domenica 3 giugno 2007

Hans Christian Andersen
L'INTREPIDO SOLDATINO DI STAGNO


C'erano una volta venticinque soldatini tutti fratelli, perchè tutti fusi fuor dallo stesso vecchio cucchiaio di stagno. Avevano il fucile in ispalla, la divisa rossa e turchina, proprio bella, e tutti guardavano diritto dinanzi a sè. La prima cosa che udirono al mondo, quando fu tolto il coperchio della scatola, fu il grido: «Soldatini di stagno!» Chi aveva gridato così, battendo le mani, era un ragazzo, e i soldatini gli erano stati regalati per il suo natalizio. Egli li mise tutti sulla tavola: ogni soldato era identico agli altri; soltanto, per quello che era stato fuso l'ultimo, non era rimasto stagno abbastanza, e così gli era venuta una gamba sola; ma egli stava altrettanto saldo sull'unica gamba, quanto gli altri, che ne avevano due; e fu appunto questo soldatino che si distinse.
Sulla tavola, sulla quale si trovavano, c'erano molti altri balocchi; ma quello che più attirava lo sguardo era un grazioso castello di cartone. A traverso alle piccole finestre, si poteva vedere dentro, nella sala. Dinanzi al castello, certi alberelli erano piantati attorno ad un pezzettino di specchio, che doveva raffigurare un limpido lago; e sul lago nuotavano specchiandosi alcuni piccoli cigni di cera. Tutto questo era molto bellino; il più bello di tutto, però, era una piccola signora, ritta vicino al portone aperto del castello; anch'essa di cartone, ma con un vestito di velo leggerissimo, ed un sottile nastrino azzurro sulle spalle, posto a mo' di sciarpa: nel mezzo del nastro era appuntata una stellina lucente, grande come tutto il suo viso. La signora arrotondava con grazia le braccia al di sopra del capo, perchè era una ballerina, e teneva un piede così alto, per aria, che il soldato, non vedendolo, credette che anche lei avesse una gamba sola.
«Quella mi andrebbe bene per moglie!» — pensò: «Ma è troppa aristocratica per me: abita un castello, ed io non ho che una scatola, che debbo dividere con altri ventiquattro compagni: non sarebbe casa per lei. Voglio vedere, però, se mi riesce di fare la sua conoscenza.» — E si distese quant'era lungo dietro ad una tabacchiera, che stava anch'essa sulla tavola. Di lì poteva osservare comodamente la bella donnina, che non si stancava mai di starsene ritta su una gamba sola, senza mai perdere l'equilibrio.
Venuta la sera, gli altri soldatini di stagno furono riposti nella loro scatola, e quelli di casa andarono a letto. Allora i balocchi incominciarono a giocare per conto loro: un po' facevano è arrivato l'ambasciatore, un po' il lupo e le pecore, o la festa da ballo. I soldati strepitavano dentro alla scatola, perchè avrebbero voluto unirsi anch'essi al gioco, ma non riuscivano a sollevare il coperchio. Lo schiaccianoci faceva le tombole, e la pietra romana si sbizzarriva in mille ghirigori sulla lavagna. Fecero un chiasso tale, che il canarino si destò ed unì il suo canto all'allegria generale, ma sempre in versi però. I soli che non si mossero dal posto furono il soldatino e la ballerina. Essa rimase ritta come un cero sulla punta d'un piede, con le braccia levate al di sopra del capo; egli, altrettanto imperterrito sull'unica gamba, non le tolse un istante gli occhi di dosso.
Battè la mezzanotte, e tac!... saltò il coperchio della tabacchiera; ma non c'era tabacco dentro, c'era un diavolino nero, perchè era un balocco a sorpresa.
«Soldatino,» — disse il diavolo nero: «A forza di guardare, ti consumerai gli occhi!»
Ma il soldatino fece come se non avesse udito.
«Sì, aspetta domani, caro!» — ammonì il diavolino.
Quando venne il mattino e i fanciulli si alzarono, il soldatino di stagno fu posato sul davanzale della finestra, e, fosse il diavolo nero od un colpo di vento, la finestra si spalancò a un tratto, e il soldatino precipitò dal terzo piano a capofitto nel vuoto. Fu una tombola tremenda: tese l'unica gamba all'aria, e rimase a baionetta in giù, con l'elmo fitto tra le pietre del selciato.
La domestica ed il ragazzino corsero subito giù a cercarlo; gli andarono vicino che quasi lo pestavano, e pure non riuscirono a vederlo. Se il soldatino avesse gridato: «Eccomi qui!» — l'avrebbero subito raccattato; ma, essendo in divisa, non gli parve decoroso mettersi a gridare.
Incominciò a piovere; i goccioloni, radi da prima, si fecero sempre più fitti, sin che venne un vero acquazzone. Quando spiovve, capitarono due monelli.
«Guarda, guarda!» — esclamò l'uno: «Un soldatino di stagno! Facciamolo andare a vela!»
Fecero una barchetta con un pezzo di giornale, ci misero il soldato e lo vararono nel rigagnolo della via. I due ragazzi gli correvano appresso battendo le mani. Cielo, aiutami! Che onde c'erano in quel rigagnolo e che corrente terribile! La pioggia doveva proprio esser caduta a torrenti! La barchetta di carta beccheggiava forte forte, e tal volta girava così rapidamente, che il soldato sussultava. Ma rimaneva intrepido, però, nè mutava colore; guardava sempre fisso davanti a sè e teneva il fucile in ispalla.
Improvvisamente, la barca scivolò in un tombino; e lì poi era buio pesto, come nella sua scatola.
«Dove sarò mai capitato?» — pensava: «Sì, sì, quest'è tutta opera del diavolo nero. Ah, se ci fosse qui, nella barchetta, la donnina del castello, mi sentirei tutto consolato, per buio che fosse!»
In quella, sbucò un vecchio ratto, che nel tombino aveva la sua casa.
«Hai il passaporto?» — domandò il ratto: «Fuori il passaporto!»
Ma il soldato rimase muto e si contentò di tener l'arma ancora più salda. La barchetta seguitava, e il ratto dietro. Uh! come digrignava i denti, e come gridava a tutti i fuscelli, a tutte le pagliuzze: «Fermatelo! fermatelo! Non ha pagato pedaggio, non ha presentato passaporto!»
La corrente divenne sempre più forte: il soldatino incominciava a veder chiaro già prima d'essere fuori del tombino; ma, proprio nel medesimo tempo, sentì uno scroscio tale, che avrebbe fatto tremare anche il cuore dell'uomo più valoroso. Figuratevi che il rigagnolo, appena fuori di quel passaggio, si buttava in un largo canale con un salto altrettanto pericoloso per la barchetta quanto sarebbe per noi la cascata del Niagara.
Oramai, il pericolo era così vicino, che egli non poteva più evitarlo. La barchetta precipitò; il povero soldatino si tenne ritto, alla meglio, perchè nessuno potesse dire d'averlo nemmeno veduto batter palpebra. La barca girò su se stessa tre o quattro volte, si riempì d'acqua sino all'orlo, sì ch'era sul punto di calare al fondo: il soldato era nell'acqua sino al collo, e la barca sprofondava sempre più giù, sempre più giù: la carta inzuppata era lì per isfasciarsi: già l'acqua si richiudeva sopra il capo del soldato... Egli pensò allora alla graziosa ballerina, che non avrebbe mai più riveduto, e un ritornello gli risonò agli orecchi:

Soldato, dove vai?
La morte incontrerai!

La carta si lacerò ed il soldato cadde di sotto; ma proprio in quel momento, un grosso pesce lo inghiottì.
Allora sì, che si trovò al buio davvero! Si stava ben peggio lì che nel tombino, e pigiati poi... Ma il soldato rimase imperterrito, e, anche così lungo disteso, mantenne pur sempre il fucile in ispalla.
Il pesce non si chetava un momento: correva qua e là con certi guizzi terribili; alla fine, si fermò e parve traversato come da un baleno: e allora qualcuno gridò forte: «Oh! il soldato di stagno!»
Il pesce era stato pescato, e poi portato al mercato e venduto, ed era capitato in cucina, dove la cuoca l'aveva aperto con un grande coltello.
Allora la cuoca prese il soldato con due dita a traverso il corpo e lo portò in salotto dove tutti vollero vedere quest'uomo meraviglioso, che aveva viaggiato nel ventre d'un pesce. Ma non per questo egli mise superbia: fu posto sulla tavola, e là... — Davvero che in questo mondo si dànno certi casi meravigliosi!... — Il soldatino di stagno si trovò per l'appunto nello stesso identico salotto di dov'era partito, si vide attorno gli stessi bambini, e vide sulla tavola, tra gli stessi balocchi, lo splendido castello con la bella ballerina, che se ne stava sempre ritta sulla punta di un piede ed alzava l'altro per aria, intrepida anche lei. Il nostro soldatino ne fu tanto commosso, che avrebbe pianto lacrime di stagno, se non gli fosse parso vergogna. Egli la guardò, ed essa guardò lui, ma non si dissero nulla.
A un tratto, uno dei bambini più piccini afferrò il soldato e lo gettò nella stufa, così, proprio senza un perchè al mondo. Anche di ciò doveva aver colpa il diavolo nero della scatola.
Il soldatino si trovò tutto illuminato e sentì un terribile calore: egli stesso non riusciva a distinguere se fosse il fuoco vero e proprio, o l'immenso, ardente suo amore. Non gli era rimasto più un briciolo di colore: fosse poi conseguenza del viaggio o delle emozioni nessuno avrebbe potuto dire. La ballerina lo guardava ed egli guardava lei; e si sentiva struggere, ma rimaneva imperterrito, col fucile in ispalla. In quella, una porta si spalancò; il vento investì la signorina, ed essa, volando come una silfide, andò proprio difilata nel caminetto presso il soldato: una vivida fiamma... e poi, più nulla. Il soldato si strusse sino a diventare un mucchietto informe, e il giorno dopo, quando la domestica venne a portar via la cenere, lo trovò ridotto come un cuoricino di stagno. Della bambolina non rimaneva altro che la piccola stella, ma tutta bruciata, nera come il carbone.
l'Unità 3.6.07
Psicopolitica per tutti
di Luigi Manconi e Andrea Boraschi


Elezioni alle spalle, giorni di analisi e bilanci. Non vogliamo tentarne di nostri, non nel senso classico della cosa; piuttosto, vorremmo ragionare di questo tornata elettorale da una prospettiva in larga misura ignorata. Trarre valutazioni di carattere nazionale da un voto amministrativo è sempre problematico, talvolta inopportuno. Ci sono classi dirigenti locali alla prova, in una competizione del genere; e cittadini che scelgono, tra «questo e quello», la persona che sembra mostrare maggiori garanzie di buon governo, senza necessariamente fare ricorso a schemi politici mutuati dal quadro nazionale. Premesso questo (premesso, cioè, che quanto risultato dalle urne è soprattutto un indice della qualità della presenza di partiti e candidati sul territorio), negare che il clima che si respira nel paese - in tutte le sue varianti e con le sue mille eccezioni - non abbia inciso sui risultati, sarebbe sciocco. E qui valgono due considerazioni. La prima riguardo a come vivere in Italia sia divenuto, oramai da alcuni anni, più difficile, faticoso, pericoloso. Utilizziamo questo ultimo termine non in riferimento al tanto sbandierato «allarme criminalità» (se leggiamo numeri e statistiche, vediamo che i reati, negli ultimi 15 anni, non sono sostanzialmente aumentati), quanto, piuttosto, al rischio della marginalità, della povertà, della disoccupazione e della precarietà, cui larghe fasce della popolazione sono, sempre più esposte. La seconda considerazione riguarda quel rinfocolarsi delle pulsioni antipolitiche, da almeno un ventennio serpeggianti nell’elettorato, di cui ha detto D’Alema nelle scorse settimane: un’analisi, la sua, sulla quale si può convenire in larga parte. Il quadro, dunque, è quello di un paese inquieto per le difficoltà e ansioso per frustrazioni non più esperite da decenni - o in larga parte inedite - che non vede nella politica soluzione alcuna ai suoi mali; che non legge la politica come transito a un futuro migliore; che appare disilluso dinanzi alla crescente divaricazione tra programma politico condiviso (e per il quale si è votato) ed esercizio del potere. Questo paese ha mandato un segnale forte all’attuale maggioranza, da misurarsi tanto sui dati elettorali quanto su quelli relativi all’astensionismo.
È evidente: non è cosa facile gestire una siffatta situazione e affrontare una tornata elettorale senza andare incontro a un risultato negativo. E, tuttavia, non è neppure possibile ritenere che un esecutivo, in un paese democratico, sia semplicemente «vittima» dello stato delle cose. Meglio è continuare a credere che la situazione sociale ed economica sia funzione, almeno parziale, delle capacità di chi lo governa; meglio, se si vuole continuare a riporre speranza e intelligenza nel processo democratico. In questo senso, non si può considerare - non più di tanto - il governo Prodi responsabile dell’andamento della bilancia commerciale, delle dinamiche occupazionali, del debito pubblico, del costo della vita: è in carica da un solo anno, un periodo davvero troppo breve per incidere su elementi strutturali di questa portata.
Non altrettanto può dirsi rispetto al «clima psicologico» che contraddistingue il rapporto tra cittadinanza e istituzioni e classe politica. Vogliamo prendere tre questioni che ci stanno a cuore: indulto, unioni civili, testamento biologico. Perché sono questioni controverse, sulle quali il dibattito pubblico, si è acceso e intensificato, talvolta finendo in gazzarra. E perché sono temi «forti». Sull’indulto si è scritto e detto di tutto. Resta un dato: che il centrosinistra non ha saputo e - peggio - voluto difendere un provvedimento sacrosanto, approvato dalla stragrande maggioranza del parlamento: che ha risanato lo stato di illegalità cronica in cui si trovavano le nostre carceri, gettando basi indispensabili per una seria riforma della politica penale. E una qualsiasi parte politica che si voglia rispettosa dei diritti umani non avrebbe potuto agire diversamente. Stiamo parlando di un provvedimento che non estingue la pena, che non si applica alle pene accessorie e che non annulla gli altri effetti penali della condanna: è uno sconto di pena di 3 anni, non un’amnistia generalizzata. L’attuale maggioranza ha lasciato che divenisse uno psicodramma nazionale, l’ennesima «emergenza» e il nuovo «allarme sicurezza», buono per essere cavalcato dalla destra e dagli imprenditori politici della paura. I Dico: ben più moderata di quella inizialmente formulata, questa proposta vorrebbe introdurre un mero elemento di buon senso nel quadro normativo italiano: il principio in base al quale convivenze stabili, che si protraggono per anni, che spesso comprendono figli, possano trovare riconoscimento in una serie di diritti, doveri e garanzie, volti semplicemente a regolamentare una situazione che è già «di fatto» per milioni di cittadini. Nessun matrimonio di serie B, nessun «matrimonio gay», nessun attacco alla famiglia: solo una normativa assai più timida di quelle da tempo in vigore nella maggior parte degli altri stati europei. Anche qui, le retromarce, le smentite, le frenate e i ripensamenti sono sotto gli occhi di tutti.
Infine, il testamento biologico. Su questo fronte i giochi sono più aperti: ma le nubi si vanno addensando e non è da escludersi che l’opposizione di una parte del mondo cattolico e le parole e le gesta di chi «è solo un escamotage per introdurre l’eutanasia» (ma non scherziamo) non portino, anche in questo caso, a un annacquamento della proposta, oggi ragionevolissima: e non inducano a una prudenza sterile, consigliando di battere in ritirata invece di fare un investimento politico chiaro e coraggioso, che spieghi davvero al paese quali diritti si intende riconoscere al malato e a quali sofferenze gli si vuole consentire di di sottrarsi.
Sono, queste ed altre, materie complesse, sulle quali raccogliere una maggioranza in parlamento. Ma, crediamo, se c’è un segnale che viene da questo voto amministrativo, esso non spiega meramente una questione di deficit di consenso. Racconta, piuttosto, di un paese stanco di una politica che non affronta i problemi o li affronta con troppa timidezza; incapace di cambiare, modernizzare, tradurre in azione gli stimoli che le vengono dal corpo sociale, tenuta ostaggio da una «sondocrazia» impazzita. Una politica siffatta, giornalmente impaurita dal barometro di un’opinione pubblica che probabilmente «non esiste» (Pierre Bordieu), non manca del «coraggio dell’impopolarità»: manca della responsabilità e dell’audacia necessarie a governare. E dell’impegno, costante e faticoso, di parlare al paese e di spiegare le proprie buone ragioni.

Repubblica 3.6.07
Due reportage scatenano i lettori. Sansonetti sotto accusa, l'ambasciatore lo "convoca"
"Liberazione" critica Cuba Rifondazione in subbuglio
di Giovanna Casadio


ROMA - Oltrepassare Marx, e ora anche Fidel. Ma il "mito di Cuba" smontato da due reportage su Liberazione ha scatenato le ire dei rifondaroli. Mezzo partito in subbuglio, il quotidiano di Rifondazione invaso da centinaia di mail e lettere di protesta, il direttore Piero Sansonetti sotto accusa. Lo "strappo" sul castrismo era per la verità già nelle cose: basta scorrere le scelte più recenti, gli interventi dell´ex segretario Fausto Bertinotti, l´ultimo dei quali in Cile all´inizio dell´anno. Là, il presidente della Camera - che resta sempre nel cuore dei militanti il "lìder maximo" - aveva lodato la «rivoluzione mite di Allende oscurato dal mito del Che».
Ma una cosa è Bertinotti nella sua veste istituzionale a Palazzo della Moneda, altra che il quotidiano del partito racconti senza giri di parole nei servizi dell´inviata Angela Nocioni il «regime» cubano. Una sollevazione. Sansonetti risponde con un editoriale duro: «Non me la sento di condannare in blocco il castrismo perché conosco bene il valore che ha avuto... ma questo non mi impedisce di considerare l´odierno regime cubano, un regime non solo lontano ma inconciliabile con l´idea di una sinistra moderna: l´opposto». Parla della mancanza dei presupposti fondamentali della democrazia. Apriti cielo. Anche oggi una pagina intera del quotidiano sarà occupata dalle reazioni sdegnate, dal "processo" che i dirigenti trotzkisti e operaisti annunciano di volere fare in direzione, domani. Senza escludere la richiesta di dimissioni del direttore. Per Sansonetti si annuncia un lunedì di fuoco: l´ambasciatore di Cuba a Roma lo ha "convocato" per una franca discussione.
Ma anche per il segretario di Rifondazione, Franco Giordano domani non sarà una passeggiata. Se Giordano si aspettava in direzione un clima teso sulle pensioni e il "tesoretto", imprevisto è lo scontro su Fidel Castro, su Cuba all´epoca del fratello Raul e, in definitiva, sull´identità di Rifondazione. Bertinotti - dicono i bene informati - si sarebbe complimentato per il «coraggio» di Sansonetti. Una come Rina Gagliardi, comunista storica, senatrice del Prc, apprezza e rilancia: «Non è uno strappo. Stiamo da tempo discutendo di una cultura politica da cui venga eliminata ogni traccia di fondamentalismo. E questo vale anche per Cuba. Ci sono compagni che hanno la mitologia di Cuba, io non l´ho mai condivisa». Come critico è stato il «compagno Pietro Ingrao», ricorda Gagliardi, anche se è chiaro che in alcune fasi «bisognava difenderla Cuba».
Il malumore dei rifondaroli è tale che non riguarda solo le ali estreme del partito. Fabio Amato, responsabile esteri, ha preparato un intervento per Liberazione nel quale parte dalle questioni generali e conclude lapidario: «È stata una rappresentazione riduttiva quella del quotidiano. Cuba è accerchiata. Quando c´è da criticare, noi lo facciamo ma dipende dai temi». Gennaro Migliore, presidente dei deputati del Prc ed ex responsabile esteri, al congresso di Rifondazione del 2005 aveva criticato Cuba sulla pena di morte, tuttavia adesso anche lui è scettico soprattutto sui «cinque eroi» spacciati come semplici «spie». «Caro direttore non trovo parole per esprimere la mia indignazione...», esordisce il senatore Claudio Grassi, di "Essere comunisti". È la «dose settimanale di anticastrismo» secondo il senatore Fosco Giannini e Alessandra Riccio. La "storica" compagna Bianca Bracci Torsi chiede: «Quale organismo del mio partito ha consentito una campagna contro Cuba...». Sansonetti la definisce invece «un´operazione-verità». E ammette: «Non mi aspettavo reazioni così dure, non credo però che nella maggioranza del partito resista il mito di Cuba».

Liberazione 2.6.07
Intervista al filosofo e direttore della Fondazione Basso che punta l'indice contro la recente
esternazione del presidente di Confindustria e i rischi di nuove disuguaglianze
Marramao: «Montezemolo? Una retorica del merito grave e discriminatoria»
di Vittorio Bonanni


Docente di Filosofia politica all'Università "Roma tre" e direttore della Fondazione Basso, Giacomo Marramao è sicuramente uno degli intellettuali più prestigiosi della sinistra italiana. Un interlocutore autorevole dunque al quale chiedere un'opinione sugli sviluppi del quadro politico italiano e sulla recente esternazione di Luca Cordero di Montezemolo. Il presidente della Confindustria aveva denunciato la mancanza di una classe politica in grado di governare il Paese e riesumati termini come merito e meritocrazia, elementi cardine, secondo il suo parere, per rifondare l'Italia. Proprio su questo punto abbiamo invitato Marramao a riflettere. «Qui accorre intendersi su cosa significa la parola merito - dice il filosofo - Io mi sono formato in una università che era quella dei grandi maestri, dove il merito veniva assolutamente considerato. Certamente va precisato che a livello di società complessiva non si è valutato sempre il merito ma in realtà altre prerogative, come per esempio quella dell'appartenenza della persona ad un determinato orientamento. Hanno prevalso così logiche di fedeltà o di appartenenza politica appunto rispetto alla valutazione obiettiva».

Una caratteristica della Prima repubblica, non crede professore?
«Questa sottovalutazione del merito è stata una prerogativa non tanto della sinistra quanto della logica di potere democristiano che ha favorito una politica della protezione e dell'assistenza soprattutto delle componenti che erano legate alla grande area che la Democrazia cristiana in qualche modo rappresentava insieme ad i suoi alleati. Il posto di lavoro era diventato un elemento di scambio rispetto alla fedeltà politica ed elettorale. Questo è stato un dato che ha caratterizzato in qualche modo la vicenda dello stato assistenziale italiano che da questo punto di vista è stato molto diverso dal welfare state della grandi esperienze socialdemocratiche europee, dal Regno Unito alla Germania passando per i paesi scandinavi. Da questo punto di vista se noi poniamo il merito in contrasto con il posto di lavoro inteso come scambio in relazione ad una fedeltà politica o elettorale, è del tutto evidente che la cosa è giusta».

Anche se adesso si rischia di passare ad una sorta di esaltazione del merito, non crede?
«Certamente. Ho l'impressione che adesso stia prevalendo una sorta di retorica del merito che non tiene conto del fatto che in ogni ambito della società, soprattutto di una società come la nostra, globalizzata, si possano creare delle disuguaglianze molto dure che si verificano sulla base di determinati criteri di valutazione, ora connessi ad una malintesa idea di performatività e di efficienza del sapere legata, tanto per intenderci, alle famose tre "i" berlusconiane: informatica, inglese e impresa. Tre "i" che sono passate in larga parte nella concezione del merito della cultura di una parte della sinistra italiana. Questa retorica è pericolosissima perché determina una discriminazione non tra le persone veramente meritevoli e quelle che lo sono di meno, ma tra coloro che appunto rispondono di più a questi criteri e quelli che non rispondono».

Come si può contrastare questa tendenza?
«Bisognerebbe favorire una politica della formazione, della scuola e in prospettiva del lavoro, che sia in grado di promuovere le facoltà e i talenti di ciascuna persona e cominciare a dire con forza che il diritto al lavoro è uno dei diritti fondamentali della persona».

In questo senso appare paradossale l'affermazione di Montezemolo, che sembra non tenere conto che il lavoro, anche quello qualificato, è ormai estremamente precarizzato...
«E' assolutamente un paradosso, e rischia di essere una retorica del merito che in realtà ha come suo risvolto una pratica effettiva delle nuove disuguaglianze che si vengono a determinare. Il punto di partenza di una politica seria della sinistra dovrebbe essere basata sulla lotta contro il precariato e contro il lavoro e il merito usati come arma a questo punto non più di scambio, come avveniva nella politica assistenziale democristiana, ma di ricatto: o tu ti modelli sulla base degli standard delle tre "i" o altrimenti sei fuori dal mercato del lavoro. In Italia già si stanno costituendo delle ridicole università o scuole superiori che dovrebbero corrispondere a questi standard di formazione, dove gli allievi "bravi" e "meritevoli" sono quelli che più si conformano appunto a quegli standard. Una cosa di questo genere la trovo molto pericolosa e naturalmente contro il diritto allo studio e al lavoro».

Ua tendenza che potrebbe innescare un meccanismo competitivo deleterio...
«Il rischio è appunto un logica di tipo socialdarwinista che ci farebbe fare molti molti passi indietro e che per certi versi sta riportando, per esempio, i settori dell'economia americana a livelli di negazione dei diritti che non si vedevano dall'epoca della prima rivoluzione industriale».

Tornando a Montezemolo, come valuta uno scenario, come quello italiano, caratterizzato da una crisi profonda della classe politica e che potrebbe dare spunto ad avventure pericolose per la nostra democrazia?
«Montezemolo ha detto una cosa assolutamente ovvia, cioé che manca alla politica un progetto paese. Naturalmente si potrebbe anche fare una facile ritorsione: non si vede dove stia il progetto paese del ceto imprenditoriale italiano. Semmai di progetti ne ha tanti e sono tutti estremamente eccentrici. Insomma non mi sembra che la borghesia imprenditoriale italiana esprima un ceto dirigente degno di questo nome.
Comunque non c'è dubbio che la politica italiana non vola alto. A questo punto credo sia necessario un esame di coscienza serio di questo paese. La sinistra ha dimostrato in maniera caricaturale i propri limiti insiti nella difesa innanzitutto delle nomenclature e delle logiche di apparato. E non compie quella prima operazione che la politica deve compiere: quel rimescolamento delle carte rispetto al ceto politico che richiede naturalmente anche dei sacrifici. Alcuni che non sanno fare politica devono farsi da parte. E quelli che non sono stati capaci di capire i mutamenti che avvengono nella società devono appunto farsi da parte. E non è una questione banalmente generazionale. Ci sono dei trentacinque-quarantenni altrettanti sordi dei settantenni. Certo, è anche vero che a livello statistico c'è in Italia un problema generazionale. Ma bisogna affrontarlo partendo non dalla facciata o dall'immagine ma dai contenuti effettivi che ciascun leader o militante politico è in grado di esprimere. Esistono oggi nella societ� italiana straordinarie competenze, straordinarie esperienze sociali e di militanza politica che non sono state assolutamente valorizzate. Esistono dei punti alti del sapere che non vengono assolutamente ascoltati dai politici. Io penso che da lì si deve cominciare e credo che la sinistra debba elaborare un suo programma effettivo: per un verso aprire in futuro ad una società che sia più dinamica e in grado di avviare processi di trasformazione in qualche modo liberatori attraverso una nuova cultura da socialismo libertario. Dall'altro, ed è questa la quadratura del cerchio, deve impostare una politica di riaffermazione dei diritti fondamentali e fra questi, oltre a quello della libertà e dei diritti civili più in generale, c'è il diritto al lavoro. E dunque il diritto a veder riconosciute e promosse le proprie capacità e i propri talenti e costruire in qualche modo un sistema di formazione e di organizzazione del lavoro che sia funzionale a tutto questo.

sabato 2 giugno 2007



















le immagini qui pubblicate sono tratte, nell'ordine, da Repubblica la prima, dal Corsera le seconde due e sempre da Repubblica l'ultima


































Auditorium Parco della Musica - Roma
2 giugno 2007
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fotografie di Barbara De Luca
l’Unità 2.6.07
Il leader di Rc con gli allievi dello psichiatra. Si inchina a Marx e rivaluta Celine scrittore
Bertinotti si esalta con i «fagiolini»
di Giuseppe Vittori


La sinistra alternativa, in Italia e in Europa, ha il «grande compito storico» di riorganizzarsi con l’ambizione «di diventare protagonista del futuro della Ue». La «nuova politica» della sinistra deve raccogliere dei «lasciti importanti» dalla sua storia, uno su tutti il pensiero «imprescindibile» di Karl Marx, ma deve essere consapevole che «senza ripensamenti» non potrà riprendere il suo cammino. Il ragionamento, firmato Fausto Bertinotti, non è nuovo. La platea invece è quella molto «comunista», nelle modalità di incontro (sedute di analisi collettive, pubbliche e gratuite) più che nell’aspetto, dei «fagiolini», gli adepti dello psichiatra Massimo Fagioli, che dal 1975 porta avanti seminari di ricerca collettivi sulla psiche umana, con la convinzione, ribadita oggi, che tale ricerca sia un’esclusiva della sinistra. Davanti all’accoglienza attenta e calorosa di 1200 persone, riunite nella sala Sinopoli dell’Auditorium (altre 700 si sono dovute accontentare di seguire l’evento dal maxischermo nella più piccola sala Petrassi), Bertinotti, però, smentisce la convinzione del popolo di Fagioli: «La ricerca può avvalersi del contributo di pensieri reazionari; la sinistra per troppo tempo si è cullata nell’idea che la destra fosse ignorante e rozza». Un’idea che, confessa, ha accompagnato anche parte della sua storia personale: «Ho pensato per molti anni che bene e sinistra fossero equivalenti e cioè che la collocazione di sinistra fosse in grado di produrre il giusto e che le buone ricerche fossero tendenzialmente di sinistra». Ora però «credo che purtroppo non sempre si possa avere questo elemento rassicurante e che la destra non è sempre priva di una capacità di ricerca». Per dimostrarlo Bertinotti porta due esempi: «Una volta se mi si chiedeva di Sironi, preferivo parlare di Picasso. Ora nel mio studio ho un suo quadro ed è uno spettacolo commovente». E ancora, lo scrittore Celine: «È antisemita, ma la sua ricerca sulla scrittura è imprescindibile». Il popolo dei fagiolini non fa una piega, applaude ad ogni intervento di Bertinotti e, al termine del dibattito, durato 3 ore, gli regala una standing ovation che lo fa commuovere. Per loro nulla è cambiato dal 5 novembre del 2004 quando a Villa Piccolomini incontrarono l’allora segretario del Prc. «I termini socialismo e comunismo - spiega Bertinotti (da ieri in edicola la sua rivista - all’inizio del terzo millennio sono stati sconfitti ma occorre rimettersi in cammino», «appartengono ad un mondo che non c’è più ma l’anelito non è finito» anche perché «la società in cui stiamo non è accettabile». E allora, rileva l’ex segretario del Prc, «la sinistra italiana è ad un bivio: ha esaurito la sua funzione di pars destruens, che pure ha portato i suoi elementi di innovazione come la non-violenza, e occorre che entri nella pars costruens con l’ambizione più rilevante del semplice intervento nella sfera economico-sociale: la sinistra alternativa deve produrre una cultura che determini egemonia», nella nozione gramsciana. «Questo - rileva Bertinotti - è un grande compito storico». Per esempio ritrovarla al Nord, con un nuovo «Vento del nord».

Corriere della Sera 2.6.07
Il presidente della Camera a un incontro con i «seguaci» dello psicanalista Massimo Fagioli. «Bene e sinistra non sono equivalenti. Lo scrittore francese e il pittore lo dimostrano»
Bertinotti ritrova i «fagiolini». E cita Céline e Sironi
di Fabrizio Roncone


PSICHIATRA. Massimo Fagioli porta avanti seminari di ricerca collettivi sulla psiche umana REGISTA. C'era anche Marco Bellocchio tra gli ospiti "illustri" dell'incontro

ROMA — La scena finale spiega molto, quasi tutto. Sul palco della Sala Sinopoli, qui, all'Auditorium, c'è Fausto Bertinotti che — occhi liquidi, voce rauca, una commozione nient'affatto trattenuta — saluta la platea con la quale ha dibattuto per oltre tre ore e che, adesso, lo congeda con un applauso insistito, eloquente, vien da scrivere appassionato. Lo sguardo scorre sui ranghi di studenti, di psichiatri, di psicologi e docenti, sul piccolo formidabile esercito di «fagiolini» che l'ex guru degli anni Settanta, l'ex giovane e talentuosa promessa della psicanalisi freudiana, scossa fino a guadagnarsi l'esaltante e faticosa fama di eretico, che il professor Massimo Fagioli, appunto, ha guidato questa mattina innanzi al Presidente della Camera.
Esiste un solido legame tra la popolazione dei cosiddetti «fagiolini» — sono proprio loro, con sofisticata ironia, a definirsi così — e Fausto Bertinotti. Egli li incontrò l'ultima volta nella loro libreria di riferimento, «Amore e Psiche», e l'occasione era, politicamente, assai importante: l'allora gran capo di Rifondazione comunista presentava infatti la propria candidatura alle primarie dell'Unione (pomeriggio del 26 luglio 2006, centro storico di Roma, caldo torrido, bandiere rosse). Tuttavia, l'incontro al quale abbiamo appena assistito ha, se possibile, un peso maggiore. Bertinotti è venuto a dire cose non proprio scontate, a una una platea che adora definirsi comunista, che da anni si ritrova periodicamente in sedute di analisi collettive, pubbliche e gratuite, che sfrontatamente spiega come la ricerca sulla psiche umana sia un'esclusiva dell'essere umano di sinistra.
Ebbene, questa platea si è sentita spiegare da Bertinotti che «la sinistra, purtroppo, ha il torto di essersi per troppo tempo cullata nell'idea che la destra fosse rozza e ignorante». L'ex lider maximo del Prc ammette: «Io stesso, per anni, ho pensato che "bene e sinistra" fossero equivalenti e quindi che la collocazione di sinistra fosse in grado di produrre il giusto e che pure le buone ricerche fossero, tendenzialmente, di sinistra». Lo ascoltano in un silenzio profondo. «Vi faccio un paio di esempi». Così parla di pittura. «Una volta, se mi chiedevano un giudizio su Sironi... beh, rispondevo che preferivo ragionare su Picasso. E invece, ecco, adesso nel mio studio a Montecitorio ho proprio un Sironi e vi dico, credetemi, è uno spettacolo commovente...». Ha cambiato idea anche su uno scrittore emblematico come Louis-Ferdinand Celine: «Va bene, certo, è antisemita... ma non si può prescindere dalla sua ricerca sulla scrittura».
Non si può prescindere, naturalmente, «neppure da Carlo Marx». E tuttavia, partendo da questo, Bertinotti ammonisce: «Se però la sinistra alternativa, in Italia e in Europa, vuole assolvere al suo grande compito storico di riorganizzarsi, deve sapere che senza ripensamenti, senza indagare in nuovi territori, non potrà di certo riprendere alcun cammino».
A questo punto sono cominciati ad arrivare i primi applausi, i fotografi hanno cercato lo sguardo soddisfatto della moglie Lella e quello assorto del registra Marco Bellocchio. A turno, microfono in mano, si alzavano «fagiolini» pieni di interrogativi e, a volte, di provocazioni: e non sono stati pochi quelli che, con malcelata disinvoltura, hanno dato sfoggio di cultura. Per arrivare a fare una domanda su Fabio Mussi, «lo scissionista», c'è chi è partito da Platone, passando per Lenin e planando su Enrico Berlinguer.
Tre ore andate via così. Appena accennando al motivo ufficiale dell'incontro, che era l'uscita del primo numero di «Alternativa per il socialismo», la nuova rivista diretta dal Presidente della Camera. Il quale, ora, è addirittura atteso fuori, sul limitare della cavea. In una bolgia di evviva, di applausi, di ragazze che mandano baci.
Ecco, questa diventa l'ultima scena. Nella quale entra Mario D'Urso, ex senatore, avvocato, uomo di mondo. «Mio caro Fausto, ma è un autentico trionfo...».

Repubblica 2.6.07
L'Incontro
Tre ore di dialogo con i seguaci dello psicanalista: comunismo in macerie, ma l´oppressione c'è ancora
Bertinotti abbraccia il guru Fagioli "Niente socialismo senza felicità"
di Alessandra Longo


Sironi. Anche a destra c´è ricerca. Nel mio studio ho una tela di Sironi che è commovente
Celine. Fu antisemita, ma non si può negare che sia un´espressione importante della modernità

ROMA - Ecco «l´unico comunista che si interroga sulla realtà umana! Presidente Bertinotti, è colpa sua, del suo cammino, se noi pensiamo che sia assolutamente necessario avere un rapporto con lei». Auditorium di Roma, sala Sinopoli, 1200 posti tutti occupati, più una sala altrettanto affollata, da 700 poltrone, con maxi schermo. I seguaci dello psicanalista Massimo Fagioli sono venuti a sentire il lider maximo di Rifondazione. E´ standing ovation fin dall´inizio. Migliaia in piedi quando il presidente della Camera arriva e Fagioli, impermeabile Loro Piana, in tasca una copia di Liberazione, se lo prende sotto braccio. Bertinotti s´inchina, si mette la mano sul cuore. Li stregherà tutti quando dirà. «Il comunismo è stato sconfitto, ma non la necessità della liberazione dall´oppressione e dallo sfruttamento».
Non è la prima volta che si consuma l´incontro, quasi una saldatura, tra il presidente e il cosiddetto popolo dei «fagiolini», un popolo-comunità che è quasi una chiesa. Galeotta fu Giulia Ingrao, la sorella di Pietro, anche lei conquistata dall´autore di «Teoria della nascita e castrazione umana». Era il 4 novembre del 2004 quando Bertinotti partecipò alla prima Analisi Collettiva, nella cornice di Villa Piccolomini. Fascinazione immediata tra i due. Ma Fagioli, detto il guru, che ha sedotto Marco Bellocchio, e anche l´editore di «Left» Luca Bonaccorsi, respinge l´idea di poter essere l´ispiratore del nuovo corso bertinottiano: «So che cosa pensate di me da quarant´anni, sono il cattivo ragazzo, l´eretico che plagia, quello che considera Freud un imbecille. Con Fausto c´è convergenza praticamente su tutto, ma semmai sono io legato a lui e non il contrario».
Analisi collettiva, dunque, come usa Fagioli. L´occasione è l´uscita del primo numero di «Alternative per il socialismo», la rivista diretta da Bertinotti. Il tema è «La cultura socialista». Fagioli si mette seduto in prima fila. Ci sono Giulia Ingrao, Lella Bertinotti, accanto a Mario D´Urso (che segue ma è anche preso da un problema di frac per un ricevimento a venire), ecco Rina Gagliardi, Sandro Curzi, Gennaro Migliore, in verità un po´ spaesati. Il presidente della Camera è solo sul palco, con Luca Bonaccorsi. Ci starà per tre ore, sottoposto a 11 interventi dalla sala che toccano lo scibile: il rapporto tra psichiatria e politica, tra razionale e irrazionale, tra fede e ragione, i difetti dell´Illuminismo, la cultura greca, il logos occidentale, ma anche, qua e là, frasi di Marx e di Mussi. Bertinotti prende appunti e non lascia nulla di inevaso. La fine del comunismo, per esempio: «La storia non si riduce solo alle sue macerie. Il problema delle diseguaglianze, della mercificazione dell´uomo c´è ancora. Io penso che il punto più alto della politica sia stato la nozione di rivoluzione, che non è la presa del Palazzo d´inverno, ma un processo di liberazione. In questo senso la scelta della non violenza costituisce la rottura con il passato per la sinistra di alternativa». E allora ecco che cosa dovrebbe essere la sinistra di alternativa, quella che va cercando, interrogandosi contemporaneamente sull´uomo. «Una nuova sinistra - dice Bertinotti - deve camminare su due gambe: su ciò che non sappiamo dell´uomo e della donna e su ciò che già sappiamo dello sfruttamento e dell´oppressione della società». Fagioli applaude: «Ottima impostazione, è anche la mia ricerca».
Bertinotti confessa la sua ambizione: «In Italia ci vuole una sinistra capace di influenzare la storia della comunità europea, non di cercare qualche deputato in più». Una sinistra che non butti via Marx, ancora «imprescindibile», perché «politicamente parlante» ma oltrepassi la lezione marxiana esplorando «campi non indagati come quello della profondità umana». Troppo teorico? No, c´è anche un riferimento ai risultati elettorali al Nord: «Andrebbero studiati per mesi perché si è verificata una riorganizzazione complessa tra economia, lavoro e persone. Se vieni spiantato lì vuol dire che stai a zero con il processo egemonico e se stai così non c´è salvezza. O meglio c´è se riesci a produrre una cultura in grado di prevalere sulle paure e il sentimento di antipolitica. Se non fai questo nelle valli prealpine non ti schiodi». Lo ascoltano rapiti, soprattutto quando dice che «non si può contribuire alla causa del socialismo senza cercare anche la propria felicità individuale». Ma anche lui è rapito da loro, da quelle giovani psichiatre che recitano con voci profonde brani presi da «Left» o dal suo libro «La città degli uomini».
Solo un contrasto. I «fagiolini» pensano che la ricerca nel profondo sia esclusiva della sinistra. Lui no: «Per molti anni ho creduto che il bene e la sinistra fossero equivalenti, che ogni buona ricerca fosse una ricerca di sinistra». Adesso confessa di guardare con «commozione» la grande tela di Sironi che ha dietro le spalle nel suo ufficio alla Camera: «Un tempo se mi chiedevano di Sironi, rispondevo parlando di Picasso». Destra rozza e ignorante? «Prendete Celine - dice Bertinotti alla platea - è certamente uno scrittore antisemita, ma non si può negare che sia un´espressione importante della modernità». Spariglia, più eretico di Fagioli.

il manifesto 2.6.07
L'irrazionale Fausto conquista i «fagiolini»
di Andrea Fabozzi


Tra i molti amici di Fausto Bertinotti, non tutti approvano la sua simpatia per lo psichiatra Massimo Fagioli. Simpatia che è ormai una consuetudine. Prima dell'incontro di ieri con duemila pensosi ma entusiasti accoliti dell'analisi collettiva, altre due volte l'allora segretario di Rifondazione aveva incontrato in pubblico le folle fagioline. La prima nel 2004 e c'era anche Pietro Ingrao, la seconda per presentare in una libreria progettata dal genio architettonico di Fagioli la sua candidatura alle primarie dell'Unione. Era l'estate del 2005. Adesso Bertinotti è il presidente della camera è non è più la stessa cosa. Parla con la consueta scioltezza di cultura politica ma evita questioni politiche contingenti anche se poi vezzosamente spiega che «non è male non dover parlare del governo». Non tutti approvano la simpatia per Fagioli, tornato sulla breccia dopo i fasti degli anni Settanta e i rovesci degli Ottanta, ma tutti capiscono che il presidente non può rinunciare all'affetto dei fagiolini. Che sono tanti, quanti non si vedono più nelle occasioni di partito che peraltro Bertinotti ormai poco frequenta. E sono appassionati, lo applaudono per minuti, intervengono citando a dovere Liberazione e Left. Alla fine lo commuovono tanto da fargli rinunciare all'ultima parola.
Auditorium di Roma, nella sala Sinopoli sono tutti già in piedi quando Bertinotti entra scortato da Fagioli che, discreto, non lo accompagna sul palco ma si ferma in prima fila. Dove ci sono anche la moglie del presidente della camera signora Lella e l'amico della coppia Mario D'Urso, il capogruppo di Rifondazione alla camera Migliore, la senatrice Gagliardi e il consigliere della Rai Sandro Curzi. C'è un'altra sala altrettanto piena dove si segue l'evento sul grande schermo. Chi è abituato agli incontri politici resta spiazzato dalla liturgia dell'analisi collettiva. Ma Bertinotti non fa una piega davanti a interventi di trenta minuti, tutti meditati e poi dattiloscritti e lentamente pronunciati con lo stile di una confessione. Che girano intorno alle parole chiave del «metodo» Fagioli: «trasformazione», «irrazionale», «realtà umana». E poi si stringono in domande un po' così, tipo «la ricerca e la cultura sono solo di sinistra?», «il comunismo ha fallito perché ha ignorato l'irrazionale?», «il comunismo è ormai sedotto e avvolto dalla parola socialismo?». Bertinotti accoglie tutto. La questione del socialismo, poi, gli interessa specialmente. Del resto sta presentando la sua rivista Alternative per il socialismo e spiega che è un po' un ritorno alle origini «quando i termini comunismo e socialismo erano equivalenti e interscambiabili». Non cita Marx, Bertinotti, ma Walter Benjamin e la storia che «non si riduce mai alle sue macerie» e dunque la sconfitta del comunismo «non cancella la necessità della liberazione dall'oppressione e dallo sfruttamento».
Quanto all'irrazionale, poi, il marxista Bertinotti non ha problemi. Al punto da raccomandare alla «nuova sinistra» di «camminare su due gambe: quello che non sappiamo dell'uomo e quello che possiamo sapere delle forme di oppressione della società contemporanea». Il discorso si allarga davanti a un pubblico ovattato nell'ascolto e fragoroso nel consenso: «Non si può contribuire alla causa del socialismo senza cercare la propria felicità personale», teorizza il presidente. Stufo dell'«atteggiamento del sacrificio della militanza che aleggia a sinistra». E Bertinotti è certo felice dell'attenzione che riceve, dello «straordinario interesse alla cultura politica». Sarà dunque un contributo alla causa del socialismo persino spiegare che no, non tutta la cultura è di sinistra perché ci sono stati Sironi e Celine, per stare sul facile. Dalla reazione di fulminea ma entusiasta persuasione la platea - che pure è piena di psicanalisti laureati - sembra scoprirlo in quel preciso momento. Fagioli in prima fila e in bella compagnia tace.
Ma è come se parlasse, perché chiunque interviene, secondo un ordine prestabilito, legge al microfono interi passi della tempestosa rubrica settimanale che Fagioli parcheggia su Left, che - forse per non avercela sottocchio - arriva un po' contorta. Ma non a Bertinotti, che non sfugge ad alcuna sollecitazione. Nemmeno quando si tratta di «recuperare la profondità umana in quel terzo della nostra vita che è il sogno». L'ultimo applauso saluta insieme lo psichiatra eretico che finalmente si concede e il presidente della camera. Che promette un quarto appuntamento, magari nella sala più grande che stavolta era occupata da un altro evento sulla fortuna dei Beatles. Maledetti, irripetibili anni Settanta.

il Riformista 2.6.07
Izquierda 1. Grande folla ieri all'Auditorium di Roma
Bertinotti spiazza il popolo di Fagioli
«La buona cultura non è solo di sinistra»


Non sono stati sufficienti i 1.200 posti della sala Sinopoli dell’auditorium di Roma per accogliere «l’analisi collettiva» che lo psichiatra Massimo Fagioli organizza da molti anni per i suoi psicologi, psichiatri, pazienti e fan, e che ieri ha avuto come protagonista il presidente della Camera Fausto Bertinotti. Dopo aver esaurito in poche ore i biglietti distribuiti gratuitamente nei giorni scorsi dalla libreria romana «Amore e Psiche», gli organizzatori sono ricorsi a un’ulteriore sala da 700 posti, dove l’incontro è stato ripreso sul maxischermo. Un feeling, quello tra il leader della sinistra alternativa e questo numeroso gruppo che si occupa di ricerca sull’irrazionale, iniziato con l’incontro sulla non violenza del 5 novembre 2004 a villa Piccolomini e proseguito con la scelta - già allora sorprendente, da parte di Bertinotti - di presentare la sua candidatura alle primarie dell’Unione, il 26 luglio del 2005, proprio alla libreria fagioliana «Amore e Psiche» al Pantheon.
Bertinotti ha toccato molti argomenti, affrontando il tema della sfida di un nuovo socialismo che, ha detto, deve mettere insieme «quello che ancora non si sa delle donne e degli uomini con quello che già sappiamo sulle lotte del proletariato». Fagioli - comparso solo all’inizio e alla fine, per accogliere e salutare l’ospite - gli ha fatto eco sull’ultimo numero della rubrica «Trasformazione» che tiene sul settimanale Left dove, mettendo in relazione socialismo e immagine femminile, ipotizzando che il comunismo abbia tradito le sue origini socialiste proprio perché «ha abbandonato l’immagine della donna». E, di conseguenza, la ricerca sulla dimensione irrazionale umana.
«La ricerca sul cosciente è solo di sinistra», è il concetto che Fagioli rilascia ai cronisti prima dell’incontro. Concetto su cui sembra sintonizzarsi la platea. Che però viene spiazzata dal presidente della Camera, secondo cui non si può più sostenere che la destra sia «rozza ed ignorante» e che non si può dire che se una ricerca è «buona non può che essere di sinistra, altrimenti è reazionaria per definizione». «Per molti anni - dice Bertinotti - ho pensato che il bene e la sinistra fossero equivalenti, che la cultura di sinistra potesse procedere senza errore, che ogni buona ricerca fosse una ricerca di sinistra. Credo purtroppo che questo elemento rassicurante non si può più sostenere, così come quello secondo cui la destra sia sempre priva di capacità di ricerca».
Parole quanto mai chiare e soprattutto inattese visto chi è a proferirle. Il presidente della Camera chiarisce poi ulteriormente la sua idea e cita lo scrittore “maledetto” Louis-Ferdinand Cèline, rivalutando il razionalismo in architettura e la pittura metafisica, ma anche la pittura di Mario Sironi, di cui tiene un quadro nel suo ufficio a Montecitorio. «Non si può ridurre - sostiene - tutta l’esperienza umana alle categorie di destra o di sinistra: la ricerca deve essere “aperta”. Per troppo tempo si è identificata la destra come priva di cultura, rozza e ignorante. Ma se prendete Cèline, che è certamente uno scrittore antisemita, non si può negare che sia un’espressione importante della modernità».
Poi Bertinotti parla di comunismo e socialismo, una volta considerati «termini intercambiabili». «La storia - dice - non si riduce mai soltanto alle sue macerie e una sconfitta non segna per forza in modo negativo il valore di una esperienza». La sconfitta della «storia grande e terribile del comunismo non cancella il problema della necessità della liberazione dall’oppressione e dallo sfruttamento. Tanto più nella fase attuale dominata dalla globalizzazione, dalla mercificazione totale delle cose, ma anche degli uomini. Questa società in cui siamo è accettabile oppure no? Io penso di no e, allora, per la politica non c’è concetto più alto che quello di rivoluzione, del trascendere l’ordine delle cose esistente. Non certo una rivoluzione che preveda l’assalto al Palazzo d’Inverno o metodi di tipo golpista, perché - aggiunge - quella che non regge più è l’idea che prima c’è la presa del potere e poi la sua trasformazione. La rivoluzione deve essere un processo di liberazione e in questo senso la non violenza costituisce la rottura con il passato per la sinistra di alternativa». L’incontro si chiude tra gli applausi. Con il presidente soddisfatta per tanto «interesse alla cultura politica». Nessuna domanda su Prodi e sugli affanni a Palazzo Chigi, il che fa concludere a Bertinotti che «non dover parlare del governo non è poi male».

Liberazione 2.6.07
Bertinotti sfida le certezzea sinistra. E rivaluta Sironi
Il presidente della Camera per tre ore in "analisi collettiva" con il popolo di Fagioli
di Angela Mauro


La prima volta, tre anni fa. Era il 5 novembre 2004. Pioveva, ma davanti a Villa Piccolomini un'interminabile fila di "fagiolini" attendeva, con la pazienza tipica di chi pratica l'Analisi collettiva di Massimo Fagioli, di entrare in una sala però già piena. Così come era piena la piccola libreria di "Amore e psiche", sempre "fagiolina", nel giorno del lancio delle primarie di Fausto Bertinotti, segretario del Prc, a luglio 2005. La terza volta si è consumata ieri all'Auditorium Parco della Musica: pienone anche qui, 1.200 persone nella "Sala Sinopoli", altre 700 nella più piccola "Petrassi" dove è stato allestito un maxischermo.
L'incontro tra l'uomo, che nel frattempo è diventato presidente della Camera e direttore della rivista Alternative per il socialismo (coincidenza: da ieri in edicola il primo numero), e i seguaci dello psichiatra Fagioli è sempre una certezza, in termini di partecipazione fisica e attrazione intellettuale. Quasi una forma di innamoramento nei confronti del traghettatore della non-violenza nel comunismo (impresa compiuta proprio nel 2004), al momento impegnato nella ricerca politica e culturale che torna alle origini pre-Urss (quando «socialismo e comunismo si equivalevano»), senza perdere Marx («imprescindibile»), ma ponendosi l'obiettivo di «oltrepassarlo verso campi da lui non indagati: la profondità umana».
Galeotta fu la non-violenza, ma adesso nel rapporto c'è molto di più. Nell'incontro di Analisi collettiva sulla "Cultura socialista", i "fagiolini", con fare riposato, non misurato e po' teatrale, vogliono sapere da Bertinotti se «la ricerca sulla realtà mentale umana è di sinistra», se «la scelta di rimettere in gioco la sua identità fondando una rivista sia razionale o irrazionale», se «c'è dell'irrazionalità nel comunismo e se abbia contribuito al suo fallimento». Domande elaborate, quasi bibliche, che si esercitano esse stesse in spunti di risposta cervellotici, almeno per chi "fagiolino" non è.
Più concreto il moderatore Luca Bonaccorsi, direttore editoriale di Left : «Nel tuo primo editoriale per Alternative non c'è la parola comunismo. Era impossibile rifondarlo? Ci stai indicando che invece è possibile rifondare il socialismo?».Attentissimo a lasciarsi andare solo nell'analisi culturale, evitando gli affari correnti per restare nei ranghi del suo ruolo istituzionale, Bertinotti parte dal movimento operaio e dalla sua «sconfitta che non cancella però le ragioni per cui è nato». Anzi. Quanto accaduto dopo, cioè «il primato del mercato sulla politica riconduce all'origine: non si può accettare una società basata su oppressione e svuotamento».
Dunque, la politica. Che, argomenta Bertinotti, «ha toccato il suo punto più alto nella rivoluzione, e cioè nell'idea di poter trascendere l'ordine delle cose esistenti». La politica che, «monda dall'idea che la realtà sia segnata dal peccato originale, ci prova. A cambiare». Nulla a che fare con «l'assalto al palazzo d'inverno o la conquista golpista», perchè «l'idea di prendere prima il potere, che è esso stesso impastato dai rapporti di oppressione, e poi fare la rivoluzione vuol dire non fare i conti con la storia».
Forte della «educazione sentimentale» ispirata dai "Problemi del socialismo" di Lelio Basso, il presidente della Camera preferisce pescare nei tempi in cui «socialismo e comunismo erano equivalenti e interscambiabili», cioè prima che il lessico fosse «piegato alla ragion politica» (nell'Urss). Va avanti con Frei Betto: «Cosa recuperare dal '900? Il termine socialismo è ammaccato dalla storia, ma meglio di altri». E dunque è pronto per continuare a sciogliere pregiudizi e tabù della sinistra e preparare il terreno all'alternativa: «necessaria».
«Vi deluderò», esordisce, arrivando al punto centrale del dibattito. «Per tanto tempo ho pensato che il bene e la sinistra fossero equivalenti e che una collocazione a sinistra fosse in grado di produrre il giusto senza possibilità di errore e che tutte le buone ricerche fossero di sinistra». Ma? «Non si può avere questa rassicurazione. La sinistra si è cullata per molto tempo nell'idea che la destra sia ignorante e rozza e...ha tanti esempi con cui consolarsi». Risate in sala. Lui non si scompone, cita l'amato Louis-Ferdinand Céline e si confessa: «Provavo repulsione per l'arte del primo '900, mi scattava il paragone con il fascismo, piuttosto che di Sironi (futurista e convinto sostenitore del partito fascista, ndr.) preferivo parlare di Picasso. Oggi, nel mio ufficio della Camera, ho una tela di Sironi: è uno spettacolo commovente». Si tratta di "Composizione", trovata lì e non rimossa.
Insomma, spiegherà dopo, «io penso che gli ideali di giustizia e di libertà siano il bene e che la sinistra sia impegnata a rappresentarli, ma va abbandonata la presunzione che tu sei il bene e lui è il male. Bisogna indagare dentro tutte e tutti». Perchè il rischio, avverte Bertinotti, è il «fondamentalismo: ogni idea forte ne contiene le tracce, è il rapporto tra gli esseri umani che deve emendarlo». C'è il fondamentalismo «trionfante del mercato, quello religioso e quello delle culture». E la questione può essere ancor più sottile: «Ho conosciuto tanti militanti convinti del detto "Adda venì baffone" - racconta il direttore di Alternative - Eppure, non erano stalinisti». La politica «con la "p" maiuscola deve avere una sua capacità di fondazione autonoma. Laicità è far vivere una fondazione autonoma del progetto politico, cosa che i fondamentalismi vogliono mettere in discussione».
La nuova sinistra deve partire da qui. Dalla contrarietà (certo) ad una Costituzione Europea basata sulle radici cristiane («C'è un carattere fondamentalista che non può essere accettato»), ma anche dal fatto che non può limitarsi a derivare da Marx, che pure è «imprescindibile per il futuro». Il problema è «oltrepassare Marx», dice Bertinotti, non vanno fatte «le pulci alla storia, ma bisogna indagarla per vedere cosa serve per la libertà dell'umanità». E torna alla non-violenza: «La formula di Marx, "l'uomo violento ha sempre dominato sul debole", va scalzata, sennò è la catastrofe. La non-violenza non è roba da poeti e navigatori, ma la levatrice della nuova storia: non parla solo di poteri economici, ma anche di cosa impedisce una relazione fraterna».
Il consiglio ai «segretari dei partiti e ai portavoce dei movimenti» che si occuperanno di costruire la sinistra di alternativa in Italia («Non tocca a me, ma è un grande compito storico») è di compiere un «avanzamento culturale e organizzativo, altrimenti non ce la fai - dice il presidente della Camera - e non riesci ad influenzare la storia europea futura». Nell'immediato, si parta dal risultato delle amministrative che sono un «termometro». «La politica di sinistra - è il suggerimento - dovrebbe per mesi studiare il voto del nord Italia perchè è lì che sta intervenendo una riorganizzazione complessa del rapporto tra economia e lavoro. Lì c'è un sradicamento della sinistra in corso da 25 anni, dalla fine delle lotte operaie e studentesche degli anni '60. E se sradicata in quella realtà, non c'è salvezza per una sinistra di alternativa che voglia avere egemonia».
Obiettivo: liberare l'umanità. Mezzo necessario: liberarsi dai tabù del comunismo, anche a livello individuale. E i "fagiolini" si scaldano. Bertinotti cassa l'idea che «il limite della politica sia quello di non portare alla felicità individuale». Di più. Dice a chiare lettere di «non condividere quell'atteggiamento, che spesso aleggia a sinistra, improntato su sacrificio e militanza, e cioè che lavorare per una causa voglia dire fare sacrifici nella vita personale. Non si può contribuire ad una causa sociale e della sinistra senza cercare la propria felicità individuale: tra la ricerca identitaria individuale e quella collettiva, la sinistra deve saper costruire un rapporto dialogico».
Al termine della "terapia collettiva" durata circa tre ore e terminata con una lunga standing ovation, il presidente della Camera è soddisfatto e sollevato: «Riscontro un elemento straordinario di partecipazione, di interesse alla cultura politica. Non c'è stato un solo intervento che parlasse di governo, di Prodi, di Berlusconi o dei ministri. Nulla. Anche se - osserva ironico - non dover parlare del governo non è poi male...». Meglio tornare sulla aggregazione delle sinistre: «Siamo ad un bivio - dice anche parlando con i cronisti - esaurita la 'pars destruens' e quella della resistenza, attraversata anche da molti elementi di innovazione come la nonviolenza, stiamo entrando in una fase 'construens'...». La folla di Fagioli intanto l'ha seguito e accompagnato fino all'uscita dall'Auditorium. Strette di mano e ancora scambi e confronti a tu per tu, per chi è riuscito a farsi largo. E applausi scroscianti: lui che entra nell'auto blu, i "fagiolini" ancora fermi sulle gradinate a salutare l'ospite.

Latina Oggi 2.6.07
Ieri mattina tutto esaurito nelle sale Sinopoli e Petrassi
Bertinotti all’Auditorium
L’incontro con l’Analisi Collettiva di Massimo Fagioli


«Oggi più che mai c’è bisogno di una nuova politica di sinistra». Il presidente della Camera Fausto Bertinotti lo ha detto nel corso del dibattito «Incontri dell'analisi collettiva: la cultura socialista», organizzato all'Auditorium della Capitale, con la sala Sinopoli gremita di circa 1700 persone, più altre 700 riunite in video-conferenza nella vicina sala Petrassi, tutte accomunate da un esperienza di cui il professor Massimo Fagioli è il riconosciuto ispiratore. «Riscontro un elemento straordinario di partecipazione, di interesse alla cultura politica», ha detto Bertinotti al termine dell'incontro definito dai promotori dell' «Analisi Collettiva», dedicato alla «cultura socialista» dopo la fine del comunismo.
Li.p
Agi 2.6.07 18:42
SINISTRA: FOLENA, DA BERTINOTTI E FAGIOLI SPINTA IN AVANTI

(AGI) - Roma, 2 giu. - Steccati e tabu' crollano inesorabilmente e cosi' la Politica incontra per la terza volta la Psichiatria e viene fuori un dialogo, un confronto di alto profilo culturale: dobbiamo essere grati a entrambi i protagonisti di un evento che e' parte di una grande impresa, costruire il nuovo socialismo. A parlare e' Pietro Folena, leader di 'Uniti a Sinistra' una delle componenti di 'Sinistra Europea', il giorno dopo l'incontro dell'Auditorium tra il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti e l'Analisi Collettiva di Massimo Fagioli, due personaggi cui non manca affatto il coraggio. "Fagioli e la sua ricerca sul profondo potevano restarsene tranquillamente fuori dalla politica ed invece con coraggio ed audacia si gettano nella mischia e cosi' - spiega Folena - i due piani finiscono per toccarsi, mescolarsi, contagiarsi reciprocamente". E, allo stesso modo, "Bertinotti e la sua ricerca politica e culturale di strade nuove iniziata con la 'non violenza', vanno a confrontarsi con coraggio ed audacia con una ricerca sull'interiorita', sulla possibilita' di rimettersi in gioco continuamente". Insomma, il nuovo socialismo oltre il '900 si arricchisce di altri contenuti che riguardano la persona umana. "Abbiamo vissuto la scissione tra idee e splendide utopie di cui c'e' sempre bisogno e le persone con i loro comportamenti, i loro affetti, le loro passioni e la loro interiorita' - precisa Folena - per cui la crisi di cui soffre la Politica sta proprio in questo: non basta quel che dici, conta invece come sei, il modo d'essere. Proporre allora, come sta facendo coraggiosamente Bertinotti, una riflessione su se stessi, sulla propria vita, risponde ad una esigenza delle persone". Il contatto tra i due pianeti, iniziato il 5 novembre 2004 a Villa Piccolomini sulla 'non violenza', proseguito a luglio 2005 alla Libreria 'Amore e Psiche' sul programma per le primarie, ha trattato, il Primo Giugno 2007, all'Auditorium, presenti duemila persone, il tema: la cultura socialista. "Questa e' la grande impresa e sfida: costruire insieme al Presidente della Camera il nuovo socialismo che si nutre di un nobile filone, il socialismo di sinistra che ebbe - continua Folena - in Riccardo Lombardi uno dei maggiori protagonisti". Per cui, "non hanno piu' senso oggi le divisioni tragiche di un tempo tra comunisti e socialisti ne' tanto meno ha senso dire il comunismo non ha ragione d'esistere", avverte poi Folena. Il nuovo socialismo oltre il '900 non chiede pertanto ne' abiure ne' rinnegamenti essendo esso, "una ricerca continua, un lavoro quotidiano, iniziato con la 'non-violenza' come prassi politica - sottolinea Folena - e che tenta e vuole coniugare liberta' ed uguaglianza: insomma, non servono piu' i vecchi, seppur gloriosi, simboli del '900". Viceversa, l'incontro dell'Auditorium e l'uscita alla luce della rivista, "ci aiutano e ci danno una grossa spinta ad andare avanti, a proseguire questa entusiasmante impresa", conclude Folena. (AGI) Pat

Rosso di Sera 2.6.07
L' analisi collettiva e la ricerca bertinottiana sul socialismo del 21° secolo
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LIVIA PROFETI, CARLO PATRIGNANI, –
Un feeling in crescendo tra l’analisi collettiva di Massimo Fagioli e Fausto Bertinotti, che si sono incontrati per la terza volta all’Auditorium di Roma.

Un evento per il quale non sono stati sufficienti i 1200 posti della sala Sinopoli, alla quale sono stati aggiunti i 700 della sala Patrassi oltre alla diretta Internet, che ha registrato più di 1000 collegamenti. Una storia che, come ha ricordato il Preside della facoltà di Studi Orientali della Sapienza di Roma Federico Masini che ha introdotto l’incontro, è iniziata con il dibattito sulla non violenza del 5 novembre 2004 a Villa Piccolomini ed è proseguita con la scelta di Bertinotti di presentare la sua candidatura alle primarie dell’Unione, il 26 luglio del 2005 alla libreria fagioliana Amore a Psiche. Bisogna riconoscere indubbiamente un grande coraggio umano a Fausto Bertinotti, che a 67 anni ed all’apice di una carriere politica che lo ha portato tra le massime cariche dello Stato, ha deciso di affrontare la sfida di un nuovo socialismo che nelle sue parole deve mettere insieme «quello che ancora non si sa delle donne e degli uomini con quello che già sappiamo sulle lotte del proletariato». Insomma, quel bertinottiano “Marx necessario ma non sufficiente” ricordato anche nell’incontro di ieri assume sempre più l’aspetto di una coniugazione tra la tradizionale difesa degli oppressi ed una ricerca sull’identità umana.
Fagioli accoglie e saluta l’ospite “un personaggio storico” che “con tanta energia al massimo possibile della carriera politica si rimette, umanamente, in gioco” ma poi si fa in disparte per lasciare il campo agli interventi delle tante persone presenti, tra le quali molte donne. Un dialogo che sembra giovare al “ragazzo con la maglietta a strisce”, che nel giorno della nascita della rivista Alternative per il socialismo di cui è direttore, appare più in forma che mai nonostante la tosse e il raffreddore. Risponde con rigore e passione alle domande che gli vengono poste, senza sconti, da una platea che lo incalza con questioni complesse sul tema inedito dell’incontro tra il pensiero politico di sinistra e la realtà umana irrazionale. Perché questa è la ricerca specifica dell’Analisi collettiva, questo fenomeno unico nato nel 1975 non per intenzione di Fagioli, bensì come sua risposta medica all'iniziativa spontanea di una serie di persone che cominciarono ad affollare i locali dell'università dove egli teneva delle supervisioni. Psichiatra di fama, con al suo attivo esperienze importanti come quella nella clinica svizzera di Binswanger, Fagioli non rifiutò l'accesso a quella massa variegata: studenti, operai, intellettuali, artisti, tutti provenienti dai vari ambienti di sinistra dell’epoca. E quando la prima di queste persone raccontò un sogno, egli lo interpretò per così dire "in pubblico", sulla base della teoria della nascita umana che aveva elaborato nei tre volumi pubblicati tra il 1971 ed il 1974, a partire da Istinto di morte e conoscenza. Da quel momento, che può considerarsi l'inizio, l'analisi collettiva si è sviluppata in modo da raggiungere in pochi anni la frequenza di 4 seminari settimanali ciascuno della durata di 4 ore, e che ha finito con il coinvolgere migliaia di persone. Un fenomeno collettivo assolutamente libero e gratuito che, come è stato ricordato nell’incontro, da 35 anni riesce a coniugare quello che da sempre viene considerato impossibile: la dimensione irrazionale ed il rigore assoluto. Un fenomeno che evidentemente interessa la ricerca sul «socialismo del 21° secolo», che non può fare a meno, rispetto all’esperienza del passato, e Bertinotti ne e’ consapevole dell’interesse “per l’identità umana”, come ha evidenziato Fagioli.

Liberazione prima pagina 2.6.07
A Roma una bella giornata discutendo di Politica con Bertinotti
Un aula stracolma di giovani per interrogare il presidente della Camera
La cultura non è solo di sinistra...»
di Rina Gagliardi


A volte, la politica, quella con la P maiuscola, riserva qualche sorpresa. Quel grande salone dell’Auditorium di Roma - lo stesso che una settimana fa rigurgitava di padroni e padroncini “orgogliosi” di esserlo e di avere un capo come lo scudisciatore Montez. – ieri mattina si è incredibilmente riempito di giovani, di studenti, di professionisti – e cittadini curiosi. Una folla tutt’affatto diversa da quella confindustriale, venuta per confrontarsi e discutere con un interlocutore speciale come il presidente della Camera – sì, proprio quel Fausto Bertinotti contro il quale proprio quella sala aveva scatenato il suo eccitato dissenso. Quasi una legge del contrappasso. O un risarcimento. O una “vendetta” della ragione critica che, almeno per qualche ora, si è ripresa il suo legittimo posto.
Giacchè quel che colpiva, di primo acchito, era la quantità di persone che avevano voglia di dedicare una mattinata intera a discutere di alcuni grandi temi del nostro tempo: il socialismo, la persistenza delle religioni, il rapporto tra politica e “genere umano”, la violenza e la nonviolenza, i fondamenti dell’idea stessa di trasformazione – della società, del capitalismo, ma anche della mente e del cuore di cui ogni “irriducibile” persona è fatta. Ma non era certo soltanto una questione numerica. C’era emozione, in quella sala, e un fervore dell’accoglienza, se così possiamo dire, del tutto sconosciuta alle ritualità della politica. C’era un’attenzione straordinaria – non volava una mosca, non c’erano il solito viavai per i corridoi o il consueto chiacchiericcio di fondo, ma, semplicemente, ascolto e concentrazione. I giovani si alzavano per porre i loro quesiti epocali, per dire sulla razionalità e l’irrazionalità della politica, ben preparati su fogli e quaderni, e parlavano con tono pacato, composto, garbato – emozionato. Bertinotti rispondeva, spaziando “in alto” e “in basso” (“c’è anche la pancia, oltre al cuore e alla mente”), sempre cercando di interloquire con un punto di vista certo originale e spesso diverso dal suo, e mai, quasi mai, eludendo le difficoltà. E poi? E poi, via via, la discussione andava in un crescendo comunicativo, in una liason al tempo stesso affettiva e curiosa, e costruiva pezzi di “ricerca umana”, anzi di “analisi collettiva”. Superando alcune tentazioni ricorrenti – come l’idea che la scienza o la tecnica sono, al fondo, un po’ neutrali. O come la radicata convinzione che la destra è sinonimo di irrazionalità, stupidità, non umanità. E rimanendo sempre “disinteressata”, nel senso nobile del termine. Se dio vuole, questo incontro non doveva decidere nulla, non doveva licenziare documenti o mozioni, non doveva neppure, e soprattutto, occuparsi del Piddì o della sorte prossima del governo Prodi. Infatti, i giornalisti presenti erano un po’ a disagio: dove stava la notizia? Poco dopo, a incontro concluso, il presidente della Camera non ha potuto non soddisfare quella fame insaziabile e divorante, che alla fine rischierà di divorare l’ultimo boccone di politica. Ma intanto, là dentro, si era vissuto un incontro vero, una bella mattinata di Politica.

Il Sole-24Ore 2.6.07
Bertinotti: la buona cultura non è soltanto di sinistra


«Per molti anni ho pensato che il bene e la sinistra fossero equivalenti, che la cultura di sinistra potesse procedere senza errore, che ogni buona ricerca fosse una ricerca di sinistra. Credo purtroppo che questo elemento rassicurante non si può più sostenere, così come quello secondo cui la destra sia sempre priva di capacità di ricerca»: il presidente della Camera ha "smontato" così la platea di circa 1900 psichiatri e psicologi (divisi tra due sale collegate via video tra loro dell'Auditorium di Roma) che hanno partecipato a uno degli «incontri dell'analisi collettiva» organizzato dallo psichiatra Massimo Fagioli. L'occasione dell'incontro è l'uscita del primo numero di «Alternative per il socialismo», rivista diretta dal presidente della Camera: Bertinotti viene accolto con applausi lunghi e urla da stadio ma spiazza la platea quando obietta che non è più possibile sostenere che la destra sia «rozza e ignorante» e che non si può dire che una ricerca «per essere buona non può che essere di sinistra», altrimenti è reazionaria per definizione». Cita lo scrittore "maledetto" Louis-Ferdinand Céline, rivaluta il razionalismo in architettura e la pittura metafisica ma pure Mario Sironi, di cui tiene un quadro nell'ufficio a Montecitorio.
Si parla anche di socialismo e comunismo: La sconfitta della «storia grande e terribile del comunismo», non cancella il problema della necessità della liberazione dall'oppressione e dallo sfruttamento, dice Bertinotti. Quindi il presidente della Camera invita la sinistra a «riflettere per mesi sulla sconfitta al Nord alle ultime amministrative, che conferma la «necessità di una sinistra alternativa».

Il Mattino 2.6.07
Bertinotti: la cultura non è solo a sinistra


Applausi e urla da stadio, ma anche un confronto sulla cultura socialista. Protagonista: il presidente della Camera Fausto Bertinotti. L’occasione dell’incontro: l’uscita del primo numero di «Alternativa per il socialismo», rivista diretta da Bertinotti. E il presidente della Camera spiazza la platea quando dice: «Non è più possibile sostenere che la destra sia «rozza ed ignorante» e che una ricerca «per essere buona non può che essere di sinistra, altrimenti è reazionaria per definizione». «A lungo ho pensato - afferma - che il bene e la sinistra fossero equivalenti, che la cultura di sinistra potesse procedere senza errore, che ogni buona ricerca fosse di sinistra. Purtroppo credo che non si può più sostenere, così come non è più possibile sostenere che la destra sia sempre priva di capacità di ricerca». E cita lo scrittore «maledetto» Louis-Ferdinad Celine, ma anche la pittura di Mario Sironi, di cui ha un quadro nel suo ufficio a Montecitorio. E per Bertinotti la sconfitta della «storia grande e terribile del comunismo non cancella il problema della necessità della liberazione da oppressione e sfruttamento. Tanto più nella fase attuale dominata da globalizzazione, mercificazione delle cose, ma anche degli uomini». Quindi, invita la sinistra a «riflettere per mesi» sulla sconfitta al Nord alle amministrative che conferma la «necessità di una sinistra alternativa».

venerdì 1 giugno 2007

il manifesto 1.6.07
La ricerca delle «Alternative» e l'autocoscienza del leader
In edicola la nuova rivista teorica di Bertinotti «per una società liberata è aperta». Battezzata questa mattina da Massimo Fagioli. Scoppia la scintilla tra i militanti senza identità e una politica narcisista?
di Ida Dominijanni


Alternative, ovvero «ciò che è maturato nel nuovo secolo nella critica della globalizzazione capitalistica; la trasformazione (e l'autotrasformazione) delle soggettività come leva di 'un altro mondo possibile'». Per il socialismo, ovvero «per una società liberata e aperta: liberata dallo sfruttamento e dall'alienazione capitalistica, aperta nella possibilità che offre a ciascuno e ciascuna di vivere la libertà e la propria irriducibile differenza». Il programma del nuovo bimestrale di Fausto Bertinotti, Alternative per il socialismo appunto, che esce oggi edito da Editori riuniti e distribuito in edicola da Left, si riassume in queste righe tratte dagli «Appunti» che in coda al primo numero restituiscono lo schema di base su cui la rivista è stata progettata e discussa con un gruppo di collaboratori (in questo primo numero scrivono fra gli altri Rina Gagliardi, Tiziano Rinaldini, Riccardo Bellofiore, Ali Rashid, Ritanna Armeni, Lea Melandri, Anubi D'Avossa Lussurgiu, Lea Melandri, Sandro Portelli, Domenico Jervolino, Giuseppe Prestipino).
Un progetto iperpolitico, anche se è lo stesso Bertinotti, nell'editoriale di presentazione anticipato ieri da Liberazione, a insistere sulla necessità prioritaria di una «grande opera culturale» rivolta non solo a un'avanguardia politica ma «all'intera società che vogliamo trasformare», investita com'è da una crisi che non si presenta più solo come crisi della democrazia, della politica, del capitalismo, della classe omai precarizzata, ma come «crisi di civiltà». L'opera culturale è finalizzata tuttavia a uno scopo preciso, riaprire «una linea di ricerca per la rivoluzione in Occidente», giacché «la vocazione totalizzante del capitalismo, cioè la sua aspirazione a sussumere, dentro di sé, l'intera vita della specie e il suo rapporto con la natura» riporta all'ordine del giorno «il tema del socialismo oltre il Novecento». Tema che tuttavia - e qui torniamo agli «Appunti» - ha bisogno di una coraggiosa sferzata di revisionismo culturale, di segno opposto rispetto a quello egemone dall'89 in poi nella sinistra moderata.
Alla chiave marxiana - che «resta fondativa ma non è esaustiva» - la traccia di lavoro per la rivista ne affianca perciò altre, prima fra tutte un'ispirazione benjaminiana, dalla quale Alternative trae per un verso la critica dell'idea di progresso, per l'altro la riproposizione del «balzo di tigre» nella storia: ovvero, come ripensare il salto rivoluzionario, sia pure all'interno di un processo di trasformazione disteso nel tempo. Va da sé che sia per ingranare la marcia della trasformazione sia per aprirla al salto rivoluzionario serve una buona analisi del capitalismo globale, del lavoro salariato e del nuovo proletariato postindustriale, della crisi della democrazia, nonché un fertile intreccio fra storie generazionali diverse e fra contraddizioni e soggettività diverse, queste ultime purtroppo ancora rubricate come «vecchie» (la classe) e «nuove» (genere, generazione, etnie) mentre la storia ce le presenta già intrecciate da decenni se non da sempre. Va da sé, infine, che il lavoro di Alternative dovrà nutrire la costruzione di quella sinistra di alternativa cui Bertinotti affida il compito di riempire «il vuoto politico» che c'è a sinistra, facendo leva sulla «risorsa» del movimento altermondialista e degli altri movimenti; quanto alla pratica, la stella polare, senza o con il balzo di tigre, resta la non violenza e di più non si dice.
E a proposito di pratica, non dev'essere senza significato che Alternative per il socialismo venga battezzata questa mattina alla Sala Sinopoli dell'Auditorium di Roma in un incontro fra il presidente della camera e l'«Analisi Collettiva» di Massimo Fagioli, il terzo solenne incontro dopo quello che il 5 novembre 2004 lanciò la «svolta» della non violenza a Villa Piccolomini e quello che il 26 luglio 2005 lanciò il programma di Bertinotti per le primarie alla Libreria «Amore e psiche» di Roma. Infatti non senza significato lo giudica per l'Analisi Collettiva Federico Masini, preside della facoltà di Studi orientali alla Sapienza, che officerà il battesimo e a buon diritto incassa la «novità storica» dell'incontro fra la ricerca di Bertinotti su «una democrazia socialista che non c'è mai stata» e «la ricerca sulla realtà inconscia» che non un secolo di psicoanalisi, ma «35 anni di Analisi Collettiva hanno dimostrato conoscibile». E non lo giudicherà d'altro canto senza significato chiunque conosca il percorso dell'Analisi Collettiva di Fagioli, la sua fascinazione sulla crisi dei gruppi dell'estrema sinistra alla fine degli anni Settanta, la sua pratica terapeutica basata sul culto della personalità, la sua politica di autopromozione, così come oggi vengono del resto raccontate nei blog frequentati da chi quell'esperienza l'ha fatta e l'ha poi messa in questione. Per la cultura della sinistra italiana, che ad un confronto serio con la psicoanalisi e «la realtà inconscia» non è mai stata sensibile, l'incontro dell'Auditorium non pare la migliore occasione di recupero. E comporta almeno una domanda, questa: se alla fine degli anni Settanta la fascinazione dell'Analisi Collettiva sugli ex militanti della nuova sinistra poteva far leva sulla promessa del ritrovamento di un'identità di gruppo perduta nella sconfitta e nella delusione politica, non è che sui militanti senza identità di oggi rischia di far presa solo grazie al collante del narcisismo del leader?

il manifesto 1.6.07
L'analisi collettiva di Fausto
Tutto esaurito per l'incontro all'Auditorium Debutto con incidente: «Left» verso lo sciopero
La sorpresa è un comunicato della redazione pubblicato proprio oggi, nell'edizione di "Left" che serve a portare in edicola il primo numero di "Alternative". «La redazione di "Left Avvenimenti", i poligrafici e i lavoratori Co.co.pro esprimono, a grande maggioranza, la loro forte preoccupazione per l'annunciato ridimensionamento. Chiediamo al Cda di informare al più presto i lavoratori su come intende affrontare la situazione e comunque di impegnarsi a garantire i posti di lavoro». Nel comunicato si annuncia lo «stato di agitazione» e in redazione non si esclude lo sciopero se l'editore proporrà tagli occupazionali. O magari la sostituzione della coppia di direttori, Andrea Purgatori e Alberto Ferrigolo, che firmano il giornale solo da cinque mesi. L'amministratore delegato di "Left", nonché direttore editoriale nonché firma frequente del giornale Luca Bonaccorsi replica al comunicato ricordando di essersi economicamente molto impegnato, dopo il suo arrivo nel dicembre 2005. Due mesi dopo aveva già sostituito una coppia di direttori: Giulietto Chiesa e Adalberto Minucci. Per il direttore di "Alternative" Bertinotti la sgradevole sorpresa di una protesta sindacale proprio al debutto. E la compagnia dello psichiatra Massimo Fagioli, rubrichista fisso e persino inventore della testata «Left».
Agi
BERTINOTTI E IL LUNGO ABBRACCIO CON IL 'POPOLO' DI FAGIOLI
(AGI) B Roma, 1 giu. - L'applauso e' scrosciante, straordinariamente lungo; prima, durante e dopo l'incontro durato almeno tre ore. Un abbraccio con standing ovation e urletti di consenso da un pubblico numeroso, attento, ma anche capace di critica come raramente si potrebbe riscontrare oggi a manifestazioni di partito. Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha incontrato all'Auditorium di Roma, per la seconda volta dopo l'appuntamento del novembre 2004, quando era ancora segretario di Rifondazione comunista, il 'movimento' dello psichiatra, Massimo Fagioli, in una sala Sinopoli strapiena e in collegamento video con una altrettanto gremita sala Petrassi. "Riscontro un elemento straordinario di partecipazione, di interesse alla cultura politica", ha detto Bertinotti al termine dell'incontro definito dai promotori "dell'analisi collettiva", dedicato alla "cultura socialista" dopo la fine del comunismo. Emozionato, teso ad ascoltare domande che erano vere e proprie mini-conferenze, il presidente della Camera ha notato: "Non c'e' stato un solo intervento che parlasse di governo, di Prodi, di Berlusconi o dei ministri. Nulla". E poi con una battuta ha sottolineato : "Anche se non dover parlare del governo non e' poi male...". Oltre al numero dei partecipanti, Bertinotti ha evidenziato il metodo del confronto: "La modalita' di assoluta concentrazione, il silenzio, l'attenzione, la manifestazione di affetto di cui sono molto grato, perche' di questi tempi ce n'e' bisogno, mi pare configurino il tutto come un vero e proprio evento culturale". Una ricerca "nel profondo" che parte dall'analisi del collettivo, ma che poi tocca soprattutto l'individuo, l'uomo e che, secondo Fagioli, "e' oggi soltanto di sinistra". Ma Bertinotti, rispondendo alle domande su religione e laicita', ha voluto segnalare la necessita' di respingere qualsiasi elemento "totalizzante, ogni visione manichea. E' vero: io penso che gli ideali di giustizia e di liberta' siano il bene e che la sinistra sia impegnata a rappresentarli, ma quella che va abbondonata e' la presunzione che tu sei il bene e lui e' il male. Bisogna indagare dentro tutte e tutti". (AGI) Cav (Segue) 011528 GIU 07 ZCZC AGI2394 3 POL 0 R01 / (Segue 2385)

Agi
BERTINOTTI E IL LUNGO ABBRACCIO CON IL 'POPOLO' DI FAGIOLI (2)
(AGI) B Roma, 1 giu. - "Nel mio studio alla Camera B ha raccontato Bertinotti - c'e' un quadro di grande forza di Sironi, che un tempo bollavo solo come un fascista e d'altronde uno scrittore come Celine, che ha certamente dei tratti di razzismo nella sua opera, rappresenta per altri versi elementi indispensabili per la modernita'. Per troppo tempo la sinistra si e' cullata nell'idea non vera di una destra rozza e ignorante. La ricerca deve essere aperta e avvalersi di tutti i contributi umani". Quello di Bertinotti e' un no a a "tutti i piu' variegati fondamentalismi a partire da quello oggi trionfante del mercato, a quelli religiosi e delle culture che si ritengono forti. Io non sono per le culture deboli, ma la politica per essere con la 'p' maiuscola deve avere una sua capacita' di fondazione autonoma. Laicita' e' far vivere una fondazione autonoma del progetto politico, cosa che i fondamentalismi vogliono mettere in discussione. Abbiamo un esempio chiaro nella nostra Costituzione, che e' la dimostrazione della possibilita' pratica della politica di costruire la sua autonomia, di disegnare un'idea di societa' nel dialogo tra culture diverse, nato nella Resistenza e nella lotta di liberazione". Quanto al rapporto del personale con il politico, Bertinotti ha detto di "non condividere l'idea della militanza soltanto come sacrificio, a tutto scapito della vita personale. La politica puo' anche realizzare la tua felicita' personale". (AGI) Cav 011532 GIU 07

Agi
BERTINOTTI: QUESTIONE SETTERNTRIONALE? TORNI "VENTO DEL NORD"
(AGI) B Roma, 1 giu. - La sinistra deve saper tornare a far soffiare nelle sue vele quello che Pietro Nenni chiamava il "vento del nord", altrimenti "resta a zero". Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, in occasione dell'incontro a Roma promosso dal movimento dello psichiatra Massimo Fagioli, lancia un allarme e torna sulle indicazioni giunte dal recente voto amministrativo, un esito che richiede alla sinistra "mesi di studio", per affrontare quell'enorme mutamento sociale, economico e culturale che si e' prodotto al nord da "25 anni. Le elezioni - sottolinea Bertinotti- sono soltanto un termometro di un processo che chiunque puo' constatare, attraversando il settentrione d'Italia e vivendo nelle sue comunita', e cioe' del vero e proprio sradicamento della sinistra". Con la Resistenza e subito dopo la guerra ci fu il "vento del nord" e poi negli anni Sessanta e Settanta "il grande ciclo di lotte operaie e studentesche, che aveva rappresentato una cultura prevalente, se non egemone. Ma questa cultura - dice Bertinotti - e' stata sradicata nel ciclo degli ultimi 25 anni, per il quale uno degli elementi fondamentali e' la perdita di ruolo sociale dei lavoratori, la riduzione drammatica del loro potere d'acquisto e il mancato riconoscimento del loro ruolo nella societa'. Un fenomeno molto profondo", legato alla deindustrializzazione comune a tante realta' europee e sul quale "si innestano altri grandi fenomeni", a partire dalla nuova ondata di immigrazione straniera, che "si inseriscono su aree molto sofferenti sul tema dell'identita'". Ma, rileva il presidente della Camera, "se sei espiantato da li', dove si sta determinando una riorganizzazione complessa, economica e sociale, della vita degli individui e della collettivita', allora stai a zero, sei fuori da quello che Gramsci definiva il processo egemonico e sei sei fuori non c'e' salvezza". Per questo "la sinistra di alternativa deve avere una ambizione piu' rilevante di un intervento soltanto di tipo economicistico, deve saper produrre una cultura che determini egemonia, altrimenti nelle valli prealpine prevalgono la paura, la disperazione, l'antipolitica e il populismo sulla cultura della solidarieta' e dell'incontro e li' non schiodi piu'. Chi vuole cambiare il mondo - insiste Bertinotti- deve influire sulla cultura generale del paese, del popolo in cui vive. Occorre tenere insieme il problema della pancia, ma anche quello della testa e del cuore della gente". (AGI) Cav 011423 GIU 07

Agi
BERTINOTTI: FINE COMUNISMO NON DI NECESSITA' LIBERAZIONE
(AGI) – Roma, 1 giu. - "La storia non si riduce mai soltanto alle sue macerie e una sconfitta non segna per forza in modo negativo il valore di una esperienza". Quindi, finito il comunismo viva il socialismo, che "all'inizio, prima delle esigenze statuali imposte dall'Urss, erano la stessa cosa". Il socialismo del XXI secolo, che Fausto Bertinotti vuole contribuire a costruire assieme alla sinistra alternativa in Italia e in Europa.
"Siamo a un bivio – dice il presidente della Camera, in occasione dell'incontro con il movimento dello psichiatra Massimo Fagioli all'Auditorium di Roma –: esaurita la 'pars destruens' e quella della resistenza, attraversata anche da molti elementi di innovazione come la nonviolenza, stiamo entrando in una fase 'constuens'. In Europa e in Italia c'e' bisogno di una sinistra di alternativa in grado di essere protagonista del futuro della storia europea".
La sconfitta della "storia grande e terribile del comunismo, non cancella – secondo Bertinotti – il problema della necessita' della liberazione dall'oppressione e dallo sfruttamento. Tanto piu' nella fase attuale dominata dalla globalizzazione, dalla mercificazione totale delle cose, ma anche degli uomini. Questa societa' in cui siamo e' accettabile oppure no? Io penso di no e, allora, per la politica non c'e' concetto piu' alto che quello di rivoluzione, del trascendere l'ordine delle cose esistente". Non certo una rivoluzione che preveda "l'assalto al Palazzo d'Inverno o metodi di tipo golpista, perche' – rileva Bertinotti – quella che non regge piu' e' l'idea che prima c'e' la presa del potere e poi la sua trasformazione. La rivoluzione deve essere un processo di liberazione e in questo senso la nonviolenza costituisce la rottura con il passato per la sinistra di alternativa".
La nonviolenza e' per Bertinotti "il ponte possibile tra soggetti collettivi e percorsi individuali e il socialismo esce forse ammaccato dalla storia, ma meno di altri. Non pero' il cosiddetto 'socialismo scientifico', segnato da una presunta ineluttabilta' della storia. La liberazione la costruisci soltanto con le tue mani". Anche per questo Carlo Marx e' si' un "pensatore imprescindibile, ma il problema e' il suo oltrepassamento. La nonviolenza non e' una ipotesi da poeti, ma la levatrice di una nuova storia per costruire una sinistra alternativa in grado di avere ambizioni di influenza in Italia e in Europa, di costruire quell'egemonia culturale nella societa' di cui parlava Gramsci. Non si tratta – conclude Bertinotti - di avere qualche deputato in piu' o in meno, ma di raccogliere il compito storico di costruire un nuovo percorso di liberazione". (AGI)

Adnkronos
POLITICA: BERTINOTTI LA CULTURA NON È SOLO DI SINISTRA
A SIRONI UN TEMPO RISPONDEVO CON PICASSO E A DESTRA C'È ANCHE CÈLINE
Roma, 1 giu. (Adnkronos) - "Per molti anni ho pensato che il bene e la sinistra fossero equivalenti, che la cultura di sinistra potesse procedere procedere senza errore, che ogni buona ricerca fosse una ricerca di sinistra. Credo purtroppo che questo elemento rassicurante non si può più sostenere così come quello secondo cui la destra sia sempre priva di capacità di ricerca". Prosegue così il percorso intellettuale di Fausto Bertinotti, che smonta così, davanti alla platea di giovani studenti, studiosi ed esperti di psichiatria, alcune delle vecchie parole d'ordine di un Paese spaccato, forse residuo di una Prima Repubblica dove non c'erano ancora avversari ma solo nemici.
Il presidente della Camera lo fa nel corso del dibattito 'Incontri dell'analisi collettiva: la cultura socialistà, organizzato all'Auditorium della capitale, con la sala Sinopoli gremita di circa 1700 persone, più altre 700 riunite in video-conferenza nella vicina sala Petrassi, tutte accomunate da un esperienza di cui il prof. Massimo Fagioli è il riconosciuto ispiratore. Bertinotti va oltre e, rispondendo ad una psichiatra sostenitrice dell'incapacità della destra di fare ricerca, arriva a citare lo scrittore 'maledettò Louis- Ferdinad Cèline, a rivalutare il razionalismo in architettura e la pittura metafisica.
"Molti anni fa -dice- quando mi chiedevano di Mario Sironi, rispondevo con Picasso, oppure, chessò, l'arte povera. Oggi invece nel mio studio alla Camera c'un quadro di Sironi, che vi assicuro è di una forza straordinaria". Questo per significare che non si può ridurre "tutta l'esperienza umana alle categorie di destra o di sinistra: la ricerca deve essere 'apertà". E quindi, un riconoscimento all'autore di 'Viaggio al termine della nottè: "Per troppo tempo si è identificata la destra come priva di cultura, rozza e ignorante. Ma se prendete Cèline, che è certamente uno scrittore antisemita, non si può negare che sia un'espressione importante della modernità". (Fan/Zn/Adnkronos) 01-GIU-07 14:20

Adnkronos
SINISTRA: BERTINOTTI STUDI RISULTATO NORD E RIFLETTA SU EGEMONIA PERDUTA (2) = IL SOCIALISMO NON PUO' PRESCINDERE DALLA RICERCA DELLA FELICITA' INDIVIDUALE
(Adnkronos) - "La sinistra non può derivare il suo futuro solo da Marx, ma Marx è imprescindibile perchè se tecnicamente è eccepibile" dice Bertinotti citando Colajanni, "politicamente parla ancora". E poi, se la storia del comunismo "è una storia che finisce con una sconfitta -prosegue l'ex segretario di Rifondazione- non sono sconfitte le ragioni per cui quella storia è nata". Pensiamo, esorta ancorta la platea, "a ciò che è accaduto dopo: alla democrazia sotto scacco, all'accentuazione delle disuguaglianze. Tutto ciò ci riporta all'origine, ossia al fatto che non si può precettare una società caratterizzata dall'oppressione e dallo sfruttamento". Senza contare i cosiddetti progressi della scienza e della tecnica che mercificano non più solo il mondo inorganico ma anche il corpo "arrivando al commercio degli organi".
Insomma, un Bertinotti in gran forma davanti ad un uditorio giovane, appassionato, silenzioso, che si adegua a ritmi lenti da terapia collettiva, che a tratti assume i toni di un'elaborazione non ancora perfezionata della fine di quella che fu insieme un'ideologia e un impero. Interventi dalla platea anche lunghi, a volte specialistici sul rapporto tra identità collettiva e identità umana individuale, con divagazioni bibliche, riferimenti alla filosofia greca, al "logos occidentale".
E qui Bertinotti offre un altro suggerimento: "Non si può contribuire alla causa del socialismo senza cercare la propria felicità individuale ed è questo che arricchisce anche la causa generale". Certo, la politica non deve assicurare la felicità, però resta validissimo l'articolo 3 della Costituzione per cui "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...". (segue)
(Fan/Gs/Adnkronos) 01-GIU-07 15:35

Adnkronos
- Il presidente della Camera Fausto Bertinotti mostra di credere alla possibilità che la legislatura completi il suo percorso a condizione che vi sia "uno scatto della politica". Parlando al termine di un incontro con i giovani e con esperti di psichiatria presso l’auditorium della capitale Bertinotti ha detto che la durata della legislatura "dipende dalla capacità della maggioranza e del governo di guadagnare il consenso".
"Penso -ha aggiunto al terza carica dello Stato- che il Paese, come si è visto anche dalle ultime vicende in modo acuto, reclami uno scatto della politica. Poi -ha concluso- non tocca a a me dire come".
(Fan/Zn/Adnkronos) 01-GIU

Adnkronos
NOTIZIE FLASH: 2/A EDIZIONE - L'INTERNO
(10) Roma. "La politica della sinistra dovrebbe mettersi per mesi interi a studiare il risultato del voto espresso dal nord Italia, perchè lì c'è una riorganizzazione complessiva della psicologia indivuduale e collettiva, dei rapporti sociali, delle relazioni tra capitale e lavoro. E se si viene spiantati da lì, significa essere a zero nel processo egemonico". Recupera la vecchia lezione gramsciana, il presidente della Camera Fausto Bertinotti per parlare di attualità rispettando il ruolo istituzionale davanti a oltre duemila tra studenti, professori, psichiatri riuniti all’Auditorium per il dibattito 'Incontri dell’analisi collettiva: la cultura socialistà. "Per una sinistra che voglia essere alternativa -mette in guardia il presidente Bertinotti- è assolutamente necessario avere l’ambizione di produrre cultura, perchè è la cultura che consente di fare politica. Mentre nel vuoto della cultura, e quindi della politica, prevalgono la paura, la solitudine, l’incertezza. E su quello crescerà il populismo, l’antipolitica e la devastazione della cultura della solidarietà". Da dove ripartire? "Quello che conta è l'attraversamento, non solo la meta a cui tendi ma l’umanità con la quale ti rapporti in un cammino" dice Bertinotti, che non lesina accenti autobiografici: "Senza il movimento operaio e la cultura del superamento dell’alienazione e dello sfruttamento del lavoro salariato oggi sarei infintamente più stupido e ho un grande debito di riconoscenza verso quel mondo". E quindi, nessuna nostalgia del comunismo realizzato, anche se "attenzione, anche la socialdemocrazia ha fallito" e "la storia non si riduce mai solo alle sue macerie" ma anche necessità di recuperare il buon vecchio Carlo Marx.

Adnkronos
SINISTRA: BERTINOTTI, STUDI RISULTATO NORD E RIFLETTA SU EGEMONIA PERDUTA
(3) (Adnkronos) - Bertinotti si avvia a concludere, evocando l'immagine di un corteo silenzioso che a Portella della Ginestra ricorda le vittime del massacro dei contadini procedendo sotto le note solenni dell’Internazionale, cita la Resistenza come "educazione sentimentale di una collettività" che seppe dar vita ad una Costituzione espressione delle culture fondamentali d’Italia.
Prova così a coniugare senso di appartenenza aldilà degli incidenti della storia saldandolo ad una missione nel segno della non violenza per evitare "la catastrofe generale" di un mondo dominato dal mercato, dallo sfruttamento, dalla diseguaglianza: "In Italia ci vuole -conclude- una sinistra alternativa con l’ambizione di influenzare la comunità euripea, non di cercare qualche deputato in più. E’ un compito storico. Oggi l’emergenza è il precariato che ti rende solo, disperato, con la possibilità che chiunque ti revochi il contratto... Persino i giornalisti sono da due anni senza contratto".
Ce n'è abbastanza, dunque, per dire cosa deve fare una nuova sinistra, per un Bertinotti che incrocia pubblico e privato, psicologia e politica: "Camminare sulle due gambe: su ciò che non sappiamo dell’uomo e della donna e su ciò che sappiamo dello sfruttamento e dell’oppressione della società". L’esito è, prevedibilmente, una standing ovation, con il presidente della Camera che si inchina, mano sul cuore, a questo popolo in cerca.

Adnkronos
BERTINOTTI, LA CULTURA NON E' SOLO DI SINISTRA
Roma, 1 giu. (Adnkronos) - "Per molti anni ho pensato che il bene e la sinistra fossero equivalenti, che la cultura di sinistra potesse procedere procedere senza errore, che ogni buona ricerca fosse una ricerca di sinistra. Credo purtroppo che questo elemento rassicurante non si puo' piu' sostenere cosi' come quello secondo cui la destra sia sempre priva di capacita' di ricerca". Prosegue cosi' il percorso intellettuale di Fausto Bertinotti, che smonta cosi', davanti alla platea di giovani studenti, studiosi ed esperti di psichiatria, alcune delle vecchie parole d'ordine di un Paese spaccato, forse residuo di una Prima Repubblica dove non c'erano ancora avversari ma solo nemici. (Fan/Zn/Adnkronos)

Ansa
BERTINOTTI, BASTA DIRE CHE BUONA CULTURA SOLO A SINISTRA
RICERCA SIA APERTA, FINE COMUNISMO NON E' FINE LOTTA LIBERAZIONE
(di Francesco Bongarra')
(ANSA) - ROMA, 1 GIU - Applausi lunghi e urla da stadio, ma anche un confronto serrato, serio, pesato, sulla cultura socialista. I protagonisti sono da una parte Fausto Bertinotti, dall'altra circa duemila psicologi e psichiatri seguaci dello psichiatra Massimo Fagioli che periodicamente si incontrano per degli ''incontri dell'analisi collettiva''.
L'occasione dell'incontro, che dura tre ore, e' l'uscita del primo numero di 'Alternativa per il socialismo', la rivista diretta dal presidente della Camera: un po' un idolo per questa platea (lo aveva gia' incontrato nel 2004 quando era ancora ''solo'' segretario di Rifondazione comunista) che gli riserva un'accoglienza piu' che calorosa, con presenze e applausi che ormai difficilmente si vedono nei tradizionali appuntamenti di partito e che resistono solo nelle manifestazioni di movimenti ecclesiali come Cl o i Focolarini.
E i 'Fagiolini' (cosi' si chiamano scherzosamente tra loro i seguaci dello psichiatra) tutto sommato sono una chiesa, con un leader e dei seguaci. Che condividono un cammino e che soprattutto hanno un credo: ''La ricerca sul cosciente e' solo di sinistra'', dice al cronista Fagioli prima dell'inizio dell'incontro. Un concetto ribadito nel primo della decina di lunghi interventi (ciascuno una piccola conferenza) dalla platea, pronunciato con voce lenta e quasi da lettino psichiatrico da una giovane psichiatra. Ma il presidente della Camera spiazza la platea quando sostiene che non e' piu' possibile sostenere che la destra sia ''rozza ed ignorante'' e che non si puo' dire una ricerca ''per essere buona non puo' che essere di sinistra, altrimenti e' reazionaria per definizione''.
"Per molti anni ho pensato che il bene e la sinistra fossero equivalenti, che la cultura di sinistra potesse procedere senza errore, che ogni buona ricerca fosse una ricerca di sinistra. Credo purtroppo che questo elemento rassicurante non si puo' piu' sostenere, cosi' come quello secondo cui la destra sia sempre priva di capacita' di ricerca''. E cita lo scrittore 'maledetto' Louis-Ferdinad Celine, rivalutando il razionalismo in architettura e la pittura metafisica, ma anche la pittura di Mario Sironi, di cui tiene un quadro nel suo ufficio a Montecitorio. ''Non si puo' ridurre - sostiene - tutta l'esperienza umana alle categorie di destra o di sinistra: la ricerca deve essere 'aperta'. Per troppo tempo si e' identificata la destra come priva di cultura, rozza e ignorante. Ma se prendete Celine, che e' certamente uno scrittore antisemita, non si puo' negare che sia un'espressione importante della modernita'''.
Poi Bertinotti parla di comunismo e socialismo, che una volta ''erano termini intercambiabili''. ''La storia - dice - non si riduce mai soltanto alle sue macerie e una sconfitta non segna per forza in modo negativo il valore di una esperienza''. E la sconfitta della ''storia grande e terribile del comunismo, non cancella il problema della necessita' della liberazione dall'oppressione e dallo sfruttamento. Tanto piu' nella fase attuale dominata dalla globalizzazione, dalla mercificazione totale delle cose, ma anche degli uomini. Questa societa' in cui siamo e' accettabile oppure no? Io penso di no e, allora, per la politica non c'e' concetto piu' alto che quello di rivoluzione, del trascendere l'ordine delle cose esistente. Non certo una rivoluzione che preveda l'assalto al Palazzo d'Inverno o metodi di tipo golpista, perche' - aggiunge - quella che non regge piu' e' l'idea che prima c'e' la presa del potere e poi la sua trasformazione. La rivoluzione deve essere un processo di liberazione e in questo senso la nonviolenza costituisce la rottura con il passato per la sinistra di alternativa''.
Quindi, il presidente della Camera invita la sinistra a ''riflettere per mesi'' sulla sconfitta della sinistra al Nord alle ultime Amministrative, che conferma la ''necessita' di una sinistra alternativa''.
Alla fine, tornano gli applausi. E Bertinotti e' soddisfatto. ''Riscontro - dice lasciando l'auditorium - un elemento straordinario di partecipazione, di interesse alla cultura politica. Non c'e' stato un solo intervento che parlasse di governo, di Prodi, di Berlusconi o dei ministri. Nulla. Anche se - conclude con una battuta - non dover parlare del governo non e' poi male...''.(ANSA).

Ansa
BERTINOTTI, DOPO VOTO NORD SINISTRA RIFLETTA
(ANSA) - ROMA, 1 GIU - ''La politica della sinistra dovrebbe riflettere per mesi nello studio del risultato delle ultime amministrative nel nord'': lo afferma il presidente della Camera Fausto Bertinotti intervenendo ad un dibattito su ''La cultura del socialismo'', in concomitanza con l'uscita del primo numero della rivista ''Alternative per il socialismo'' da lui diretta. Bertinotti sottolinea che ''al nord sta intervenendo una riorganizzazione dei rapporti tra economia e politica, tra lavoro e capitale. Se li' vieni espiantato come e' accaduto alla sinistra alle amministrative allora vuol dire che stai a zero con il processo egemonico. In questa condizione non si puo' costruire una sinistra alternativa che e' necessaria: deve essere ambiziosa, intervenire anche al di la' dei semplici ambiti economici e sociali per produrre anche una cultura che determini una egemonia. Diversamente - prosegue - nelle valli prealpine non si schiodi. E finiscono con il prevalere la paura e l'incertezza'' che hanno determinato il successo del centrodestra al nord nell'ultimo voto locale''.(ANSA).

Ansa
BERTINOTTI, SINISTRA A UN BIVIO, ALTERNATIVA SERVE
(ANSA) - ROMA, 1 GIU - ''La sinistra oggi e' a un bivio'': ne e' convinto il presidente della Camera Fausto Bertinotti secondo cui ''serve una sinistra di alternativa in grado di essere protagonista nel futuro in Italia e in Europa''. ''Siamo arrivati ad un punto - spiega Bertinotti - in cui si e' esaurita la 'pars destruens', di resistenza, attraversata anche da molti elementi di innovazione come la non violenza. Stiamo entrando ora in una fase 'construens', nella quale c'e' la necessita' in Italia e in Europa di una sinistra alternativa capace di essere protagonista''.(ANSA).

Asca
BERTINOTTI: SINISTRA ATTENTA, ELEZIONI NORD DIMOSTRANO SUO SRADICAMENTO
(ASCA) - Roma, 1 giu - Fausto Bertinotti mette sull'avviso la sinistra dopo l'insoddisfacente risultato elettorale amministrativo nel Nord del Paese. C'e' bisogno di un'attenta analisi del risultato, a partire dalla constatazione che nell'Italia settentrionale e' in atto - e le ultime elezioni rappresentano solo l'ultimo episodio di questo prcesso - ''un vero e proprio sradicamento della sinistra''. Il presidente della Camera interviene al Parco della Musica ad un dibattito sulla cultura socialista nell'ambito degli ''Incontri dell'analisi collettiva'', organizzati dallo psichiatra Fagioli. Bertinotti non interviene direttamente sugli argomenti di stretta attualita'. Unica eccezione, sia pure in parte, e' il riferimento alla recente tornata elettorale. ''Dopo il voto amministrativo al Nord - dice - la sinistra dovrebbe mettersi per mesi allo studio del risultato''. In quell'area del Paese, sottolinea il presidente della Camera, ''sta intervenendo una riorganizzazione dei rapporti tra economia e politica, tra lavoro e capitale''. Quello che si e' prodotto al Nord, continua Bertinotti, ''e' la storia di 25 anni, di un processo che chiunque puo' constatare''. E' in atto ''un vero e proprio sradicamento della sinistra''. fdv/cam/sr

carta.org
Bertinotti presenta «Alternative per il Socialismo» 1 giugno 2007 E' stato presentato questa mattina all'Auditorium di Roma, da Fausto Bertinotti, il bimestrale «Alternative per il Socialismo», da oggi in edicola con Left. A tenere a battesimo la nuova rivista, che si propone di ospitare argomeni di filosofia e politica per proiettare il pensiero maxiano e non solo verso il futuro, c'erano Massimo Fagioli e Luca Bonaccorsi, direttore di Left, in qualità di intervistatore. La parola «alternative», al plurale, indica un'approccio in cui il pensiero marxista è sì irrinunciabile, ma non è il solo, ha ribadito il Presidente della Camera. Che pure ha sottolineato di esse per un pensiero forte, ma che il pensiero forte va costruito e condiviso, non solo predicato. Dalla platea della sala Sinopoli, pienissima, sono venute molte domande all'indirizzo di Bertinotti, sui problemi attuali come la precarietà, e anche molti interrogativi su cosa sia possibile "salvare" di 150 anni di pensiero marxista. Ma il tema del dibattito ha più volte deviato verso tematiche vicine alla «analisi collettiva» di Fagioli e dei seguaci dei suoi seminari, che costituivano buona parte del pubblico presente in sala.

Dire
GOVERNO. BERTINOTTI: SERVE UNO SCATTO DELLA POLITICA
(DIRE) Roma, 1 giu. - Il governo durera'? Fausto Bertinotti, avvicinato dai giornalisti all'Auditorium di Roma dopo una mattinata di dibattito con gli esponenti delle scuola psicoanalitica di Massimo Fagioli, non e' ne' ottimista ne' pessimista sul prosieguo della legislatura: "Questo dipendera' -afferma il presidente della Camera- dalla capacita' della maggioranza del Governo di guadagnarsi il consenso". Pero' un'indicazione la da': "Penso che il Paese reclami uno scatto della politica. Poi non tocca a me dire come".

Ato/Dim/ Dire
CULTURA. BERTINOTTI: MA ANCHE SIRONI PUO' COMMUOVERE
(DIRE) Roma, 1 giu. - "Ho pensato per tanti anni che tutto il bene stesse a sinistra, ma purtroppo questa rassicurazione non c'e'". Fausto Bertinotti incontra i seguaci di Massimo Fagioli, i cosiddetti "fagiolini", ed espone le sue attuali convinzioni sulla ricerca culturale a fronte di una platea che dice "tutta la buona ricerca non puo' che essere di sinistra". Per farlo cita un artista che certo non e' stato di sinistra- Mario Sironi, un futurista convinto assertore del fascismo. "Non si puo' dire- replica Bertinotti- che a destra c'e' sempre una cattiva ricerca. Ho nel mio studio a Montecitorio una tela di Sironi che e' uno spettacolo commovente".

Apc
BERTINOTTI DA FAGIOLI, OLTREPASSA MARX ED ELOGIA SIRONI E CELINE
Analisi collettiva all'Auditorium: Sinistra si rimetta in cammino
Roma, 1 giu. (Apcom) - La sinistra alternativa, in Italia e in Europa, ha il "grande compito storico" di riorganizzarsi con l'ambizione "di diventare protagonista del futuro della Ue". La "nuova politica" della sinistra deve raccogliere dei "lasciti importanti" dalla sua storia, uno su tutti il pensiero "imprescindibile" di Karl Marx, ma deve essere consapevole che "senza ripensamenti" non potrà riprendere il suo cammino. Il ragionamento, firmato Fausto Bertinotti, non è nuovo. La platea invece è quella molto "comunista", nelle modalità di incontro (sedute di analisi collettive, pubbliche e gratuite) più che nell'aspetto, dei 'fagiolini', gli 'adepti' dello psichiatra Massimo Fagioli, che dal 1975 porta avanti seminari di ricerca collettivi sulla psiche umana, con la convinzione, ribadita oggi, che tale ricerca sia un'esclusiva della sinistra.
Davanti all'accoglienza attenta e calorosa di 1200 persone, riunite nella sala Sinopoli dell'Auditorium (altre 700 si sono dovute accontentare di seguire l'evento dal maxischermo nella più piccola sala Petrassi), Bertinotti, però, smentisce la convinzione del popolo di Fagioli: "La ricerca può avvalersi del contributo di pensieri reazionari; la sinistra per troppo tempo si è cullata nell'idea che la destra fosse ignorante e rozza". Un'idea che, confessa, ha accompagnato anche parte della sua storia personale: "Ho pensato per molti anni che 'bene e sinistra' fossero equivalenti e cioè che la collocazione di sinistra fosse in grado di produrre il giusto e che le buone ricerche fossero tendenzialmente di sinistra". Ora però "credo che purtroppo non sempre si possa avere questo elemento rassicurante e che la destra non è sempre priva di una capacità di ricerca". Per dimostrarlo Bertinotti porta due esempi: "Una volta se mi si chiedeva di Sironi, preferivo parlare di Picasso. Ora nel mio studio ho un suo quadro ed è uno spettacolo commovente". E ancora, lo scrittore Celine: "E' antisemita, ma la sua ricerca sulla scrittura è imprescindibile".
Il popolo dei fagiolini non fa una piega, applaude ad ogni intervento di Bertinotti e, al termine del dibattito, durato 3 ore, gli regala una standing ovation che lo fa commuovere. Per loro nulla è cambiato dal 5 novembre del 2004 quando a Villa Piccolomini incontrarono l'allora segretario del Prc. Per Bertinotti invece qualcosa è cambiato. Il ruolo innanzitutto: oggi, da presidente della Camera, spiega alla platea, "non devo parlare del governo, e questo - osserva ironico - non è poi un male, né delle forze politiche in campo" ma "sento il dovere di investire sulla cultura politica".
E' in linea con questo sentire la rivista bimestrale 'Alternative per il socialismo' diretta dal presidente della Camera, da oggi in edicola. "I termini socialismo e comunismo - spiega - all'inizio del terzo millennio sono stati sconfitti ma occorre rimettersi in cammino", "appartengono ad un mondo che non c'è più ma l'anelito non è finito" anche perché "la società in cui stiamo non è accettabile". E allora, rileva l'ex segretario del Prc, "la sinistra italiana è ad un bivio: ha esaurito la sua funzione di pars destruens, che pure ha portato i suoi elementi di innovazione come la 'non-violenza', e occorre che entri nella pars costruens con l'ambizione più rilevante del semplice intervento nella sfera economico-sociale: la sinistra alternativa deve produrre una cultura che determini egemonia", nella nozione gramsciana. "Questo - rileva Bertinotti - è un grande compito storico".
Gli elementi che la "nuova sinistra" deve portarsi dietro per riprendere il cammino sono, suggerisce il presidente della Camera, "la non-violenza, che non è un'ipotesi di poeti e navigatori ma la levatrice della nuova storia", e anche "il pensiero di Marx" che è "imprescindibile", è "una eredità che non si può disperdere", anche se la nuova sinistra non può affondarvi totalmente le sue radici ma deve "oltrepassarla" indagando "ciò che di essa può servire per la società futura che si vuole costruire".
Luc 011738 giu 07

il Velino
Bertinotti incoronato dai “fagiolini” spauracchio dei radical

Roma, 1 giu (Velino) - Le agenzie di stampa non hanno lesinato particolari sull’acclamazione avvenuta, con tanto di standing ovation, oggi pomeriggio nei confronti del presidente della Camera Fausto Bertinotti all’Auditorium della capitale. Un pubblico decisamente particolare, strettosi attorno alla terza carica dello Stato ma, soprattutto, a Massimo Fagioli, la cui vicenda umana e professionale lo distingue come uno dei personaggi più influenti della scena radical-chic di casa nostra e, in un certo senso, tra i più “temuti” dai suoi leader, visto ciò che è accaduto a chi ha osato mettersi sulla sua strada. Psichiatra freudiano eretico, professore universitario, Fagioli, frutto del Movimento post-sessantottino ben presto bandito dalla comunità scientifica ufficiale, si distingue da più di un ventennio per aver costituito, attingendo a piene mani dal milieu della borghesia radicale inquieta e salottiera romana, un gruppo di adepti (da tutti ribattezzati “fagiolini”), uso a periodiche e lunghe sedute di terapia collettiva, che si è via via tramutato in un movimento composto da centinaia di aderenti, cui più di un collega e di un addetto ai lavori non ha risparmiato la qualifica di lobby. (segue)