Il sindacato, l'uguaglianza e lo scalone
di Eugenio Scalfari
IL MIO ARTICOLO di domenica scorsa intitolato "Quando il sindacato si accordò con Maroni" ha suscitato vivaci reazioni da parte del segretario della Cgil, del segretario di "Rifondazione comunista" Franco Giordano e del presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Il giornale ufficiale del Prc, "Liberazione" mi ha dedicato tre pagine accusandomi di essere il capo del partito della nuova destra e sforzandosi di dimostrarlo. Tutte queste vivaci critiche mi imputano d'aver scritto falsità perché i sindacati non hanno mai sottoscritto accordi sullo "scalone" con l'allora ministro del Lavoro, Maroni.
Di solito non reagisco a chi contesta le mie opinioni e le mie interpretazioni dei fatti: contestazioni pienamente legittime delle quali, quando mi convincono d'aver sbagliato, prendo atto. Ma in questo caso penso sia doveroso rispondere: troppo aspre le critiche e molto qualificati gli autori perché io possa chiudermi nel silenzio. Del resto il tema è di grande interesse: si è trasformato il movimento sindacale e in particolare la Cgil in una corporazione che guarda soltanto agli interessi particolari dei suoi associati? Ha subito analoga metamorfosi la classe politica in generale e i partiti della sinistra radicale in particolare?
Questo è il tema vero del dibattito, del quale il problema delle pensioni e dell'età pensionabile rappresentano soltanto un aspetto che però tiene sotto scacco da molti mesi il governo e l'intera vicenda politica italiana. A me pare che su di esso si sia manifestata con clamorosa visibilità la natura corporativa di alcuni settori del sindacalismo e della sinistra politica, per difetto di una visione adeguata dell'evoluzione sociale e culturale della modernità.
Prima di passare all'esame delle questioni voglio qui citare il pensiero di Aldo Schiavone sull'eguaglianza; pensiero che interamente condivido e che rappresenta il nocciolo di questo dibattito.
Scrive dunque Schiavone su "Repubblica": "Oggi l'eguaglianza sembra una parola in difficoltà, che facciamo fatica a pronunciare (mentre tutti sproloquiano di libertà) messa in crisi dai fallimenti del ventesimo secolo non meno che dall'onda del capitalismo totale che sta dominando l'orizzonte del pianeta. Ma sbagliamo ed è un errore grave. Perché di eguaglianza avremo presto un gran bisogno per riuscire a sottrarre il futuro alla destabilizzazione di squilibri paurosi, indotti dalla forza stessa delle potenze in campo: l'intreccio tra scienza e mercato nella forma storica che stiamo sperimentando. Dismisura rispetto alla quale le ingiustizie del vecchio capitalismo industriale sembreranno presto non più d'un pallido ricordo. Le nuove diseguaglianze saranno tutte, molto prima che diseguaglianze proprietarie e distributive, disparità "di accesso"; generate non direttamente dall'economia ma dal rapporto ancora oscuro tra l'avanzamento tecnologico e il suo uso sociale".
Disparità di accesso, le chiama Schiavone ed è un modo analogo e aggiornato di definire quella "eguaglianza delle posizioni di partenza" che è stata fin dagli anni Quaranta del secolo scorso il nucleo di pensiero del liberalismo europeo e di quello italiano di Croce e di Einaudi, di Salvemini e di Ernesto Rossi, dei fratelli Rosselli e di Ugo La Malfa. Con buona pace dei miei attuali contraddittori mi metto anch'io in questo gruppo di persone, delle quali ho condiviso il pensiero e - con alcuni di loro - un percorso di vita e di azione mai smentito.
Mi ha fatto sorridere, ma con molta amarezza, l'accenno di un Croce che si starebbe rivoltando nella tomba se potesse aver letto il mio articolo di domenica scorsa; così l'altro accenno ad uno "Scalfari giovane" e uno "Scalfari vecchio" che avrebbe dirazzato da un liberalismo originario in favore di un liberismo totalizzante.
Io non sono così importante da meritare la distinzione tra una fase giovane e una fase vecchia del mio pensiero, che fu applicata al pensiero di alcuni grandissimi come Hegel e Marx. Ma se si vuole studiare l'evoluzione delle mie idee che certamente è avvenuta come accade a tutti quelli che compiono un lavoro intellettuale, si vedrà che essa ha portato un liberale a considerare la sinistra politica come uno strumento adeguato alla trasformazione di se stessa e dunque anche della democrazia italiana coniugando l'eguaglianza con la libertà. Spero, per dirla tutta e fino in fondo, che il nascituro Partito democratico sia l'approdo di questo percorso e quindi mi preoccupano gli ostacoli che gli vengono frapposti quando si fondano non tanto e non soltanto su differenti divisioni ideali ma su logori ideologismi dietro ai quali è facile avvistare istinti di sopravvivenze corporative, interessi ed egoismi particolari, persistenze di apparati e nomenclature ormai estenuati.
Tutto ciò chiarito per quel che mi riguarda, vengo alle poche questioni che hanno animato questo dibattito.
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Epifani afferma con forza di non aver mai sottoscritto patti con Maroni sullo "scalone" pensionistico e ricorda i molti scioperi che la Cgil promosse, talvolta da sola e talvolta con le altre organizzazioni sindacali, per impedire che l'età pensionabile fosse aumentata.
In effetti non esiste alcun documento comune, redatto e firmato dalla Cgil insieme col ministro del Lavoro dell'epoca. Esiste invece il famoso "Patto per l'Italia" formalmente stipulato con il governo Berlusconi dalla Cisl (Pezzotta) e dalla Uil (Angeletti) che riguardava l'intera politica sociale su una piattaforma compromissoria di reciproche concessioni. Quel patto scatenò una durissima polemica tra le organizzazioni sindacali (la Cgil era ancora guidata da Sergio Cofferati) e di fatto non fu mai attuato.
Ma per quanto riguarda lo "scalone" previdenziale io non ho affatto affermato l'esistenza di un documento sottoscritto, bensì di un accordo sostanziale: i sindacati e la Cgil in particolare avrebbero di fatto consentito l'attuazione della legge delega e Maroni ne avrebbe posticipato di tre anni e mezzo l'entrata in vigore. Inoltre lo stesso Maroni avrebbe fatto slittare la verifica dei coefficienti applicati alle pensioni d'anzianità come previsto dalla riforma Dini; quest'ultima, giova ricordarlo, fu firmata da tutte e tre le organizzazioni sindacali confederali prima ancora che il governo la presentasse al Parlamento.
La data fissata per la verifica dei coefficienti era prevista dalla legge ma Maroni "se ne dimenticò". I sindacati anche. Padoa-Schioppa l'ha riproposta; i sindacati chiedono che sia rinviata ancora; ovviamente, per non turbare acque già molto agitate, la materia è stata affidata ad una commissione che... riferirà.
I sindacati confederali (Cgil in testa) affermano ora, da non più di quarantott'ore, che lo "scalone" non è né il solo e neppure il più importante delle questioni sociali in discussione con il governo. Più importanti sono l'aumento delle pensioni di anzianità al di sotto di una soglia minima, l'avvio di ammortizzatori sociali adeguati, la lotta al precariato, l'entrata in vigore del contratto del pubblico impiego il cui testo, già firmato dalle parti, è stato però oggetto di lunghe discussioni interpretative. Infine la detassazione dei contributi sul lavoro straordinario.
Gran parte di queste importanti questioni sono state risolte. Il round finale è avvenuto tra lunedì e martedì ed ha generato soddisfazione tra tutti gli interessati (un po' meno negli organismi internazionali). Non entro nel merito di questi accordi ma mi limito a constatare che se esiste un collegamento tra le questioni risolte e quella ancora aperta dello "scalone", dovremmo ora aspettarci che la via dell'accordo anche su quest'ultima parte sia in discesa. Invece non sembra così. Lo scalone, definito un aspetto non essenziale dagli stessi interessati, continua però a pesare e a turbare i sonni del governo e ad eccitare la combattività delle organizzazioni sindacali e della sinistra politica. Il governo cerca la quadratura del circolo ma i sindacati finora hanno risposto "niet".
Giordano e Bertinotti non vogliono scalini e scalette al posto dello "scalone": ne vogliono l'abolizione pura e semplice, che avrebbe un costo complessivo di circa dieci miliardi di euro e metterebbe l'Italia di nuovo sotto scacco di fronte alla Commissione europea; cosa che peraltro non preoccupa affatto né Rifondazione, né Diliberto, né Pecoraro Scanio, né il ministro Ferrero (Prc).
Epifani dal canto suo, in un'intervista al "Corriere della Sera" di lunedì scorso, ha ammonito i partiti a non interferire con i sindacati e con la loro autonomia di scelta. Ha perfettamente ragione. Ne sono seguiti incontri con la segreteria di Rifondazione che - hanno detto i partecipanti - si sono conclusi molto bene. Dopodiché la delegazione di quel partito ha ribadito che lo scalone deve essere abolito, punto e basta. Epifani ha ritirato l'ammonimento? Oppure i destinatari non erano i partiti della sinistra radicale? Lo vedremo tra pochi giorni.
Osservo che l'asprezza dello scontro è infinitamente maggiore di quanto avvenne sullo stesso argomento con il ministro Maroni quattro anni fa. Allora (era il 2004) lo scalone passò senza che la politica sociale e pensionistica fosse messa a ferro e fuoco dai sindacati. Ci fu un solo sciopero generale di quattro ore nel 2004, che i sindacati motivarono con la questione pensionistica. Tutti gli altri scioperi indetti tra il 2002 e il 2005 furono diretti contro l'abolizione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori e contro le leggi finanziarie del governo Berlusconi. Nel frattempo la legge Maroni era stata approvata dal Parlamento ma la sua entrata in vigore come pure la revisione dei coefficienti pensionistici furono rinviati al gennaio 2008.
A questo punto le ipotesi sono due: o c'è stato l'accordo, tacito ma non meno evidente, tra Maroni e i sindacati, oppure i sindacati non davano al tema dell'età pensionabile il peso che adesso gli danno. Una terza spiegazione non c'è.
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Sulle contumelie delle quali sono stato oggetto da parte dei leader di Rifondazione comunista ho già fatto cenno. Ribadisco che non è affatto vero che il programma elettorale dell'Unione preveda l'abolizione dello scalone "senza sé e senza ma". Lo condiziona invece a provvedimenti di gradualità e di compatibilità di bilancio. Questo aspetto è sottaciuto dai miei rissosi interlocutori contro l'evidenza dei testi.
Giordano ritiene incredibile, arrogante e ricattatorio l'invito da me fatto al presidente della Camera di dimettersi in caso di crisi di governo. Non ho affatto scritto questo. Ho scritto che Bertinotti dovrebbe dimettersi qualora il governo andasse in crisi a causa di un voto contrario di Rifondazione motivato dai contrasti previdenziali sui quali il presidente della Camera ha espresso un'opinione che male si concilia con il suo incarico istituzionale. Non c'è né arroganza né tantomeno ricatto. Onorevole Giordano, ricatto è una parola che riguarda un ricattatore e un ricattabile; né Bertinotti è ricattabile né io sono un ricattatore. Lei mi deve dunque delle pubbliche scuse. Io ho semplicemente constatato che Bertinotti interviene troppo spesso su questioni che riguardano la sua competenza "neutrale" di presidente della Camera e che - ove i suoi suggerimenti inducessero il suo partito a provocare la crisi - una persona perbene come lui dovrebbe dimettersi. Punto e fine.
Repubblica 12.7.07
La scoperta del monaco Mendel
I primi passi della genetica tra piselli e moscerini
Perché i figli assomigliano ai genitori
Thomas Hunt Morgan dimostrò che i caratteri ereditari hanno la loro sede nei cromosomi
di Luca e Francesco Cavalli-Sforza
Tutti abbiamo modo di osservare le grandi somiglianze, ma anche le differenze, fra genitori e figli. Non solo fra noi uomini, ma anche in ogni altro animale e fra le stesse piante. Riprodurre se stessi è anzi l´unica forma di immortalità virtualmente accessibile a chiunque, benché da questo punto di vista gli organismi più semplici, che si dividono in due e generano figli in tutto identici a se stessi, possano sembrare in vantaggio rispetto a chi, come noi, si riproduce per via sessuale.
Nell´Ottocento, Darwin e Wallace (quest´ultimo con un lavoro non altrettanto imponente) dimostravano che le specie viventi cambiano nel corso del tempo. I figli, insomma, non sono sempre un semplice miscuglio dei caratteri dei genitori: si verifica ciò che Darwin definì "discendenza con modificazioni" e che noi oggi chiamiamo semplicemente "evoluzione". Nessuno, però, aveva capito ancora che cosa passasse da genitori a figli, rendendo questi ultimi così simili a chi li ha generati. Né si sapeva come funzionassero i meccanismi dell´eredità: perché a volte un figlio somiglia di più al padre e a volte di più alla madre, e altre volte a nessuno dei due? I tempi erano maturi perché nascesse una scienza nuova, che rendesse conto della trasmissione dei caratteri attraverso le generazioni.
Le sue basi furono poste da un contemporaneo di Darwin e Wallace: un monaco boemo, Gregor Johann Mendel, appassionato naturalista, che incrociò metodicamente per anni piante di pisello odoroso nell´orto del monastero di Brno, in Moravia, di cui sarebbe in seguito divenuto abate. Fra il 1856 e il 1863, Mendel sperimentò su circa 28.000 piante di pisello, osservando come i caratteri dei genitori si riproponessero nelle generazioni successive. Espose i suoi risultati in una conferenza scientifica nel 1865 e li pubblicò nel 1866 sulla rivista dell´Accademia delle Scienze di Brno, in un bellissimo articolo. Aveva scoperto le leggi che regolano la trasmissione dei caratteri ereditari e con i suoi esperimenti aveva fondato una nuova scienza, che avrebbe avuto enorme sviluppo nel secolo successivo. Ma nessuno, anche fra i maggiori scienziati del tempo, gli prestò attenzione.
Trascorsero alcuni decenni, e nel 1900 il suo lavoro fu riscoperto da tre botanici, in Olanda, Austria, Germania. Lavorando indipendentemente l´uno dall´altro, si resero conto che Mendel aveva ragione. Nel 1905, il biologo inglese William Bateson suggerì di chiamare "genetica" la nuova scienza dell´eredità (dalla radice greca ghen, presente anche in molte parole latine che significano "generare", "dare nascita"). Qualche anno dopo, le strutture responsabili della determinazione dei singoli caratteri ereditari, ancora ignote, furono battezzate "geni".
La genetica era nata come scienza sperimentale, con le scoperte di Mendel. Una volta che queste furono confermate, ne derivò una straordinaria mole di ricerca di laboratorio su piante e animali. L´americano Thomas Hunt Morgan fornì dimostrazioni rigorose che i caratteri ereditari hanno la loro sede fisica nei cromosomi, corpiccioli osservabili al microscopio nelle cellule che si stanno dividendo. Per quanto vagamente, era stato ipotizzato già in precedenza che fosse così, anche perché i cromosomi sono di forma e numero costanti e caratteristici in ogni specie (46 nella specie umana). Morgan riuscì a dimostrarlo concentrando i suoi studi su un minuscolo insetto, il moscerino della frutta o dell´aceto (Drosophila), che si trova sulla frutta in fermentazione e ha parte importante nella produzione del vino, in quanto trasporta sugli acini d´uva e sul mosto le cellule di lievito che causeranno la fermentazione alcolica. La Drosofila si riproduce rapidamente, è facile ed economica da allevare, e i suoi cromosomi sono ben visibili al microscopio ottico.
Insieme con Morgan lavorò per venti e più anni, in una stanza dell´Università di Columbia a New York, un piccolo gruppo di genetisti validissimi. Essi poterono dimostrare che i singoli geni, come quelli che determinano, per esempio, il colore degli occhi, la forma delle ali e migliaia di altri caratteri nella drosofila, hanno ciascuno una posizione precisa sui cromosomi, come perle su una collana.
La scienza spesso procede a salti: magari si scopre, per puro caso, un´eccezione a una legge tenuta per vera, oppure accade che una teoria, sottoposta a controllo, si riveli errata. Pare che il detto "l´eccezione conferma la regola" risalga ad Aristotele, ma sembra una contraddizione, ed è più corretto dire che "l´eccezione saggia la regola". Fu così che uno dei primi esperimenti di Morgan (1910) fornì una delle dimostrazioni più belle della teoria cromosomica dell´eredità. Morgan trovò un maschio di Drosofila con gli occhi bianchi e lo incrociò con moscerini normali per controllare se seguiva le leggi di Mendel. I risultati furono sorprendenti. Nella prima generazione tutti i figli avevano occhi normali, di colore rosso: fin qui nulla di speciale, perché Mendel già aveva visto che nella prima generazione un carattere ereditario, che chiamò "recessivo", può non comparire affatto, ma si ripresenta nella seconda generazione se si fanno riprodurre fra loro gli individui della prima generazione. La parola recessivo ("che si ritira") era stata coniata, usando una parola latina, per indicare i geni che possono rimanere nascosti nei figli del primo incrocio ma che ricompaiono regolarmente in precise proporzioni nelle generazioni successive. Mendel non aveva usato la parola gene, che fu introdotta più avanti, ma aveva parlato di "elementi", sottolineando la natura di "unità elementare" della struttura, allora ignota, che trasmette i caratteri ereditari. È questa una proprietà che oggi riconosciamo ai geni.
Nella seconda generazione dell´esperimento di Morgan, il carattere "occhi bianchi" effettivamente ricomparve, come ci si attendeva per un carattere recessivo, ma con una grossa sorpresa: solo i maschi, e solo il 50% dei maschi, avevano gli occhi bianchi, esattamente come il primo scoperto all´inizio. Poteva essere che il carattere fosse "limitato al sesso", cioè si manifestasse solo negli individui di sesso maschile; ma quando Morgan incrociò un maschio a occhi bianchi con una qualunque delle sorelle della prima generazione (una sua zia), che erano tutte a occhi rossi, metà delle figlie e metà dei figli risultarono con gli occhi bianchi, e l´altra metà con gli occhi rossi. Fece allora l´ipotesi che poi risultò giusta, cioè che il carattere occhi rossi o bianchi è determinato dal cromosoma X, uno dei due cromosomi sessuali X e Y.
Nella Drosofila, come nell´uomo e in molti altri organismi, vi è un paio di cromosomi che spiega questo strano comportamento: sono i cromosomi detti sessuali, X e Y. La femmina ha due cromosomi X, quindi è XX, il maschio un X e un cromosoma più piccino, detto Y, quindi è XY. È la presenza del cromosoma Y a determinare il sesso maschile.
Il comportamento di un carattere portato dal cromosoma X ha proprio le caratteristiche osservate da Morgan per il carattere occhi rossi/bianchi. Possiamo rendercene conto, se abbiamo un po´ di pazienza e di acume, tenendo presente che in qualunque cellula del nostro organismo, tranne quelle che permettono la riproduzione (spermatozoi e cellule-ovo), i cromosomi esistono in coppie: uno dei due membri della coppia è trasmesso dal padre, l´altro dalla madre. Tutte queste coppie sono formate da due cromosomi di forma identica, tranne una: quella dei cromosomi sessuali X e Y. Quando si formano le cellule riproduttive, cioè lo spermatozoo e la cellula-ovo, dalla cui unione avrà origine un nuovo individuo, in ognuna di esse entra un solo cromosoma di ogni paio, o l´uno o l´altro, a caso. Se non avvenisse questa riduzione numerica dei cromosomi all´atto della formazione di spermatozoi e cellule-ovo, non sarebbe possibile mantenere il loro numero costante in tutte le cellule di tutti gli individui.
Le femmine generano le cellule-ovo, e poiché nelle cellule dell´organismo femminile entrambi i cromosomi sessuali sono X, ogni cellula-ovo ha un solo cromosoma X. I maschi generano gli spermatozoi, ma poiché nelle cellule dell´organismo maschile la coppia di cromosomi sessuali è formata da un X e da un Y, gli spermatozoi sono di due tipi: spermatozoi con X e spermatozoi con Y, in numero eguale. Il gene che determina il colore bianco degli occhi deve essere quindi nel cromosoma X, e manca nell´Y.
Per capire a fondo questa scoperta fondamentale basta fare un altro piccolo sforzo. Teniamo presente che, come appena detto, nelle cellule dell´organismo maschile i cromosomi sessuali sono l´uno X e l´altro Y. Chiamiamo X il cromosoma X del primo maschio con gli occhi bianchi trovato da Morgan. Incrociamolo a una femmina con gli occhi normali, i cui due cromosomi X non hanno il gene b, ma un suo equivalente che rende gli occhi rossi, come è normale nelle drosofile, per cui li chiameremo semplicemente X. I cromosomi del primo maschio sono XY, per cui il 50% degli spermatozoi che egli produce hanno un solo cromosoma Y, e l´altro 50% un solo X. La femmina con cui lo si incrocia è normale, XX, e tutte le sue cellule-ovo sono X.
I figli maschi ricevono così dal padre l´Y e dalla madre l´X (normale): sono quindi XY, con i consueti occhi rossi. Le femmine invece ricevono dalla madre un X e dal padre un X, per cui sono XX: hanno anche loro gli occhi rossi, perché il gene per gli occhi bianchi è recessivo, cioè si nasconde dietro il gene normale. Nella prima generazione quindi gli occhi bianchi non ricompaiono. Tutte le femmine di questa generazione sono però XX, per cui producono metà cellule-ovo X e metà X. Incrociandole con maschi a occhi bianchi, come sono i loro padri, nei figli si trova esattamente il risultato che fu osservato da Morgan: metà dei moscerini hanno gli occhi bianchi e metà rossi, sia tra le femmine sia tra i maschi. Perché la metà esatta? perché ogni figlio può ricevere dal padre XY solo un Y o un X, e dalla madre XX solo un X o un X. Ora, YX è un maschio a occhi rossi e YX un maschio a occhi bianchi, mentre XX è una femmina a occhi rossi e XX una femmina a occhi bianchi.
In pratica, si trattava semplicemente di una estensione delle leggi di Mendel, relativa a un cromosoma speciale, che è diverso nei due sessi, a differenza degli altri cromosomi. Si può ben dire che si trattava di un´eccezione che "confermava" le leggi di Mendel, o meglio che ne ampliava l´applicazione.
La successiva scoperta importante del gruppo di Morgan generò una nuova eccezione a una legge di Mendel, che fu nuovamente confermata, ma stavolta limitandola. Mendel aveva lavorato su sette caratteri diversi nei piselli (forma e colore del seme, del baccello e così via) e aveva concluso che caratteri diversi si ereditano indipendentemente l´uno dall´altro. Sperimentando con Drosofila si scoprirono molti altri caratteri portati dal cromosoma X e si vide che non venivano ereditati in modo del tutto indipendente dal colore bianco degli occhi. Uno di questi caratteri è il colore bruno piuttosto che giallo del corpo; altri arricciano o accorciano i peli del corpo, modificano la forma delle ali e così via. Risultò chiaro che caratteri portati dallo stesso cromosoma sono ereditati insieme, tanto più spesso quanto più sono vicini sul cromosoma. La relazione è così precisa che la si può usare per studiare l´ordine e la distanza dei geni sui cromosomi, cioè per costruire "mappe cromosomiche".
Era nata la teoria cromosomica dell´eredità. Oggi, lo studio del DNA conferma in pieno ciò che i genetisti avevano visto mediante i loro incroci, ma per comprenderlo sarebbe stato necessario parecchio altro lavoro.
(2. continua)
Corriere della Sera 12.7.07
Pensioni, da Rifondazione stop sugli «scalini»
Ferrero: offensiva neocentrista sulla riforma, ma la soluzione è lontana
di S.Riz.
ROMA — Parola di Paolo Ferrero: «Sulla vicenda delle pensioni si sta respirando una insistente iniziativa neocentrista che rischia di avere la meglio non solo sul programma dell'Unione ma su ogni tipo di ragionevole proposta di soluzione ». Rifondazione comunista, quindi, non molla. Accreditando ancora di più la tesi del segretario della Cgil Guglielmo Epifani, secondo il quale «sarà una trattativa dura ». Se il ministro della Solidarietà sociale considera infatti l'accordo per l'aumento delle pensioni minime, che insieme al provvedimento sull'Iva per le auto aziendali finirà nel decreto legge che distribuisce i 2,5 miliardi di euro del tesoretto, «un passo avanti», insiste comunque sul fatto che lo scalone Maroni, meccanismo che farebbe passare l'età minima pensionabile da 57 a 60 anni dal primo gennaio prossimo, «va tolto. E su questo siamo ancora lontani».
Ancora più categorico, se possibile, il segretario del partito Franco Giordano, che ha commentato la proposta di un nuovo patto intergenerazionale avanzata in una lettera a Repubblica da Walter Veltroni citando la «statistica» di un famoso poeta romanesco: «Togliere ai lavoratori per dare ai giovani, ma che patto è quello che propone Veltroni, il patto del pollo di Trilussa?» Il fuoco di sbarramento della sinistra radicale contro la proposta di sostituire lo scalone con gli scalini e poi le quote (somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva) sta raggiungendo il livello massimo in vista della fase decisiva della trattativa. Ma ha tutto il sapore di una manovra piena di tatticismo. Anche se dai toni un po' accesi. Ieri è toccato al capogruppo di Rifondazione in Senato, Giovanni Russo Spena, definire addirittura «indecente la campagna che cerca di accreditare la tesi bugiarda del conflitto fra giovani e anziani».
Rientrato da Israele, Romano Prodi sta lavorando a una proposta contro la quale i Cub hanno già indetto uno sciopero per domani. Ieri il premier ha benedetto l'intesa sulle pensioni basse. «L'ho voluta io», ha risposto a chi gli chiedeva un commento. Mentre il segretario dei Ds Piero Fassino ha ribadito il giudizio positivo sull'idea di Damiano di ammorbidire lo scalone con scalini e quote.
L'accordo sull'aumento delle pensioni basse continua tuttavia a far discutere. Non piace infatti ai lavoratori autonomi perché nel loro caso sono previsti più anni di contributi rispetto ai dipendenti per accedere ai benefici. Giudizio condiviso anche dall'ex ministro leghista del Lavoro, Roberto Maroni, per il quale, inoltre, l'adeguamento «altro non è che una mancia, quasi un'elemosina. Un caffè al giorno».
Corriere della Sera 12.7.07
Il presidente della Camera: sono sconcertato. E al Senato lite tra il leghista Castelli e la diessina Finocchiaro
Bertinotti: brogli, il governo chiarisca
La Procura di Roma sequestra il video sulle schede «truccate» in Australia
di R.R.
ROMA — Se dopo le elezioni tutti i partiti — vincitori e sconfitti — trovano il modo di dire «siamo andati bene», adesso tutti chiedono verifiche e pubblico dibattito sul video girato con un telefonino e che mostra presunti brogli nella circoscrizione Africa-Asia-Oceania-Antartide, con schede elettorali compilate in un garage australiano.
Ieri il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha definito la vicenda «effettivamente sconcertante»: «Penso sia ragionevole concorrere nella sollecitazione al governo affinché, nel pieno rispetto dell'autonomia della magistratura, possano essere raccolte informazioni che possano essere fornite alla Camera». La magistratura in effetti già procede. La Procura di Roma, attraverso il pm Salvatore Vitello, ha disposto il sequestro del video pubblicato dal sito Repubblica.it. Vitello, che da tempo indaga su altre presunte violazioni elettorali all'estero denunciate da Forza Italia, ha incaricato la Digos di acquisire il filmato.
Ma è la politica a condurre la partita più rumorosa. Appena scoppiato il caso, martedì, l'opposizione ha cominciato a chiedere un'accelerazione sul controllo delle schede, già sollecitato subito dopo che il centrosinistra ha vinto le Politiche del 2006 per circa ventiquattromila voti. E ieri la richiesta è stata ripetuta da Forza Italia, unita all'invito di An al governo di riferire in Aula e alle accuse lanciate dal capogruppo della Lega al Senato, Roberto Castelli: «Dobbiamo domandarci se Palazzo Madama rappresenta veramente il voto popolare, oppure se è illegittima».
La risposta arriva dalla diessina presidente dei senatori dell'Ulivo, Anna Finocchiaro; la quale, prima ancora di Bertinotti, si esprime «formalmente per un dibattito pubblico su questa mistificazione, su questa macchinazione dei presunti brogli per gli italiani eletti all' estero». A lei si associa Gianclaudio Bressa, esponente Margherita I PRECEDENTI
vicepresidente dell'Ulivo alla Camera: «Ben venga il chiarimento del governo. Sarà utile capire chi sia all'origine di episodi così vergognosi».
Intanto Paolo Rajo, autore del video e candidato trombato nella circoscrizione al centro di questa polemica, insiste: «Il senatore Randazzo e l'onorevole Fedi (entrambi hanno conquistato quel seggio per l'Ulivo, ndr) sapevano da tempo. E anche l'Udeur era informato dell'esistenza del video».
Per l'Udeur, appunto, ironizza il ministro della Giustizia Clemente Mastella: «Tutti si lamentano di questa vicenda. Noi siamo l'unico partito rimasto fregato, e rimaniamo zitti». Mentre molti, nel centrosinistra, continuano a interrogarsi sulla consistenza della "prova- filmato": alcune delle schede riprese sembrerebbero diverse da quelle a norma, e poi, sono arrivate al consolato italiano? Se sì, sono state conteggiate? Certamente, non è Rajo la persona in grado di sciogliere i dubbi: «Io ho ripreso con il mio telefonino. Se poi le schede non erano quelle originali, questo io non lo so».
l'Unità 12.7.07
Staminali, torniamo a parlarne
di Maurizio Mori
La ricerca sulle cellule staminali - embrionali o da adulto che siano - ha aperto una «nuova frontiera» per la scienza. Gli studi fervono, ed anche le polemiche. Alcuni cercano di screditare i progetti di ricerca degli altri, dando luogo ad un’anomalia scientifica. Per contrastare questa tendenza (molto italiana ed ideologica) e per sostenere la loro ricerca, gli scienziati italiani che studiano anche le staminali embrionali hanno costituito un gruppo che, in collaborazione con la Consulta di Bioetica, Politeia, l’Associazione Coscioni e per la Rosa nel Pugno tiene oggi a Roma (Sala delle Colonne, Palazzo Marini) il 2° Convegno nazionale.
Oltre a presentare i risultati ottenuti dalle ricerche fatte, gli scienziati le difendono dalle critiche e passano al contrattacco osservando che la tesi della «sacralità dell’embrione» non può prevaricare il legittimo pluralismo etico diffuso sul tema e giustificare quella che Flamigni ha efficacemente chiamato la «dittatura dell’embrione». Di fatto, i cattolici che sostengono le posizioni vaticane sono nettamente contrari alla ricerca sulle staminali, ma è noto che altri cattolici hanno posizioni diverse, come tesi diverse sono sostenute dai laici e da altre confessioni religiose - ad esempio i protestanti, i musulmani. La ricerca va fatta a tutto campo, con le staminali da adulto ed anche con quelle embrionali, perché tra le due linee di ricerca non c’è contrapposizione ma sinergia.
Questo è lo spirito che anima la ricerca scientifica non appesantita da pregiudizi ideologici. Gli ostacoli o i ritardi frapposti alla ricerca sono causa di positivi danni per lo sviluppo delle conoscenze e - forse - anche per il conseguimento di possibili terapie.
Come passo concreto per superare la imperante «dittatura dell’embrione», gli scienziati chiedono di potere accedere anche ai finanziamenti pubblici italiani, perché l’attuale situazione discrimina e penalizza la ricerca sulle staminali embrionali. L’auspicio è che l’esecutivo di centro-sinistra dia una risposta incoraggiante alla richiesta, mostrando di avere cambiato rotta rispetto al governo precedente. Stiamo a vedere.
*Presidente della Consulta di Bioetica, Milano - Università di Torino
l'Unità 12.7.07
Cocaina boom: +62% tra i giovani
La relazione al Parlamento: i consumi continuano a salire e i prezzi vanno giù, spinelli comprati a scuola
Con la Fini-Giovanardi arresti a raffica, ma nessuna efficacia. Ferrero: presto la nuova legge
di Anna Tarquini
IL MERCATO ITALIANO della droga è secondo in Europa per consumo, dopo la Spagna ed è boom di cocaina, specialmente tra i giovani, visto che i prezzi di quella che un tempo era una droga da ricchi, continuano a scendere vertiginosamente. La relazio-
ne al Parlamento sulle tossicodipendenze presentata ieri dal ministro della Solidarietà Ferrero conferma sostanzialmente le linee di tendenza degli ultimi anni, ma è anche piena di nuovi scenari: dice ad esempio che sette studenti su dieci sanno dove poter trovare uno spinello e uno dei luoghi deputati è la scuola; dice che le comunità terapeutiche stanno fallendo per mancanza di fondi; dice che è un proliferare di test casalinghi comprati dai genitori per verificare se i figli si drogano; dice, anche, che nel 2006 ci sono state oltre 55mila segnalazioni per violazione della legge sulla droga. Che sono state arrestate 25.399 persone (più 219 minori) e che questa cifra è pari a un quarto dei 91mila ingressi annui nelle carceri. Il 27% del totale degli arrestati è solo consumatore.
Più coca, più spinelli, meno alcool. Nel 2006 in Italia ci sono stati 517 decessi per overdose; un dato stabile dopo il picco massimo toccato nel 1996 con 1.556 deceduti e l’età è progressivamente aumentata. Ma la relazione fornisce anche un dato sulle morti per eccesso da alcool: circa 24.000 decessi e riguardano più di 17.000 uomini e circa 7.000 donne. Dice Ferrero: «Il fenomeno droga è un fenomeno ormai radicato che per essere combattuto deve vedere al primo posto la prevenzione ma anche il miglioramento e il potenziamento dei servizi». I Sert sono in difficoltà e non va meglio alle Comunità terapeutiche che, denuncia Ferrero nell’introduzione alla relazione, «hanno subito un vero e proprio salasso economico. Dal 1996, anno in cui si è censito il picco delle strutture residenziali per le dipendenze (1372 con circa 24.000 utenti), ad oggi, la diminuzione delle strutture è stata considerevole: 730 comunità residenziali e 204 semiresidenziali, con un’utenza di non più di 11.000 persone. «La comunità terapeutica - sottolinea il Ministro - permane uno tra gli strumenti fondamentali di cui dispone il sistema dei servizi per la cura e la riabilitazione». Ma c’è anche un problema di legge: i dati della relazione dicono anche che è urgente superare la Fini-Giovanardi e in fretta. «Spero che il disegno di legge - dice Ferrero - possa essere definito entro l’estate, la ricerca di un accordo è importante». «Siamo ancora all’ideologia - dice - . C’è una aumento della cocaina che non è sottoposta, come invece l’eroina, a stigma sociale. Una sostanza considerata un mezzo per star meglio nella società».
Il rapporto è chiaro: il consumo di cocaina, seppure sporadico ed occasionale, è fortemente cresciuto fra i giovani. Nei maschi, ad esempio, fra i 25 e 34 anni in due anni (2003-2005) ha registrato un aumento del 62%. I ricercatori del Cnr hanno poi stimato che gli studenti della scuola superiore che nel 2006 hanno avuto un contatto con la cocaina, una o più volte, sono stati 97 mila. Di questi, 12 mila ne hanno fatto un uso frequente. E i prezzi? Dal 2001 al 2006, la media per la cocaina è passata da 99 a 83 euro; per l’eroina da 68 a 52 euro per quella nera e da 84 a 78 per quella bianca. Dice Ferrero, «oramai è alla portata di tutte le tasche».
il manifesto 12.7.07
Rifondazione teme la crisi e si trincera dietro la Cgil
Perfetta sintonia dal vertice Mussi-Giordano su pensioni e unità a sinistra. Il Prc denuncia una «manovra neocentrista» di Ds e Margherita ma esclude una rottura come nel '98. In piazza a settembre su giovani e precarietà
di Matteo Bartocci
Roma «Prodi si sbrighi, faccia la sua proposta e chiuda una situazione che sembra una pagliacciata», tuona un Raffaele Bonanni furioso per la fiaccolata «rutelliana» contro i sindacati. Ma se la Cisl è costretta a manifestare sotto la sede dell'Ulivo alla vigilia della proposta prodiana sulle pensioni, vuol dire che la «maionese» dell'Unione è definitivamente impazzita. Avvitata in una crisi seria, profonda e tutta politica.
Viste da sinistra ci sono tutte le premesse per una manovra «neocentrista» di Ds e Margherita che mirano all'«autosufficienza» del Pd e a recuperare consenso al Nord in vista del voto anticipato. Sospetti avvalorati, per il Prc, dall' apertura di Fassino all'Udc, l'accelerazione sul referendum «taglia-partiti» e dalla lettera con cui Veltroni si schiera più o meno apertamente con Padoa Schioppa e Rutelli contro i sindacati. «Se il governo prepara una soluzione che dà gli stessi risparmi dello scalone (circa 7,5 miliardi) per noi è inaccettabile», avverte Maurizio Zipponi, responsabile lavoro di Rifondazione: «Temiamo però che Prodi si prepari a presentare una proposta 'prendere o lasciare' scaricando sul Prc la responsabilità di una crisi che invece va tutta cercata nelle dinamiche interne al partito democratico». E' in questo clima decisamente cupo che Giordano e Mussi, con i rispettivi stati maggiori, si sono incontrati ieri alla camera per fare il punto sull'unità a sinistra e la trattativa sulle pensioni.
Sul tavolo grandissima preoccupazione e non poca indignazione per il «delirante patto generazionale» lanciato da Veltroni su Repubblica. Proposta contro la quale Mussi e Giordano hanno convenuto di centrare la manifestazione unitaria di settembre proprio sulla precarietà, reddito minimo per i giovani e il «superamento» della legge 30.
Avanti con i piedi di piombo. Sulle pensioni Rifondazione si è allineata sulla linea Mussi ufficializzando la scelta di «affidarsi alla trattativa sindacale» e di «escludere una rottura con la maggioranza come nel '98». Ufficialmente ci si trincera sulla proposta Epifani di uno «scalino» a 58 anni senza automatismi. Un'ipotesi giudicata «quasi impossibile» nello stesso Prc. Che va alla "guerra" quasi disarmato. «Per la sinistra siamo alla vigilia di un Afghanistan al cubo - attacca Giorgio Cremaschi, Fiom-Rete 28 aprile - introdurre gli scalini e tagliare i coefficienti come ha fatto Padoa Schioppa nel Dpef significa fare una riforma peggiore dello 'scalone' e ribaltare il programma».
La base di partenza nel governo però è nota: «scalini» dai 58 anni nel 2008 con «quote» di anzianità contributiva. Il problema è che per Padoa Schioppa la riforma della legge Maroni deve essere fatta a costo zero per i conti pubblici e anzi portare gli stessi benefici della «stangata» a orologeria votata dalle destre. Una chiara scelta ideologica: da «salario differito» le pensioni diventerebbero una variabile dipendente dei conti pubblici a tutto vantaggio della previdenza privata già spronata con la riforma appena varata del Tfr.
Per tutto il giorno bocche ben cucite da palazzo Chigi. Tornato da Israele, Prodi ha incontrato subito sia il ministro dell'Economia che quello del Lavoro Cesare Damiano per riceve gli aggiornamenti sull'Ecofin e l'aumento delle pensioni basse. Sullo scalone l'intenzione è di chiudere presto un «vicenda che si sta trascinando da troppo tempo». Di fatto l'unico negoziato che resta aperto con i sindacati è quello sulle esenzioni. «La base di partenza per i lavori usuranti è il testo Salvi del '99, da lì si può ampliare ma senza discostarsi di molto», avvertono dal ministero del Lavoro.
Prodi dovrebbe presentare la sua mediazione venerdì in consiglio dei ministri. Se dovesse essere inaccettabile per i sindacati, come suggeriscono le indiscrezioni della vigilia gli scenari si fanno ancora più opachi. Il governo non cadrà subito ma è certo che la questione si affronterà a settembre, con la finanziaria alle porte, il varo del Pd, un governo sempre più logorato e lo «scalone» bene in vista. A quel punto, la sinistra sarebbe in un vicolo cieco. Per uscirne il Prc vagheggia ancora una «consultazione popolare» per decidere se restare o no al governo. Ma è certo che un nuovo '98 terrorizza tutti i partiti. E il Prc non può sfilarsi da solo a meno di rompere anche l'unità a sinistra. Senza contare che caduto il patto con Prodi anche la presidenza della camera finirebbe nel mirino dell'Ulivo. Tutti scenari esiziali ma niente affatto impossibili per un'Unione ai minimi termini.
il Messaggero 12.7.07
Giordano: «C’è rischio di crisi. il Pd vuole cacciarci fuori»
di Carlo Fusi
Segretario Giordano, Veltroni in sostanza accusa la sinistra radicale o parte di essa di voler difendere i vecchi e di non saper tutelare i giovani. Lei cosa risponde?
«Che siamo in presenza di uno schema che rivela una vera miseria culturale. Si riscoprono i bisogni dei giovani solo quando è in atto una lotta per tutelare i diritti dei lavoratori. Veltroni vuole parlare di giovani? Benissimo. Stia con noi, allora, quando proponiamo un reddito di cittadinanza per i ragazzi che non hanno risorse economiche bastevoli. Stia con noi quando proponiamo di superare la legge 30 che è un vero e proprio monumento alla precarietà. Stia con noi, e contro la Confindustria, quando ci battiamo per il superamento dei contratti a termine. Oppure sulle nostre richieste a favore della formazione e della ricerca».
Ma scusi, vuole contestare che innalzare l’età pensionabile è un atto a favore delle giovani generazioni?
«Chiedo a tutti, anche a Veltroni: davvero pensate che il nemico dei giovani sono gli operai e i sindacati? Ma dove siamo finiti...».
Però non c’è mica solo Veltroni. Anche D’Alema dice che non ci sono i soldi per abolire lo scalone, e pure Dini è contrario...
«Io chiedo a D’Alema e a Dini: quando abbiamo sottoscritto il programma dell’Unione, loro dov’erano? Era un programma condiviso se non sbaglio; e adesso invece che succede? Che ci definiscono irriducibili. Assurdo».
Insomma non vi scostate dal vostro impianto: abolizione dello scalone e niente “scalini”...
«Noi siamo pronti a discutere, e investiamo senza riserve sulla trattativa sindacale. Non ci sono problemi di compatibilità economica per lo scalone. Le risorse ci sono, ma la verità è che vedo con preoccupazione che il merito del problema è by-passato. La questione si è spostata su un piano squisitamente ideologico, con l’obiettivo di negare riconoscibilità al conflitto sociale».
Ma non è forse vero che Prc e Cgil giocano allo scavalco reciproco?
«Lo nego. Io ho incontrato Cgil, Cisl e Uil ed è stato un colloquio molto positivo nel quale si sono definite ipotesi di trattativa nel merito. Quanto ad Epifani, è vero o no che ha criticato le posizioni di chi si è allontanato dal programma dell’Unione? Non siamo certo noi. Il vero nodo è che manca una proposta unitaria della coalizione. La mia critica è esplicita: vedo che pesano sul quadro politico le diverse collocazioni e definizioni interne al Pd».
Sta dicendo che sono i leader del Pd a non volere la riforma delle pensioni?
«Sto dicendo che ci sono perturbazioni esterne al merito della questione pensioni. Per essere ancora più chiaro: non vorrei che qualcuno avesse preventivamente deciso di non fare l’accordo e punti a scaricare su di noi la responsabilità. Siamo ad un rovesciamento dello schema del ’98 che portò Prodi alle dimissioni».
Ecco, Prodi. Visto che una posizione unitaria nell’Unione non c’è, sarà lui a fare una proposta finale. Per voi sarà un prendere o lasciare...
«L’unica cosa che posso dire è che mi auguro che quella proposta sia il più vicino possibile al programma, di cui il presidente del Consiglio è garante».
Al dunque: ci sarà o no la crisi sulle pensioni?
«Il rischio è molto concreto. In una situazione del genere, riterrei utile tornare al merito del problema e ad una dimensione collegiale di discussione. Peraltro il fatto che oggi, dopo l’incontro che ho avuto con Mussi, la sinistra dica le stesse cose è un fatto salutare per la vita democratica dell’Italia. Insisto: non è più il ’98, questa volta il problema non siamo noi. Per il resto, sottolineo che difendere il mondo dei lavoratori è una delle ragioni dell’esistenza della coalizione».