sabato 21 novembre 2015

il manifesto 21.11.15
Scuola, Bruxelles chiude la pratica sui precari, ma la realtà è diversa
La Commissione Ue avrebbe chiuso la procedura di infrazione contro l'Italia. Per il governo è merito delle assunzioni della "Buona Scuola"
In realtà la situazione è molto diversa e 100 mila precari sono stati esclusi dalla riforma
Anief pronta a un nuovo ricorso: «Siamo pronti a tornare di nuovo davanti alla Corte di Lussemburgo»
di Ro.Ci.


Una notizia circola in queste ore in rete. Non è una bufala, è il ministero dell’Istruzione ad averla diramata allegando una dichiarazione della ministra Stefania Giannini, rafforzata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli affari europei Sandro Gozi. La Commissione Europea avrebbe archiviato la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia sul lavoro a tempo determinato nella scuola. L’Italia in realtà è stata condannata dalla Corte di giustizia dell’Ue a Lussemburgo il 26 novembre 2014: la normativa sui contratti di lavoro a tempo determinato nella scuola è contraria al diritto dell’Unione. Il rinnovo oltre i 36 mesi è illegale e lo Stato italiano dovrebbe assumere oltre 200 mila persone. Dopo vari rinvii, il prossimo 17 maggio sarà la Corte Costituzionale a esprimere su questa sentenza.
Sempre ammesso che si stia parlando della stessa cosa, questa vicenda dai contorni ancora non definiti rivela la fretta del governo di chiudere uno dei gravosi problemi del precariato scolastico. Che non è stato affatto cancellato dalla riforma di Renzi. Per Giannini e Gozi, invece, non c’è dubbio: il merito della decisione europea è della «Buona Scuola» che ha assunto 102 mila docenti precari dalle graduatorie in esaurimento (Gae).
«Con la riforma – affermano – interrompiamo la pratica di usare i contratti a tempo determinato in modo reiterato per coprire i posti che risultano vacanti. È un risultato importante che attesta lo sforzo del governo nel dare soluzioni strutturali». «Non ci siamo limitati a questi e abbiamo creato 55 nuovi posti in organico per il potenziamento dell’offerta. Non eravamo obbligati a farlo». Le cose non stanno propriamente così. Con la «Buona scuola» il governo ha escluso almeno 80 mila persone (ma le stime sono superiori), abilitate e con un’esperienza didattica superiore ai 36 mesi. E, in più, ha escluso il personale Ata, precario anch’esso da molti anni. La sentenza della Corte di Lussemburgo è inequivocabile: i precari aventi diritto vanno assunti tutti.
Senza contare che i 55 mila «potenziatori», detti anche «docenti tappabuchi», avranno uno status diverso dai loro colleghi già assunti: faranno parte di un organico a disposizione del «preside manager» e potrebbero svolgere mansioni diverse rispetto ai loro pari grado con la «chiamata diretta».
Questa distinzione obbedisce al progetto di trasformazione del ruolo della docenza nella scuola, la vera posta in gioco della riforma. Tutti i prossimi assunti nella scuola avranno lo status dei «potenziatori» attuali, saranno cioè «capitale umano» gestito dai presidi-reclutatori. I docenti perderanno la titolarità della cattedra per trasformarsi in un curriculum a disposizione del portfolio dei presidi. Marcello Pacifico dell’Anief ha una tesi: in realtà, Giannini e Gozi si riferiscono a una denuncia avanzata da un bidello. La Commissione, vista la «Buona scuola» e la sentenza della Corte Ue, ha ritenuto di non aprire una nuova procedura.
Comunque siano andate le cose, l’Anief ricorrerà contro la «Buona scuola»: «Non è conforme al diritto comunitario perché dal prossimo anno negherà ai docenti con più di 36 mesi il diritto a essere chiamati come supplenti o a essere immessi in ruolo. Tanto è vero che la legge istituisce un fondo dedicato ai risarcimenti in questi casi» sostiene. Se per la Commissione il caso è chiuso, non lo sarà per i tribunali del lavoro italiani e per la Corte di Lussemburgo alla quale anche i sindacati confederali si sono già rivolti una volta. Potrebbero farlo ancora.