domenica 20 novembre 2016

Pagina 99 19.11.2016
Scuola-lavoro
sfruttati o formati?
Percorsi | Il progetto sulla formazione professionale
obbligatoria nell’ultimo biennio delle superiori avanza
con forza. Ma pesa sugli istituti. E solleva molti dubbi

Oltre 600 mila studenti hanno preso parte l’anno scorso all’alternanza scuola-lavoro, il progetto che prevede ore di formazione obbligatoria durante gli ultimi anni delle superiori per avvicinare gli studenti alla mondo del lavoro. Molti, però, storcono il naso. Il 10 novembre, a Milano, l’accordo siglato tra il Ministero dell’Istruzione e alcune grandi aziende è stato contestato in piazza da chi vi ravvisa una forma di sfruttamento minorile. Come si esprimono i docenti-tutor coinvolti? «Per le aziende, gli studenti sono un onere, non risorse da sfruttare. Al contrario, molti tutor aziendali desiderano essere corresponsabili nell’educazione dei ragazzi», spiega il professor Massimo Valisa, coordinatore del progetto nel liceo Volta di Milano. «Per i licei come il nostro, il cui sbocco immediato non è occupazionale, ha poco senso introdurre gli studenti a una realtà lavorativa che in pochi anni sarà già profondamente mutata. Noi cerchiamo piuttosto di offrire percorsi che li portino a ragionare in modo responsabile sul lavoro». Diverso è il discorso per gli istituti tecnici e professionali, dove il tirocinio può anche tradursi in una futura assunzione. I problemi sono legati alla gestione del progetto, che ricade interamente sulle scuole. La docente Rosanna Agrillo, tutor del liceo milanese Tenca, racconta: «Per sistemare centinaia di alunni occorre un lavoro organizzativo enorme, e non sempre c’è il tempo di predisporre un’esperienza significativa. Può allora capitare che gli studenti siano assegnati a mansioni squalificanti; tuttavia, per nostra esperienza, si tratta di casi rari». Pur consapevoli che l’esito del tirocinio varia molto da caso a caso, gli studenti la vivono come un’esperienza positiva, mentre altri docenti la considerano uno spreco di tempo. «L’alternanza va a innestarsi sul tronco vecchio del sistema scolastico italiano», commenta Valisa. «Ci richiede un impegno annuo di 200 ore, mentre siamo vincolati a completare i programmi didattici; è chiaro che le due cose entrano in contrasto». (skb)