domenica 12 aprile 2015

Repubblica 12.4.15
In Francia
Fumaroli: “Il latino? Vittima del fanatismo digitale e utilitarista”
intervista di Vincent Tremolet De Villers


LA RIFORMA proposta dal governo francese potrebbe comportare la soppressione del latino come lingua facoltativa. Cosa ne pensa, Marc Fumaroli? «Per una trentina d’anni, con Jacqueline de Romilly, ci siamo battuti per mantenere il rango del latino e del greco nell’insegnamento secondario. Non si trattava di imporre alcunché ai liceali, ma di rendere più attraente la scelta di una di queste lingue nei percorsi di studio definiti letterari. Purtroppo non si è dato seguito a questo semplice e ingegnoso progetto. Ora ci si appresta a dare il colpo di grazia a queste materie».
Come si spiega l’indifferenza davanti alla rapida erosione dell’insegnamento del greco e del latino?
«La prima spiegazione è il fanatismo egualitarista: in questa trappola è caduta sia la pubblica opinione che la classe politica francese. All’estero, nei Paesi che ho frequentato, non ho mai riscontrato un tale livello di pedanteria egualitaria, legittimato in Francia dalla sedicente sociologia scientifica di Bourdieu e dai suoi numerosi discepoli. Si è arrivati a incolpare il latino e il greco di essere i sintomi più scandalosi di un insegnamento di classe. In realtà, i ricchi se ne infischiano del latino e del greco; preferiscono mandare i loro figli a studiare nelle costose public schools inglesi e svizzere, infinitamente più eleganti ed elitarie dei nostri licei repubblicani. E poi c’è una seconda spiegazione: la superstizione del digitale, nuova religione chiamata a soppiantare tutte le antiche forme di educazione della mente, del cuore, dell’immaginazione. Benché di fatto il digitale possa essere utilissimo a uno spirito retto (ma purtroppo anche a quelli distorti!), non potrà certo sostituire gli studi umanistici, che da tempo hanno dato buona prova nell’educazione di menti ben formate e libere. Il “tutto digitale” nell’insegnamento sarebbe il trionfo dello spirito gregario, e in prospettiva la scomparsa degli individui dotati di senso critico, soppiantati da anonime reti sociali di geek . Terza spiegazione: la miopia utilitarista di un economicismo totalizzante. Un punto di vista che non può e non vuole concepire la scuola e l’istruzione se non nell’ottica di un rendimento immediato».
Come rispondere a chi sostiene l’inutilità di una lingua morta?
«Un’educazione puramente utilitaria sarebbe praticamente inutile: più che un’educazione, una tautologia. Con l’eccezione delle formazioni professionali d’alto livello, tutto ciò che è utile al mondo iperdigitale in cui viviamo oggi si apprende prestissimo attraverso la pratica e l’esperienza, più che con le teorie e i discorsi».
Perché?
«Per eccellenza, l’apprendimento e la conoscenza del latino e del greco aprono alle giovani menti le prospettive di cui sono private dalla cultura esclusiva dell’utile e dell’immediato. La stessa cosa potrebbe valere per lo studio del sanscrito o del mandarino. Messaggere di un mondo lontano, ma non per questo meno umano, e riconoscibile come tale, queste lingue non sono poi tanto morte per i loro lettori e locutori; e aprono la mente alle differenze e somiglianze con altri mondi distanti dal nostro. Dal loro studio possiamo trarre l’esperienza necessaria a prendere le distanze dalla nostra attualità, e affrontare mondi diversi dall’umanità di oggi, con simpatia di principio e con distacco critico. In altri termini, si creano così le condizioni per l’esercizio della libertà di spirito. Se tra tutte le parti del mondo l’Europa è stata la più inventiva, la più libera dalla routine, la più innovatrice, la più curiosa di tutto ciò che è umano, se ha inventato l’umanità plurale che dobbiamo salvare dall’odio geloso dei nuovi barbari, è perché dai tempi della caduta dell’impero grecoromano fino ai giorni nostri la formazione degli europei si è fondata su una continua comparazione critica tra l’esperienza antica e quella moderna. L’esperienza antica in atto ha preservato quella moderna e cristiana in divenire dall’accontentarsi di imitare e ripetere. L’emulazione con l’antico, la risposta alla sfida dell’antico: ecco qual è stato il pungolo dello sviluppo della nostra Europa. Questo dialogo incessante e fecondo con le vestigia più sorprendenti del passato rappresenta un esempio unico. E non ha perso nulla del suo potere di far maturare le menti».
© 2-015 Le Figaro. Traduzione di Elisabetta Horvat