruire un partitino sulle ceneri del governo». Il premier potrebbe chiedere ai ministri di stare alla larga dalle due piazze, ma Russo Spena non condivide l'imbarazzo di Prodi: «Io sarei in imbarazzo se restassi a casa». Una protesta unitaria piacerebbe invece al sottosegretario verde Paolo Cento e pure al comunista Marco Rizzo, che auspica «la mobilitazione più larga possibile». Centomila manifestanti, spera Salvatore Cannavò di Sinistra critica, che s'incarica di scacciare la preoccupazione di chi, nel Prc, teme scontri con la polizia. «È un'operazione meschina distinguere tra piazza pacifica e corteo violento — concorda Caruso —.
Rifondazione sbaglia a proteggere i tentennamenti e le ambiguità del governo».

l’Unità 20.5.07
L’INCONTRO Michele Ciliberto è autore di un poderoso saggio che, nei toni della narrazione, ci restituisce vita e pensiero del Nolano. Domani a Firenze con lui chiuderà la rassegna «Leggere per non dimenticare»
«Laicità, torniamo a Giordano Bruno, maestro di tolleranza»
di Renzo Cassigoli


Giordano Bruno è il protagonista del penultimo appuntamento della XII edizione della rassegna fiorentina «Leggere per non dimenticare»: l’incontro di domani, infatti, sarà dedicato alla presentazione del libro Il teatro del mondo - Vita di Giordano Bruno (Mondadori) di Michele Ciliberto. Cinquecento pagine in bilico tra il racconto biografico e il saggio filosofico, scritto da uno dei massimi conoscitori della vita e dell’opera del grande Nolano.
Come definirebbe questo suo lavoro e quali sono i motivi che l’hanno spinta ad affrontare l’impegno, professor Ciliberto?
«È una biografia di Giordano Bruno e come tale ne segue il percorso intellettuale, filosofico e umano da quando è nato, nel 1548, a quando fu bruciato in Campo de’ Fiori a Roma il 17 febbraio del 1600. I motivi che mi hanno spinto sono dovuti in primo luogo alla eccezionalità della vita del grande Nolano, al suo carattere avventuroso, appassionato. La sua è stata una vita vissuta e spesa in tutta l’Europa dalla Boemia all’Inghilterra, dalla Francia alla Svizzera. In secondo luogo perché la sua filosofia è parte fondamentale della sua biografia, che con essa si sviluppa e si intreccia fondendosi fino ad essere una sola cosa. Non vorrei, però, si pensasse che gli interlocutori di questo libro siano essenzialmente gli specialisti del pensiero filosofico di Bruno. Ho cercato di farne un libro di gradevole lettura, benché estremamente robusto dal punto di vista filosofico e dell’informazione, ed ho cercato di farlo con una struttura concettuale impeccabile, per quel che mi è possibile, anche se non nello stile del saggio tradizionale, piuttosto cercando di costruirlo come un saggio narrativo».
Quali aspetti filosofici sottolinea?
«Per semplificare potrei indicarli per capitoli. Il primo, Cristo traditore, parla di un mondo abbandonato da Dio, nel quale Dio è assente: da qui il senso del tradimento. Un altro tema a cui tengo molto riguarda il "corpo" del filosofo. Vede, in Bruno c’è una forte attenzione al tema della corporeità, anche nelle funzioni più elementari e più crude richiamate in modo volutamente provocatorio e anche liberatorio. Bruno guarda al corpo come a una sorta di livello zero della realtà da cui far partire un processo di liberazione. Poi ho lavorato molto sul tema dell’infinito, del copernicanesimo, e sul tema dell’anima, sul rapporto fra l’anima degli uomini e l’anima delle bestie. Infine ho dedicato altri due blocchi molto ampi, uno al soggiorno in Germania, intitolato La casa della sapienza, il secondo al lungo processo che lo condusse al rogo. Insomma ho cercato di disegnare un quadro a tutto tondo che parlasse del pensiero e della filosofia di Giordano Bruno, ma anche degli eventi della sua vita quotidiana».
Alla fine, chi è Giordano Bruno?
«È un grande rivoluzionario, un grande liberatore del pensiero e del corpo. È uno dei capisaldi del pensiero moderno e dell’esperienza dei moderni come esperienza di libertà. È un modello della libertà per i moderni e, nel contempo, è un uomo complesso: in lui si intrecciano entusiasmo e furore, disincanto e malinconia».
Un libro che esce in un tempo tormentato, segnato nel nostro paese da un indebolimento della visione laica dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Cosa ricaviamo dal pensiero del grande Nolano?
«Bruno è uomo della tolleranza, della filantropia, del riconoscimento della pari dignità di tutte le realtà. In lui è ferma l’idea che non ci sono differenze fra gli uomini dal punto di vista naturale, tutti amati dalla stesso Dio, che è un Dio d'amore, un Dio che include e non esclude nessuno».

La Repubblica Firenze 20.5.07
Domani a "Leggere per non dimenticare" la biografia del filosofo di Nola e il suo rifiuto dell'abiura
Giordano Bruno, libera mente
Stavolta Ciliberto indaga la vita del primo dei moderni
La vicenda lo segue fin dentro il carcere dell'Inquisizione
di Beatrice Manetti


Filosofo, scienziato, mago. Delle tante "anime" di Giordano Bruno, Michele Ciliberto ha sempre prediletto quella filosofica, alla quale ha dedicato gran parte della sua lunga attività di ricerca. Ma ora è la vita di Bruno, nella sua interezza e nella sua complessità, ad essersi imposta alla sua attenzione di studioso. «Perché la sua biografia, breve ma intensissima, fatta di peregrinazioni e di scoperte, è un caso esemplare della cultura italiana del Cinquecento, quando per gli intellettuali era normale girare l´Europa alla ricerca di una sistemazione adeguata - spiega Ciliberto - E soprattutto perché in Bruno vita e filosofia sono intrecciate in modo indissolubile, cosa di cui lui stesso era perfettamente consapevole». Il risultato di questa indagine sulle tracce del filosofo di Nola è la biografia Giordano Bruno. Il teatro della vita, che Ciliberto presenta domani a «Leggere per non dimenticare» (alle 17.30 nella Biblioteca Comunale di via S. Egidio 21; introducono Simonetta Camerlingo, Biagio De Giovanni e Gilberto Sacerdoti), insieme alle Opere mnemotecniche, curate da Marco Matteoli, Rita Sturlese e Nicoletta Tirinnanzi e uscite nell´edizione Adelphi diretta dallo stesso Ciliberto.
Quella sistemazione tanto agognata, Bruno non la trovò mai, in nessun luogo. «Ovunque andasse, subito nascevano degli scontri. Non c´era posto, nell´Europa del Cinquecento, per un post-cristiano, convinto che il cristianesimo fosse la religione della decadenza e che dovesse lasciare il posto a una filantropia universale basata sull´uguaglianza, e per un post-europeo che dalla sua idea della non centralità della Terra faceva discendere, coerentemente, la non centralità dell´Europa. Nell´epoca, tra l´altro, delle grandi conquiste coloniali». Ciliberto segue Giordano Bruno fin dentro la cella del carcere dell´Inquisizione in cui trascorse gli ultimi otto anni della sua vita, lungo le tappe del processo infinito «durante il quale Bruno fece di tutto per non morire, per trovare un compromesso» e che si concluse invece sul rogo in Campo de´ Fiori, «perché l´idea dell´abiura pubblica dei fondamenti del suo pensiero era per lui inaccettabile: poteva ammettere alcuni errori più o meno veniali, ma sull´infinità dell´universo, la pluralità dei mondi, il transito dell´anima umana da un corpo all´altro, non era disposto a trattare». Al fondo di questa vita tragica, «segnata da un´altissima consapevolezza del proprio valore ma anche dalla percezione di sé come perseguitato», resta insomma qualcosa di irriducibile e splendente: «Un nucleo di libertà - sintetizza Ciliberto - che è poi diventato un pezzo della libertà dei moderni».

La Stampa 20.5.07
La mente “messa in carica” dalla poesia
di Rosalba Miceli
qui

Liberazione 20.5.07
Una ricerca sulla realtà umana

Cara "Liberazione", la strada e il progetto proposti dal segretario romano, Massimiliano Smeriglio, per la città di Roma, mi trovano pienamente d'accordo. Se riusciremo a portare avanti questa unità d'azione delle sinistre nelle città e a livello nazionale, sono convinto che alle prossime politiche succederà qualcosa di storico. Vorrei dire, però, che i contenuti citati sono onesti, da perseguire, ma mi piacerebbe sentire qualcosa di nuovo. La domanda che vorrei fare è la seguente: la nuova sinistra che stiamo cercando di costruire può fare a meno di quell'ineludibile esigenza che si chiama "ricerca e conoscenza della realtà umana"?
Fabrizio Roma

Liberazione 20.5.07
XXI secolo. Se io fossi donna…

Caro Piero, se fossi donna potrebbe essermi successo di dover affrontare anche una sola volta nella mia vita la tragica esperienza di un aborto. Se fossi donna, mi arriverebbero quotidianamente i consigli, gli insulti, le accuse di una banda di uomini vestiti di tonache ora nere, ora bianche, ora viola, che per voto non si "accompagnano con donne" e che per sesso non possono aver sperimentato una gravidanza, né un aborto. Se fossi donna e avessi abortito, mi rivolgerei a un avvocato penalista per sporgere querela contro chi mi diffama e mi ingiuria accusandomi di omicidio, di barbarie, di terrorismo, di nazismo, soltanto per aver deciso della mia vita con consapevolezza e senza infrangere nessuna legge dello Stato in cui vivo… Se fossi donna, mi rivolgerei allo Stato italiano e gli chiederei di intervenire nei confronti di chi, da un altro Stato, si permette un'aggressione e una violenza simile contro di me e contro tutte le donne. Se fossi donna, sarei angosciata per quanto è gravoso essere donna nel XXI secolo.
Paolo Izzo via e-mail

Liberazione 20.5.07
On the radio
La mente che inganna se stessa

La mente che inganna se stessa. Per Giovanni Jervis è questa la ragione di molti conflitti che caratterizzano il mondo contemporaneo . Dallo scontro tra pensiero religioso e pensiero laico fino alla convivenza difficile tra culture diverse, sotto sotto c'è un pensiero storto. Pietro Greco ne parla con Giovanni Jervis, psichiatra e psicanalista, autore di "Pensare dritto, pensare storto. Introduzione alle illusioni sociali" (Bollati Boringhieri) domani alle 11.30 su Radio 3 Scienza. E ancora, la religione sotto la lente dello scienziato. In "Rompere l'incantesimo" (Raffaello Cortina), Daniel Dennett tenta di spiegare le credenze religiose come un fenomeno naturale, frutto dell'evoluzione. Con successo? Lo chiediamo al filosofo Orlando Franceschelli.

il manifesto 20.5.07
Tutto per la famiglia
di Alessandro Robecchi


Istruzioni per avere una famiglia serena. Prendi tuo figlio, lo fai pisciare in un bicchierino e gli fai il test antidroga che ti regala il sindaco di Milano Moratti. L'iniziativa, partita da An, si chiama «Parliamone in famiglia» (non si dice se prima o dopo il test). Comunque, ok, parliamone. Enzo Carra (teodem della Margherita): «Una proposta con un alto contenuto etico che si può rivelare utile a stimolare un rapporto con i figli». Che a lodare l'iniziativa siano i grandi sostenitori della famiglia tradizionale e i devoti del family day non stupisce: come sapete punire è meglio che prevenire, e soprattutto molto più divertente (la colpa, l'espiazione, il perdono... ci sguazzano da secoli!). Le aperture del ministro della sanità hanno fatto il resto. Livia Turco: «Idea interessante».
Bene, direi che ci siamo, non facciamola tanto lunga e passiamo alle prossime mosse.
Telecamere di sorveglianza nella cameretta. Uno strumento di dissuasione e di controllo irrinunciabile. Livia Turco: «Idea interessante».
Irruzione al media center. Corsi di informatica per genitori, perquisizione al computer del figlio e sequestro di materiale sensibile (porno, gol di Totti, istruzioni per costruire la bomba atomica). Perquisizione settimanale a sorpresa del telefonino.
Cane lupo antidroga. Con una media di due test antidroga al mese, la faccenda vi costerà circa 500 euro all'anno (il primo ve lo regalano per farvi prendere il vizio, ma gli altri li pagate). A questo punto, non converrebbe usare un cane lupo addestrato dalla Guardia di Finanza? Livia Turco: «Idea interessante».
Tute arancioni. L'idea del comune di Milano di spedire tute arancioni come quelle dei detenuti di Guantanamo alle famiglie con figli adolescenti, ha creato scalpore, soprattutto tra gli stilisti. Essendo tutti gli adolescenti vestiti con tute arancioni farete fatica a riconoscere chi entra e chi esce dalla cameretta di vostro figlio. Meno male che avete messo le telecamere! Idea interessante.

il manifesto 20.5.07
Una nuova geografia con la scomparsa del limbo
di Filippo Gentiloni


Vale la pena di riflettere su alcune recenti prese di posizione del magistero vaticano: qualche cosa sta cambiando proprio sulla «geografia» dell'al di là: la rinuncia, ormai esplicita, all'affermazione dell'esistenza di un «limbo» per i bambini morti senza battesimo (si pensi al canto IV dell'Inferno di Dante). Bambini che, però, sarebbero persone umane come ripete l'attuale polemica cattolica contro l'aborto.
Allora, quale la loro sorte nell'al di là? Due le strade che i cristiani dei secoli scorsi avevano battute. Una preferiva negare la vera natura umana di un bambino concepito ma non arrivato alla nascita. Di persona umana - sosteneva anche Tommaso d'Aquino - si poteva parlare soltanto dopo qualche mese di vita.
La seconda via aveva inventato il limbo. Un «luogo alternativo sia all'inferno che al paradiso. Niente pene, ma all'eterna beatitudine, secondo la teologia, non si poteva accedere senza la "grazia" del battesimo. Una soluzione quella del limbo, a dir poco, artificiosa, che oggi il Vaticano dichiara insostenibile» (il testo su La Civiltà Cattolica del 5 maggio 2007).
Ma le perplessità non mancano. Le propongono gli stessi numeri: i bambini morti prima della nascita e dell'uso di ragione sono una quantità enorme: un paradiso, dunque, affollatissimo? Una nuova geografia che ci può far piacere, corrispondendo bene alla misericordia e restringendo, invece, lo spazio del male e della pena. Ma come collegare questo paradiso ai dogmi della «grazia» e alla necessità del battesimo?
Forse bisogna ancora una volta distinguere l'immortalità (pagana) dalla resurrezione (cristiana; e per chi?).
Un notevole ridimensionamento della dottrina cattolica sembra inevitabile. Più spazio, dunque, alla discussione e alla interpretazione. Anche al dubbio. Grazie alla vicenda del limbo e alla sua scomparsa.

l’Unità 20.5.07
Prendere e lasciare
di Furio Colombo


La grandezza della Chiesa sta in questo: fra qualche anno la piazzata sulla famiglia sarà come non fosse mai avvenuta. Chi insistesse con il ricordo di quel macigno buttato sul percorso cauto e civile di un governo eletto sarà redarguito come un disturbatore e pregato di smetterla. La Chiesa sarà passata avanti, impegnata di nuovo in grandi ideali come la povertà, la pace e il rispetto per le persone. Non so se esiste un anticlericalismo cronologico. Se esiste, eccomi qua.
Giovanni XXIII ha illuminato il mondo. Giovanni Paolo II lo ha guidato contro leader opportunisti e mediocri e non ha mai smesso di gridare pace. Non aveva le braccia aperte del Papa del Concilio Vaticano II, era severo con i credenti, chiaro anche nelle enunciazioni difficili da accettare. Mai avrebbe fatto politica dal palchetto dei comizi locali, per sottomettere un popolo e umiliare chi lo rappresenta al Parlamento e al governo.
Fatemi ricordare Paolo VI. Aveva visto i miei documentari sul Vietnam (specialmente quello dei bambini di Bien Hoa).
Di ritorno da uno dei viaggi in Vietnam, appena giunto all’aeroporto, mi hanno fatto sapere che desiderava un incontro. Era notte ma il Papa era in piedi, ansioso e attento. Voleva avere notizie dirette di una guerra che lo angosciava. Conosceva e rispettava il giornalista e sapeva benissimo che non parlava a un credente.
In quella Italia che spesso ricordiamo con sarcasmo, Ettore Bernabei, allora Direttore generale della Rai, dava il via libera ai miei “TV 7” sulla guerra (veniva a vederli di persona) che i governi di allora ritenevano “tendenziosi”. Era vero. Amando - come amavo e amo l’America - ero con l’America della pace contro la guerra nel Vietnam. I cattolici che avevano fatto quella scelta sostenevano, anche a costo di scontrarsi con i Buttiglione di allora, questa scelta senza domandarsi se e a quale organizzazione o partito o cultura fosse legato il giornalista a cui consentivano di parlare.
Del resto quasi dieci anni fa Giovanni Paolo Secondo mi ha fatto chiedere di aprire un convegno Vaticano sul cinema e mi è stato affidato il tema «Moralità e cinema». Intendeva dire con chiarezza che non sono richiesti diplomi di fede e prove di sottomissione per chiedere a un laico (certo erano stati considerati i miei libri, i miei articoli) per parlare di moralità. Ha ricordato le sue esperienze teatrali, mentre si appoggiava camminando già con fatica, e ascoltava una voce diversa rispetto ai suoi incontri quotidiani.
***
La grandezza della Chiesa cattolica, che attraversa stagioni diverse e cambia, supera, si apre, si connette o riconnette col mondo in modo sempre nuovo cancellerà - ne sono certo - in un’altra stagione, la giornata triste in cui padri e madri presentavano alle telecamere i loro sei-sette figli e ad alcuni di noi tornava l’amaro ricordo del sillabario fascista della scuola elementare. Nel disegno si vedeva il tavolo della cucina, che si chiamava desco, alle spalle c’era la madia “dove la mamma conserva il pane che il padre ha tratto dai campi, con la pioggia, col sole, con la fatica”. I figli seduti al desco erano una decina. La didascalia diceva «il Signore vede e provvede». E la poesia della pagina, ricordo, era questa: «Cura i bambini/fila la lana/questa è la tipica donna italiana».
Giornata umiliante, dunque, di cui, per gentilezza e amicizia, pochi giornali stranieri hanno scritto. Quei pochi hanno intitolato: «La Chiesa cattolica mobilita i fedeli contro i gay, pacs, e unioni di fatto». Ma non più di venti righe per lo strano evento, un milione e mezzo “in difesa della famiglia”, quando tutta la letteratura del mondo, saggistica e narrativa, che conosce il profondo distacco unicamente italiano dei cittadini dalle istituzioni, sa e ripete da due secoli che una sola forza, un solo nucleo sociale resiste in Italia. Resiste con tanto vigore da sacrificare regole, leggi, doveri a quell’unica istituzione che è appunto la famiglia.
È vero, l’evento è esclusivamente politico (e per questo imbarazza il travestimento religioso). È vero, l’evento è stato preceduto e seguito da dichiarazioni di una durezza aggressiva mai sentita prima, dichiarazioni gratuite e sgradevoli (la mite legge dei Dico accostata ad aborto, eutanasia e pedofilia). Queste autorevoli dichiarazioni hanno creato - salvo che per gli opportunisti che prontamente si adeguano con le loro compagne di secondo, terzo, quarto letto che indosseranno l’uniforme d’obbligo: bikini coraggioso e croce ben visibile fra i seni - un problema di serena convivenza fra credenti e non credenti, fra gay e non gay (ricordate il dirigente dell’Arcigay milanese massacrato di botte in una pizzeria da due forzuti credenti poche sere fa?) fra chi si vanta dei sette figli tipo esodo del Polesine inondato, e sul modello raccomandato dal mio sillabario fascista. Chi non può avere figli certo ricorda ancora che, prima dei Dico, un’altra legge civile, dignitosa e democratica, quella sulla procreazione assistita, è stata resa impossibile dalla stessa mobilitazione di una folla bene organizzata contro lo Stato (c’è al suo posto uno straccetto di legge che invita a correre all’estero).
***
Ci dicono: «Bisogna ascoltare la piazza». Strano. Quando la piazza, altrettanto gremita, nella mobilitazione spontanea dei girotondi, protestava contro leggi ignobili, attentati alla Costituzione, illegalità sistematica, nessuno la ascoltava. Se mai c’era irritazione, fastidio, un po’ di disprezzo per chi si paga da solo il viaggio. Perché, chiedo a chi si prepara a fare il partito democratico, Nanni Moretti, che fa tutto da solo (in altri paesi si chiama “responsabilità del cittadino”) viene liquidato come uno scherzo e Savino Pezzotta che - come un personaggio di Collodi arriva alla testa di mille affollate carrozze prepagate - è la voce di Dio?
Perché è nobile - fino al punto di doverla “ascoltare” (vuol dire: zitti e fate quel che vi dicono) una piazza apertamente contro i diritti dei cittadini, mentre abbiamo disprezzato una piazza (meno esibizionista, certo, senza lo spettacolo dei padri pluri-procreatori esibiti in primo piano in televisione, con moglie stremata un passo indietro) che si era autoconvocata per la difesa della Costituzione, per condannare leggi ad personam senza alcuna riscossione dell’otto per mille ma solo per i diritti di tutti?
La risposta è semplice. Sono più forti loro. Non sto parlando di padri e madri con tutti quei figli spinti all’esibizione ma senza che nessuno abbia proposto qualcosa di concreto per loro. No, riconosciamolo, è più forte la Chiesa, nella stagione di guerra che ha deciso di sferrare all’Italia.
Passerà, mi sono sentito di predire. La Chiesa tornerà alla carità, al sostegno di poveri e dei deboli, al rispetto di ciascuna persona, anche non battezzata. E al rapporto di attenzione incoraggiante e amichevole verso la scienza. Anzi farà (lo ha già fatto altre volte in passato) inimmaginabili passi avanti, partecipando alla ricerca comune di nuove strade per un mondo che sta morendo.
Tornerà. Fra quante vite? Intanto siamo qui e guardiamo in faccia la realtà.
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Ma perché ne parlo oggi, mentre le notizie sono ben altre? Le notizie sono che è stato firmato un patto per la sicurezza fra la Repubblica Italiana e la signora Moratti, solo perché la signora Moratti ha visto in tempo la famosa “piazza da ascoltare”. Ha fatto scendere in strada sei-settemila militanti di Lega e Forza Italia e il gioco è fatto. Si ascolta la piazza e si decide che la sicurezza viene quando lo decide Moratti. Eppure tutti avevano detto che i reati, nella città della Moratti, sono in diminuzione, che Milano è una delle città più sicure in Europa. Ma adesso siamo chiamati a credere, attraverso la voce di due piazze organizzate, che non solo la famiglia è in pericolo, ma anche Milano.
La Moratti però è molto attiva. Ha inventato il “kit della droga” che vuol dire: compri l’arnese in farmacia e - come prova di amicizia, sostegno e fiducia per il tuo teenager - irrompi nella sua stanza, brandisci la confezione e gli annunci la “prova Pantani”. C’è qualche genitore che ha - o ha avuto - figli teenager, che non rabbrividisca di fronte a questa trovata? C’è. Livia Turco, mamma e ministro della Sanità ha detto, con stupore di chi la segue e la stima, un suo sì così precipitoso che ancora non si sa se sarà il ministero della Salute a somministrare direttamente il “kit” ai ragazzi a scuola. Fioroni, che non solo ascolta le piazze ma le guida contro le leggi proposte dal governo di cui è ministro, certamente ci sta. Nasce una nuova “arancia meccanica” in cui ci pensa il ministero a renderti buono per sempre.
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Cos’altro succede? Succede che il testamento biologico con cui un cittadino dispone, finché è sano, il limite che vuole dare alle cure estreme per essere tenuto in vita, sta saltando perché i cardinali sentono puzza di eutanasia. In un Paese in cui non si ha notizia di proteste e dissensi dei credenti per il corpo di Welby, a cui è stata vietata una benedizione in Chiesa, colpevole di avere troppo sofferto, il fiuto dei cardinali è sovrano. Notate l’evento per non dimenticare l’inizio (il lucido, rispettoso, bene organizzato lavoro del medico cattolico Marino, che presiede la commissione Sanità al Senato) quando si arriverà alla fine. Cioè niente. Cos’altro è in pericolo? Sono in pericolo, o meglio a fine corsa, i Dico, naturalmente, legge modesta ma decente, tessuta con pazienza dai ministri Pollastrini e Bindi, limata al punto da evitare che si parli di “reversibilità della pensione” nelle coppie di fatto, perché non si parli di una imitazione della “vera famiglia”.
Adesso i Dico stanno uscendo di scena. Lo ha detto Fassino a «Radio Anch’io», con sorpresa di tanti che per giunta sono in mezzo al guado, non più Ds e non ancora partito democratico. Ha detto: «Questa è una mano tesa a pazza San Giovanni. Savino Pezzotta dice di no ai Dico e vuole modifiche del Codice Civile. Parliamone». Parliamone. Fassino, su l’Unità di sabato, ha precisato: «Voglio salvare la sostanza dei Dico». Fa piacere sentirglielo dire.
Ma Pezzotta, portavoce di una immensa potenza che occupa l’Italia, non vuole i Dico perché non vuole diritti: vita, morte, accoppiamento consentito e procreazione spettano a questa Chiesa da combattimento e nessuno deve metterci le mani. Perciò, dopo avere ucciso i Dico, che almeno erano un simbolo e un riferimento, si uccideranno a una a una le modifiche, anche le più timide e modeste, del Codice Civile, come in una battaglia di Orazi e Curiazi.
Sarebbe stato più bello, io credo, presentarsi al Paese (cioè agli elettori) e dire umilmente: «Avevamo fatto una buona legge, ma non possiamo approvarla. Non abbiamo più i voti. Li ha bloccati il Vaticano che, per il momento domina la scena avendo deciso di governare - con la sua forza notevole - solo in Italia, visto che gli altri Paesi cattolici non stanno al gioco.
La Chiesa del mondo, insediata a Roma e impegnata nel rapido recupero del potere temporale in Italia, aveva detto «prendere, o lasciare», prefigurando la resistenza di un Parlamento e un governo orgogliosi che, pur di fronte a una immensa pressione, continuano a legiferare e a governare. Non è stato così. La parola d’ordine, adesso, sembra essere «prendere e lasciare». Si afferma un buon proposito, se ne fa una buona legge e appena i cardinali dicono no, tanto per stabilire chi comanda, si abbandona il progetto. C’è già un mucchietto di detriti ai piedi dei monsignori. Fra poco - è un fatto umano, succede così se cedi sempre - alzeranno il tiro. Vorranno molto di più.
furiocolombo@unita.it


Latina Oggi 20.5.07
Se torna Giordano
A Roma non sapevano...
di Luigi Cardarelli


«Sono reduce da un comizio a Latina dove ho scoperto che un senatore di Forza Italia becca anche un compenso in quanto presidente del Cda di Acqualatina. 100 mila euro l’anno». Franco Giordano, leader di Rifondazione comunista butta lì anche l’esempio pontino. L’intervista al «Corriere » è una sfuriata contro i costi della politica e un altro altare dove collocare l’immaginaria icona della questione morale. Noi da qualche tempo circumnavighiamo la politica, tentiamo di isolare qualche idea residua e osserviamo il ciarpame delle ambizioni. E altri, tanti in questa provincia che hanno voglia di buttarla a ridere e hanno a noia le parole che ti svegliano dentro, solo a sentire la questione morale vedono i fantasmi e sbarrano gli occhi. Perché fu quello il tempo degli esami di coscienza prima di riprendere le corse sfrenate e sentire, contenti, il rumore dei soldi. Che oggi anche Bertinotti condanna quando ordina ai questori del- la Camera di compiere una indagine sui costi della politica e afferma con candore che «una parte della rappresentanza politica deve essere gratuita come la militanza politica ». Venga qui da noi, presidente. Perché qui abbiamo studiato percorsi eccellenti, di corsa, la destra parsimoniosa non bada a spese, le società partecipate sono un eldorado e abbiamo difficoltà solo a capire l’origine, la sorgente misteriosa di una ricchezza che ci invade. E che vediamo, splendida e prepotente, in questa campagna elettorale affollata come per la festa del patrono, aspra come una guerra, ricca come una tombola. Perché, così come ha detto Giordano, a Roma non sapevano che il senatore Fazzone è anche presidente di Acqualatina. Ma anche coordinatore di Forza Italia, riferimento ampio e forte della politica e dell’economia nella zona sud della Provincia. Perché a Roma non sanno che abbiamo anche un certo Vincenzo Bianchi che è stato parlamentare di Forza Italia, è anche vice sindaco del capoluogo, assessore ai trasporti, vice coordinatore di Forza Italia, presidente di Latinambiente. I costi della politica li verificheranno i questori della Camera, noi qui li vediamo ogni giorno, abbiamo il privilegio del reality. Venga più spesso il segretario di Rifondazione il quale si meraviglia del nostro Consiglio di amministrazione delle Terme senza... Terme. Sappiamo fare anche di più: il partito dei costruttori, per esempio, puoi vederlo solo di profilo, incerto e non identificabile. Ma è nato e cresce perché qui abbiamo scoperto che si può fare tutto senza Piano Regolatore o ripescando le carte che prevedevano una città di duecentomila abitanti. Se Giordano sgrana gli occhi per Fazzone presidente, a noi resta il rammarico di non poter offrire il resto dello spettacolo. A Roma non sanno dei capolavori in cartellone nell’ultimo anno alla commissione urbanistica. E nessuno ancora conosce bene la struttura, la funzione, la... dinamica economica della SpA di Armando Cusani, un genio di ragazzo cresciuto da Sperlonga a Latina con una inclinazione naturale verso la politica dei... fatti e delle imprese. E a Roma non sanno che abbiamo mille candidati per quaranta posti in Consiglio comunale e un esercito in armi per le Circoscrizioni. Nessuno si azzarda a calcolare il volume di affari. Pensi, Giordano, che due candidati si sono annullati per quattro volte in un giorno a via del Lido occupando tutti gli spazi. Uno sull’altro, una barca di soldi, un mare di imbecillità. Non vorremmo, insomma che a Roma pensassero di conoscere il meglio e il peggio del mondo. Qui il laboratorio nato nel ‘93 non ha prodotto capolavori ma curiosi prodotti e tipi della politica cosiddetta «applicata». E accadono fatti che a Roma Giordano o Bertinotti non capirebbero. Qualche sera fa un candidato ha svegliato il quartiere Nicolosi e ha promesso mille lampadine. Proprio così. Gli episodi minimi danno la misura della questione che nessuno vuole chiamare morale. E se azzardi a dire qualche concetto che somigli vagamente alla politica diventi un sovversivo. Dell’ordine immorale costituito. Non sanno a Roma, per esempio, che An, il partito che guida la città, è retta da un commiussario da quasi tre anni. C’era Pedrizzi, c’è Moffa. E non sanno perché. Giordano, venga più spesso da noi. E al Senato cerchi Fazzone. E’ uno che sa.