George Orwell
"Ecco cosa penso di fascismo e comunismo"
"Combattendo in Spagna ho capito che non c´è differenza"
Una lettera inedita del grande autore in cui rivela il suo rapporto con la politica, le ideologie e i totalitarismi
La lettera di al direttore della rivista letteraria "Strand", che pubblichiamo in anteprima mondiale, esce domani in Inghilterra nel volume "Orwell: A Life in Letters" dell´editore Harvill Secker
Caro Mr. Usborne, grazie della sua lettera del 22 agosto. Cercherò di risponderle come meglio posso.
Sono nato nel 1903 e ho studiato a Eton dove ottenni una borsa di studio. Mio padre era un funzionario dell´Amministrazione statale indiana e anche mia madre proveniva da una famiglia anglo-indiana, con legami soprattutto in Birmania. Dopo aver completato la scuola ho lavorato per cinque anni per la Imperial Police in Birmania, ma il lavoro non si confaceva per nulla alle mie capacità: così ho dato le dimissioni quando sono venuto a casa, in licenza, nel 1927. Volevo diventare uno scrittore, e ho vissuto la maggior parte dei due anni successivi a Parigi, mantenendomi con i miei risparmi, scrivendo romanzi che nessuno avrebbe pubblicato e che successivamente ho distrutto. Quando ho finito i soldi, ho lavorato per un po´ come lavapiatti, poi sono tornato in Inghilterra dove ho fatto una serie di lavori mal pagati, come quello di insegnante, con intervalli di disoccupazione e povertà disperata... (Era il periodo della depressione).
Quasi tutte le vicende descritte in Senza un soldo a Parigi e Londra sono accadute realmente ma in momenti diversi, e io le ho intrecciate per creare una storia che funzionasse.
Ho lavorato in una libreria per circa un anno nel 1934-1935, ma ho deciso di raccontarlo soltanto in Fiorirà l´aspidistra per creare uno sfondo. Non mi sembra che il libro sia autobiografico: io non ho mai lavorato in un ufficio di pubblicità. In generale i miei libri hanno un contenuto meno autobiografico di quanto per lo più si creda. Vi sono parti di autentica autobiografia in Wigan Pier e, naturalmente, in Omaggio alla Catalogna, che è un resoconto diretto. Incidentalmente Fiorirà è uno dei molti libri che non m´interessano e che ho soppresso.
Riguardo la politica, me ne sono interessato soltanto saltuariamente fino al 1935, sebbene io creda di poter dire di essere sempre stato più o meno "a sinistra". In Wigan Pier ho tentato per la prima volta di chiarire le mie idee. Ho pensato, e lo penso ancora, che ci siano enormi mancanze nell´intera concezione del Socialismo e mi sono spesso chiesto se non esiste nessun´altra via d´uscita. Dopo aver studiato abbastanza bene l´industria britannica nella sua versione peggiore, cioè le miniere, ho concluso che è un dovere lavorare per il Socialismo anche se non si è emotivamente attratti da esso, perché la perpetuazione delle condizioni attuali è semplicemente intollerabile, e non esiste una soluzione politicamente realizzabile tranne qualche forma di collettivismo, perché è questo ciò che la massa della popolazione vuole.
Ma, più o meno nella stessa epoca sono stato infettato dall´orrore del totalitarismo, che in realtà avevo già sperimentato in quelle che chiamerei "forma di ostilità per la Chiesa Cattolica".
Ho combattuto per sei mesi (1936-37) in Spagna, e ho avuto la sfortuna di essere coinvolto nelle lotte intestine alle stesse fazioni: questo mi ha dato la certezza che non c´è molto da scegliere fra Comunismo e Fascismo, sebbene per varie ragioni sceglierei il Comunismo, se non avessi alternative. Sono stato vagamente associato con i trotskysti e gli anarchici, e più da vicino con l´ala sinistra del Partito Laburista (la propaggine Bevan-Foot).
Sono stato direttore letterario di Tribune, allora il giornale di Bevan, per circa un anno e mezzo (1943-45), e ho scritto per lo stesso per un periodo di tempo più lungo. Ma non sono mai stato iscritto a un partito politico, e credo di valere molto di più, anche politicamente, se scrivo quello che ritengo vero, rifiutando di seguire una linea imposta dall´alto.
All´inizio dell´anno scorso ho deciso di prendere una vacanza, dato che avevo continuato a scrivere quattro articoli alla settimana per due anni. Trascorsi sei mesi a Jura, un periodo in cui non ho lavorato, sono poi tornato a Londra facendo, come al solito durante l´inverno, il giornalista. Quindi sono rientrato a Jura: ho cominciato un romanzo che spero di finire entro la primavera del 1948.
Cerco di non fare nient´altro mentre continuo a lavorare a questo mio nuovo progetto. Molto raramente scrivo recensioni di libri per il New Yorker. Intendo trascorrere l´inverno a Jura, un po´ perché a Londra mi sembra di non riuscire mai a concludere nulla, un po´ perché credo sia più facile qui. Il clima non è così freddo, ed è più semplice avere cibo e carburante. Qui ho una casa molto comoda anche se in un luogo sperduto. Mia sorella fa funzionare la casa per me. Sono vedovo con un bambino che ha poco più di tre anni.
Spero che queste mie note le saranno d´aiuto. Mi rincresce di non poter scrivere nulla per lo Strand per il momento, perché, come ho detto, sto cercando di non essere distratto da altro.
Qui la posta funziona soltanto due volte alla settimana e questa lettera non partirà sino al 30, perciò la indirizzerò nel Sussex.
Con sincerità suo
George Orwell
Barnhill, Jura, 26 agosto 1947
Repubblica 14.4.10
Il testo scritto un anno prima di "1984"
di Gabriele Pantucci
L´importanza di questa lettera – che Repubblica riproduce in anteprima – sta, soprattutto, nel periodo in cui il grande autore la scrisse. Siamo a fine agosto 1947, a poco più di due anni dalla sua prematura scomparsa, a 46 anni. Già l´anno precedente aveva sofferto d´una emorragia tubercolare e quasi contemporaneamente decise di scrivere 1984 il suo capolavoro che compose nel 1948. La fattoria degli animali gli aveva dato quel minimo d´indipendenza economica che non lo obbligava a fare quattro articoli alla settimana. Scelse una fattoria abbandonata a otto chilometri dal paesino più vicino nell´isola di Jura, nelle Ebridi a ovest della Scozia. Qui lo raggiunse la lettera di Richard Usborne, il direttore del mensile letterario Strand, che lo invitava a collaborare. Può sembrare strano che Orwell abbia deciso di rispondere con tanti dettagli a una persona che non conosceva per poi declinare l´offerta. Forse pesava lo stato di penuria in cui aveva trascorso la maggior parte della sua vita: la proposta del direttore d´un giornale poteva tornargli utile in futuro. E forse, stare così isolato, gli aveva offerto l´occasione per chiarirsi le idee a mente fredda. Di sicuro oggi si può leggere la sua risposta come un testamento politico.
La lettera non compare nei volumi che contengono il suo epistolario pubblicato anni fa. È venuta a luce soltanto di recente e verrà pubblicata in Orwell: A Life in Letters che l´editore Harvill Secker pubblica domani. Il volume, curato da Peter Davison, è un´autobiografia costruita attraverso le sue lettere (tutte già pubblicate, tranne pochissime). È scritta con l´efficienza che contraddistingue tutta la corrispondenza del grande scrittore: si direbbe quasi da uomo d´affari. Non ci sono note di spirito. La dolorosa perdita della moglie Eileen che lo lasciò col bambino adottato di tre anni non invoca commiserazioni.
Nella lettera c´è una contraddizione quando Orwell sostiene di non essere stato iscritto a un partito politico. Era stato un membro dell´Independent Labour Party, su cui aveva anche scritto. Forse fingere di ignorarlo faceva parte del suo processo di dissociazione dalla vita politica.
Corriere della Sera 14.4.10
Socialismo la memoria negata
Vittorio Foa a Paul Ginsborg: perché ignori i riformisti?
di Pierluigi Battista
l’Unità 14.4.10
Intervista a Maurizio Martina segretario del Pd lombardo
«Mantova, che lezione
la gente non perdona le nostre divisioni»
nelle edicole
il Fatto 14.4.10
Scalata al Pd
Bersani fulmina Prodi e il partito del Nord, ma alle sue spalle riappare Veltroni. Altra “semifinale” tra Vendola e Montezemolo?
Il governatore pugliese vuole le primarie: a maggio stati generali delle “Fabbriche”, poi tour nazionale
di Luca Telese
Il giorno dell’ira interna e degli “scalatori” esterni. Fra riunioni, dichiarazioni a giornalisti, infinite discettazioni su “partito del nord” o “partito dei territori”, Pier Luigi Bersani si è ritrovato travolto dall’effetto valanga suscitato dall’imprevedibile attacco di Romano Prodi. Anna Finocchiaro ha sparato bordate dalle colonne dell’Unità. Franco Marini si è letteralmente infuriato. E ieri il segretario, dalla riunione con i senatori a Palazzo Madama, ha cercato di mandare un messaggio grintoso per recuperare la sconfitta delle amministrative: “Va organizzata una reazione forte per parlare all’Italia. Noi lavoriamo per il partito dei territori, non per fare il partito del nord” (però).
“Folle discutere Bersani”.
Certo, a via del Nazzareno il clima non è propriamente idiliaco. E un uomo prudente come l’ex presidente del Senato Franco Marini ieri non conteneva il suo disappunto: “Alcuni spiegava senza diplomazia hanno detto di apprezzare lo spirito della proposta di Prodi: io non ne apprezzo nemmeno lo spirito. Il problema vero è riscoprire il gusto della democrazia e delle discussioni degli organismi di partito”. Quindi, replicando all’attacco mosso dall’ex premier a Bersani: “Rimettere oggi in discussione il meccanismo di elezione del segretario è una follia”. Sondaggio & taroccaggio. Intanto si svela un retroscena interessante sulla corsa per la nomination che ufficiosamente è già partita: come racconta nel suo corsivo Carlo Tecce (qui al lato), i ragazzi di Sinistra e libertà hanno scoperto e scritto (rilanciati da Dagospia) che sul sito de L’Espresso, qualcuno dava l’assalto al sondaggio online lanciato dal settimanale di Largo Fochetti su “Chi può battere Berlusconi”. Come mai? per cammellare un nome. Quale? Quello di Luchino Cordero di Montezemolo investito da 2657 in soli 50 minuti (una media di 0,9 al secondo!). Insomma, il panorama mostra le rovine di un partito balcanizzato e diviso, inseguito dallo spettro e dalle invettive dell’ultimo premier. “E’ rancoroso”, dicono gli eredi facendo arrabbiare la deputata prodiana Sandra Zampa: “E’ la persona più appagata di questo mondo”. Su questo paesaggio si proietta uno scenario di guerra: da un lato la possibilità dell’ascesa di un “Papa straniero” (per stare alla definizione di Ezio Mauro), ovvero la possibilità sempre più concreta di un’Opa lanciata da un concorrente alla leadership esterno al gruppo dirigente del Pd. Dall’altro non tramonta l’ipotesi di un duello interno, che (escludendo l’entrata in scena di qualche improbabile outsider) può vedere in campo solo due possibili contendenti: o lo stesso Pier Luigi Bersani, o un ritorno a sorpresa di Walter Veltroni. “Anche io penso Walter alla fine potrebbe provare a correre”, spiega Matteo Colaninno, che fu una delle punte di diamante della campagna veltroniana del 2008. Semifinali primarie? Alla fine è come se, sulla partita delle primarie, si profilasse lo scenario di due semifinali: quella prospettata dal sondaggio de l’Espresso fra Vendola e Montezemolo da un alto, e quella tra i due leader democratici dall’altro. Le fabbriche Nichi. Fantascienza? Mica tanto. Se non altro perché intanto il governatore della Puglia, senza troppo clamore, ha già acceso i suoi motori. Torna domani mattina dalla sua vacanza post-elettorale in Canada, pronto a dare battaglia. Il sondaggio dell’Espresso, se era possibile, ha rafforzato il suo staff nella convinzione che abbia delle chance: in quello realizzato dall’Swg fra gli elettori del centrosinistra, il 20% designava Bersani e il 16% lui. In quello su Internet come sappiamo era in testa a testa con Montezemolo. Questo a bocce ferme. Ma Vendola ha già pronto un timing in due tempi della sua macchina organizzativa. Si parte con gli stati generali delle fabbriche di Nichi, una kermesse di due giorni che si terrà a Bari. Si proseguirà a settembre con la fase due, un giro d’Italia che assomiglierà molto a una campagna all’americana per le primarie. L’evento di Bari servirà a proiettare la crescita delle nuove sedi per ora ce ne sono già 150 fuori dalla Puglia. E’ stata già aperta una fabbrica persino a Berlino.
Fratoianni: “E’ un regalo”.
Nicola Fratoianni, demiurgo di tutte le vittorie elettorali in Puglia ieri se la rideva: “Questo tentativo di patacca degli... ‘anonimi Montezemoliani’ è un altro regalo a Nichi”. In che senso? “Semplice. il vero ingrediente che ci ha fatto vincere per ben due volte, in Puglia, è stato sempre lo stesso, ovvero la ripetizione di questo schema: Vendola è un candidato dal basso, amato dalla base, e osteggiato, con ogni mezzo, dai poteri costituiti e dagli stati maggiori degli apparati. Pensate cosa può succedere osserva Fratoianni se questo schema si ripete anche a livello nazionale”. Montezemoliani. Allo stesso tempo anche Montezemolo non sembra tirarsi indietro. L’uomo che gli è più vicino in questo momento, è Andrea Romano, presidente della fondazione ItaliaFutura. Uno storico che aggiunge al suo pedigree le passioni per il giornalismo e per la politica. Ha tutte le carte in regola per fare da regista a una campagna di riconversione di immagine sul terreno mediatico. E che questo all’interessato non dispiaccia è evidente: “E’ sempre un piacere spiegava Montezemolo commentando il sondaggio dell’ Espresso ricevere segnali di fiducia da parte dei propri concittadini”. Con o senza “aiutino”.
il Fatto 14.4.10
Persa anche Mantova Bersani parla di “correzioni”
Pd, i soliti contorcimenti
Cmilleri: Così si suicidano
«Vogliono suicidarsi. Si mettano in analisi»
«Il partito tiene lanima coi denti, è più di là che di qua»
di Silvia Truzzi
Nel fumoso studio di Andrea Camilleri oggi si parla del Pd un po’ in cenere. “Io non appartengo al Pd. Posso, quando sono disperato davanti alla scheda, al massimo votarlo. Come si dice a Firenze: il Pd tiene l’anima coi denti. È più di là che di qua. Dalla parte avversa invece c’è molta aggressività. Come la polizia quando si mette lo scudo antisommossa, abbassa le visiere e attacca alla cieca. Da quest’altra parte non c’è che una flebile resistenza. Chi sta appena dietro la prima linea, sembra dire: trovate un accordo, invece che farvi menare.
Accordo tra chi e chi?
L’accordo si fa in Parlamento. Lo sostiene Bersani e pure la Costituzione. Ma noi non siamo nei termini costituzionali, siamo dentro una democrazia finta. La maggioranza in Parlamento va avanti a voti di fiducia e decreti, mettendo a tacere l’opposizione.
L’opposizione parlamentare è un’utopia? Sì. L’unica possibilità è che l’opposizione si faccia anche fuori. Esattamente come la Lega. Politica sul territorio? L’astrazione in politica non esiste. In politica esiste questa casa, questa via, la casa accanto e la via accanto. Una volta c’erano le sezioni con gli attivisti. Eravamo sfottuti noi del Pci che avevamo sezioni e agit-prop. Era quello che teneva in piedi il partito. Il mio amico Leonardo Sciascia disse una volta che c’erano due parrocchie: quella del Pci e quella vera. Ecco, una ha continuato a esistere. L’altra è scomparsa. A Raiperunanotte hanno parlato i centenari, Dorfles e Monicelli. E le cose più giuste, che hanno atterrito i cinquantenni, le ha dette Monicelli parlando di rivoluzione. E sconvolgendo Giovanni Floris che ha cercato subito di metterci una pezza.
Cosa vuol dire rivoluzione?
Nessuno di noi è così cretino da pensare che sia ‘bandiera rossa e scendiamo tutti in piazza’. Monicelli vuol dire che se non si hanno idee rivoluzionarie rispetto al contesto politico attuale, con questa gente non andiamo da nessuna parte. Come disse un altro regista. In politica non si può essere un uomo buono per tutte le stagioni. Ci sono stagioni buone per ogni uomo politico.
Parliamo di D’Alema?
D’Alema è come il fantasma dell’opera: non si sa mai che fa nel sottopalco. Si è detto che Bersani è una creatura di D’Alema. Magari.
E invece che cos’è?
Uno che non tiene conto delle sollecitazioni che gli arrivano. Dai 49 senatori, da Prodi. E allora? Il marxismo prendeva atto della realtà e agiva di conseguenza. Oggi nessuno è marxista perché è un marchio d’infamia e nessuno tiene conto della realtà.
Se Bersani fosse un personaggio letterario? SarebbeRubè di Peppe Antonio Borgese: non sapendo che cosa fare, a un certo punto viene travolto dai cavalli della polizia tentando di mediare tra destra e sinistra. Non gli auguro certo questo destino.
Soluzioni, allora.
Ci vuole uno slancio di utopia. Finché questi come diceva Guicciardini restano ancorati al particulare, alle poltrone, si muore soffocati. Stanno dentro un pallone, non sono più sulla terra. Non sanno, anche se lo dicono, cosa sono i problemi reali. Ma proclamarlo non basta, perché dall’altra parte c’è un muro. Allora devi trovare i modi per vincere e poi occuparti delle cose vere. Ecco, il lessico del Pd sembra un po’ altrove. Bersani dal Messaggero: ‘È possibile rafforzare sia gli elementi di pluralità che i presidi dell’unità’. Ma che vuol dire?
È un segno, sono bloccati nel tempo. ‘Ce l’ho duro’ è un modo di comunicare. Volgare, populista, ma se la gente vuole questo non puoi parlare con ‘i presidi dell’unità’.
Bersani ha brindato al risultato delle Regionali. Quando ero piccolo si studiavano i detti di Fra Galdino. Me ne ricordo uno. Due contadini zappano, ad un certo punto uno si china e s’inzecca un ramo nell’occhio. E dice: meno male. E l’altro: perché meno male? Perché se il ramo era forcelluto, di occhi me ne cavava due. Per favore, lo racconti a Bersani.
Cosa pensa delle “riforme condivise”? Vizio antico. La Bicamerale mica l’ho inventata io. Però un pregio ce l’ha avuto: ha sdoganato Fini. È una fortuna?
Gesù mio, sì. A me non frega niente se le sue posizioni sono frutto di una tattica. Ci fa vedere una destra europea che si può rispettare. Davanti a un guastatore continuo della Costituzione come Berlusconi, chi difende i principi ha la mia solidarietà. Anche se oscilla.
A proposito di baluardi: e Napolitano? È lui che dovrebbe reclamare più potere, non Berlusconi. Se gli capita una legge che non gli va giù gliela possono rimandare così com’è e lui la deve firmare.
Il rinvio, in alcuni casi, avrebbe potuto essere un messaggio politico. Io avrei fatto come lui: Napolitano sa che se ora piove, tra poco grandinerà.
Hanno fatto la Padania. Cosa ne pensa un siciliano? Sono segni di scricchiolamento della nazione Italia. La crisi ha accelerato il processo di padanizzazione. Hanno pensato: qui c’è la ricchezza, teniamocela, pensiamo ai cazzi nostri. Vedo lo spettro di un Sud sempre più povero.
Il Pd ha fatto passi falsi anche a Sud. Come la candidatura di De Luca. Quelli del Pd sono come i lemuri che a un certo punto dell’anno s’inquadrano tutti e si buttano a mare. Ma dico: fatevi visitare. Mettetevi in analisi.
A Enna si parla di una candidatura di Crisafulli, che fu coinvolto in un’inchiesta di mafia. Sì, lì vince. Però...
Però cosa?
Se Berlusconi lo si combatte su questo campo, a criminale criminale e mezzo, noi siamo perdenti perché non ce l’abbiamo una disponibilità umana così importante. Per uno di loro ne dovremmo trovare uno e mezzo. Ma con tutta la buona volontà noi possiamo avere cose da poco e comunque perdiamo.
Si è prospettata, con Saviano, una soluzione “esterna alla politica” per il Pd. Cosa ne pensa?
Non si può andare avanti con la politica tradizionale se dall’altra parte vince chi fa una politica non tradizionale. Allora chi ci metti davanti? Un Papa straniero? Catone il censore rispondeva sempre a tutto delenda Carthago. Se politicamente non si elimina Berlusconi, io dico sempre delenda Carthago. La soluzione giudiziaria mi fa paura come quello che gli tira la statuetta.
Quale soluzione giudiziaria? Se ci sono reati vanno perseguiti. Così il premier diventa un martire. La magistratura oggi fa il suo mestiere. Fino a Mani pulite, era un pilastro del governo. Ora che la magistratura ha trovato una sua autonomia, l’hanno buttata in politica. Come se prima non lo fosse. Mi piace di più sapere che da qui a tre anni Berlusconi avrà perso altri milioni di voti. Perché se li perde non li perde per “colpa” della sinistra, li perde perché la gente si sta rendendo conto. Si renderanno conto che fino ad oggi si è occupato di materie che lo interessano, come la giustizia?
Certo. Ma quando mai si è occupato del Paese? Il 99 per cento delle leggi sono pro domo sua. La patente a punti è stata una cosa buona.
Mussolini fece la battaglia contro le mosche. Travaglio ha scritto sul Fatto di ieri ‘La legge è uguale per gli altri’.
Perfetto. È La fattoria degli animali. Nel momento in cui uno dice ‘non mi rompete le scatole, non mi processate adesso, ne parliamo tra un anno’ cade qualunque impalcatura. Propongo di levare il cartello ‘La legge è uguale per tutti’ dai tribunali: ci facciamo ridere dietro.
Ci crede al regime?
Sono stato uno dei primi a parlare di regime, nel ‘94 con Bobbio e Sylos Labini. Fui sputtanato e sbeffeggiato da tutti. Toh, c’è aria di regime. Ma davvero?
A cosa andiamo incontro?
Al sogno di Calderoli. Nel 2013 avrete un capo del governo leghista e Berlusconi presidente della Repubblica. Io a settembre faccio 85 anni. Auguri a voi.
il Riformista
Caro Bettini, hai ragione ci manca una cultura politica
di Ritanna Armeni
il Fatto 14.4.10
Bertone fa infuriare i gay, il papa tace
Insulti sui muri della casa natale di Ratzinger in Baviera
I gesuiti attaccano Sodano, legato alla vicenda del fondatore dei Legionari Marcial Maciel
di Andrea Gagliarducci
Nel giorno in cui padre Lombardi, portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, annuncia che il Papa potrebbe incontrare le vittime degli abusi anche a Malta, ma “lontano dal clamore dei media”, le parole del cardinal Bertone, segretario di Stato vaticano, rimbalzano dal Cile e danno vita a una polemica che non accenna a diminuire. Bertone ha detto che il problema della pedofilia tra i sacerdoti viene dall’omosessualità, non dal celibato. Parole “politicamente scorrette” che suscitano la reazione adirata del mondo gay, ma anche le precisazioni degli psichiatri cattolici e del Centro Studi Teologici di Milano.
Un corto circuito comunicativo che sembra lasciare Benedetto XVI ancora più solo alla guida della macchina vaticana. Il Papa ieri è ritornato da Castel Gandolfo, dove ha trascorso un periodo di riposo a seguito degli impegni pasquali. Ha preferito non parlare riguardo gli scandali, ma concentrarsi piuttosto sul Vangelo: è la sua prassi. Si è confrontato con gli uomini più fidati, ma soprattutto in preparazione del viaggio a Malta, dove – spiega padre Lombardi – parlerà di “immigrazione, di valori cristiani e della necessità di valorizzarne la tradizione”. Ma sono sempre più le spinte perché Benedetto XVI prenda una posizione forte nei confronti della pedofilia, come già ha fatto negli Stati Uniti e in Australia. E 11 delle vittime di pedofilia (sarebbero 45 i sacerdoti maltesi accusati di pedofilia) hanno chiesto di poter incontrare il Papa. L’incontro è molto probabile, dice padre Lombardi, ma “lontano dal clamore dei media”. Un po’ quello che è successo negli Stati Uniti, quando – fuori agenda – Benedetto XVI incontrò un gruppo di vittime. Ma al ritorno in Vaticano, Benedetto XVI ha trovato due brutte notizie: la notizia delle frasi oscene scritte con una bomboletta spray di colore blu a Marktl-am-Inn, la sua casa Natale, e le polemiche causate dalle parole del suo Segretario di Stato.
“Le parole del Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che pretendono di individuare nell’omosessualità la radice della pedofilia, suscitano una irreparabile indignazione – commenta Anna Paola Concia (Pd) – E’ davvero sconfortante che ancora oggi eminenti rappresentanti della Chiesa Cattolica si lascino andare ad analisi così grossolane, sbagliate, smentite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e non condivise dalla maggioranza dei cattolici”.
Non le condivide, ad esempio, il Centro Studi Teologici di Milano, che ribatte polemicamente che “il cardinale Bertone dovrebbe occuparsi del pre-seminario San Pio X, il collegio dei chierichetti che fanno servizio in Basilica di San Pietro e che si trova dentro la Città del Vaticano e che servono messa al Papa e ai cardinali, visto che molti parroci in Italia e all’estero non mandano più i ragazzini perché venivano molestati sessualmente, invece di gettare discredito sulle persone omosessuali”. E l’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici ci tiene a sottolineare che “non c’è nessun legame tra pedofilia e omosessualità”, e che ogni teoria psichiatrica che sottolinea un nesso tra le due cose sono “assolutamente prive di fondamento”. L’Arcigay parla di un’equazione “falsa, ignobile e antiscientifica”, una “affermazione disonesta che colpisce la vita e la dignità di milioni di persone gay e lesbiche”.
Il fuoco incrociato viene contro la dichiarazione imprudente di Bertone. Ma la testa a cadere dovrebbe essere quella del suo predecessore, il cardinal Sodano, sostiene il mensile dei gesuiti “America”. Sodano in questi giorni di assenza del Segretario di Stato per un viaggio apostolico in Cile si è dimostrato attivissimo: da decano del Sacro Collegio ha promosso un pranzo di cardinali in onore del quinto anniversario di Pontificato, e ha pronunciato un irrituale discorso in difesa del Pontefice durante la Messa di Pasqua. Ma il cardinale è legato a doppio filo alla vicenda del fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel, che per anni – nonostante abusi ripetuti e anche relazioni con donne con tanto di figli, e una visita Apostolica subita già negli anni Cinquanta – ha goduto di protezioni molto alte in Vaticano, anche attraverso il pagamento di “bustarelle”. È stato Ratzinger, da Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, a voler far partire il procedimento contro Maciel, e Benedetto XVI a dimetterlo allo stato laicale. Lo ricorda il mensile “America”, che sottolinea: “Leggendo dei potenti legami di denaro e di famiglia tra i due uomini (il nipote di Sodano, Andrea, fu assunto da Maciel per costruire l’Università della Legione a Roma) è adesso molto più facile capire che tipo di battaglia deve aver combattuto l’allora cardinale Joseph Ratzinger per costringere Maciel a dimettersi nel 2004”. La decisione riguardo i Legionari sarà presa dal Papa di ritorno dal viaggio a Malta: la possibilità è che vengano commissariati, e per il commissario si fa il nome del cardinale José Saraiva Martins.
il Fatto 14.4.10
La politica prova ad abolire la prescrizione
Dopo le aperture del vaticano, si pensa a una modifica del codice penale
Angela Napoli: “Presenterò una proposta in occasione della Giornata mondiale contro la pedofilia”
di Vania Lucia Gaito e Caterina Perniconi
Nelle linee guida del Vaticano sulla pedofilia si parla per la prima volta dell’abolizione della prescrizione del reato. Ovviamente la novità, se introdotta, riguarderà solo il diritto canonico, che fino ad oggi prevede la decadenza del crimine dopo dieci anni dal diciottesimo compleanno della vittima. La legislazione italiana, invece, estingue il reato entro dieci anni da quando è stato commesso. Questo perché nel 2005, con la legge ex Cirielli, è stato stabilito che il tempo necessario a prescrivere corrisponda direttamente al massimo della sanzione. Per la violenza sessuale, quindi, la pena massima prevista è di 10 anni, di conseguenza entro tale termine si prescrive anche il reato di atti sessuali su minori. Perché in Italia il reato di pedofilia non esiste. E’ previsto, invece, il caso specifico di “atti sessuali su minori”, poiché il coinvolgimento di un minorenne in attività sessuali, anche non caratterizzate da alcun tipo di violenza o minaccia, è di per sé considerato criminale, ed è prevista una pena da cinque a dieci anni.
Nei paesi in cui la correlazione introdotta dalla ex Cirielli fra massimo edittale e prescrizione non esiste, è possibile agire con maggiore tempestività per adeguare la legge a quelle che sono le necessità sociali. In Olanda, il reato di abusi si estingue in 20 anni dal momento in cui la vittima diventa maggiorenne. Ed il governo olandese sta discutendo la possibilità di rendere il reato imprescrittibile. In Germania i conservatori hanno proposto un “allungamento” dei tempi a 30 anni, rispetto agli attuali 10-20 anni, a seconda dei casi.
Tra l’altro in molti di questi paesi potrà essere applicata l’indicazione che viene dalla Santa sede, ovvero che “la diocesi indaga su qualsiasi sospetto di abusi sessuali da parte di un religioso nei riguardi di un minore” e che “va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”. Infatti dall’America alla Francia, i vescovi hanno la responsabilità dei sarcedoti loro sottoposti. E di conseguenza avranno l’obbligo di denunciarli. La stessa cosa che deve fare il preside di una scuola se scopre l’abuso da parte di uno degli insegnanti. In Italia i vescovi non esercitano diretta responsabilità, quindi possono querelare, ma non sono costretti a farlo. “Prevedere l’imprescrittibilità non è semplice – spiega Lanfranco Tenaglia, deputato democratico membro della commissione Giustizia – bisognerebbe alzare la pena, che adesso è di dieci anni, e non mi sembrerebbe neanche sbagliato, considerato il tipo di reato, per poi di conseguenza elevare i termini di estinzione”.
Per il radicale Maurizio Turco, un cambiamento sulla prescrizione è necessario: “Il tempo di maturazione della consapevolezza di questi reati – spiega Turco – è molto lungo. Quindi io sarei il primo a chiedere che non decadano. Ma temo che non ci sia la volontà politica, e una proposta di legge in tal senso sarebbe solo un atto pro forma”. Turco pensa di non avere i numeri, ma non ha ancora fatto i conti con la collega del Popolo della libertà, Angela Napoli: “Sono assolutamente contraria all’applicazione della prescrizione per un reato così grave – ha dichiarato la Napoli – prevederla significa incoraggiare la reiterazione. Alla luce, purtroppo, dei fatti eclatanti che stanno emergendo, all’aggravamento oltre alla rapida divulgazione, io credo che non si possa più consentire di prescrivere. Il 5 maggio – ha concluso la deputata del Pdl – in occasione della seconda giornata mondiale della pedofilia, mi farò promotrice di una modifica del codice penale che preveda proprio l’abolizione dei termini di prescrizione per un crimine così diffamante”.
Repubblica 14.4.10
Parla Franco Grillini presidente onorario di Arcigay
"È un assurdo scientifico cercano un alibi all´omertà"
Ci pensa la cronaca a smentire il cardinale col sacerdote accusato di aver molestato una bambina
di Caterina Pasolini
ROMA - «Il cardinal Bertone dice infamità, mente sapendo di mentire». Non va leggero Franco Grillini, storico presidente dell´Arcigay ora deputato dell´Idv e direttore di Gaynews. E lancia una manifestazione di protesta sotto il Vaticano con pubblica lettura dei casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti chiedendo che chi ha subito parli, scriva a infogaynews.it «Perché bisogna rompere mezzo secolo di omertà».
Chi mente?
«Il cardinale perché equipara omosessualità e pedofilia, un assurdo scientifico, ma ci pensa la cronaca a smentirlo col sacerdote accusato di aver molestato una bambina».
Bertone cita esperti...
«Bischerate. La realtà è che l´Oms parla di omosessualità come di una caratteristica della personalità, una variante naturale del comportamento umano mentre la pedofilia è una patologia. Il problema però è un altro».
Qual è il nodo?
«La chiesa si sente sotto attacco e cerca di spostare l´attenzione, di far dimenticare che per 50 anni ha scelto una politica omertosa, invitando a non denunciare alla giustizia i casi di abusi ma solo a segnarli alle autorità religiose».
Silenzio e segreti?
«Sì, è la morale italiana cattolica: vizi privati e pubbliche virtù, all´insegna del si fa, ma non si dice. Perché tutti sanno ma non parlano».
Esperienza personale?
«Quando ero ragazzino un sacerdote mi fece strane domande, mi invitò in sagrestia ma io a disagio corsi a casa. Anni dopo si scoprì che aveva abusato di altri adolescenti, che tutti sapevano».
Che fare?
«Il celibato è un assurdo, non è possibile che ragazzi giovani siano costretti ad una vita senza relazioni affettive e sessuali, poi finisce che non riescono a trattenersi e abusano dei più deboli».
Repubblica 14.4.10
La confusione della Chiesa
di Francesco Merlo
È un disagio più che un errore, non è un´analisi più o meno grossolana ma una reazione scomposta, è un danno che la Chiesa non fa agli omosessuali ma a se stessa.
Il cardinale Tarcisio Bertone, che è un uomo di solito prudente ed è, nientemeno, il numero due dello Stato Vaticano, per difendere il celibato ha abusato dell´omosessualità: «Molti sociologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c´è relazione tra celibato e pedofilia - ha detto in Cile - e invece molti altri hanno dimostrato, me lo hanno detto recentemente, che c´è una relazione tra omosessualità e pedofilia».
Sulla natura e le origini della pulsione pedofila sono state scritte molte cose, ma che ci sia un rapporto statistico-scientifico tra omosessualità e pedofilia è sicuramente una bugia. Detta da un teologo la bugia è ancora più grave. Il cardinale Bertone ha infatti un rapporto altissimo con il candore e con l´amore, un´abitudine filosofica con la profondità, è un uomo di Dio. Perciò davvero ci sorprende che sia entrato a piedi uniti su una questione così delicata e complessa. E ci pare, alla fine, che le sue parole non debbano essere lette come un manifesto teocratico dell´intolleranza a uso e consumo degli omofobi, ma come una drammatica confessione di debolezza, dello stato confusionale in cui si trova la Chiesa cattolica in questo momento.
Tutti sappiamo che la pedofilia è sesso con bambini o bambine, è uno dei tanti misteri della psiche e della storia dell´umanità, la conosciamo dai tempi dell´antica e tollerante Grecia. Per noi è perversione, è depravazione, è violenza perché il pedofilo rende disponibile a sé un corpo che non è ancora animato autonomamente, non è maturo per le scelte sessuali, non è responsabile. Alla bimba o al bimbo viene infatti imposto un rapporto fisico in maniera subdola da qualcuno che è più grande, è autorevole, gode della sua fiducia, esercita una forte influenza spirituale.
Ecco, a noi pare molto strano che un uomo di Chiesa non si renda conto di quanto sia oltraggioso imputare di reato l´omosessualità, associarla alla pedofilia. Noi non abbiamo la presunzione di sapere che cos´è l´omosessuale né qual è la maniera meglio accettata da Dio di definire o di praticare la sessualità in genere. Ma tutti, anche Bertone e il clero di Roma, sanno che la pedofilia è un reato, un feroce abuso e invece l´omosessualità – sia una scelta o sia imposta dalla natura – è comunque legittima tanto quanto l´eterosessualità. Hanno gli stessi titoli. A nessun cardinale è venuto in mente di giustificare o soltanto di associare con argomenti scientifici lo stupro con l´eterosessualità: ci sono eterosessuali stupratori e ci sono eterosessuali pedofili, maschi e femmine, come ci sono ladri calvi e ladri capelloni. Non è il capello che fa l´uomo ladro, illustre cardinale.
E però è così facile replicare al cardinale Bertone che mentre scriviamo stiamo ancora a chiederci che cosa sta succedendo nella nomenklatura della Chiesa di Roma. Noi sappiamo bene che ci sono molti preti all´avanguardia nella battaglia contro la pedofilia e la depravazione violenta. Sarebbe dunque grossolano sostenere che tutti i preti, in quanto celibi, sono pedofili, perché appunto ne vediamo tanti che si danno anima e corpo a difendere i bambini, a proteggere la loro ingenuità, a rilanciare l´immagine evangelica dei pargoli che vanno a Cristo.
Fosse solo dal punto di vista della comunicazione, i pastori di Roma non ne indovinano più una. Sembrano non custodire più il gregge, non proteggere più le pecorelle. Invece di limitarsi a rimediare ai propri difetti e a ripulire la propria comunità dai vizi, rispondendo ovviamente nel merito a chi eccede e a chi attacca per anticlericalismo preconcetto, si arroccano in una difesa aggressiva che è più deleteria degli attacchi subiti. L´idiozia di evocare un complotto sionista perché il New York Times appartiene a un ebreo è una tecnica tipica dei cavernicoli, da Polifemo che accecato dal suo dolore accusava Nessuno, ai falsi protocolli di Sion che imputavano agli ebrei di attentare alla cristianità. Anche la minimizzazione del quotidiano americano, definito «un tabloid», è roba da polemisti di provincia. Da uno dei poteri più antichi, sapienti e collaudati, ci si aspetterebbe un´intelligenza e una spiritualità più attrezzate.
Diciamo la verità: non siamo abituati a una Chiesa che si arrampica sugli specchi, allo smarrimento di una gerarchia ecclesiastica spaventata dagli scheletri negli armadi. Certo Tarcisio Bertone ha il diritto e anche il dovere di difendere la Chiesa e il celibato dei preti, ma offendendo così gli omosessuali tradisce la sua fragilità, espone la sua omofobia, disarma tutti i soldati di Cristo.
il Riformista 14.4.10
Omosessuli e pedofili
Confusione
di Francesco Peloso
Corriere della Sera 14.4.10
Individui insofferenti alle regole Istituzioni incapaci di garantire un’etica pubblica. E si indeboliscono i valori laici
Crisi del reato e ritorno del peccato
Più moralismo politico e meno legalità: così rischiamo un nuovo fondamentalismo
di Giuseppe De Rita
l’Unità 14.4.10
L’eutanasia è legale già dal 2002. Si potrebbe estenderla anche ai sani
«La vita è un diritto, non un dovere» sostengono 120.000 persone
Suicidio assistito non solo ai malati In Olanda si riapre il dibattito
di Laura Lucchini
Per presentare una proposta di legge che estendesse l’eutanasia anche agli ultrasettantenni non gravemente malati sarebbero servite 40.000 firme. Ne sono state raccolte con grande rapidità 120.000.
Tutti i cittadini olandesi over 70 che si sentono stanchi di vivere dovrebbero avere il diritto a un aiuto professionale a morire. Lo chiede un’iniziativa cittadina che ha già raccolto 120.000 firme, un numero sufficiente perché se ne discuta in parlamento. Alla proposta ha dato il suo appoggio un numero consistente di personalità olandesi, tra gli altri anche ex ministri, artisti, scrittori e intellettuali. Il governo che uscirà dalle elezioni di giugno potrebbe discutere la proposta in estate.
In Olanda l’eutanasia è legale gia dal 2002, ma riguarda solo i malati terminali; c’erano bisogno di 40.000 firme per sottoporre al Parlamento l’estensione della morte dolce anche a chi non è gravemente malato. Secondo la legislazione attuale infatti l’eutanasia si pratica solo in caso di «sofferenza insopportabile» o «casi irreversibili».
«SECONDO LA PROPRIA VOLONTÀ»
L’iniziativa, che conta con l’appoggio anche dell’ex ministra di Cultura Hedy D’Ancona, di 72 anni, si riunisce attorno allo slogan «vrijwillig levenseinde», che significa «secondo la propria volontà», ed è un movimento figlio dell’organizzazione Nvve (nvve.nl), nata in Olanda nel 1973 (allora intorno al motto «diritto di morte») e protagonista della battaglia per l’eutanasia. Il gruppo conta oggi con 107.000 membri, l’ufficio ha base a Amsterdam dove 20
persone lavorano con l’aiuto di 145 volontari sparsi in tutto il paese.
Tra i gli obiettivi principali del movimento, annunciati nella web, c’è «l’ampliamento dei confini legali entro cui è permesso il suicidio legalmente assistito». L’iniziativa parte da una considerazione concreta: ogni anno 400 anziani si tolgono la vita in modo violento in Olanda, e non si tratta di persone malate, perché per questi casi esiste l’eutanasia. Si tratta, secondo l’ organizzazione, semplicemente di persone «stanche di vivere».
Secondo la portavoce del movimento Marie-José Grotenhuis, olandese, 62 anni, i settantenni di oggi hanno vissuto dopo la guerra, «hanno condotto vite indipendenti e responsabili e considerano logico decidere riguardo alla propria morte». L’associazione sostiene che la società attuale non presti sufficiente attenzione all’idea della morte. «La vita è un diritto, non un dovere. E il suicidio assistito dovrebbe essere legalizzato, a partire dal 70esimo anno di età a persone sane che non vogliono più vivere», ha spiegato Grotenhuis.
Una delle principali critiche alla proposta è il rischio di possibili abusi sulla volontà dell’anziano. L’associazione ha presentato una formula preventiva per evitarli. Sarebbe necessaria la formazione di personale eterogeneo (psicologi, medici, infermieri così come guide spirituali o religiose) in grado di stabilire caso per caso se l’anziano che chiede di morire lo fa serenamente o è soggetto a pressioni. Allo stesso modo dovrebbero giudicare circostanze esterne come motivi economici o d’eredità. Queste persone dovrebbero sottoscrivere un certificato etico che li vincola a rispettare in particolare il carattere «non violento» del processo.
Arrivato il momento dovrebbero essere queste persone a somministrare l’iniezione totale. Se non si tratta di malati o anziani con problemi motori potrebbero procedere essi stessi autonomamente a iniettarsi la soluzione. Nessuno dei presenti o coinvolti nel processo potrebbe essere perseguito penalmente.
DIVISI I MEDICI
La Royal Dutch Medical Association è divisa riguardo all’eventualità di estendere l’eutanasia e ha creato una commissione per valutare la proposta. Sander Hoffman, portavoce di questa associazione ha detto che «probabilmente un medico ha anche un ruolo per esempio nel alleviare i dolori di chi sta soffrendo».
In ogni caso, è probabile che, una volta formato il nuovo Parlamento (la tornata elettorale si tiene il 9 giugno), siano necessari anni prima di arrivare a modificare la legge. La legalizzazione dell’eutanasia, approvata nel 2002, è stata preceduta da almeno vent’anni di discussioni che hanno portato all’inclusione di condizioni molto severe. Nel 2009, 2500 persone se ne sono servite.
Corriere della Sera 14.4.10
Il nuovo volume di Del Boca
Gas e massacri sui campi d’Etiopia
di Aurelio Lepre