Umiliati e arrabbati
di Luciano Gallino
Repubblica.it ha svelato il Paese dei senza lavoro, un pezzo d´Italia che diventa sempre più grande e disperato. Le persone che raccontano le loro esperienze di senza lavoro rientrano abbastanza chiaramente in due gruppi diversi. Ci sono quelle ancora giovani, al massimo trentacinquenni, che si interrogano sul perché il mondo della produzione non riesce più a trovar loro un´occupazione; e quelle sui 45-50 anni e oltre, le quali hanno compreso che per lo stesso mondo sono ormai troppo anziane.
Del primo gruppo colpisce soprattutto il fatto che i titoli di studio elevati sembrano servire poco per trovare o mantenere un posto di lavoro qualificato, coerente con gli studi fatti. Hanno due o tre lauree, un paio di master, tre o quattro specializzazioni, significative permanenze all´estero. Speravano di far ricerca in aziende di alto profilo, quelle da cui escono le invenzioni che cambiano il mondo e migliorano la vita. Contavano di guadagnare bene e di fare prima o poi un figlio. Oppure di dedicarsi all´insegnamento. Invece si ritrovano a fare il garzone di cucina in un fast food, la badante o l´addetto alle pulizie sui vagoni delle ferrovie. Con paghe effettive da 6 euro l´ora, quando va bene 800 al mese. Naturalmente con un contratto a breve scadenza. Che alla scadenza non viene rinnovato. Con la precisazione, se si tratta di una donna, che non si può rinnovare il contratto a una che potrebbe addirittura fare un figlio. Esperienze ripetute per tre, cinque, dieci anni. Fino a quando non ci si arrende, e si ritorna a casa dai genitori, senza soldi e senza figli, portando con sé il senso di una sconfitta di cui non si ha colpa, ma che pare irrimediabile. Non è un paese per giovani, l´Italia.
Non è nemmeno un paese per vecchi; laddove vecchio, aziendalmente parlando, significa aver passato i quaranta. In questo secondo gruppo i disoccupati che si raccontano sono in prevalenza dirigenti d´azienda, funzionari della PA, tecnici con una lunga pratica di laboratorio, esperti di informatica. Rappresentano un patrimonio immenso di conoscenze, competenze professionali, abilità accumulate in decenni di lavoro. Però alle imprese non servono più. Perché ai tempi della crisi l´impresa deve dimagrire, cioè tagliare posti, e ovviamente preferisce tenersi i dipendenti più giovani. Oppure perché progetta di trasferirsi da Catania a Belluno, o da Novara a Tallin, e una che ha cinquant´anni, due figli studenti e un padre in cattiva salute magari non è troppo disponibile al trasloco. O semplicemente perché la settimana prossima l´impresa chiude, come ha deciso il proprietario che risiede non si sa bene dove, in Irlanda o in Brasile.
Di conseguenza la dirigente o il tecnico con decenni di prezioso sapere professionale, o l´amministratore che maneggiava miliardi, cominciano a spedire curricula in giro. Decine alla settimana. Centinaia al mese. Con i titoli di studio in evidenza, la carriera in aziende di primo piano, i risultati eccellenti della propria attività. In generale non ricevono nemmeno risposta. Nessun Direttore per le Risorse Umane prende oggi in conto l´assunzione di una persona che oltre ad avere già superato i 45 o i 50 anni, si è pure fatta licenziare.
Un paio di elementi accomunano i due gruppi dei disoccupati più e meno giovani. Il primo è il senso di umiliazione che traspira dai loro scritti, di ingiustizia gratuitamente subita. In una società in cui la sopravvivenza stessa dipende dal lavoro che si fa, ovvero dal reddito che ad esso è collegato, venir privati del lavoro o non riuscire trovarlo, non per demerito proprio ma per incomprensibili vicende dell´economia, è la peggiore offesa che possa colpire un essere umano. Lo rode nel profondo, ferisce la sua stima di sé, pesa sui rapporti con il prossimo. Molti di questi racconti trasmettono con dolente vivezza questo senso di offesa.
L´altro elemento in comune è il risentimento, se non la rabbia, verso chiunque svolga un ruolo in campo economico. La politica, il governo, i partiti, la pubblica amministrazione, gli enti locali, le imprese grandi e piccole, i singoli imprenditori, i manager, lo stato: tutti sono oggetto di sprezzanti giudizi. E´ vero, non si tratta d´un campione rappresentativo, a fronte dei milioni che si trovano in condizioni simili. Ma chi sottovalutasse il significato sociale e politico di questi racconti di ordinaria disoccupazione commetterebbe un madornale errore.
Repubblica 4.3.09
Biotestamento, arrivano le modifiche prove di dialogo tra maggioranza e Pd
Cambia l’accanimento terapeutico. Franceschini: basta liti tra noi
Ieri primo via libera condizionato in commissione. Restano le divisioni nel centrodestra
di Giovanna Casadio
ROMA - Correzione di rotta del centrodestra, cambiano le norme sul biotestamento. Il Pdl si è accorto che così com´era il testo non poteva funzionare, anche se il primo parere di costituzionalità della commissione del Senato ha dato un via libera con riserva. Quindi, stamani Raffaele Calabrò - il senatore cardiologo, tre figli e quattro nipoti, relatore del disegno di legge - presenterà le modifiche che riscrivono i primi tre articoli; che affidano inoltre al medico, e non più al notaio, di certificare la volontà di fine-vita; che prevedono una validità di cinque anni per il biotestamento. Ma è soprattutto la riformulazione dell´articolo 2, a segnalare la novità: non si parla più solo del divieto di eutanasia e di ogni forma di suicidio assistito, ma si ribadisce e precisa il "no" all´accanimento terapeutico. Il contrario del resto, la posizione cioè dei pasdaran pro-life, anche a dispetto della volontà della persona, sconfinava nell´incostituzionalità. Avvio di prove di dialogo con il Pd, dopo lo scontro sul caso Englaro.
Oggi si vedrà se il centrodestra è disposto ad accogliere alcuni emendamenti dei Democratici, in particolare quelli di Daniele Bosone o di Francesco Rutelli sull´obbligo di idratazione e alimentazione nel fine-vita salvo dare al medico e ai familiari l´ultima parola. Calabrò ammette che i cambiamenti al testo «non sono stati fatti nel chiuso di una stanza» e che altre proposte democratiche potrebbero essere esaminate. Quelle dell´ala cattolica del Pd, s´intende. Con l´intenzione, neppure troppo nascosta, di sparigliare nel centrosinistra. I rutelliani del resto stanno lavorando a un´intesa: Luigi Lusi afferma che bisogna fare ogni sforzo per una mediazione. Non è l´opinione prevalente nel Pd, neppure tra i cattolici che stanno sì pensando a un loro testo su idratazione e alimentazione forzata ma sono stati stoppati dal segretario Dario Franceschini. In un vertice nella sede del partito, Franceschini ha strigliato Dorina Bianchi e Ignazio Marino, che si sono passati il testimone alla guida del drappello di senatori Pd in commissione Sanità. Troppe interviste, troppi scontri sui giornali e ansie di visibilità. «Basta liti tra noi», ha avvertito il segretario. «Evitiamo di danneggiarci», ha rincarato Anna Finocchiaro, la presidente dei senatori. Bianchi alla fine si limita a commentare: «Aspettiamo di ragionare sugli emendamenti del relatore». Bosone assicura: «Un emendamento dell´ala cattolica? Solo se sarà di tutto il Pd». Impresa difficile, tenuto conto che la maggioranza del partito si ritrova nelle posizione laica (condivisa anche dal cattolico Marino) per cui è l´autodeterminazione della persona espressa nel bio testamento a prevalere, benché idratazione e alimentazione siano definiti sostegno vitale. L´esame del ddl in aula è slittato a mercoledì 18, ma il centrodestra giura che non c´è intenzione di diluire i tempi e che a fine mese dovrebbe esserci l´ok del Senato per passare alla Camera. Quagliariello ribadisce che i dissensi di Saro e Malan non hanno spaccato il Pdl. Ma le divisioni nel centrodestra ci sono, e il voto sugli emendamenti domani in commissione sarà la prova del nove.
Repubblica 4.3.09
"Se vinciamo fondi alla ricerca"
Englaro fa causa per diffamazione contro politici, medici e cardinali
UDINE - Medici, politici e addirittura cardinali finiscono nel mirino di Beppino Englaro. Il padre di Eluana ha avviato, infatti, una «civil action» contro chi lo ha diffamato e calunniato in questi mesi. Un´azione civile di risarcimento danni in stile americano, ideata dall´avvocato Massimiliano Campeis che assieme al padre tutela gli interessi della famiglia Englaro. «Abbiamo raccolto tutto e coinvolgeremo decine di persone - spiega - Chi ha chiamato papà Beppino assassino risponderà in tribunale», che si tratti di un luminare della neurologia piuttosto che un alto prelato del Vaticano. «Tutti i soldi che riceveremo per i danni subiti dal signor Englaro e dal primario Amato De Monte - aggiunge l´avvocato - saranno trasferiti all´associazione "Per Eluana", che sta per nascere». I fondi, stimati in parecchi milioni, serviranno a finanziare la ricerca, la battaglia sul testamento biologico, borse di studio e cattedre universitarie. Con l´associazione già pronta a raccogliere le firme per un eventuale referendum se il Parlamento varerà la norma sul fine vita senza lo stop all´alimentazione artificiale. Le prime raccomandate sono già state spedite: «Diffide preventive a vendere case e beni - avverte Campeis - fino a quando il giudice non avrà deciso».
(tommaso cerno)
Repubblica 4.3.09
Il quotidiano oggi non è in edicola. E l’ex direttore Padellaro pensa a un nuovo giornale
Sciopero all’Unità, nuovi soci in arrivo. Anche "Il Secolo" tifa per il salvataggio
di Concetto Vecchio
ROMA - Ci sono 19 giorni per salvare "l´Unità", che ieri ha fatto sciopero dopo l´indisponibilità annunciata dall´editore Renato Soru di ricapitalizzare le casse esangui del quotidiano. Servono quattro milioni di euro entro il 23 marzo: nuovi soci d´area democratica sarebbero disposti a entrare nella proprietà, a patto che ci sia un progetto di risanamento. L´amministratore delegato della Nie, Antonio Saracino, ha proposto un piano lacrime e sangue: chiusura delle redazioni locali di Roma e Milano; riduzione della foliazione da 48 a 40 pagine; diminuzione del numero dei giornalisti, che oggi sono 105 (contratti a termine compresi), per mezzo di prepensionamenti, mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato; riduzione del 7% dello stipendio. «Ciò provocherebbe – ha scritto ieri il comitato di redazione in una nota sul giornale – gravissime ripercussioni sugli organici e sulla fisionomia del prodotto». Insomma, bisogna dimagrire per attirare nuovi investitori, e salvare così la pelle, ma tagliare troppo, rinunciando ai giovani talenti, vorrebbe dire affossarne la qualità. Equilibrio difficile da raggiungere. Il cdr domani lo dirà a Saracino.
A febbraio "l´Unità" ha diffuso 52 mila copie: ne vendeva 42 mila quando Concita De Gregorio ne ha assunto la direzione, ad agosto. Il nuovo formato – lanciato il 25 ottobre scorso in coincidenza con la grande adunata pd al Circo Massimo, titolo di prima pagina "Ci siamo" - è costato circa un milione e mezzo di euro, dei quali 300mila euro per la riforma grafica e 500 mila per il lancio. Un investimento pienamente ripagato, sostiene De Gregorio, considerata la sensibile crescita del giornale, grazie all´ iniezione di lettori nuovi, giovani e donne, trainati anche da un sito online nuovo di zecca. Bilanci degli ultimi anni alla mano "l´Unità" costa circa 30 milioni di euro, e ne guadagna 19, ai quali vanno aggiunti i 4-5 milioni del finanziamento pubblico. Resta un buco di 7-8 milioni da colmare. Soru, a otto mesi dall´acquisto, non intende farlo e minaccia di portare i libri in tribunale il 23 marzo, data della prossima riunione del cda. La De Gregorio è fiduciosa: «Penso che "l´Unità" sia una buona cosa, e come tutte le cose buone cose vivrà». Ieri ha solidarizzato la Fnsi. Vicinanza è stata espressa anche dal "Secolo d´Italia".
E intanto gli ex direttori esprimono giudizi severi su Soru, il cui disimpegno si è profilato all´indomani della pesante sconfitta alle regionali sarde: «Se finisce così si è trattato di un salvataggio pro tempore», dice Fabio Mussi, condirettore dall´85 all´88. «Sono sbalordito: ridimensiona il giornale dopo una caduta elettorale. Mi pare un grave inganno per i lettori», commenta Emanuele Macaluso, direttore dal 1982 all´86. Il predecessore della De Gregorio, Antonio Padellaro, la cui buonuscita pare sia stata sbandierata nel corso di un´assemblea, pensa di rientrare in scena con «un quotidiano di battaglia politica». Giornale tradizionale, no stile "Foglio". «Al momento è un desiderio, un´idea", conferma, smentendo di avere già avviato i colloqui per le assunzioni. "Il Fatto" sarebbe un bel nome per la nuova testata, perché ricorderebbe la trasmissione di Enzo Biagi».
Repubblica 4.3.09
La rilevazione per Repubblica.It di Ipr-Marketing. Il Pd passerebbe dal 33,2 al 22%. In crescita la Lega
Tonfo dei Democratici, bene Idv e Udc "Sinistra per le libertà" vicina al quorum
Casini passerebbe dal 5.6% all´8. Di Pietro prossimo al raddoppio: è dato all’otto per cento
ROMA - Tonfo del Pd, volano Idv e Udc, lieve flessione del Pdl, crescita per la Lega, sinistra radicale in ripresa e che, con il nascente cartello della "Sinistra per le libertà" potrebbe centrare il quorum. Questa la fotografia che emerge da un sondaggio che per Repubblica. it ha realizzato l´Ipr Marketing (il 26-27 febbraio, su un campione di 1000 cittadini). Se si votasse oggi, secondo l´istituto il Pd avrebbe un vero crollo, passando dal 33,2% delle politiche 2008 al 22% (-11,2%). Il Partito democratico in sostanza subirebbe una emorragia di quasi un terzo dei voti. E se tornassero Ds e Margherita? Il risultato, in questo ipotetico ritorno al passato, sarebbe persino peggiore: quota 20%, data dalla somma del 13% della Quercia e del 7% dei Dl.
Con questi dati resterebbe un sogno l´obiettivo indicato giusto ieri da Linda Lanzillotta, ovvero recuperare l´elettorato che votò Pd nel 2008: «Franceschini - ha detto l´ex ministro a Red Tv - svolge un compito importante in questa fase, ma a termine. Dopo le elezioni abbiamo un congresso con il quale affronteremo il problema dell´asse politico del Pd».
Il sondaggio segnala una certa ripresa della sinistra radicale. Alle elezioni dell´aprile scorso la Sinistra arcobaleno ottenne il 3. Ora, dopo la scissione nel Prc, il Movimento per la sinistra di Nichi Vendola avrebbe l´1%, la Sinistra democratica il 2%, i Verdi l´1,5%. Il cartello di queste forze, insieme ai socialisti di Nencini, sarebbe al 6 per cento, e quindi superando lo sbarramento. Cosa che non riuscirebbe invece alla somma del Prc di Paolo Ferrero (2,5%) e del Pdci di Oliviero Diliberto (0,5%). Ma è l´opposizione di centro che vola. Casini passa dal 5,6% all´8%. Ancora più lusinghiero il risultato per Di Pietro, che quasi raddoppia rispetto alle politiche di aprile scorso, passando dal 4,4% all´8% (+3,6%). Nel centrodestra, il Pdl resta il primo partito con il 36%, pur perdendo rispetto alle politiche l´1,4%, che finisce nelle casse della Lega Nord, che passa dall´8,3% al 9,5%. Lieve calo per il Mpa (dall´1,1% all´1%). Male La Destra di Storace, che porterebbe a casa il 2% (contro il 2,5% delle politiche).
Corriere della Sera 4.3.09
I Democratici si compattano ma corrono il rischio della deriva demagogica
di Massimo Franco
Successo di Franceschini sull'assegno, ma la previdenza resta un tabù
L' offensiva di Dario Franceschini sull'indennità di disoccupazione ha fatto un piccolo miracolo: schierare l'intero Pd a favore di un provvedimento che mira a mettere in difficoltà il governo. Anzi, è riuscita ad ottenere l'appoggio anche di una parte dell'estrema sinistra, che ha rivendicato la paternità della proposta ai tempi di Romano Prodi a palazzo Chigi. «Ma allora fu considerata dal Pd roba da estremisti», ricorda Fabio Mussi. Come giustificazione, il partito di Franceschini può indicare lo scenario drammatico nel quale adesso l'idea riaffiora. La crisi economica legittima «misure d'emergenza».
L'obiettivo immediato è di farne discutere il Parlamento entro fine mese. Ma il centrosinistra capta il potenziale punto debole della maggioranza; e cerca di sfruttarlo al massimo. Così, il tentativo del premier e dei ministri di non indulgere al pessimismo diventa altro, nelle parole degli avversari. Si trasforma nel «delitto» di tacere sulla crisi, di minimizzarne le implicazioni sociali. Qualche dubbio sulla scelta di limitarsi a dare un'indennità a tutti i licenziati dall'autunno scorso al 31 dicembre del 2009, emerge tuttavia anche nel Pd. L'ipotesi di riformare in parallelo le pensioni è stata accennata da esponenti dell'opposizione come Enrico Letta e Linda Lanzillotta.
Franceschini si è dovuto affrettare a precisare che si tratta di due cose distinte. Sa che la prospettiva di toccare il sistema pensionistico dividerebbe il centrosinistra; e riaprirebbe un fronte conflittuale con i sindacati. Per questo l'opposizione punta tutto sull'«assegno di disoccupazione ». Chiede un «sì o un no» a Berlusconi. Gli propone maliziosamente un decreto legge, adducendo i motivi d'urgenza usati nel recente passato da palazzo Chigi su altri temi. Ed accusa il governo di prepararsi a licenziare i precari della pubblica amministrazione.
Ieri sono arrivate risposte rassicuranti e insieme risentite dal ministro del Welfare. Maurizio Sacconi. definisce «ignobili » le voci su un decreto che bloccherebbe la stabilizzazione dei precari. Contesta i numeri della Cgil, secondo la quale sarebbero a rischio 400 mila posti, perché «nessuno sa quanti sono realmente gli atipici in Italia». Si tratta di un filone incandescente, nel quale demagogia e drammi reali si mescolano; ma che diventerà il fronte più esposto per i prossimi mesi. Basta mettere in fila le reazioni della sinistra alla proposta di alzare l'età pensionabile delle donne. È un no alimentato dalla diffidenza, e dall'irrigidimento tipico delle fasi preelettorali.
Segna un muro contro muro sempre più vistoso fra governo e Cgil; e il probabile allineamento dell'opposizione su parole d'ordine dominate dalla paura legittima di perdere il posto di lavoro. Il Pd scansa come pretesti le accuse di assistenzialismo, che gli arrivano dal governo. Assicura che la sua «indennità » potrebbe trovare una copertura finanziaria in una manciata di minuti. Ma palazzo Chigi avverte che quella soluzione rischia di avere effetti paradossali. Più che aiutare i disoccupati, moltiplicherebbe i licenziamenti da parte di imprenditori incoraggiati dalla certezza di un intervento dello Stato.
Repubblica 4.3.09
La follia di sacrificare la Storia dell’Arte
risponde Corrado Augias
Gentile Dottor Augias, faccio parte del direttivo dell'ANISA (Insegnanti di Storia dell'Arte). Sbandieriamo il possesso del maggior patrimonio artistico, e che tale patrimonio costituisce la nostra vera risorsa. Si dovrebbe quindi pensare che un governo così 'pragmatico' punti a incentivare lo studio d'una materia che consente la formazione di futuri «operatori culturali», dalla guida turistica al direttore del grande museo. Invece è prevista una drastica riduzione delle ore di Storia dell'arte. Per il liceo classico un'ora a settimana (con assoluta mortificazione dei docenti, costretti fra l'altro a girare senza posa per 18 diverse classi a settimana!); mentre altri indirizzi potrebbero essere privati del tutto della disciplina. E pensare che l'Italia è stato il primo paese al mondo ad istituire uno studio specifico della storia dell'arte nei licei, e che perciò veniva indicato a modello dagli altri paesi. I fatti che, in questi giorni, hanno portato l'attenzione sulla questione cruciale della gestione dei beni culturali, dovrebbero stimolare una ancor più attenta riflessione sulla posizione assegnata dalla politica all'educazione e all'arte.
Prof. Irene Baldriga irene@irenebaldriga.it
C' è una decisa coerenza tra la progettata riduzione dell'insegnamento di una materia come Storia dell'Arte e la burrasca che ha investito il Consiglio superiore dei Beni Culturali. Si può fare intanto una considerazione generale: i temi della cultura non rientrano tra gli interessi di questo governo. Il presidente del Consiglio non s'è mai, dico mai, occupato di tali argomenti, mai li ha richiamati nemmeno per incidens. La sua idea di Beni Culturali è: opere da esporre per gli ospiti illustri. Esempio i Bronzi di Riace come arredo per il prossimo G-8. Il prof. Settis è stato forzato alle dimissioni, subito sostituito dal prof. Carandini. Sono due studiosi eminenti, profondamente divisi però su almeno due temi. Il primo è il personale delle Sovrintendenze che, lamenta Settis, non viene più assunto. L'anno prossimo vi saranno 23 posti di dirigente archeologo in organico e solo 7 funzionari col grado per ricoprirli. Una volta il personale delle Sovrintendenze rappresentava la crema dell'amministrazione pubblica segnalandosi per preparazione e competenza. Carandini invece ha definito questi funzionari "talebani della tutela", giudizio che suona avventato, o troppo risentito. L'altro punto di dissenso è l'impiego di questo copioso patrimonio. Settis mette l'accento sulla tutela, Carandini preferisce un deciso sfruttamento economico sulla linea del resto di Mario Resca, ex-amministratore della McDonalds, di recente nominato direttore generale per la Valorizzazione dei musei. La coerenza del disegno è evidente, lo sono anche i cattivi presagi.
Repubblica 4.3.09
Un convegno internazionale organizzato dall’Università Gregoriana
Ora anche la Chiesa accoglie Darwin
Ma il Vaticano continua a respingere l´idea di Richard Dawkins secondo la quale l’evoluzionismo possa provare l’inesistenza di Dio
di Marco Politi
ROMA. Scoppia la pace tra Chiesa cattolica e Darwin. Annuncia monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Consiglio pontificio per la Cultura: «Darwin si può conciliare con la Genesi». Al grande congresso internazionale, organizzato dalla pontificia Università Gregoriana sul tema della «Evoluzione biologica», il cardinale William Levada (successore di Ratzinger alla guida dell´ex Sant´Uffizio) proclama che c´è uno «spazio sufficientemente ampio» per credere nella base scientifica dell´evoluzione e al tempo stesso per la fede in un Dio creatore.
Ciò che il Vaticano respinge, spiega Levada, è che l´evoluzionismo provi l´«inesistenza» di Dio, come sostiene il biologo Richard Dawkins. Il Vaticano, soggiunge il porporato, non si oppone «a nessuna realtà scientifica».
Si chiude così la guerriglia che negli ultimi anno aveva contrapposto alcuni settori della gerarchia ecclesiastica - che si sentivano protetti da papa Ratzinger - all´evoluzionismo. Per un certo tempo, infatti, era stata abbandonata la via maestra imboccata da Pio XII e poi sottolineata da Giovanni Paolo II, che non vedeva contraddizione tra la scientificità dell´evoluzionismo e la fede in un Dio animatore della «scintilla» all´origine del creato. Benedetto XVI, in un seminario con i suoi discepoli storici a Castelgandolfo nel settembre del 2006, aveva preferito insistere sulle cosiddette «lacune» del darwinismo, definendo la «teoria dell´evoluzione in gran parte non dimostrabile in modo tanto facile». Mentre il cardinale Schoenborn di Vienna era parso esaltare nel luglio del 2005 (in un articolo sul New York Times) il cosiddetto Disegno Intelligente, agitato dai fondamentalisti protestanti americani in guerra contro il darwinismo.
Ora la musica cambia radicalmente. Scrive sull´Osservatore Romano il vicepresidente del convegno professor Gennaro Auletta che parlare di «recupero o riabilitazione di Darwin» da parte della Chiesa è «superfluo, perché né la Chiesa cattolica né suoi esponenti significativi hanno mai condannato né il darwinismo né la teoria dell´evoluzione». Auletta, direttore scientifico del Progetto Stoq (Scienza, Teologia e Ricerca Ontologica) nell´ambito dell´Accademia pontificia delle Scienze, rimarca che bisogna evitare di rifarsi al «discorso dell´Intelligent Design, che non è una teoria scientifica, anche se si spaccia come tale».
Sullo sfondo di questo approccio, che archivia velleità integraliste, il cardinale Levada afferma sobriamente che per i cristiani «qualunque sia il modo in cui la creazione è venuta in essere e si è evoluta, alla fine crediamo sia comunque Dio il creatore di tutte le cose».
Grande animatore del convegno, promosso con l´università americana di Notre Dame (Indiana), mons. Ravasi - che sta preparando anche un simposio su Galileo - invita teologi e scienziati a «incrociare gli sguardi», rispettando la dignità di ogni scienza. «Non dobbiamo cedere - ammonisce - alla miseria dell´arroganza esclusivistica. L´incrociare gli sguardi esclude la prepotenza, la prevaricazione, la prevalenza esclusiva». Concludendo con una riflessione significativa: «Noi non tanto abbiamo la verità, intesa come possesso oggettivo. Ma siamo nella verità, che è quanto ci trascende, ci supera e ci avvolge».
L´adesione esplicita del Vaticano alla scientificità dell´evoluzionismo potrebbe avere ricadute positive anche sul sistema educativo italiano. Nel 2004 l´allora ministro della Pubblica istruzione Letizia Moratti, fiutando l´ondata integralista anti-darwinista, tolse lo studio dell´evoluzionismo dai programmi della scuola secondaria di primo grado. Insegnamento parzialmente ripristinato soltanto in seguito alla rivolta del mondo scientifico italiano.
Il convegno alla Gregoriana prosegue fino al 7 marzo. Al centro della discussione sta il riconoscimento che Darwin ha soprattutto aperto la strada ad un metodo di ricerca e non va fossilizzato. «La scoperta fondamentale di Darwin - commenta il biologo americano Francisco Ayala - consiste nell´esistenza di un processo naturale, che è creativo anche se non cosciente». Proprio Ayala, un ex domenicano, si era rivolto con due altri scienziati a papa Ratzinger nel 2005, esortandolo a non innalzare nuove «barriere» tra fede religiosa e metodo scientifico.
Repubblica 4.3.09
La natura del nostro sapere
Negli ultimi anni sono state scoperte molte regole che spiegano come funziona l’apprendimento
Che cosa intendiamo per cultura. Che peso hanno i fattori biologici e quale quelli sociali
Gli studi sulla preistoria umana sviluppati grazie a recenti indagini archeologiche
di Luigi e Luca Cavalli Sforza
La parola "cultura" ha significati molteplici e differenti. Fino a poco tempo fa, soprattutto in Italia, indicava una preparazione intellettuale abbastanza raffinata, quale si riflette anche nell´espressione "farsi una cultura". I dizionari hanno però cominciato da qualche tempo ad accorgersi, in Italia come all´estero, di un significato e di una portata assai più generali del termine, ovvero: l´insieme di quanto viene appreso da un individuo nel corso della vita, dal comportamento quotidiano alle conoscenze di qualunque natura, inclusi quegli elementi � come i pregiudizi e le credenze � che precedentemente non venivano compresi nel significato del termine ma, anzi, ne delimitavano la portata dall´esterno. Si tratta di una definizione ancor più generale di quella usata inizialmente dai primi antropologi culturali americani a cavallo fra l´Ottocento e il Novecento, e sembra rispondere a una concezione molto sentita.
Così concepito il concetto di "cultura" può in qualche modo considerarsi alternativo a quello di "natura", purché adottato in senso stretto, cioè riferito a quanto vi è di innato in noi o, più specificamente, di ereditato attraverso la biologia. In questo senso la "cultura" diventa, per opposizione, tutto quanto è appreso durante lo sviluppo.
Ritorneremo su questa distinzione più volte, per la sua importanza e per le forti implicazioni sociali. In queste pagine introduttive vale però la pena di aggiungere che negli ultimi cinquant´anni sono state scoperte molte regolarità � si potrebbe quasi dire "leggi" � e proprietà della cultura intesa in questo senso generale di dominio dell´acquisito.
Questi risultati non hanno ancora avuto il tempo di uscire dall´ambito dei saggi specialistici, ma conquisteranno presto un interesse generale per la loro rilevanza. Gli studi della preistoria umana hanno avuto uno sviluppo straordinario grazie a recentissime indagini archeologiche, genetiche, linguistiche, demografiche e, soprattutto, grazie a un approccio multidisciplinare che ha operato una sintesi fra esse, superando per la prima volta i confini angusti di ciascuna di queste scienze. Si è così dimostrata la possibilità e l´utilità di vedere la specie umana in una prospettiva nuova e più completa.
Le regolarità dell´evoluzione della cultura sono state individuate con maggiore incisività quando il metodo multidisciplinare e sperimentale è stato valorizzato negli studi storici. L´approccio che utilizza i metodi della scienza sperimentale, in questo contesto, è stato un elemento insieme di novità e di conferma: tale scienza infatti deve la sua grande forza alla capacità di controllare e di verificare i propri risultati attraverso la "ripetizione" degli esperimenti. La conferma dei risultati ottenuti attraverso quel metodo garantisce una sicurezza che altre attività umane non raggiungono facilmente se non attraverso l´universalità del consenso, che è raggiunto di rado e può essere di breve durata. La scienza basa la sua forza sulla possibilità di essere continuamente sottoposta a revisione e confermata o smentita. Essa rappresenta quindi un approccio alla conoscenza che trae enorme forza dal fatto di essere una continua approssimazione, sempre più profonda e sempre più affidabile, comunque sempre più vicina alla realtà sfuggevole dell´universo che ci circonda.
Di fronte alla solidità della scienza sperimentale, le scienze storiche � tese alla ricostruzione del passato e all´individuazione delle cause del presente � mancano della possibilità oggettiva di un´identica libertà di controllo dei risultati attraverso la ripetizione e il raffinamento degli esperimenti.
L´approccio multidisciplinare è utile alla scienza sperimentale perché aiuta a superare gli steccati fra le discipline specialistiche, che aumentano velocemente di numero e parlano linguaggi sempre più tecnici, ma ha un´utilità ancora maggiore nelle scienze storiche, perché sopperisce in parte alla loro impossibilità oggettiva di ripetere il processo storico per verificare le proprie ipotesi. Analizzando lo stesso processo storico dal punto di vista di discipline diverse si riesce spesso a riempire lacune e a dimostrare nessi di causa-effetto che un approccio normale, tipico di una singola disciplina specialistica, non avrebbe individuato se non in via del tutto ipotetica.
Abbiamo sentito la necessità di spiegare questi sviluppi recenti e ancora poco noti. (...) In un´opera dal titolo la Cultura Italiana abbiamo scelto di adottare il significato più ampio della parola "cultura" fra i due delineati all´inizio.
L´aggettivo "italiana" può far nascere un dubbio legittimo, che vale la pena discutere subito: ovvero se davvero esistano "culture nazionali". La risposta più semplice è che senza dubbio esistono culture "locali", e la nazione è certamente identificabile con una delle aree, o insiemi di persone, più significative. Certo, anche in Italia vi sono culture sub-nazionali spiccate, talvolta anche più pronunciate delle subculture britanniche: le regioni italiane sono una suddivisione sì geografica, ma anche e soprattutto culturale. Chi conosce bene la propria regione saprà distinguere al suo interno le molte subculture che vi albergano. L´identità personale, poi, è probabilmente riconducibile a radici connesse con porzioni di territorio più ristrette, come la provincia, la città o aree rurali particolari. Infine vi sono importanti differenze individuali che dipendono dalla storia peculiare della propria vita.
Il nostro scopo non è quello di classificare le culture locali o nazionali, di definirne il numero o così via. Ogni carattere o gruppo di caratteri culturali potrebbe portarci a creare una classificazione particolare, anche se alcune diversità stanno rapidamente sparendo. Per esempio, fino a pochi anni fa era possibile delineare diverse aree culturali sul territorio italiano osservando le tecniche di preparazione, di coltivazione e di raccolta delle messi, e le aree così individuate avevano probabilmente in comune anche molti altri caratteri culturali. L´introduzione recente di nuove tecniche agricole di tipo industriale ha quasi completamente cancellato queste differenze, che erano parte del paesaggio, a vantaggio di una globalizzazione che sta rapidamente omogeneizzando buona parte del mondo, provocando la perdita irreversibile di numerose culture locali. Tali perdite sono spesso così gravi da rendere impossibile ricostruire successivamente le ragioni di costumi, di abitudini, di antiche saggezze che hanno reso la vita ricca e piacevole. Allo stesso modo scompaiono modi di dire e comportamenti la cui origine o motivazione può essere difficile da interpretare.
Tutto ciò impone la necessità di uno sforzo di conservazione culturale importante, attraverso archivi approfonditi e studi adeguati. La conservazione delle memorie merita di ricevere un´attenzione maggiore di quanta le viene dedicata, e forse dovremmo imparare queste virtù dagli inglesi che ne sono i maestri.
Corriere della Sera 4.3.09
La violenza alla Caffarella Concluso il lavoro della Scientifica, gli indagati potrebbero venire presto scarcerati
Stupro, tutti i test scagionano i due romeni
Non combaciano le tracce del Dna sulle sigarette, le impronte e l'identikit
Ronde rosa. La vittima ha disegnato i tratti di un giovane sui 20-25 anni con la frangia, quello in cella è meno giovane e stempiato
ROMA — Sono tutti negativi gli esami sui reperti trovati nel parco della Caffarella, a Roma, dopo lo stupro di San Valentino. Sul tavolo del pubblico ministero c'è la relazione finale della polizia Scientifica che scagiona definitivamente Alexandru Isztoika Loyos, 20 anni, e Karol Racz, 36. Anche i prelievi effettuati sui mozziconi delle sigarette fumate dai violentatori e sui fazzolettini usati dopo la brutale aggressione smentiscono la tesi dell'accusa. Il profilo genetico ricavato dagli esperti effettuando queste analisi è uguale a quello rilevato sui tamponi prelevati alla vittima che è già risultato differente da quelli degli indagati. E dunque non ci può essere alcun dubbio: non sono stati i due romeni arrestati il 17 febbraio a violentare la ragazzina di 15 anni e a picchiare il suo fidanzato.
Lunedì prossimo i due indagati dovranno comparire di fronte al tribunale del Riesame, ma è possibile che prima di quella data la stessa procura di Roma decida di chiederne la scarcerazione. In ogni caso il magistrato dovrà mettere a disposizione dei giudici e dei difensori l'esito dei test biologici effettuati, visto che la legge impone la presentazione di tutte le prove a discarico.
Alla biologa Carla Vecchiotti, che spesso collabora con la questura, è stato affidato il compito di «rileggere» i dati già acquisiti. Nessun nuovo prelievo potrà essere effettuato, la consulente si limiterà a verificare le comparazioni per un esito che appare ormai scontato.
Non combacia il Dna e anche l'esito delle verifiche sulle impronte digitali conferma l'estraneità dei due. Si tratta di alcuni frammenti rilevati sulle schede telefoniche che sono stati comparati con le tracce lasciate dalle dita dei due e hanno consentito di escludere qualsiasi grado di compatibilità, come gli esperti della Scientifica hanno spiegato al magistrato.
Frana dunque l'impianto accusatorio, l'indagine affidata alla squadra mobile deve ripartire da zero. Nonostante il riconoscimento in foto da parte della vittima di Alexandru Loyos e la confessione poi ritrattata del giovane, difeso dall'avvocato Giancarlo Di Rosa. La convinzione degli investigatori, ricavata grazie ad un esame accurato del cromosoma «Y» estratto dal Dna, è che bisogna ricominciare a cercare nella comunità romena. Attraverso l'analisi di questo particolare componente si può infatti ricavare l'etnia del profilo genetico e in questo caso il risultato raggiunto conferma che la nazionalità è proprio quella. Ma oltre, al momento, non si riesce ad andare perché i dati relativi ai due Dna non compaiono in alcuna banca dati e dunque si tratterebbe di persone mai finite sotto inchiesta.
Per cercare i colpevoli si riesaminano gli identikit tracciati con le descrizioni fornite dalla ragazzina e dal suo fidanzato. Immagini che non sembrano avere alcuna somiglianza con i due arrestati. In particolare quello attribuito a Racz. «Basta guardarlo — dichiara l'avvocato Lorenzo La Marca che ieri ha potuto visionare il fascicolo processuale — per rendersi conto dell'errore». Disegna il volto di un ragazzo tra i 20 e i 25 anni, con una folta frangia a coprire la fronte. L'uomo finito in carcere è invece completamente stempiato ed è escluso che si sia tagliato i capelli dopo il 14 febbraio visto che nei giorni precedenti fu ripreso in alcuni filmati della polizia che controllava l'accampamento dove viveva, ed era identico al momento dell'arresto. «Inoltre — chiarisce il legale — la vittima ha parlato di un giovane alto circa un metro e 75 mentre il mio assistito non raggiunge il metro e 55». Durante l'interrogatorio seguito alla violenza, alla giovane furono mostrate dodici foto. Lei indicò anche un altro romeno, risultato poi estraneo alla vicenda.
Il quadro emerso complica la ricerca della verità sulla violenza sessuale avvenuta il 21 gennaio a Primavalle, quando una donna di 41 anni raccontò di essere stata aggredita alla fermata dell'autobus e stuprata da due uomini.
il Riformista 4.3.09
Omicidio dell'Unità
Ecco i tre indiziati Veltroni, Soru e Repubblica. Il Perdente di Successo, il Gramsci che sta usando il giornale come un taxi, e il giornale-partito che si mangia il giornale del partito.
di Giampaolo Pansa
È inutile cercare un retroscena canaglia nella crisi dell'Unità. Tutto è chiaro, nei limiti del romanzo giallo. I grandi racconti polizieschi ti mettevano sotto gli occhi i possibili colpevoli di un delitto. Ma sino all'ultima pagina non lasciavano capire chi, tra i sospettati, fosse quello giusto.Anche in questo caso gli indiziati sono tre. Il primo è l'ex leader del Partito democratico, Walter Veltroni. Il secondo è l'attuale padrone del giornale, Renato Soru. Il terzo, non sorprendetevi, è la Repubblica di Ezio Mauro.
Sul primo indiziato si conosce quasi tutto. A cominciare dalla conclusione della sua avventura politica. Il Perdente di Successo ormai è uscito di scena dopo uno tsunami di sconfitte elettorali. Ma era stato lui il padrino dell'ultima rinascita dell'Unità. A cominciare dalla scelta del direttore, Concita De Gregorio. Veltroni l'aveva fermamente voluta, soprattutto perchè era una donna e per di più bella, elegante, spigliata.
Non pensate subito che il sottoscritto sia un vecchio maschio che ritiene certi mestieri adatti più al suo genere che a quello femminile. Anche il grande Corriere della sera, un giorno, forse sarà guidato da una signora provvista di un superbo lato B, per citare un mantra delle attuali sfilate di moda: "L'eros colpisce di spalle". Ma dirigere un quotidiano mi sembra ancora un mestiere per ruvidi maschiacci. Capaci, al momento giusto, di rovesciare le scrivanie. E di fare il braccio di ferro con il più tirchio degli editori.
Ma nel suo breve regno, Walter voleva stupire anche nei dettagli. Per questo suggerì l'avvento di Concita. La bionda inviata di Repubblica non aveva mai diretto nulla. Dal punto di vista professionale, era una single di qualità, però niente di più. Ammetto che rimasi colpito quando si disse di lei: una donna che ha allevato un plotoncino di figli è capace di tutto. Era uno slogan giusto, dal punto di vista umano. Ma purtroppo inadatto sul campo di battaglia della carta stampata.
Al posto di Concita, oggi non sarei grata a Veltroni. Il suo gusto per l'effimero ha messo nei guai anche la nostra collega. E quando dico effimero intendo la noncuranza per l'esperienza professionale di un candidato. Legata al mancato accertamento della sua capacità di guidare una squadra verso un traguardo irraggiungibile: rianimare un vecchio foglio di partito e farne un giornale adatto a questo tempo da lupi. Allo scopo non potevano bastare gli scatti di Oliviero Toscani sull'Unità in jeans. Mostravano una minigonna che fasciavano un bel fondoschiena, quello della direttora. Nient'altro.
Oggi Veltroni non conta nulla. Dunque possiamo al secondo indiziato: Soru, il padrone dell'Unità. La vecchia proprietà era stata felice di venderla all'Uomo di Tiscali perché, diceva lui, «aveva Gramsci nel cuore». Il fondatore del Pci si sarà rivoltato nella tomba. Infatti Soru ha applicato al quotidiano diretto da Concita la stessa regola che Enrico Mattei, il grande capo dell'Eni, applicava ai partiti.
Mattei ringhiava: «Per me i partiti politici sono come i taxi: servono per una corsa, li paghi e scendi». La stessa cosa ha fatto Soru con il giornale ex-Pci. In vista del voto regionale in Sardegna, e nella convinzione di vincere, si è comprato la testata per accreditarsi presso Veltroni. Un accredito costato molto caro, soprattutto per quel che sarebbe avvenuto pochi mesi dopo.
Mesi orribili, di tragedia politica e finanziaria. Segnata da tre eventi che non erano stati messi in conto. La sconfitta elettorale di mr. Tiscali. La fuga di Veltroni dal mattatoio del Pd. Infine l'obbligo di ripianare il passivo dell'Unità con un altro assegno milionario. Obbligo che, fino a oggi, Soru si è ben guardato dall'onorare.
Che cosa dice il nostro romanzo giallo? Dice che, se l'Unità dovesse morire, di certo l'assassino non potrebbe che essere lui. Il vecchio Sherlock Holmes esclamerebbe: «Elementare, Watson». Ma l'astuto poliziotto indicherebbe sullo sfondo anche un altro indiziato: la Repubblica di Ezio Mauro. Qualcuno osserverà: che cosa c'entra, in questo giallo, il giornale di largo Fochetti? C'entra, e come se c'entra! Non per un intervento diretto sulla scena del crimine, bensì per una circostanza esterna. Non voluta né dal direttore né dall'editore repubblicani.
La circostanza è che la squadra dell'Unità ha fatto un giornale rivolto allo stesso lettorato di Repubblica. Come ha spiegato Andrea Romano sul Riformista, il quotidiano di Mauro è l'unico vero giornale di partito rimasto in Italia. Un giornale pensato e prodotto per un pubblico di sinistra, e di quello più convinto. Un pubblico che vuole essere confortato nella propria fede, che non ama farsi domande, che rifiuta i dubbi, che vuole essere incitato a credere e a combattere. Lascio perdere l'obbedire perché l'obbedienza non è più una virtù.
Riassumendo, la buonanima Veltroni, lo sconfitto Soru e la sfortunata De Gregorio sono inciampati nell'errore della loro vita. Quello di mettere sul mercato un sottoprodotto di Repubblica. Meno potente, meno ricco, meno astuto dell'originale. E questo in un'epoca di vacche magre per la carta stampata. Quando a contare, si spera, sono la diversità, la snellezza, l'agilità e la disinvoltura. Qualità che Eugenio Scalfari definiva con un'immagine indimenticabile: il giornale libertino.
Vorrei sbagliarmi, ma l'avventura del foglio creato dal sardo Gramsci, e distrutto dal sardo Soru, rischia di finire male. Ce ne dispiace molto. Chi fa il giornalista non può che dolersi delle sfortune di una testata. Dunque, viva l'Unità! E le colleghe e i colleghi che sino a oggi l'hanno fatta vivere.
Insieme a loro, accendiamo un cero davanti al ritratto di san Dario da Ferrara. Ma nessuno può dire se Franceschini avrà la forza, e i soldi, per accollarsi quest'altro miracolo.
il Riformista 4.3.09
Stupri e media. Sbatti il mostro romeno
Caffarella cosa ci insegna La vicenda di Racz
È un mostro o noi siamo razzisti?
di Piero Sansonetti
Stupratori. Avete mai sentito parlare di stato di diritto? Beh, l'impressione è che sia ormai un ricordo del passato. C'è una campagna contro i romeni: sono quelli che violentano le donne. È insensato dire che in Italia il razzismo non c'è: la verità è che sta dilagando.
Giorni fa, durante una trasmissione televisiva, mi è capitato di dover discutere dello stupro della Caffarella (avvenuto a Roma nel giorno di San Valentino) e della colpevolezza certa, e della perfidia assoluta dei due romeni arrestati per quel delitto. Vi dico la verità, mi sono trovato in gran difficoltà. Era molto complicato mantenere le tradizionali posizioni garantiste («tutti sono innocenti fino alla condanna, non esistono le razze, non ci sono gruppi etnici più propensi al crimine rispetto ad altri, eccetera eccetera…»).
Era complicato perché quelle posizioni sono in contrasto aperto con un evidente orientamento plebiscitario dell'opinione pubblica, colpevolista e favorevole a pene eccezionali, fino alla castrazione e al patibolo.
In questi giorni abbiamo visto su tutti i giornali italiani sempre la stessa foto di quel giovane romeno che si chiama Karol Racz e che ha la sfortuna di avere il naso schiacciato, vistosamente schiacciato, proprio come lo stupratore della Caffarella, descritto dalla giovanissima vittima quindicenne. Abbiamo visto Racz con le mani legate dietro la schiena, mentre lo arrestano. Racz il mostro, Racz che aveva violentato la ragazzina perché le era sembrata bella.
Racz il mostro, Racz che aveva violentata la ragazzina per vendetta, che l'aveva rapinata, l'aveva minacciata di morte, che si era vantato di avere stuprato una quindicenne, che si era gloriato della sua virilità. E poi abbiamo letto che Racz, sicuramente colpevole dello stupro della Caffarella - perché accusato dall'amico ventenne, Loyos anche lui colpevole e reo confesso - era stato riconosciuto anche da un'altra signora che ha detto di essere stata violentata da lui, nel quartiere romano di Primavalle, un mese fa. Racz è il mostro, e nessuno può dubitarne, e chi non chiede punizioni esemplari è semplicemente un pazzo.
Poi ieri abbiamo capito che le cose stanno in maniera diversa: il test del Dna, che è praticamente infallibile, scagiona Racz e a quel che sembra scagiona anche il suo giovane amico Loyos. E abbiamo saputo che Racz aveva un alibi piuttosto solido, e che i ragazzi aggrediti alla Caffarella avevano sentito i violentatori parlare in italiano e Racz non conosce una sola parola di italiano, e avevano descritto i violentatori come persone dai lunghi capelli e Racz ha i capelli molto corti, e li aveva corti anche nei giorni precedenti alla violenza, perché la polizia lo aveva filmato nel campo nomadi. E la signora di Primavalle ha detto di non essere sicura del suo riconoscimento.
Naturalmente non abbiamo ancora la prova definitiva che i due romeni, o almeno uno di loro, sia innocente. Tutti gli indizi però vanno in quella direzione. E quindi è molto probabile che sia stato linciato ed esposto per giorni e giorni al pubblico ludibrio, indicato come l'esempio del male assoluto, un ragazzo (o forse due) che non c'entrava niente con quei delitti. E sappiamo anche che la polizia, con ogni probabilità, ha estorto una confessione falsa al giovane romeno, o comunque ha estorto una chiamata di correo infondata. Come ha fatto? Con quali mezzi? Per quale ragione lo ha fatto? E infine sappiamo che la polizia filma i cittadini innocenti, nei campi nomadi, li scheda, li tratta come potenziali criminali.
Avete mai sentito parlare di stato di diritto? Beh, l'impressione è sia ormai un ricordo del passato. Dopodiché, ogni volta che io parlo di razzismo, reagendo a certi discorsi sui romeni, mi si risponde che sono fuori dal mondo, che sono ideologico, che non capisco, perché accusare i romeni di essere tendenzialmente criminali non c'entra niente col razzismo ma è la semplice e oggettiva constatazione di un dato sociologico. No, non c'è niente di sociologico nella campagna contro i romeni.
Questa campagna si ispira ai principi basilari del razzismo moderno, che consistono nell'individuare un popolo, o un gruppo nazionale o una etnia, nell'attribuirgli caratteristiche e tendenze particolari - specifiche di quel gruppo: di quella razza - e poi nel dichiarare accertata una certa propensione di quel gruppo a delinquere o a commettere un certo tipo di reato. I romeni stuprano le donne, i rom rubano i bambini, gli ebrei tramano, gli arabi mettono le bombe, eccetera eccetera.
Il razzismo non è altro che questo. È insensato dire che in Italia non c'è: in Italia sta dilagando. La vicenda di Racz ne è la prova provata.
Italia Oggi 4.3.09
Il partito di Vendola? Nel palazzo della Cgil...
di Pierre de Nolac
«No, Fausto Bertinotti non ha appeso il cachemire al chiodo», scherzava ieri mattina un vecchio amico dell'ex presidente della Camera dei deputati. Già, perché il subcomandante Fausto si è presentato alla cerimonia inaugurale della sede romana del movimento politico di Nichi Vendola, l'Mps. «Ricorda il nome di una banca che conosco», malignava qualcuno, venuto da Siena per dire la battuta. Gli uffici si trovano a via Goito, in un palazzo caro alla Cgil romana a pochi passi da una delle enoteche più note di Roma, Trimani, dove non pochi «sinistri» si sono poi diretti per bere del vino rosso.
C'erano Gennaro Migliore e Franco Giordano. Con Vendola che invitava a finirla con «le dispute tra riformisti e radicali perché entrambi siamo stati sconfitti». A proposito del sindacato di Guglielmo Epifani, alcuni avevano tra le mani un invito per la prossima presentazione del libro «Ho perso la sinistra», pubblicato da Ediesse, la casa editrice cara alla Cgil, e dove ci sarà Bertinotti. Oltre a Gianni Rinaldini e Aldo Tortorella.
Asca 4.3.09
“Unità” a rischio chiusura ma pronti tre nuovi giornali
(Asca) - Oggi 'l'Unita'' non e' in edicola, causa il primo dei cinque giorni di sciopero annunciati dal Comitato di redazione dopo l'assemblea delle redazioni di Roma, Bologna, Firenze, Milano e della pagina online.
Il quotidiano fondato da Antonio Gramsci e' di nuovo in gravi difficolta' economiche. Lo sciopero - fa presente una nota del Cdr - vuole 'respingere l'ipotesi di drastico ridimensionamento aziendale prospettato dall'amministratore delegato che provocherebbe gravissime ripercussioni sugli organici e sulla fisionomia stessa del prodotto'.
L'annuncio di un drastico ridimensionamento del quotidiano si spiega con la scelta di Renato Soru di non confermare con nuovi investimenti il suo impegno nella proprieta' del giornale che era iniziato la scorsa primavera e aveva portato alla designazione di Concita De Gregorio come nuovo direttore.
'L'Unita'' ha consolidato le sue vendite in questi mesi oltre la barriera delle 50 mila copie ma la crisi politica del Pd (e la sconfitta di Soru nelle elezioni regionali in Sardegna) si sono riversate puntualmente anche sul suo progetto editoriale.
A chiedere un impegno di Soru nella proprieta' del quotidiano era stato Walter Veltroni in persona. L'ex segretario del Pd aveva suggerito pure la soluzione del direttore nella figura professionale di Concita De Gregorio che aveva assunto l'incarico lo scorso 22 agosto. Senza Veltroni alla guida del Pd, Soru si sente evidentemente deresponsabilizzato.
Ora il Cdr cerca affannosamente nuovi interlocutori sul mercato da aggiungere ai proventi della legge sull'editoria politica ('Europa' e 'l'Unita'' si dividono quel finanziamento per il loro apparentamento al Pd, composto da ex Ds ed ex Margherita), mentre si da' per scontato che la cura dimagrante delle spese editoriali non possa essere evitata (prepensionamenti, chiusura delle redazioni locali, forse diminuzione del numero di pagine).
Mentre 'l'Unita'' sciopera, prende quota il progetto di un nuovo quotidiano diretto da Antonio Padellaro, predecessore della De Gregorio alla direzione del giornale fondato da Gramsci. Dovrebbe avere come testata 'Il fatto', contare su una piccola redazione e andare a occupare uno spazio politico in quel settore di opinione pubblica che guarda con simpatia all'Idv di Antonio Di Pietro. Quella con Di Pietro non sarebbe niente di piu' che una affinita' elettiva, perche' l'ex Pm ha annunciato in piu' occasioni di essere contrario ai finanziamenti pubblici che vanno all'editoria di partito e ha chiuso da tempo un foglio che era l'organo dell'Idv preferendo utilizzare ai fini informativi il suo blog.
Anche senza la crisi scoppiata a 'l'Unita'', se Padellaro fosse riuscito a convincere della bonta' del progetto di nuovo quotidiano firme come Marco Travaglio, Furio Colombo e Nicola Tranfaglia il giornale diretto da De Gregorio - secondo stime ipotetiche - avrebbe potuto perdere il 10% dello zoccolo duro dei suoi lettori piu' fedeli.
Pure Piero Sansonetti, ex direttore di 'Liberazione', sta lavorando al progetto di un nuovo quotidiano. La testata, compiendo una piccola rivoluzione rispetto all'immaginario tradizionale della sinistra, dovrebbe essere 'L'altro'. Non piu' il richiamo alla storia del movimento operaio e dei suoi simboli, quanto piuttosto alla curiosita' per i singoli individui e alle tematiche della cittadinanza e delle liberta' (la scelta della testata sembrerebbe richiamarsi alle suggestioni degli ultimi libri di Pietro Ingrao).
Anche in questo caso, si tratterebbe di un quotidiano dalle piccole dimensioni (meno di dieci redattori nello staff) e in vendita solo nelle edicole delle principali citta'. Quanto alla proprieta', si sarebbe dichiarata disponibile una cordata di imprenditori romani che guarda con simpatia a sinistra. Un terzo progetto di quotidiano di sinistra che potrebbe presto andare in edicola riguarda la trasformazione di 'Notizie verdi', il foglio della Federazione dei Verdi.
'Avremmo voluto mandarlo in edicola il 21 marzo, primo giorno di primavera, ma il progetto slittera' al massimo di qualche settimana. La testata si chiamera' 'Terra' o 'Live'. Partiremo con otto pagine per crescere gradualmente. Sara' il primo quotidiano ecologista italiano', annuncia all'Asca l'editore Luca Bonaccorsi. Il quotidiano, diretto da Pino Di Maula, gia' direttore del settimanale 'Left', un passato in Legambiente, avra' una vocazione 'glocal': grande attenzione ai temi della democrazia energetica ma anche molte inchieste sul territorio (discariche, raccolta differenziata dei rifiuti, cementificazione) per indicare cattive e buone pratiche ecologiche da parte di enti locali e cittadini.
Prova invece in questi giorni a ricontrattare il proprio debito con le banche 'il manifesto', altro quotidiano storico della sinistra che ha potuto superare le difficolta' degli ultimi mesi grazie al sostegno della sottoscrizione dei propri lettori e alla conferma dei fondi della legge sull'editoria per i prossimi due anni da parte del governo. Qui per ora e' il probabile cambio di direzione a fare notizia: al tandem Mariuccia Ciotta-Gabriele Polo, ormai a fine mandato, potrebbe subentrare il tandem Norma Rangeri-Marco Bascetta o quello formato da Roberto Tesi-Tommaso Di Francesco. Tocchera' alla redazione, nei prossimi giorni, votare e scegliere.