Poesia: Joumana Haddad, con Lilith un successo gigantesco
(AGI) - Roma, 2 nov. - Quasi 2 mila copie vendute in poco piu' di una settimana, un gran pubblico entusiasta accorso alle sue presentazioni, numerose interviste radiotelevisive e della carta stampata. Questi i dati del gran successo avuto da Joumana Haddad con 'Il ritorno di Lilith', la prima opera integrale in italiano edita da 'L'Asino d'oro, nella sua tournee italiana appena conclusasi. "Non e' stato un gran successo ma un successo gigantesco!", chiosa la scrittrice libanese, che annuncia una nuova avventura letteraria sempre con l'Asino d'oro per il 2010. E, assicura, nel suo stile: scrivere con le unghie perche' le piace scavare, andare in profondita'. Come ha fatto con 'Il ritorno di Lilith' per sferzare le donne: perche' non fate sentire le vostre voci? Non mostrate le vostre unghie? Quali i motivi di questo 'successo gigantesco' che tra l'altro smentisce il luogo comune che la poesia non la legge nessuno? "Innanzitutto il valore letterario dell'opera. Poi il lavoro, la riflessione del poeta che deve sostenere, accompagnare il testo non smentirlo ma rendendolo piu' solido e forte", risponde certa e soddisfatta la Haddad. "Quindi l'ottimo lavoro della casa editrice - aggiunge - ed infine la qualita' della traduzione: sono questi i quattro elementi del successo gigantesco. E direi non solo del libro in se'. Ma del dialogo culturale che ha piu' valore del dialogo politico". 'Il ritorno di Lilith', e' un libro di poesia ed affronta un tema attualissimo ma al tempo stesso controverso: la donna ed il suo essere, e poi il suo ruolo nella societa'. "Verissimo - precisa la Haddad - Il libro ruota tutto attorno alla donna, alla sua identita', al suo essere: e in questo sta il suo valore letterario". E si puo' dire che in questo sta il suo valore culturale che si integra con il dialogo culturale di cui ha parlato? "Si' sono d'accordo, noi tutti abbiamo bisogno - spiega la Haddad - del dialogo a livello culturale, che ha piu' valore del dialogo politico, perche' si riscontrano i segni piu' solidi di sensibilita' e comunicazione da parte della gente". Che per la politica ha ben poca fiducia. "Sono convinta che e' dal dialogo culturale che ci si conosce meglio, di piu' e - precisa la Haddad - e piu' profondamente". Contaminarsi dunque come cultura, tradizione, modo e stile di vita, insomma. "Si' e' a questo che penso", evidenzia la Haddad anche sulla base del gran successo anzi del successo gigantesco, riscontrato come presenza di pubblico. Joumana Haddad, e lo ha spiegato bene, vuole, con 'Il ritorno di Lilith', sprigionare e poi alimentare una 'speranza' per le donne arabe oppresse ma anche di altri paesi, Italia compresa: del resto l'oppressione della donna, pur se registra diverse modalita' sul piano fisico, e' identica come intenzionalita'. E Lilith la prima donna creata che non si sottomise e non si ridusse in schiavitu' ad Adamo e' la speranza per le donne. Dunque, "donne ribellatevi - e' il messaggio della Haddad - fate sentire la vostra voce, mostrate le unghie". (AGI)
Velino 29.10.09
Ferrero (Prc) apre a Vendola e Di Pietro ma non ai radicali
Roma, 29 OTT (Velino) - Domani venerdì 30 ottobre, in edicola su LEFT, Paolo Ferrero rilascia un'intervista esclusiva a Manuele Bonaccorsi, redattore del settimanale. Parla dei suoi rapporti con Di Pietro, in vista della manifestazione anti-Berlusconi del 5 dicembre, dei futuri scenari politici insieme a Vendola, chiude ai Radicali e lancia una proposta al nuovo segretario del Pd. "In Italia c'è una drammatica assenza di opposizione. Con Di Pietro concordiamo sulla necessità di costruire un'opposizione politica al governo Berlusconi molto più forte. Su questo con Di Pietro abbiamo trovato importanti convergenze". "Certo - prosegue - nella politica dell'Idv ci sono elementi positivi, ma anche contraddizioni. Insomma c'è un dialogo aperto, anche se restano le differenze che ci sono tra un partito della sinistra moderata e chi, come il Prc, pone la questione dell'alternativa". (segue) (com/mat) 291824 OTT 09 NNNN
Velino 29.10.09
Ferrero (Prc) apre a Vendola e Di Pietro ma non ai radicali (2)
Roma, 29 OTT (Velino) - Ferrero si sofferma a lungo sui rapporti con il Pd e con Pierluigi Bersani nuovo segretario: "Siamo interessati a proseguire un dialogo col Pd su come costruire e allargare l'opposizione. Un punto di cambiamento vero, col nuovo segretario Pd, è sull'idea del sistema politico". "La proposta che avanziamo a lui - spiega il segretario di Rifondazione - è un sistema elettorale proporzionale, sul modello tedesco". E naturalmente affronta la questione con Sinistra e libertà: "Sono interessato a un dialogo con quelle parti di Sinistra e libertà che pongono il tema dell'alternativa ma se la proposta di Vendola è un cartello che va dai Radicali al Prc, mi sembra una cosa priva di senso. Uno spettro così ampio di forze avrebbe difficoltà persino a presentare un programma comune. Nichi dovrebbe chiarire la sua proposta. Siamo interessati ad aprire un dialogo per le regionali. Ma su posizioni precise". (com/mat) 291824 OTT 09 NNNN
ASCA 29.10.09
Pd: Realacci, Rutelli non andare via - e a Bonelli, vieni con noi
(ASCA) - Roma, 29 ott - Ermete Realacci dalle pagine di LEFT lancia un appello a Rutelli perché non lasci il Partito Democratico. L'eventuale uscita di Rutelli, ha detto Realacci, "mi sembra una sconfitta per il Pd e un brutto segnale. Condivido alcune critiche che Rutelli muove al Pd ma non l'assenza di autocritica sugli errori che lui stesso ha compiuto, nè la prospettiva che indica. Una sconfitta per il Pd perché conferma che si sta restringendo la sua capacità di attrazione". Nello stesso tempo Realacci rivolge un secondo appello ai Verdi: "Penso che i Verdi avrebbero dovuto investire i loro talenti e non sotterrarli, e questo non è accaduto. Penso che le porte del Pd siano aperte anche a Bonelli. Se invece il Pd dovesse prendere strade diverse da quelle che ho indicato, beh... ragioneremo di altro". Realacci affrontando il tema delle alleanze ha poi affermato: "Prima devi preoccuparti di parlare alla maggioranza degli italiani, poi delle alleanze. Aggiungendo pezzi non si risolve il problema di contendere a Pdl e Lega il centro del sentire degli italiani. Dopo di che, siamo per il bipolarismo, non per il bipartitismo (...) I Verdi dovrebbero entrare nel Pd. Preferisco mettere in primo piano le proposte degli italiani, anzichè impantanarmi nelle alchimie della politica". min/sam/alf 291841 OTT 09 NNN
Adnkronos 29.10.09
Pd: Realacci, giuste certe critiche di Rutelli, ma se esce sbaglia - I Verdi di Bonelli dovrebbero entrare nel partito
Roma, 29 ott. (Adnkronos) - Le parole di Francesco Rutelli, pronto, come ha annunciato mercoledì a Milano, a "tracciare un tragitto differente" rispetto al progetto del Pd, sono "una sconfitta e un brutto segnale". Lo sottolinea in un'intervista a LEFT, Ermete Realacci che propone al partito di aprire ai Verdi di Angelo Bonelli. "Condivido alcune critiche che Rutelli muove al Pd - aggiunge il parlamentare democratico - ma non l'assenza di autocritica sugli errori che lui stesso ha compiuto, ne' la prospettiva che indica. Una sconfitta per il Pd perché conferma che si sta restringendo la sua capacità di attrazione". L'esponente del Pd rilancia la necessità di allacciare un rapporto con i Verdi che, dice, "avrebbero dovuto investire i loro talenti e non sotterrarli e questo non è accaduto. Penso che le porte del Pd siano aperte anche a Bonelli. Se invece il Pd dovesse prendere strade diverse da quelle che ho indicato, ragioneremo di altro. I Verdi dovrebbero entrare nel Pd. Preferisco mettere in primo piano le proposte degli italiani, anzichè impantanarmi nelle alchimie della politica". Un tema che si ripropone quando si parla di alleanze. "Prima - osserva in conclusione Realacci - devi preoccuparti di parlare alla maggioranza degli italiani, poi delle alleanze. Aggiungendo pezzi non si risolve il problema di contendere a Pdl e Lega il centro del sentire degli italiani. Dopo di che, siamo per il bipolarismo, non per il bipartitismo". (Pol/Gs/Adnkronos) 29-OTT-09 18:44
Velino 29.10.09
Pd, Realacci: Uscita Rutelli è sconfitta, i Verdi benvenuti
Roma, 29 OTT (Velino) - Domani, in edicola su LEFT Ermete Realacci rilascia un'intervista esclusiva a Sofia Basso, redattrice del settimanale. Per l'ambientalista del Pd, l'uscita di Rutelli è una sconfitta per il partito e apre all'entrata di Bonelli: "Mi sembra una sconfitta per il Pd e un brutto segnale. Condivido alcune critiche che Rutelli muove al Pd ma non l'assenza di autocritica sugli errori che lui stesso ha compiuto, ne' la prospettiva che indica. Una sconfitta per il Pd perché conferma che si sta restringendo la sua capacità di attrazione". "Penso che i Verdi avrebbero dovuto investire i loro talenti e non sotterrarli, e questo non è accaduto. Penso che le porte del Pd siano aperte anche a Bonelli. Se invece il Pd dovesse prendere strade diverse da quelle che ho indicato, beh ragioneremo di altro". Parla del nuovo segretario e del suo appoggio per il candidato sconfitto: "Io sostengo Franceschini che durante le primarie ha sollevato problemi molto veri". "Bersani ha cominciato a parlare di green economy ma obiettivamente l'ambientalismo non è nelle sue corde in maniera prioritaria". (segue) (com/mlm) 291903 OTT 09 NNNN
Velino 29.10.09
Pd, Realacci: Uscita Rutelli è sconfitta, i Verdi benvenuti (2)
Roma, 29 OTT (Velino) - E infine affronta il tema delle alleanze: "Prima devi preoccuparti di parlare alla maggioranza degli italiani, poi delle alleanze. Aggiungendo pezzi non si risolve il problema di contendere a Pdl e Lega il centro del sentire degli italiani. Dopo di che, siamo per il bipolarismo, non per il bipartitismo". "I Verdi dovrebbero entrare nel Pd. Preferisco mettere in primo piano le proposte degli italiani, anziche' impantanarmi nelle alchimie della politica". (com/mlm) 291903 OTT 09 NNNN
Repubblica 3.11.09
La memoria è il fondamento della nostra identità e del rapporto col mondo in cui viviamo
È la mappa dei nostri ricordi a dirci chi siamo e dove siamo
di Umberto Galimberti
la memoria è il fondamento della nostra identità e del mondo che abitiamo. Basta infatti un black out della memoria che più non sappiamo chi siamo e in che mondo ci muoviamo, come capita alle persone anziane che perdono la memoria e si perdono nel mondo. Già Platone, del resto, annotava nel Menone (81 c) che «conoscere è ricordare», dove il ricordo è innanzitutto un ri-accordo, che dalla dispersione genera unità e nell´unità rintraccia quell´identità soggettiva e oggettiva che siamo soliti chiamare "Io" e "Mondo".
Sia l´uno che l´altro non sono dati di realtà, ma costruzioni della memoria. Non ci sarebbe "Io" se la memoria non costruisse quella sfera di appartenenza per cui riconosco come "miei" azioni, vissuti, pensieri e sentimenti. Non ci sarebbe "Mondo" se la memoria non cucisse la successione delle visioni, che altrimenti si offrirebbero come spettacoli sempre nuovi, apparizioni tra loro irrelate.
Lo vediamo nei bambini che nascono senza avere una mappa del mondo che consenta loro di sapere chi sono e dove sono. I loro sguardi persi e i loro gesti irrelati dicono che, senza memoria, ancora non dispongono di quelle mappe cognitive ed emotive che si strutturano in modo abbastanza definitivo, secondo Freud entro i primi sei anni e secondo i recenti studi delle neuroscienze entro i primi tre.
Costruendo Io e Mondo, la memoria dischiude quell´apertura al senso da cui è escluso l´animale che, senza memoria, non sa di sé e del mondo che lo circonda. «L´animale tace - scrive Heidegger - perché non sa cosa dire», la mancanza di memoria gli cancella qualsiasi orizzonte come offerta di un possibile senso. Il senso della vita, prerogativa tipicamente umana, dipende infatti dalla visione del mondo di cui disponiamo grazie alla memoria, che consente di interpretare sé e il mondo a partire da quegli schemi cognitivi ed emotivi che nella primissima infanzia ci siamo costruiti. Nessuno di noi abita il "mondo", ma esclusivamente la propria "visione del mondo" costruita dalla memoria, che in essa deposita la cultura di appartenenza, le esperienze che abbiamo maturato nella famiglia in cui siamo nati, la lingua che utilizziamo, le forme emotive che abbiamo acquisito, che insieme, attraverso i percorsi accidentati della vita, consentono a ciascuno di rintracciare nella propria biografia una forma, uno stile che ci rende unici e inconfondibili.
Le recenti scoperte scientifiche che hanno verificato (per ora a livello di moscerini) la possibilità di iscrivere nella memoria "falsi ricordi", modificando le mappe cognitive ed emotive che ci orientano nell´esperienza, erano già implicite, senza sapere né il come né il perché, nella neuropsichiatria di Eugen Bleuler e Carl Gustav Jung da un lato e nella psicoanalisi di Freud dall´altro, che puntavano a modificare in senso positivo, con l´associazione delle idee, la memoria inconscia alla base della nevrosi.
Loro lo facevano con la parola, oggi, se le ricerche proseguiranno, lo si potrà fare con la biochimica: sia nel bene, per togliere dalla memoria ricordi dolorosi responsabili della sofferenza psichica; sia nel male, condizionando con "falsi ricordi" la visione del mondo per meglio adattare il comportamento a vantaggio di chi ci preferisce meno uomini e più robotizzati. Un problema serio, dunque.
Corriere della Sera 3.11.09
Il figlio del giornalista ucciso parla a 40 anni dalla nascita del gruppo
«Io e Lotta continua, il germe della violenza c’era già alle origini»
Andrea Casalegno: Marino non mente, in Lc lo sanno
di Aldo Cazzullo
Il caso Calabresi e l’inchiesta
«Quando seppi dell’assassinio di Calabresi pensai che Lc fosse del tutto estranea, a noi il commissario serviva da vivo. Poi l’arresto di Sofri, le accuse di Marino: capii che non poteva aver agito di testa sua» La (falsa) perdita dell’innocenza
«È falso pensare che la strage di Piazza Fontana rappresenti la perdita dell’innocenza. Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, disse che allora i futuri br si stavano già preparando alla lotta armata»
«E’ una storia, quella cominciata quarant’anni fa, che sento raccontare a volte in modo compiaciuto, a volte in modo falso. E’ falso che piazza Fontana abbia rappresentato la “perdita dell’innocenza” per una generazione di militanti di sinistra. E’ falso che Marino possa essersi inventato di aver condotto l’auto dell’assassino di Luigi Calabresi. Ma questo gli ex di Lotta continua lo sanno tutti».
Andrea Casalegno sta per compiere 65 anni. «Molti più di quelli che aveva mio padre quando fu assassinato dalla Brigate Rosse». Carlo Casalegno, azionista, partigiano, vicedirettore della Stampa su cui teneva la rubrica «Il nostro Stato», morì a Torino il 29 novembre 1977. «L’attentato» si intitola il libro, pubblicato da Chiarelettere, in cui suo figlio ricostruisce la tragedia della famiglia. Sempre a Torino, quarant’anni fa, era nata dall’autunno caldo Lotta continua, di cui Andrea Casalegno fu un militante.
«E’ una storia che comincia bene ma quasi subito conosce un’involuzione. C’ero: partecipai all’occupazione dell’università, andavo alle assemblee studenti-operai. Gli operai si ribellavano dopo quindici anni di un controllo oppressivo e oscurantista, e lo facevano nonostante il Pci e i sindacati 'pompieri', come allora li definivamo, avvicinandoci molto alla realtà. Certo, so bene che quando il padrone perde il controllo della fabbrica sono guai, non biasimo la marcia dei 40 mila e l’operazione coraggiosa con cui la Fiat riprese le redini. Ma ho un ricordo e un giudizio positivo di quelle lotte. Presto però nascono i partitini. Comincia l’irrigidimento ideologico. E comincia la violenza. Fu giusto scrivere libri come 'La strage di Stato', scoprire le radici nere di piazza Fontana. Ma non fu giusto – sostiene Casalegno – definire piazza Fontana come 'la perdita dell’innocenza' per i rivoluzionari di sinistra. E’ un’espressione di cui si palleggiano la paternità due persone tra loro diverse come Luigi Manconi e Adriano Sofri; ma, pur essendo teste pensanti e brillanti, hanno tutti e due torto. Qualsiasi persona sensata sa, anche senza aver letto Machiavelli e Sartre, che chi fa politica non è mai innocente; dire il contrario è ridicolo. Oltretutto sappiamo per bocca di un fondatore, Alberto Franceschini, che i futuri brigatisti già si preparavano alla lotta armata. Attribuire la responsabilità del terrorismo rosso alla bomba di piazza Fontana è una sciocchezza. Le responsabilità sono sempre personali, e vanno sempre separate le une dalle altre. Anche se la strategia della tensione ebbe certo un ruolo nel precipitare il paese negli anni di piombo».
Nel maggio 1972, Andrea Casalegno fu arrestato a Torino, per aver distribuito i volantini con cui Lotta continua approvava l’omicidio di Calabresi. «Ero entrato da poco in Lc, dopo 18 mesi di servizio militare. Quando seppi dell’assassinio del commissario, pensai che il nostro gruppo fosse del tutto estraneo. Ucciderlo mi pareva un’aberrazione non solo morale ma politica: a noi Calabresi serviva vivo, in vista del processo che avrebbe dovuto far luce sulla morte di Pinelli, di cui i principali giornali italiani avevano accreditato versioni inverosimili. Completamente diversa fu la mia reazione quando, sedici anni dopo, seppi dell’arresto di Sofri. Soprattutto perché c’era di mezzo Marino». Perché? «Perché tutti sapevano benissimo chi era Leonardo Marino. Solo qualche sprovveduto può ancora far finta di ignorarlo ». Vale a dire? «Marino non era uno qualsiasi. Fu la prima avanguardia Fiat licenziata – e mai riassunta - per la sua attività politica. L’emblema dell’operaio-massa. Ed era politicamente e umanamente molto vicino a Sofri. 'Marino libero, Marino innocente' non è più di una battuta. Difficile che abbia agito di testa sua; del resto, in un’organizzazione rivoluzionaria chi mette a repentaglio le vite dei compagni con un’azione inconsulta viene allontanato, e questo a Marino non è accaduto. Ci vuol davvero molta ingenuità, o peggio, a sostenere che si sia inventato ogni cosa. Non è così. E questo gli ex di Lotta continua lo pensano tutti». Ma non lo dicono. «Sì invece. A ben vedere, in molti l’hanno fatto capire, magari per allusioni. Ma non voglio esprimermi oltre. Non è mia intenzione maramaldeggiare. Certo non troverete la mia firma in calce ai manifesti che protestano l’assoluta estraneità di Sofri. Né del resto mi è mai stata chiesta. Non frequento più i vecchi compagni, tranne un paio di veri amici ».
Furono due compagni di allora, Gad Lerner e Andrea Marcenaro, a intervistare Casalegno per il quotidiano Lotta continua, dopo il ferimento del padre. Un’intervista in cui Casalegno rievocava la prima azione delle Br, il sequestro Macchiarini (marzo 1972): «A noi di Lc quel rapimento non era dispiaciuto perché, dicevamo, e forse era vero, un sacco di operai ne erano contenti. Però quello era il primo passo nella logica che li ha portati a sparare in faccia a mio padre, senza neppure conoscerlo». Oggi però Casalegno dice che «quell’intervista fu sopravvalutata. Sì, molti fanno risalire ad allora la propria presa di coscienza. Però quella notte le copie del giornale furono bruciate davanti ai cancelli di Mirafiori.
Ricordo la sorpresa con cui fu annotata la commozione degli amici di papà al suo capezzale: ci si stupiva nel notare che gli azionisti torinesi non erano esponenti della borghesia marcia e ipocrita, che erano uomini come noi». Giovanni De Luna ha ravvisato un tratto comune, ad esempio nel moralismo, tra gli azionisti torinesi e i militanti di Lotta continua. «Una parentela c’era, anche in senso tecnico – dice Casalegno - . Molti di noi, da Revelli a Gobetti ad Agosti, eravamo figli o nipoti di azionisti, così come altri venivano da famiglie comuniste. Ma i nostri padri si erano battuti contro nazisti e fascisti, ed erano nel giusto. Noi ci siamo battuti per la rivoluzione, ed eravamo nel torto.
Molti però sono tuttora convinti di aver sempre avuto ragione, sia all’epoca sia oggi che magari lavorano per il nostro presidente del Consiglio o militano nel suo campo. Invece abbiamo commesso errori terribili. E non lo dico perché sono il figlio di una persona assassinata. Certo è impossibile arrivare a una memoria completa, ma non dobbiamo smettere di esercitare la riflessione critica, la ricerca storica. Sono contrario a colpi di spugna, a una presunta pacificazione per chiudere una guerra che non è mai esistita. La penso come il figlio del giudice Galli, assassinato nell’80 da Prima Linea, l’organizzazione terroristica nata dal servizio d’ordine di Lotta continua: sono contrario a film come quello che getta una luce accattivante su Sergio Segio, che di Prima Linea fu uno dei capi. Tutto è lecito, ma non tutto è opportuno».