mercoledì 24 giugno 2015

Repubblica 24.6.15
Il vestito sbagliato dell’Italicum
La nuova legge elettorale, tra paure e angosce, rischia di fallire prima ancora di cominciare
di Stefano Folli


IL SALVATAGGIO alla Camera del sottosegretario Castiglione (Area Popolare), con i voti del Pd, era previsto. Non è questione di “garantismo”, bensì di convenienza politica: Renzi non può permettersi oggi un’incrinatura con Alfano e il suo partito. Perciò il centrista Castiglione viene difeso.
VIENE difeso dal presidente del Consiglio in base alla stessa logica con cui il sindaco di Roma, Ignazio Marino, viene invece condannato. Nel primo caso c’è da tenere unita una maggioranza che risente dell’indebolimento del premier. Nel secondo si tratta di disfarsi di un personaggio diventato scomodo nel marasma romano, pur non essendo egli indagato, così da impedire per riflesso l’ulteriore logoramento del leader. In entrambe le vicende pesa la ragion politica, ma gli esiti sono opposti. Un paradosso abbastanza tipico.
Sul piano simbolico, Castiglione e Marino dicono molto delle difficoltà di Renzi e della necessità per lui di non farsi mettere all’angolo. Ma si tratta pur sempre di due incidenti di percorso, nessuno risolutivo per le ambizioni del premier. C’è dell’altro, ci sono temi a cui si legano i futuri equilibri parlamentari e quindi l’avvenire del “renzismo” come esperimento destinato a durare.
Appare chiaro infatti che la legge elettorale - il cosiddetto Italicum - è già in archivio. Doveva cambiare l’Italia, imponendo il sistema bipartitico, e invece è a un passo dall’essere modificata in modo radicale. Renzi prevedeva che presto sarebbe stata copiata in altri Paesi, ma a quanto pare non accadrà. Anzi, persino noi italiani eviteremo di metterla alla prova almeno una volta. Eppure la riforma elettorale è stata quella su cui il premier ha insistito di più. Si è arrivati a mettere la fiducia sul testo in un clima di notevole tensione dopo che la coperta della maggioranza, all’inizio trasversale, si era via via ristretta. Tuttavia qualunque ritardo sembrava intollerabile di fronte all’esigenza di conoscere una maggioranza certa la sera stessa dello scrutinio.
Alla fine l’Italicum ha visto la luce, pur fra mille polemiche, ma si è capito quasi subito che era il vestito sbagliato per l’Italia di oggi. Per meglio dire, i risultati delle regionali e soprattutto delle comunali hanno creato parecchia inquietudine a Palazzo Chigi e in altri palazzi. Si è compreso che una convergenza elettorale anti- governo e anti-sistema, Cinque Stelle ma non solo, è sulla carta in grado di contendere la vittoria al Pd e in primo luogo a Renzi. Per la buona ragione che per il candidato del Pd è più difficile prendere voti al secondo turno di quanto non lo sia per il suo antagonista, figlio di una sinergia di fatto fra grillini, leghisti e altri nemici dell’”establishment”.
A questo punto tutti vedono i limiti dell’Italicum, A cominciare dal suo cesellatore, il politologo D’Alimonte, che sul “Sole 24 Ore” ammette che il premio di maggioranza assegnato alla coalizione, anziché alla lista, è “lo scambio possibile per riaprire la partita”. In realtà è quello che vuole un ampio spettro di forze parlamentari: dal centrodestra berlusconiano alla minoranza del Pd ai centristi. Gli stessi che intendono correggere la riforma costituzionale del Senato. E a certe condizioni anche Salvini non avrebbe obiezioni, perché una nuova legge elettorale lo spingerebbe a cercare alleati, isolando invece il partito di Grillo. Proprio i Cinque Stelle sarebbero i più danneggiati, ma dovevano aspettarselo. L’Italicum era ritagliato sulle esigenze di partiti che oggi si accorgono di quanto sia cambiato il quadro e di come sia rischioso lasciare campo libero al M5S. In Francia, oltre cinquant’anni fa, il generale De Gaulle aveva costruito un sistema presidenziale che poggiava sul modello elettorale a doppio turno di collegio. Servì a favorire l’alternanza, da Mitterrand in poi. In Italia si è seguita un’altra strada e l’Italicum è fallito, fra paure e angosce più o meno giustificate, prima ancora di cominciare.